postato il 11 Novembre 2010 | in "In evidenza, Media e tecnologia, Riceviamo e pubblichiamo"

Libero accesso WiFi? C’è ancora molto da fare

Partiamo dal principio, per non perderci nulla. Dunque, viviamo in un Paese, l’Italia, che ha trascorso beatamente un sacco di tempo con una norma retrograda e assolutamente inutile (una delle tante, direte voi: avete ragione) che è stata in grado di bloccare sul nascere la nascita di una Rete libera, indipendente e facilmente accessibile anche da noi. Ricordarvi di quale legge stiamo parlando, è finanche eccessivo, ma tant’è, fatto trenta facciamo trentuno: si tratta dell’ormai celeberrimo Decreto Pisanu, famoso – suo malgrado – per aver impedito all’Italia di essere al pari dei propri cugini europei in materia di accessi wireless ad Internet. Con i disastrosi effetti che ben conosciamo: se il Wi-fi fosse stato liberalizzato molto tempo fa, probabilmente oggi vedremmo, davanti ai tavolini dei bar, giovani che avrebbero la possibilità di restare connessi semplicemente con un portatile e con zero fili. Una vera e propria rivoluzione culturale, perché l’aver confinato Internet nelle abitazioni ha reso la Rete un mezzo esclusivamente privato, da utilizzare solo – magari – per chattare e controllare la posta.

E invece no, perché il World Wide Web è ben altro: è un mezzo di emancipazione sociale, una delle più alte conquiste democratiche della nostra storia; non luogo di solo svago, ma di vita attiva. Ma volete mettere la possibilità di poter conoscere le ultime notizie in tempo – veramente – reale, di poter leggere i giornali quando e come ci pare, di poter stare “on-line” 24 ore su 24?

Succede, però, che a un certo punto – dopo una lunga e serrata protesta da parte degli esperti e una proposta di legge targata Api-Fli-Pd-Udc (ne abbiamo parlato qui) – dalle parti del Governo ci sia reso conto che avanti così, proprio non si poteva andare. E così si è corsi ai ripari: dopo un iniziale gioco dello scaricabarile tra Vito, Brunetta e Maroni, alla fine il CDM si è deciso di “abrogare” il Decreto Pisanu. Cioè, un attimo: “abrogare” è una parolona grossa. Infatti, come ci spiegano bene Fabio Chiusi sul Nichilista, Massimo Mantellini su Il Post e Guido Scorza sul blog de Il Fatto, il tutto potrebbe rivelarsi un gigantesco bluff.

L’articolo 7 del Decreto Pisanu prevedeva tre obblighi per chi intendesse fornire un collegamento Wi Fi o collegarsi a una rete WiFi in Italia:

  1. l’obbligo di chiedere “la licenza al questore” (comma 1)
  2. l’obbligo di monitorare “le operazioni dell’utente” e “l’archiviazione dei relativi dati” (comma 4)
  3. l’obbligo di attivare “misure di preventiva acquisizione di dati anagrafici riportati su un documento di identità” (comma 4)

Ora, dei tre punti soltanto il primo è a scadenza (nel decreto è indicata la data 31 dicembre 2007, poi prorogata di anno in anno). Per gli altri due, e lo afferma il deputato del Pdl Roberto Cassinelli, sarà invece «necessaria una nuova legge che vada a modificare la singola disposizione». Inoltre (come spiega laconicamente il sito del Governo), da oggi in poi “pur mantenendo adeguati standard di sicurezza, è previsto il superamento delle restrizioni al libero accesso alla rete WiFi”. Ora, domandina semplice semplice: in che modo si vogliono mantenere “adeguati” questi standard di sicurezza? L’ipotesi più probabile pare sia l’introduzione di un sistema di identificazione via sms: l’utente immette on line il proprio numero di cellulare e a quel punto riceve una password con cui può accedere alla Rete. È vero, già l’abolizione di alcune parti del Decreto Pisanu permetterà di sburocratizzare e facilitare l’accesso ad Internet, ma che senso ha mantenere validi sempre laccioli e legacci vari? Mi sembrano assolutamente inutili e fuori luogo e dello stesso parere è Alessandro Giglioli, che scrive“Curioso tuttavia che queste «esigenze di identificazione», motivate con ragioni di prevenzione antiterrorismo, non vengano avvertite in tutti gli altri Stati occidentali dove la navigazione senza fili è libera, sebbene ci siano stati casi molto significativi di attentati, a partire dagli Stati Uniti”. Curioso, eh? In sostanza, il Governo ha avviato l’iter di “liberalizzazione” della Rete, ma si tratta ancora solo di un timidissimo passo. Resta ancora moltissimo da fare e prima che dall’emendare le leggi, bisognerebbe partire dal rivoluzionare la cultura di alcuni di noi. Per far capire, finalmente, che Internet non morde. Anzi.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera



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