postato il 27 Ottobre 2011 | in "Economia, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo, Riforme"

Riformare. Si deve, si può.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Il Libertarioil.illibertario.libertario63@gmail.com

Occorre poco per cambiare le cose. Riformare, tagliando i conti pubblici, non è sempre la soluzione migliore. Le riforme sono possibili mettendo mano su quello che già c’è. Basta volerlo. Occorre prendere atto che una vera e necessaria riforma economica e istituzionale in questo Paese non puo’ prescindere dall’eliminazione dei diritti acquisiti e dalla consapevolezza della necessità di un richiamo alla responsabilità comune.

L’Ue, come tempo addietro fece la Bce, ci richiama all’ordine. Molte le obiezioni che si fanno su questo. Ma è chiaro che l’ingresso nella moneta unica europea è stata una scelta condivisa. Una scelta che ha chiamato tutti (destra sinistra, forze politiche moderate o extra parlamentari) a prendere una posizione di campo: o fuori o dentro l’Unione europea. Noi abbiamo fatto la nostra scelta e adesso ci chiedono conto. Ci chiedono conto in primis delle mancate promesse di questo governo. Delle politiche di crescita ”sostenute” e mai portate avanti con coraggio e con forza. Ci chiedono conto delle mancate liberalizzazioni (comprese quelle degli Ordini professionali), di adeguare le pensioni d’anzianità e accompagnamento, ci chiedono di rivedere le finestre d’uscita, di riformare il mercato del lavoro e licenziamenti più facili nel settore pubblico. Ma non solo, ci chiedono continuamente di intervenire sull’evasione e la corruzione imperante. La grande sfida che quest’Italia deve e può risolvere.

Basta poco per traghettare questo Paese fuori dalla palude della recessione. Basta prendere atto dell’urgenza e fare appello (al di fuori delle scelte politiche e degli schieramenti) alla drammaticità del momento. Il mio appello è questo: interveniamo presto e subito seguendo questa direttrice:

  1. Defiscalizziamo i datori di lavoro e/o incentiviamo chi assume manodopera giovane (a tempo indeterminato). Oggi spendiamo (un po’), domani avremo nuove imprese giovani e dinamiche sul mercato.
  2. Detassiamo le nuove aziende che si affacciamo sul mercato. Insomma detassiamo chi rischia con professionalità e coraggio il proprio capitale umano ed economico.
  3. Aboliamo gli Ordini professionali. E’ questa l’unica liberalizzazione possibile. Non svendere, come il passato dimostra, quello che è Pubblico. L’Unione Europea ha stimato che grazie alle mancate liberalizzazioni e alla ”stozzatura” degl’Ordini professionali perdiamo 1,6 punti di Pil all’anno. Eliminare il minino tariffario non ha senso, non spingi la crescita. Ha senso eliminare le Caste impediscono l’accesso alle professioni e non generano concorrenza. Partirei dall’eliminazione della legge dello Stato che regola gli accessi a queste categorie. Accesso libero come ci chiede l’Ue. I cialtroni verrebbero eliminati dal mercato per incompetenza. Sul mercato rimarrebbero i più bravi e preparati, e i servizi -non essendoci minimi tariffari- sarebbero sicuramente più convenienti economicamente, più efficienti, migliori di quello che sono ora.
  4. Introduciamo una Patrimoniale sulle rendite finanziarie e/o sui capitali. In questo modo chi ha forti utili pagherà di più di chi non si puo’ permettere di rischiare il proprio capitale. Trovo antidemocratico che chi ha meno (e sempre quello) deva risponderne del proprio capitale allo Stato e chi ha più debba non rispondere al Fisco perché non c’è una norma che lo impone. O se si pensa che ci sia è un palliativo.
  5. Veniamo incontro all’Ue. Rivediamo il nostro sistema di previdenza/pensionistico. Vediamo se ci sono sperperi e ”abusi”. Eliminiamo le maxi pensioni. Rivediamo le finestre d’uscita, e se occorre incentiviamo (seriamente con bonus ad esempio) chi decide di continuare a lavorare. Eviteremo così lavoro nero e abbatteremo nuovi costi sociali.

Quello che vi presento è un pacchetto di spunti per rivedere le politiche economiche. Sono le mie proposte. Proposte e spunti non autorevoli. Semplicemente le proposte di un cittadino italiano che ha a cuore questo Paese.

10 Commenti
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mario pezzati
mario pezzati
12 anni fa

senza offesa ma sono dubbioso sui punti 3 e 4…
premesso che sono a favore di una lotta durissima all’evasione, il punto 4 (inizio da questo) già c’è…chi ha quote di riferimento, e/o grandi capitali, vede le sue rendite finanziarie tassate al 43%… la tassazione al 12,5% (che dal prossimo anno sarà al 20%) in realtà è solo per i piccoli risparmiatori.
e da questi lo stato prende meno di un miliardo di euro (arriviamo a superare il miliardo di euro se consideriamo non solo i lmercato azioanrio, ma anche quello obbligazionario), come avevo già detto in passato.

Sul punto 3 sono dubbioso, perchè francamente, se un medico sbaglia la diagnosi, non mi interessa che poi va fuori mercato, perchè io rischio la vita.
Il prolbema non è l’accesso alle categorie: an che all’estero si accede a certe professioni solo se si hanno certi requisiti (si veda il sistema degli avvocati all’estero come negli usa o nel resto d’europa, o quello dei dottori).
Semmai il problema è quello di iniziare a concepire tali attività come “aziende” e regolarizzarle come tali, proprio come si fa all’estero.

Marta Romano
Marta Romano
12 anni fa

Anche io sono dubbiosa sull’eliminazione totale degli Ordini. Sono sempre stata convinta del fatto che molti siano stati creati appositamente per sperperare danaro. Tuttavia, molto spesso servono a dare “ordine”, appunto. Temo che con l’eliminazione totale si andrebbe a creare confusione . Che siano da riformare è vero, prendono milioni di euro da chi ne fa parte, ma non rendono altrettanto, né in termini economici, né lavorativi.
Per il resto sono d’accordo su tutto. Bisogna rivedere le pensioni, é vero, xke altrimenti rischiamo di morire, noi giovani soprattutto, senza aver mai visto un euro di pensione. Alla base, poi, una durissima lotta all’evasione..che vada dal grande imprenditore che porta capitali nei paradisi fiscali, fino al barista che non fa lo scontrino, passando per il dentista che non fa la ricevuta.le riforme si possono fare, si DEVONO fare.
Marta

Lorenzo
12 anni fa

STOP AGLI ORDINI PROFESSIONALI.
Sono totalmente d’accordo su questo punto! Basta a queste caste assurde che esistono SOLO ED ESCLUSIVAMENTE IN ITALIA!
Io giovane studente di architettura una volta laureato ho il DIRITTO DI PROFESSARE IL MIO MESTIERE senza dovermi iscrivere obbligatoriamente ad un albo!
Negli altri stati quando uno studente d’architettura quando si laurea diventa architetto. In italia la laurea di architettura vale MENO DI NIENTE senza l’esame di stato! E’ una farsa!!
Iniziamo ad adeguarci all’europa, aboliamo tutti gli ordini professionali, dal primo all’ultimo!

mario pezzati
mario pezzati
12 anni fa

lorenzo, non so per gli architetti, ma ti assicuro che all’estero, avvocati, consulenti finanziari, medici e così via sono tenuti a sostenere esami di stato e iscriversi a specifici albi.

giorgio
giorgio
12 anni fa

Cara Marta, sono d’accordo con te. Vorrei darti un consiglio, diventa pure tu EVASORE fiscale.
E’ facile, basta aprire una partita Iva, iscriversi a qualche albo/ordine (ma presto non servirà più), poi via alla caccia dei clienti !!
Ricorda dovrai pagarti le spese, le tasse , i contributi previdenziali ed il commercialista, ma potrai evadere. Attenta però, ci sono i redditometri e gli studi di settore (obbligatori)dietro l’angolo. Anche se sei sola e lavori a casa tua, se non dichiari almeno 2000 E. al mese netti imponibili (qui al nord) non sei “congura” per il fisco e ti arriverà una bella cartella esattoriale con le tutte le differenze dovute per iva, irpef, Irap, addizionali regionali e comunali, contributi previdenziali, etc…etc.. perchè sei considerata “evasore”.
Si, ma tutto ciò, solo dal terzo anno di apertura della partita Iva in poi, per i primi due, puoi evadere alla grande !!!!!!!!!!!
Se proprio non te la senti di fare un lavoro intellettuale, puoi sempre ripiegare sull’artigianato o sul commercio: A quanto ne so le regole sono più o meno le stesse, con qualche spesuccia in più. Sulle pensioni da riformare ti risponderò prossimamente.
Buona fortuna.

Il libertario
12 anni fa

Carissimo Mario Pezzati,

rispondo alle sue osservazioni, per dovere di chiarezza e d’informazione, in merito alla tassazione delle rendite finanziarie e di capitale e sugli Ordini professionali.
Mi pare lei faccia un po’ di confusione. E in tal senso evitiamo di far passare ”fiaschi” per ”fischi”, o viceversa.

1) LE RENDITE FINANZIARIE oggi in Italia sono tassate dal 12,5% al 20 per cento. Sono dei guadagni provenienti da investimenti di capitale: dalle plusvalenze di Borsa, agli interessi di titoli di Stato ai dividendi. I REDDITI DA LAVORO invece (COSA DIVERSA) sono tassati fino al 43% (Irpef). Questi redditi sono e derivano da ogni genere di attività professionale, sia da lavoro dipendente, sia da lavoro autonomo. E nel loro computo vanno aggiunti i contributi sociali. Fatta questa premessa Le ricordo che: Dal 01 Gennaio 2012, entreranno in vigore le nuove aliquote fiscali inerenti la tassazione delle rendite finanziarie, come indicato nella manovra economica 2011 del governo. I prodotti finanziari saranno accorpati in un’unica aliquota fissata al 20%. E nello specifico ecco le percentuali, spesso riviste al ribasso.

Aliquote fiscali, chi scende:

Conti correnti, conti deposito, conti vincolati : l’ aliquota passa dal 27% al 20%
libretti postali : l’ aliquota passa dal 27% al 20%

Aliquote fiscali chi resta fermo :

Buoni postali : aliquota invariata al 12,5%
Titoli di stato Italiani ed Esteri con relative cedole : aliquota invariata al 12,5%
Fondi pensione : Aliquota agevolata invariata

Aliquote fiscali chi sale :
Azioni e relativi dividendi : l’ aliquota passa dal 12,5% al 20%
Certificati e relative cedole : l’ aliquota passa dal 12,5% al 20%
Obbligazioni (Bond) e relative cedole : l’ aliquota passa dal 12,5% al 20%
Fondi comuni ed ETF : l’ aliquota passa dal 12,5% al 20%

Veniamo al dunque. In Paesi come la Gran Bretagna, Francia e Germania, l’aliquota per la tassazione separata dei redditi finanziari e’ molto piu’ alta della nostra (in Germania è almeno del 31 –con una soglia per l’imponibile – e in Francia non meno del 27%). In molti Paesi (Gran Bretagna e Stati Uniti ad esempio, due importanti mercati, non certo gl’ultimi arrivati) i rendimenti finanziari si portano direttamente nella dichiarazione dei redditi e le rendite finanziarie sono tassate con l’aliquota piu’ alta prevista per il proprio reddito.

2) Gl’Ordini professionali, è vero, sono disciplinati in modo diverso. Infatti in altri Paesi del mondo ESISTE SOLAMENTE L’ALBO PROFESSIONALE NAZIONALE, e NON UN ORDINE PROFESSIONALE. La distinzione non è sottile: visto che si parla di enti privati in un caso e di enti di diritto pubblico nell’altro, come in Italia, disciplinati con norma legislativa e con obbligatorio esame statale per accedere alla categoria! Cosa come dire ”ambigua” se si pensa che ancora i sindacati, nonché i partiti politici, sono di fatto mere associazioni, quindi enti privati.
Non entro nel merito della recente posizione dell’Antitrust, non
sovversivi comunisti quindi, sul ”danno” che ”la chiusura e la stozzatura” degli Ordini professionali arrecano all’Italia in termini di concorrenza, competizione, sviluppo e servizi. Chiudo ricordando che in questo Paese abbiamo circa 30 ORDINI PROFESSIONALI, dagli spedizionieri doganali ai tecnologi alimentari. Anche qui un po’ di numeri per capire il giro d’affari che generano queste lobby:
Il 13% dei lavoratori italiani è parte di un Ordine (ovvero 2 milioni di italiani iscritti su 16 milioni di lavoratori). Ben il 45% degli iscritti agli ordini lavora per lo Stato (in particolare medici e infermieri). Oltre il 60% degli iscritti ha una laurea. Quindi una formazione specifica che certo non fornisce l’Ordine e che è indipendente dalla sua presenza o meno. Gli ordini professionali – ha stimato Altroconsumo, e poi la Banca d’Italia- hanno un giro d’affari di almeno 200 miliardi di euro e hanno un peso economico pari a circa il 15 per cento del Pil. Pur avendo sulla carta una funzione costituzionale di difesa degli utenti-consumatori, nella realtà gl’Ordini si sono trasformati in autentiche barricate a protezione, per ciascuna categoria, di tre privilegi: le riserve di attività svolte in esclusiva, le barriere all’accesso, l’impunità nel caso di gravi errori o reati. Tutto questo si traduce in un danno per i cittadini, costretti a pagare tariffe più alte senza garanzie sulla qualità delle prestazioni, e in una zavorra per la crescita economica: la rendita monopolistica nei servizi, a partire dalle professioni. Non entro nel merito della tassa obbligatoria che si deve versare annualmente a queste lobby, altrimenti arriva pronta la sanzione. E neppure sulle irregolarità e le denunce sullo svolgimento degli esami di Stato per l’abilitazione. Non è questa la sede né l’occasione. Chiudo ricordando che dal 1983 che aspettiamo (da quasi 30 anni) una legge di riforma in tal senso, che nessuno vuole fare e che superi quello che la Storia (anche economica di questo Paese ha poi smentito). E riveda le parole del ministro della Giustizia del tempo, Clelio Darida, che disse: ”Faremo una nuova legge sugli ordini professionali per modernizzare il sistema nell’interesse di tutti gli italiani”. Mi pare che più che ”modernizzare” si è riusciti ad ”accorpare gl’interessi di pochi italiani”.

mario pezzati
mario pezzati
12 anni fa

sig. libertario, per semplicità mi permetterò di farle del tu,

parto dall fine, ovvero dagli ordini. quel che dice sui privilegi, è vero, ma eviterei di generalizzare.
per accedere a certe professioni è necessario una certa preparazione, e sostenere un certo percorso (praticantato, esami finali e così via). E su questo credo che siamo d’accordo. Non ci affideremmo ad un medico che non sia preparato, o ad un avvocato. QUindi, se per abolire gli ordini, intendiamo l’abolizione di certi privilegi, io ci posso stare (specifico: non sono un avvocato o un dottore). Se per abolizione degli ordini intendiamo che chiunque può fare qualunque cosa allora, sinceramente non sono d’accordo.

passiamo alle rendite finanziarie… mi permetto di insistere: la tassazione sui grandi capitali avviene già al 49% con norma del 2008.
copio incollo per brevità un mio precedente articolo sull’argomento: “regime riguarda i piccoli risparmiatori principalmente, perché dal 12,5% sono esclusi i grandi patrimoni, le partecipazioni rilevanti e le società finanziarie e bancarie che hanno un regime fiscale a parte (con una tassazione pari a circa il 49%).

Fin qui è tutto chiaro. Ma negli anni passati il governo dal capital gain ha preso poche centinaia di milioni, e se vi aggiungiamo l’andamento delle borse di queste settimane, dubito fortemente che si possa raggiungere la cifra prevista da Tremonti.

Allora il Ministro ha sbagliato i conti? Assolutamente no, perché l’aumento di tassazione non riguarda solo il capital gain, ma tutte le rendite finanziarie (parliamo sempre escludendo i grandi patrimoni e le società finanziarie che, come già detto, hanno un altro regime fiscale).”
per inciso, dall’aumento della tassazione delle rendite finanziarie, il governo si aspetta di ottenere 1,919 miliardi di euro, stando a quanto afferma la Relazione Tecnica.

l’articolo completo lo trova qui: https://www.pierferdinandocasini.it/2011/08/25/lultimo-trucco-di-tremonti-la-tassazione-delle-rendite-finanziarie/

ma in pratica come è il regime di tassazione delle rendite finanziarie dei grandi patrimoni???
posto una rticolo de il sole 24 ore che è molto più chiaro di quanto io potrò mai essere (fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Norme%20e%20Tributi/2008/12/capital-gain-ultimi-sconti.shtml?uuid=cfef5b08-d3f7-11dd-981f-b4541c54b79e&DocRulesView=Libero)
Ancora pochi giorni per usufruire della tassazione dei capital gain sul 40 per cento. Da giovedì 1°gennaio 2009 scatta infatti la maggior quota del 49,72% prevista dalla Finanziaria dello scorso anno. E nuove regole in arrivo per le imprese anche dai diversi provvedimenti in cui si è sviluppata la manovra 2009 (si veda l’altro servizio in pagina): deducibilità ridotta per le spese di alberghi e ristoranti e Iva di cassa (ma quest’ultima attende l’autorizzazione europea).

Capital gain al rialzo
Il decreto del ministero dell’Economia del 2 aprile 2008, attuando le disposizioni della Finanziaria 2008 (legge 244/07), ha elevato al 49,72% la quota imponibile delle plusvalenze derivanti dalla cessione di azioni o quote qualificate da parte di privati non imprenditori. La disposizione si estende alle cessioni, qualificate o no, realizzate da imprese che non applicano l’Ires (ditte individuali e società di persone).

Le maggiori imposte sui capital gain si accompagnano a un’analoga misura prevista per i dividendi su partecipazioni qualificate e sono finalizzate a mantenere inalterato il carico fiscale complessivo della società e del socio a seguito della riduzione dell’Iresal27,5 per cento. La nuova percentuale si applica alle cessioni (o atti assimilati, come permute o conferimenti in società) realizzate dal 1� gennaio 2009. I contribuenti che stanno concludendo in questi giorni trasferimenti di azioni o quote di società possono utilizzare il più favorevole regime oggi vigente (tassazione sul 40%) stipulando il contratto definitivo di cessione entro mercoledì 31 dicembre 2008. La percentuale ridotta resta valida, per queste cessioni, anche qualora il prezzo sia incassato, in tutto o in parte, negli anni successivi e dunque la tassazione avvenga, in forza del principio di cassa, quando sarà già in vigore il nuovo regime.

La nuova tassazione
Per la cessione di partecipazioni che rappresentano percentuali superiori alle soglie di qualificazione indicate nell’articolo 67 del Tuir (si veda la scheda a fianco), la tassazione del capital gain avviene nel modello Unico, facendo concorrere alla formazione del reddito imponibile una quota parte della plusvalenza realizzata.

Fino al prossimo 31 dicembre, si dovrà assoggettare all’Irpef (con l’aliquota progressiva propria del singolo contribuente) e alle addizionali locali il 40% dell’utile realizzato (differenza tra prezzo incassato e costo fiscale delle partecipazioni). Invece, per gli atti conclusi dal 2009, la tassazione si effettua applicando Irpef e addizionali al 49,72% della plusvalenza.

La crescita effettiva delle impostesuicapitalgaindal1°gennaio prossimo dipende dalla misura delle aliquote applicate dal contribuente. Se ci si colloca sull’ultimo scaglione dell’Irpef, il tax rate effettivo aumenta di circa il 4%: 4mila euro di maggiori imposte ogni 100mila euro di plusvalenza. Per esempio, supponendo che l’utile della cessione sia pari a 150mila euro e che il contribuente abbia redditi che lo portano all’aliquota Irpef più elevata, con addizionali dell’1%, ecco come sarà la tassazione, attuale e futura. Per cessioni entro fine anno, si genera un reddito pari a 60mila euro (40% di 150mila) con Irpef di 25.800 (pari al 43% di 60mila) e addizionali di 600 euro. Dal 2009, il carico Irpef sale a 32.069 euro (imposta sul 49,72% di 150mila) e l’addizionale a 746 euro. In totale, si passa da 26.400 a 32.815 euro.

Nulla cambia per i capital gain non qualificati, cioè per quote non superiori al 20% dei diritti di voto o al 25% del capitale, che scontano, anche nel 2009, la sostitutiva del 12,5 per cento.
Start up

I contribuenti che hanno realizzato cessioni di azioni o quote negli ultimi mesi sono in attesa delle istruzioni ministeriali circa il nuovo, complicato regime dei capital gain sulle società di recente costituzione, introdotto dalla manovra d’estate. Il decreto legge 112/ 08 ha infatti previsto l’esonero da tassazione per le plusvalenze realizzate in società costituite da non più di sette anni, che il contribuente possiede da almeno tre anni. L’agevolazione è concessa a condizione che, entro due anni dalla vendita, la plusvalenza sia reinvestita in società italiane, costituite da non più di tre anni, che svolgono la medesima attività di quelle cedute. Va chiarito, in particolare, se si possa usufruire dell’esenzione già nell’anno della vendita,in base alla semplice intenzione di reinvestire la plusvalenza nel biennio successivo, oppure se si debba attendere il momento del nuovo acquisto, ottenendo il rimborso delle imposte già pagate.

Francesco
Francesco
12 anni fa

Ci fosse mai una riforma migliorativa! Sempre in peggio!
Il problema, e’ che in troppi credono che i professionisti italiani siano tutti dei Ghedini, dei Piano ecc. con parcelle esorbitanti e visibilità (anche con meriti), una categoria privilegiata insomma. Le categorie professionali sono composte da decine di migliaia di professionisti che, diffusi nel territorio e poco tutelati, sotto tutti i punti di vista, (non possiamo metterci in malattia se siamo malati, per esempio) fanno un servizio pubblico nel dipanare una legislazione inconcludente e farraginosa, costruita proprio da codesti signori della casta degli intoccabili, senza contare la burocrazia corrotta e da lor signori protetta, con cui fare i conti, tutti i giorni.
In molti casi i professionisti sono responsabili di pubblica e privata incolumità, salute pubblica ecc., si tratta di interessi primari della società, che vanno tutelati maggiormente, e non indeboliti, come invece si stà facendo. Dagli Ordini professionali si deve pretendere più qualità, e non abolirli.
Esistono professionisti incompetenti, superficiali e scorretti, ma con l’abolizione degli Ordini aumenteranno.
Anche le tariffe professionali, minime con i privati non esistono, e con gli enti pubblici ormai approdati al regime dello sconto al ribasso, in molti casi massimo, sono soggette a ribasso normalemte del 50%, spesso del 70%! In quanto al limite degli accessi, le categorie tutelate sono veramente poche (notai, farmacisti) le altre ormai, come giusto che sia, hanno di fatto il libero accesso e quindi mi chiedo di che cosa stiamo parlando. L’esame di stato è solo una presa in giro, dopo la laurea al massimo si può pretendere un periodo di tirocinio, ma non ha nessuna efficacia, perchè dopo sei abilitato comunque a fare di tutto, e non solo ciò su cui hai acquisito esperienza. Poi quando si parla di suddivisione delle competenze professionali, allora si che non si capisce più nulla, sempre grazie alla connaturata, eterna, ambiguità dai signori legislatori della casta.
Sono d’accordo con la riduzione degli ordini professinali e con la loro riforma, il compito che svolgono è importante, andrebbe semmai valorizzato ulteriormente ed accresciuto, anche come controllo sugli iscritti (un presidente di ordine, alla domanda: quando avete preso l’ultimo provvedimento disciplinare, ha risposto: sono anni che la procura non ci invia più le comunicazioni sui reati degli iscritti, per i provvedimenti di competenza, eppure gli attuali Ordini sono organi, del Ministero della Giustizia). Qui, tutti DOBBIAMO FARE UN PASSO IN AVANTI, e non DUE INDIETRO, solo cosi’ potremmo con forza partecipare allo sforzo di far ripartire l’Italia, cosa che in definitiva è piu’ importante di ogni altro argomento, ma che non può giustificare l’annichilimento o meglio l’asservimento di intere categorie a logiche che storicamente non le sono proprie! Finora a fare la guerra ai professionisti, questi autonomi, indisciplinati ed ingestibili, erano solo quelli di sinistra, a cui fà comodo inquadrarci nelle coop rosse e tesserarci tutti nella Cgil, ora si aggiunge anche questa destra, sempre più “sinistra”, che se l’Italia non la sfascia tutta, prima di togliersi dai piedi, non è soddisfatta!

uno.dei.tanti
uno.dei.tanti
12 anni fa

assolutamente d’accordo con te Francesco .. ricordo gli studi di settore..le responsabilità civili e penali, la non tutela per malattia, niente ferie ne liquidazione………..e da ultimo pensioni minime……….. I piccoli professionisti per rientrare negli studi.. lavorano più o meno da gennaio a luglio per le tasse, poi per la famiglia. Ma per tutti siamo solo evasori fiscali…

LEO
LEO
12 anni fa

Andare a votare ora sarebbe un disastro per il nostro Paese. Ci vorrebbe un governo a larghe intese con Casini premier.



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