“Riceviamo e pubblichiamo” la testimonianza di Stefano Baldan, imprenditore agricolo di Mira (Venezia)
Sono un imprenditore agricolo, allevatore di vacche da latte. In questi giorni mi sento profondamente indignato, offeso e preso in giro. Svolgo il mio lavoro quotidianamente, mi alzo alle 5 tutte le mattine, giorni feriali e festivi, pago il mio lavoro e quello dei miei dipendenti tutti i giorni perché rispetto la legge: sono in regola con le quote latte, acquistate negli anni con grande sacrificio.
Negli scorsi giorni sono stati pubblicati vari articoli sui quotidiani che parlavano di persone (che non definisco allevatori ma “truffatori”) che hanno contenziosi con lo stato, ossia multe da pagare di 3,5 milioni di euro, che si presentano a trasmissioni televisive e hanno spazio sui giornali, come vittime o eroi di turno; si presentano però alle manifestazioni con trattori nuovi da 100-150 mila euro, fanno parte di cooperative fasulle, create per non versare le multe, sono venditori di latte “in nero”… ma io mi chiedo: tutti i soldi del latte venduto fuori regola, che fine hanno fatto?
L’anno scorso il ministro Zaia aveva promulgato una legge per sistemare in modo definitivo il problema delle quote latte. Dopo meno di un anno ed il parere negativo dell’Unione Europea sulla questione, a questa legge, fatta da un ministro leghista, subentra una nuova proroga e “questi” continuano a non pagare!Qual è la morale? Io, che come tanti italiani, rispetto le leggi e le regole civili, giuste o non giuste che siano, educo i miei figli a questi valori, assisto continuamente alla vittoria degli imbroglioni, degli irrispettosi e dei furbi.
Lo stato italiano si sta sporcando, perdendo dignità davanti all’Europa e togliendo soldi dalle tasche di tutti gli italiani per salvaguardare un manipolo di 400 “allevatori” fuorilegge.
In Italia la salute non è più un diritto, ma un lusso. Un’affermazione che può suonare eccessiva, ma che purtroppo è cruda realtà. E’ uno scenario a tinte fosche e di un’Italia spaccata in due quello dipinto dall’ultimo rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno: una famiglia su cinque non ha i soldi per andare dal medico e non si puo’ permettere di pagare il riscaldamento. Nel 2008 nel 30% delle famiglie al Sud sono mancati i soldi per i vestiti e nel 16,7% dei casi si sono pagate in ritardo le bollette. Otto famiglie su 100 hanno rinunciato ad alimentari necessari. [Continua a leggere]
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Dopo il Pantheon del Pd arriva quello di Nichi Vendola che nel lanciare la sua candidatura a leader del centrosinistra indica ai suoi seguaci delle figure di riferimento anzi degli eroi: «vincere per le donne e gli eroi dei nostri giorni come Falcone, Borsellino e Carlo Giuliani». Quest’ultima frase con seguente elogio di Giuliani come “eroe ragazzino” lascia assolutamente molto perplessi. Non è il caso di riaprire il dibattito sulla tragica vicenda di Giuliani che è vicenda dolorosa e triste come doloroso e triste è lo spegnersi di ogni giovane vita, ma l’accostamento di Carlo Giuliani con i due magistrati palermitani è quanto meno azzardato.
Probabilmente Nichi Vendola parlava al cuore di una parte del suo elettorato che è quella sinistra antagonista che era presente al G8 di Genova, ma questa motivazione politica non può giustificare un torto alla verità. Un torto alla verità è equiparare chi è stato ucciso dalla mafia con chi è stato vittima dell’imperizia e della paura di un carabiniere; è mettere sullo stesso piano chi ha difeso lo Stato con chi voleva abbatterlo; è additare come esempi chi era paladino di legalità e democrazia insieme a chi di legale e democratico, almeno nei comportamenti, aveva ben poco.
Sicuramente sia i due giudici che il giovane Giuliani erano animati da grandi tensioni ideali e volevano cambiare questo nostro Paese e hanno tentato di cambiarlo i primi con il loro lavoro di magistrati il secondo con la ribellione e la protesta, ma è necessario sottolineare che lo sforzo di cambiamento di Falcone e Borsellino si distingue sostanzialmente da quello del giovane Carlo perché intriso d’amore. Diceva Paolo Borsellino parlando di Palermo che “il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare”; a Paolo Borsellino e Giovanni Falcone non piaceva la loro terra e si sono impegnati ad amarla, e ad amarla così tanto da dedicarle ogni attimo della loro vita fino al sacrificio supremo, scrivendo con la propria vita un Vangelo, una buona notizia che da sempre dice che “nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).
Così non è stato per Carlo Giuliani che ha creduto di poter cambiare il mondo brandendo un estintore contro un mezzo dei carabinieri che forse in quel momento vedeva come il braccio armato dei potenti della Terra radunati a Genova ma in realtà era solo una scatola di latta dentro la quale si agitava impaurito un giovane come lui, con le stesse speranze e gli stessi sogni svaniti in un colpo di pistola nell’indifferenza dei potenti del mondo.
Ma c’è anche una differenza nei “frutti” delle vicende dei giudici e di Giuliani: la morte di Falcone e Borsellino ha aperto una stagione nuova, ha prodotto una presa di coscienza di una terra che ha trovato il coraggio di ribellarsi e di provare a cambiare mentre la morte del povero Carlo ha lasciato solo tristezza, dolore e una rabbia non sopita divisa tra giustizia e vendetta.
Se Nichi Vendola vuole proprio nel suo personalissimo Pantheon Carlo Giuliani non lo ascriva però nella schiera degli eroi martiri ma lo presenti come vollero i suoi amici: “Carlo Giuliani, ragazzo”. Un ragazzo con sogni e ideali vittima della rabbia e della paura. Questa discussione sul pantheon vendoliano non è la solita polemica estiva prodotta dalla mancanza di notizie, ma è una questione di notevole rilevanza ideale e politica perché ci dice qualcosa di più su chi si candida non solo a guidare l’alternativa a questo governo ma addirittura il Paese. Vendola deve scegliere se essere il campione di una sinistra antagonista, arroccata nei suoi “no” e sempre “contro” oppure il leader di una sinistra moderna, protagonista del cambiamento e capace di essere “per” qualcosa cioè di raccogliere ed unire intorno ad un progetto. E questa scelta dell’aspirante leader del centrosinistra passa anche dalle nicchie del suo pantheon.
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Il trasformismo non serve, anche Bossi è davanti a un bivio
“Non cerco nessuno. Sono stato eletto come membro dell’opposizione e sto cercando di lavorare per il mio Paese, dai banchi dell’opposizione. Credo che il trasformismo in Italia non serva”. Pier Ferdinando Casini, intervistato dal Tg3, ribadisce che “Berlusconi e Casini potrebbero ritrovarsi in un governo di larga coalizione se i partiti si rendessero conto che stiamo veramente affondando il Paese”. [Continua a leggere]
“La lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale, che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”. Le parole di Paolo Borsellino, a 18 anni dalla strage di via D’Amelio in cui furono uccisi il giudice e cinque agenti della sua scorta, suonano tristemente attuali.
Il compromesso morale, l’indifferenza, la complicità. Non sono forse questi, da mesi, i temi attorno ai quali si arroventa il dibattito politico? La corruzione che rischia di inficiare l’autorevolezza delle istituzioni, l’indifferenza che porta a pensare alla “mafia” come a un problema lontano da noi o, peggio, come a un problema del sud Italia (basta citare recenti episodi di cronaca per capire che non è così). La complicità di politici disposti a scendere a patti con mafie vecchie e nuove. [Continua a leggere]
«Tradito da Tremonti? Non è che io l’abbia mai indicato come capo di un governo di larghe intese…». Pier Ferdinando Casini ha il copyright della proposta di alleanza ampia alla guida di un’Italia in emergenza e “sgovernata” di fatto. Quanto gli brucia il “no” senza appello del ministro dell’Economia che ha “blindato” Berlusconi? «Non è Berlusconi che blinda ma se stesso, lo capirebbe anche un bambino».
Per il leader Udc le larghe intese restano la sola strada. «Un governo di responsabilità nazionale è l’unica soluzione — rilancia — alla quale si arriverà purtroppo tardi e male. È una necessità per il paese mica una mia mania. Se no non si va da nessuna parte. Il paese è in difficoltà gravi. La vicenda dell’Abruzzo post-terremoto, il problema dei rifiuti che rispunta, la questione morale che riesplode – e saranno pure mele marce, però ci vorrebbe senso di responsabilità -; il Cipe che non ha neppure avviato le procedure delle delibere di un anno fa per le grandi infrastrutture. C’è una paralisi generale. Il governo arranca, forse ha i giorni contati e l’opposizione deve scendere dal piedistallo per misurarsi con la complessità dei problemi italiani, non fare come a Pomigliano dove il Pd ha balbettato incapace di scegliere tra Bonanni e Epifani». [Continua a leggere]
Cercheremo di migliorare la Manovra anche se è già blindata, visto che il governo porrà la Fiducia. Ma vorrei dire al ministro Tremonti che tutte questi voti di fiducia sono un segno di debolezza e non di forza. Non riuscendo a tenere i propri parlamentari, ci si appella alla disciplina di partito. E questo la dice lunga sullo stato in cui versa questa maggioranza.
I giudici devono fare il loro lavoro e saranno loro a spiegarci se la P3 è una cosa seria o una buffonata. L’unica cosa che posso dire è che quando si è ai vertici dello Stato o di un partito bisognerebbe stare attenti a chi si frequenta. Insomma, io ci penserei bene prima di andare a cena con Carboni…
Una signora (su un sito dal nome che è tutto un programma: “Il Padano”, sottotitolo esplicativo: “Una terra, un popolo, il suo quotidiano”)si chiede perché l’On Casini e l’Udc stiano conducendo una battaglia così aperta contro il condono per le quote latte in eccedenza e perché “Casini, che non rinnega il suo passato democristiano, non fa il bel gesto di pagare di tasca sua le assurde e democristiane multe che ridurrebbero sul lastrico le famiglie dei nostri allevatori?”. Sembra una richiesta accorata, da non sottovalutare. Peccato sia soltanto falsa e faziosa. Perché intanto le famiglie che rischierebbero di essere ridotte sul lastrico sarebbero una irrisoria parte degli attuali 40 mila allevatori: solo quelle, cioè, dei furbetti, di coloro che si sono rifiutati di mettersi in regola con le direttive europee e hanno optato per la resistenza ad oltranza, non tirando mai fuori un centesimo. Ed ora, come se niente fosse, saranno proprio loro a beneficiare addirittura di una sospensione del pagamento delle multe, perché gli amici leghisti (sì, proprio quelli di Roma Ladrona), hanno ben pensato di salvare i (loro) furbetti della mangiatoia, quel 10 per cento di allevatori del Nord che si è fatto beffe dei colleghi onesti. Quindi, signora, perché pensare a Casini? C’è già Bossi, per questo.
Pubblicato da Pier Ferdinando Casini | su: Facebook
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