postato il 31 Marzo 2011 | in "Ambiente, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo"

Tariffe regionali sull’acqua minerale

Legambiente e Altreconomia hanno stilato un dossier sul business delle acque minerali e sull’impatto che ha sull’ambiente e sulla tasca del cittadino. La situazione attuale è grave: molte regioni regolano la materia con norme emanate dal re d’Italia, come Molise e Sardegna, e altre con leggi degli anni ’70 come la Liguria. Disposizioni di legge non più capaci di regolare efficacemente un settore dinamico e ricco come quelle delle acque imbottigliate. C’è una legge nazionale del 2006 che prevede determinati criteri di tassazione per lo sfruttamento delle risorse idriche regionali, ma poche regioni si sono allineate, altre hanno peggiorato la propria legislazione e altre restano immobili.

La legge nazionale prevede tre regimi di tassazione: almeno 30 euro per ettaro o frazione di superficie concessa; da 1 a 2,5 euro per metro cubo o frazione di acqua imbottigliata; da 0,5 a 2 euro per metro cubo o frazione di acqua utilizzata. Basandoci su questi parametri, possiamo dire quale regione si è allineata a dei parametri più o meno equi. Negli ultimi 5 anni, 13 regioni hanno approvato nuove discipline in merito. Legambiente e Altreconomia bocciano, a causa del loro criterio di pagamento ad ettaro, le regioni Liguria, Molise, Emilia Romagna, Sardegna, Puglia. In più bocciano la Basilicata, il Piemonte e la Campania perché applicano canoni in funzione dei volumi d’acqua imbottigliati, che sono però inferiori ad un euro a metro cubo. L’associazione ambientalista e la rivista chiedono essenzialmente: una revisione al rialzo, almeno fino ai livelli stabiliti dalla legge nazionale del 2006, dei canoni di concessione e una doppia imposizione, sia in base alla superficie sia in base ai metri cubi prelevati.

Qualche dato potrebbe aiutarci a capire meglio: nel 2009 le sorgenti italiane hanno prodotto 12,4 miliardi di litri di acqua, pari a 2,3 miliardi di euro di giro d’affari. Per imbottigliare questa marea d’acqua occorrono 350 mila tonnellate di plastica, cioè circa 700 mila tonnellate di petrolio per un’emissione totale di 1 milione di tonnellate di CO2. Non tutta l’acqua è imbottigliata in plastica, ma all’incirca il 78%, di cui solo un terzo viene riciclato. In più, l’85% dell’acqua minerale imbottigliata viaggia su gomma, con il conseguente inquinamento, e solo il restante 15% viaggia su rotaia.

Aumentando le tariffe diminuirebbe la produzione di acqua minerale, il conseguente aumento dei prezzi al consumo e una diminuzione della domanda che porterebbe a quattro principali benefici: un minor utilizzo di bottiglie di plastica, minori camion addetti al trasporto delle casse d’acqua dal nord al sud e dal sud al nord Italia, un minor sfruttamento della falde sotterranee con un conseguente riequilibrio del sistema e un maggior introito per le casse regionali.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Antonio Di Matteo



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