Milleproroghe, mille delusioni per la banda larga
Il decreto milleproroghe, approvato ieri in Senato, contiene varie novità, ma la cosa più importante è che si continua nella tradizione del “gioco delle tre carte”, che ha animato la politica economica di questo governo. Il gioco è semplice: si fa una promessa, che costa soldi, e si dice che non si aumentano le tasse o che i soldi verranno da risparmi; poi inevitabilmente spunta o qualche ritocco di tasse (o la creazione di una nuova tassa, come la “tassa di scopo”), o i soldi vengono prelevati da fondi già destinati. In quest’ultimo caso, la cosa divertente è che questi fondi, iniziano a fare una girandola infinita: prima vengono destinati per un determinato obbiettivo, poi per un altro, poi per un altro ancora, e così via, finchè alla fine non si fa nulla, salvo tanti spot.
Sono pessimista? Non direi, semmai realista.
Prendiamo l’esempio del “digital divide”, ovvero del gap che separa l’Italia dal resto del Mondo civilizzato nel campo della banda larga: da tempo immemore il CIPE ha 800 milioni di euro congelati, che dovrebbero servire per sviluppare la banda larga, ma che non vengono spesi, a questi soldi il governo ne aveva aggiunti altri 100 milioni. I lavori però ad oggi non sono nemmeno iniziati, ma, anzi, siamo ancora nella fase progettuale senza che però ancora si sappia quanto costerà lo sviluppo della banda larga, quanto dovrà contribuire lo Stato e quanto i privati.
E così abbiamo 800 milioni già nei conti del CIPE, a cui si aggiungono 100 milioni di fondi FAS, per fare qualcosa che si sta ancora progettando e di cui nessuno conosce i costi. Ma la cosa interessante è che pochi giorni fa il ministro Romani affermava che nel milleproroghe ci sarebbe stato spazio per sviluppare il “digitale”: tutti pensavano si riferisse alla banda larga di internet, e invece lui si riferiva al passaggio alla televisione digitale. Infatti ha dichiarato: “nel Milleproroghe ci sono 30 mln dedicati allo switch-off, che corrispondono ai fondi che avevamo richiesto per completare il passaggio alla digitalizzazione entro la fine dell’anno o all’inizio del prossimo”.
Quindi, per portarci il digitale, il governo ha destinato altri 30 milioni, ma da dove spuntano? Da risparmi di spese inutili? Da maggiori entrate? Semplicemente li tolgono ai fondi destinati alla banda larga (ecco quindi il gioco di spostare sempre le risorse e fare sempre nuove promesse), come si evince dal comunicato che dice: “ Sono prorogati per l’anno 2011 gli interventi di cui all’articolo 1, commi 927, 928 e 929 della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Per le finalità di cui al periodo precedente è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per l’anno 2011, da destinare al rifinanziamento del Fondo per il passaggio al digitale di cui all’articolo 1, comma 927, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Ai relativi oneri, pari a 30 milioni di euro per l’anno 2011, si provvede nell’ambito delle risorse finalizzate ad interventi per la banda larga dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, nell’importo complessivo deliberato dal CIPE in data 11 gennaio 2011”.
Tutto chiaro? Devono fare qualcosa? Invece di fare i tagli alle spese inutili (a proposito: ma che fine hanno fatto i tagli alle auto blu che Brunetta aveva promesso??), decidono di togliere i soldi per progetti che avevano già promesso di realizzare. Se poi, proprio i soldi non bastano, allora si inserisce una nuova tassa (ma dicendo che non si aumentano le tasse, ovviamente) come quella sui biglietti del cinema. Da Luglio 2011, il biglietto del cinema costerà 1 euro in più, e i fondi così ottenuti serviranno a finanziare la produzione di film italiani e rifinanziare il FUS (Fondo Unico Spettacoli) e questo, lo si chiami come si vuole, è un balzello in più che graverà sulle tasche degli italiani.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati