postato il 12 Ottobre 2015 | in "Spunti di riflessione"

Ora è chiaro. Le scorciatoie degli uomini nuovi sono un fallimento

11370467404_f60a564cea_oL’intervista di  Paola Di Caro a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Corriere della Sera

«La vicenda di Roma non è riducibile a uno scandalo di scontrini veri o falsi». Ne è convinto Pier Ferdinando Casini, molto di più: «Il caso Marino, ma anche quello di de Magistris a Napoli, di Doria a Genova, di vari presidenti e amministrazioni regionali, sono tutti segnali del fallimento dell’idea che la politica possa essere sostituita dall’improvvisazione, dal populismo, dal dilettantismo coperto
dalla vocazione dell’uomo forte o della provvidenza». E se è innegabile che «una crisi drammatica della politica c’è stata», lo è altrettanto che la soluzione non può essere la «rottamazione generica» di una classe dirigente con esperienza politica, passata attraverso la necessaria «selezione democratica» che serve e servirà a chiunque si candidi a governare: «In tutti i paesi seri – dice il leader centrista – chiunque può essere liquidato. Ma dagli elettori, non da campagne qualunquistiche che portano a guai peggiori».

È un messaggio a Renzi?
«Renzi è l’esatta dimostrazione di quello che intendo per selezione necessaria e democratica: è stato segretario provinciale della Margherita, presidente di provincia, sindaco di una grande città, si è sottoposto a due tornate di primarie prima perdendole e poi vincendole. E sicuramente la punta di una nuova classe dirigente, ma viene da un percorso politico, non dal nulla».

Marino, de Magistris, hanno vinto le primarie, avevano un passato.
«E fallita clamorosamente l’idea che un magistrato diventato famoso oppure un medico importante e perbene possano risolvere i problemi enormi di città complesse. E, nel caso di Marino, non si tratta solo di scontrini, ma di incapacità di gestire Roma portandola alla paralisi, senza la costruzione di una politica seria, con l’abbandono di 15 assessori in due anni. Le scorciatoie dell’uomo nuovo con vocazioni moralistiche, che poi magari cadono al primo ostacolo, non portano da nessuna parte».

Insomma, sta dicendo che si stava meglio prima?
«Dico che si dovrebbe riflettere sul fatto che, con tutti i suoi difetti, la Prima Repubblica ha prodotto politici come Veltroni, Rutelli, oggi Fassino a Torino: sono meglio de Magistris, Doria e Marino?».

Lei «salva» Renzi, ma è stato suo lo slogan della rottamazione
«È stata l’ovvia risposta a una politica che si era arroccata in clientele e corporativismi. Non mi meraviglio che Renzi e altri come lui abbiano fatto il loro gioco, ma che troppi si siano fatti liquidare con il marchio di infamia. La rottamazione è figlia dell’incapacità di cambiare, però ormai abbiamo capito che non è una soluzione. Anzi, il fallimento di certi personaggi può portare a una delusione tale nell’opinione pubblica da aumentare la disaffezione dalla politica. Al deficit di classe dirigente dovuta alla morte dei partiti tradizionali, bisogna ovviare con nuovi strumenti, anche con scuole di formazione politica: Letta ci lavora, io ci lavoro, tanti dovrebbero partecipare».

Intanto a Roma urgono soluzioni: si deve votare subito?
«È inevitabile, un rinvio verrebbe considerato una manovra del governo, e Renzi non mi sembra uno che vuole sottrarsi alla competizione».

I nomi che circolano per il Pd sono di politici esperti come Franceschini, Rutelli, Veltroni, Gentiloni: sono quelli giusti?
«Non sono il segretario del Pd, i nomi non li scelgo io. Come elettore sceglierò chi saprà mettere assieme una squadra per vincere, perché un bravo sindaco deve saper attingere alle forze migliori».

Marchini rientra nella categoria «uomo della provvidenza » o in quella del politico?
«Marchini non è un personaggio politico, ma gli do atto di essere rimasto in consiglio comunale a fare le sue battaglie dai banchi dell’opposizione quando in tanti, me compreso, gli hanno offerto una candidatura politica. È una buona partenza. Poi, deciderà lui come continuare».



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