Tutti i post della categoria: Riceviamo e pubblichiamo

Quanto PIL, lavoro, soldi sono legati al settore farmaceutico?

postato il 18 Febbraio 2010

Pills‘Riceviamo e pubblichiamo’ di Gaspare Compagno

Dopo le note vicende legate agli annunci della Glaxo  mi sono posto un quesito: ma quanto PIL, lavoro, soldi sono legati al settore farmaceutico e biomedicale in Italia?

La risposta è: tanto, tanto, tanto.

Una cosa assolutamente incredibile, di cui ignoravo l’ampiezza.

Se pensate che sto esagerando, ecco alcuni dati del 2008: in Italia abbiamo 250 aziende produttrici di prodotti farmaceutici finiti, a cui sommiamo 100 aziende che producono materie prime (sostanze farmaceutiche che necessitano di ulteriore lavorazione).

Molte di queste sono aziende piccole o medie, poi ci sono i colossi: la Glaxo; la Novartis che ha tre centri, quello direzionale e logistico a Caronno Pertusella (Lombardia), quello di ricerca sui vaccini a Siena e quello produttivo in Campania; Schering-Plough in Lombardia e così via.

Ognuna di queste aziende impiega direttamente, alcune migliaia di dipendenti: la Sanofi-Aventis ha 3400 dipendenti; Wyeth Laderle ne conta oltre 2000 e così via.

Si tratta non solo di dipendenti nel settore produzione e commercializzazione, ma molti di loro sono ricercatori: ad esempio il centro a Siena è  il polo mondiale della Novartis nella ricerca sui vaccini.

Ma queste aziende sono solo alcune, il 31,1% delle aziende farmaceutiche in Italia, sono a capitale italiano: la Sigma-Tau, Angelini, Menarini, Chiesi-Bracco, giusto per citare le più grosse; ad esempio la Menarini conta 12500 dipendenti, di cui 700 nella ricerca (e un fatturato nel 2007 di 2,5 miliardi di euro). E finora parliamo solo dei dipendenti diretti: se consideriamo anche l’indotto il numero sale enormemente.

Su un totale di 340 aziende coinvolte a vario titolo nel settore farmaceutico, 277 sono PMI, mentre le altre sono grandi aziende. Le PMI hanno complessivamente 20.120 dipendenti, e investono sempre più nella ricerca, unica strada per contrastare lo strapotere delle grosse multinazionali. 
A livello geografico i principali raggruppamenti coinvolgono mezza Italia: Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia Romagna e Lazio. Addirittura la Lombardia conta 100 aziende e 32 centri di ricerca.

A proposito di ricerca: nel 2007 il 90% della ricerca farmaceutica italiana è  stata finanziata da privati con un investimento di circa 1 miliardo di euro, quindi a livello pubblico quello che si investe sono briciole (circa 200 milioni di euro), in un settore dove Cina, Singapore, Usa investono sempre di più.

Nel frattempo anche la Pfizer decide di chiudere il suo stabilimento a Nerviano (Lombardia), seguita dalla Merck Shampe & Dome che chiudono il loro centro a Pomezia.

Ma cosa pensa di fare il governo?

E qui veniamo alle note dolenti: nonostante le belle parole del Governo, si registra la totale assenza di una strategia nazionale per incoraggiare il settore e la ricerca farmaceutica , anzi negli ultimi anni si assiste ad una erosione dei margini di profittabilità per il privato, con il risultato che, prevedibilmente, un settore molto promettente per il futuro vedrà lo spostamento di investimenti produttivi verso altre nazioni, in particolare Cina, USA, India.  L’unica novità viene dal ministro Tremonti che ha promesso di introdurre una riforma fiscale premiante nei confronti della Ricerca , troppo poco, mi sembra, rispetto alle richieste avanzate dal presidente di farmindustria, Dompè.

E’ troppo poco se consideriamo che da tre anni si attende invano che il governo recepisca la direttiva europea in campo farmaceutico, rischiando, a causa del mancato recepimento, un richiamo e una sanzione da parte della UE. Ed è l’unico paese europeo a non avere ancora recepito la direttiva comunitaria: quale è la conseguenza? Che non vi è una esatta rispondenza tra legislazione italiana e certificazioni italiane e legislazione e certificazioni europee, con la conseguenza che, dovendo scegliere, le aziende preferiscono investire in Europa, che non Italia.

Ma il problema è ben più ampio e riguarda non solo il settore farmaceutico, ma anche altre strutture in altri settori: la Alcoa entro tre anni chiuderà le sue strutture, l’Italtel di Carini chiude, la Keller a Palermo chiude, la Wyeth a Catania chiude, l’ALcatel chiude a Battipaglia, il centro di ricerca di Cinisello Balsamo della Nokia chiuderà molto presto, come anche il centro di Parma della Nestlè.

E l’anno scorso hanno chiuso la Motorola a Torino e la Yamaha a Monza.

Non è  un fenomeno isolato, e non riguarda solo un settore, ma è un fenomeno che investe tutte le regioni italiane. Un fenomeno che non trova risposta dal governo, che pure professa ottimismo.

Eppure il governo ha una colpa gravissima: reagisce, ma dopo; prima non fa nulla, e si muove solo quando è troppo tardi.

E la chiusura di impianti non è dovuta solo al costo del lavoro, una scusa che non regge più in settori dove è sempre maggiore la presenza di macchinari, più che di lavoratori poco qualificati. Lo stesso settore tessile ormai è influenzato poco dal costo della mano d’opera.

Allora quale è il motivo? Manca una azione di governo che sia concreta. Non servono le trasferte faraoniche in terra straniera.

Quel che serve sono accordi semplici con i paesi per avere aree di libero scambio e canali agevolati nel commercio, e per attirare gli investimenti, si potrebbero usare i beni demaniali non usati, magari dandoli in usufrutto gratuito alle aziende che decidono di investire, in tal modo le aziende abbatterebbero i costi senza pesare sulle casse dello stato e andando incontro anche alle esigenze delle PMI che spesso hanno problemi per potere avere strutture a prezzi non eccessivi; un’altra diea per le PMI potrebbe essere, prestiti a tasso agevolato da parte delle banche, garantiti da beni dello stato. Sono solo tre idee, ma, nell’assenza di idee di questo governo, sono molte.

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Perché è importante andare a votare

postato il 16 Febbraio 2010

Envelope, di Tim Morgan

‘Riceviamo  e pubblichiamo’ di Carlo Lazzeroni

Nell’edizione di mercoledì del Corriere Fiorentino è apparsa un’interessante lettera di , già giovane segretario provinciale del partito socialista fiorentino, che deluso dalla politica in Toscana afferma che non andrà a votare proprio perché ama la politica (il suo articolo:  Non andrò a votare perchè amo la politica).

Prendo spunto da questa lettera per alcune considerazioni. Le cose che dice sono assolutamente condivisibili anche se io rimango dell’idea che rinunciare al diritto – dovere del voto sia sempre e comunque sbagliato.

Credo tra l’altro che ci siano le condizioni, anche in Toscana, per provare ad esercitare un voto utile, seppure all’apparenza minoritario.

E’ il voto che gli elettori possono esprimere scegliendo l’Unione di Centro, forza politica di cui faccio parte. Da sempre, seppure con posizioni numeriche limitate, si batte in Toscana all’interno e fuori dalle varie istituzioni, contro quello che Ciuffoletti definisce il “regime” toscano. Lo ha fatto e lo fa, con il rispetto istituzionale di una forza responsabile e moderata, ma con l’energia di chi è sempre stato e continua a stare all’opposizione non tanto perché quelli del Partito Democratico sono ancora comunisti, come qualcuno del PDL continua a urlare, ma perché nelle nostre amate terre si respira un’oppressiva commistione tra cultura, economia e politica. E in questo senso il futuro rischia di essere ancora peggiore vista la linea politica ancora più a sinistra portata avanti dal candidato Rossi che fa accordi con la sinistra radicale e la sinistra giustizialista dell’Italia dei Valori.
Così come l’Unione di Centro è l’unica che in questi anni si è battuta in maniera coerente contro i vari inciuci Pd-Pdl, che hanno portato alle modifiche elettorali per le regionali del 2005 e di quelle di pochi mesi fa. E’ l’unica che ha chiesto e si è battuta per il ripristino delle preferenze, così da dare ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti. Senza di queste, con le primarie che mostrano carenze evidenti, le segreterie dei partiti decidono tutto e la democrazia dei partiti è sempre più a rischio. L’impressione che il Pdl in Toscana non voglia creare le condizioni per l’alternanza appare sempre più evidente e non da oggi. Rafforzare l’Unione di Centro attraverso il voto di marzo potrebbe essere quindi un primo seme per creare uno schieramento più ampio e provare a superare questo bipolarismo malato, e nella nostra regione, profondamente bloccato.
Insomma credo che l’Unione di Centro possa rappresentare, con tutti i propri limiti, l’unica vera alternativa in queste elezioni. Da domani però, se vorrà veramente incidere in Italia e in Toscana, dovrà avere la forza di essere molto più aperta e dialogante con i cittadini che, come Ciuffoletti, non ne possono più di questa situazione e riuscire ad aprire il partito a tutti coloro che, all’interno del Partito Democratico e del Partito della Libertà, soffrono questa situazione. Dovrà insomma riuscire ad andare oltre l’unione di centro costruendo un nuovo partito che unisca su pochi e saldi principi le forze più dinamiche e responsabili del Paese e della Toscana. Se sarà capace di questo potrà veramente rappresentare quell’alternativa per molti cittadini delusi, altrimenti sarà un’altra occasione persa e il finto bipolarismo Pdl-Pd ne uscirà rafforzato.

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Glaxo: a casa 550 ricercatori, si poteva evitare?

postato il 12 Febbraio 2010

Glaxosmithkline‘Riceviamo e pubblichiamo’
di Gaspare Compagno

Il pensiero non può non andare al noto comico Cornacchione che nei suoi sketch aveva tirato fuori il tormentone “povero Silvio” perché tutti ce l’hanno con il Presidente del Consiglio.
Dopo la Fiat e Termini Imerese, dopo l’Alcoa e i due impianti che vuole chiudere, la preoccupazione se quest’anno gli investitori non rinnovano i 400 miliardi di euro di BTP e BOT che scadono, altre tegole sono in arrivo. L’ultima proviene dal ricco e operoso Nord Est.

La terra che, secondo i leghisti, non produce latte e miele, ma poco ci manca.
La terra dove l’unico problema, per i leghisti, sono gli immigrati.
La terra dove la Lega è fiera dei risultati conseguiti dai suoi prodi amministratori regionali e comunali. Talmente fiera che ha imposto il suo candidato a Berlusconi.
Risultati che sono talmente brillanti a livello economico, che la Glaxo, colosso mondiale della farmaceutica, ha deciso di chiudere il suo stabilimento di ricerca, licenziando 550 ricercatori.

Fermi tutti. Ma se abbiamo appena detto che il Nord Est è il paradiso in terra per l’economia e l’amministrazione pubblica dei bravissimi politici leghisti.
Evidentemente alla Glaxo, lo ignorano.
O forse gli amministratori non sono poi così bravi ed efficienti. Questo non si sa.
Ma si sa per certo che la Glaxo chiude, manda a casa 550 ricercatori.
Peggio ancora: per i sindacati si tratta di una prima mossa che porterà a licenziare 4000 persone, tra ricercatori (circa 2000 tagli) e lavoratori dei settori produzione e commercializzazione.
A questo si devono sommare i recenti annunci di tagli che si apprestano a varare altri colossi farmaceutici: la Pfizer e la Astra Zeneca).

Eppure, cosa strana, basta aprire un quotidiano o fare un giro per i siti internet e si vedono molte offerte di lavoro nel campo farmaceutico. Come si spiega? L’arcano è presto rivelato: le posizioni più richieste sono quelle di Informatori Scientifici del Farmaco, posizione per la quale le aziende hanno la possibilità di scegliere tra molti giovani laureati in medicina, biologia, chimica, farmaceutica, in modo che, avendo a disposizione un elevato numero di giovani laureati, possono metterli in concorrenza tra di loro per abbassare i costi del lavoro. Non solo, ma ormai questi giovani vengono assunti non come dipendenti, ma spessissimo con contratto ENASARCO (agente di commercio), venendo pagati a provvigione. Gli stessi vecchi informatori scientifici del farmaco che hanno contratti da dipendenti stanno venendo invitati a licenziarsi e a farsi riassumere come agente di commercio con partita IVA, in modo che per l’azienda i costi diminuiscono e, siccome sono liberi professionisti, in caso di bisogno non devono neanche licenziarli, ma ritirare il contratto di agenzia.

Ma torniamo alla Glaxo. L’azienda sostiene che la chiusura non è solo in Italia: verissimo chiuderanno un centro negli USA e 5 in Europa.
Non si capisce perché, però, debbano chiudere un centro che la Glaxo stessa ha definito come un polo di eccellenza.

Ma secondo Crespi, tutta la ricerca verrà trasferita in Cina, dove due anni fa il governo cinese ha siglato con la Glaxo, un accordo per l’apertura di un centro di ricerca nell’ambito delle neuroscienze, con il quale le autorità cinesi hanno fornito terreni, impianti e ricercatori a costi praticamente nulli.

Le reazioni sindacali sono preoccupate, ovviamente. E i politici? Anche loro, dal sindaco leghista Tosi al Presidente delle Provincia veronese Miozzi, sono preoccupati e vogliono contattare l’azienda.
Francamente mi sorge un quesito: possibile che nessuno di questi attivissimi politici si è accorto che l’azienda aveva problemi, o si è posto il dilemma di come migliorare il rapporto con la Glaxo?
Forse bastava leggere un giornale, visto che una prima notizia era già apparsa a dicembre 2008 , quando fu annunciato che 100 ricercatori della Glaxo a Verona, rischiavano il posto.

Forse non si sarebbe arrivati a questo punto se il leghista Tosi si fosse preoccupato meno di cacciare gli immigrati, e più delle questioni economiche e lavorative dei suoi concittadini.
Voi direte che Tosi e il candidato leghista non potevano prevedere ciò. Mah, forse bastava leggere un giornale. Mi fa specie, infine, che il candidato leghista alla presidenza della regione Veneto taccia. Cosa pensa di questa situazione? Cosa vuole fare? 

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Quel furbacchione del ministro Zaia

postato il 11 Febbraio 2010

Il grano (Album di Claudio Morlok)

‘Riceviamo e pubblichiamo’ di Antonio di Matteo

Ieri, 10 febbraio 2010, è stato votato dalla Camera dei Deputati, un emendamento al Disegno di legge “Disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare” (redatto dall’on. Beccalossi Viviana e presentato dal ministro Zaia), del deputato e capogruppo dell’Udc in commissione Agricoltura della Camera, Giuseppe Ruvolo. L’esponente centrista, dopo la votazione a Montecitorio,  ha dichiarato, in una nota: “Esprimiamo soddisfazione per l’approvazione da parte della Camera del nostro emendamento che prevede lo stanziamento di 25 milioni di euro a favore dell’imprenditoria giovanile, in particolare femminile, nel settore agricolo”. Va aggiunto: “il fatto che il Governo, contrario alla nostra proposta, sia stato battuto in Aula spiega molto più di tante parole quanto all’Esecutivo interessi davvero il destino dell’agricoltura del nostro Paese e di chi vi opera”.

Risalta all’occhio l’ antimeridionalismo del Governo e, in particolar modo, del ministro per la Politiche Agricole, Luca Zaia. Si parla infatti di risorse, di provenienza europea, strappate alle imprese siciliane per distribuirle alle aziende padane.

A detta dell’on. Ruvolo: “Con l’attuazione del Regolamento comunitario 73/2009 gli agricoltori e gli allevatori siciliani si vedranno scippati di circa 40 milioni di euro a tutto vantaggio dei colleghi del Nord. Ormai è diventato quasi superfluo sottolineare come l’artefice di queste mosse furbacchione sia il ministro Zaia. Altro che solidarietà. Non è questo il metodo migliore per tutelare gli interessi di tutta l’agricoltura italiana. Casomai, lo è per quelli della Padania”.

Non è possibile continuare una compagna di spoliazione dell’agricoltura italiana e soprattutto di quella meridionale. È un continuo depauperamento finanziario messo in atto dall’azione incontrastata del Ministero della Politiche Agricole.

Si tratta di un incontrastato agire mai messo in discussione dei ministri e deputati, competenti e votati, del Meridione d’Italia. Oramai al ministro Zaia non basta più ignorare la perenne crisi strutturale che attanaglia il settore primario nazionale, ma prosegue in un’azione di sbarramento sul Po, di tutte le risorse comunitarie che discendono in Italia da Bruxelles.

Per fortuna uno spiraglio di luce, una volontà di ascolto e dedizione alla questione agricola, è stato dato ieri, grazie al voto della Camera del Deputati all’emendamento proposto dell’on. Giuseppe Ruvolo.

Bisogna infatti concentrare le poche risorse disponibili, per programmare un futuro coerente dell’intero settore agricolo italiano. È l’intero comparto ad essere in un profondo oblio di incertezza, di una perenne assenza di domanda dei prodotti agricoli da parte del mercato e dalla stretta finanziaria messa in atto dalle banche.

Si parte da un dato: il numero complessivo della aziende agricole cala complessivamente di 19 mila unità in tutta Italia in un solo anno, e sempre più velocemente anche a causa della crisi. Ciò vuol dire che ormai il settore primario deve essere rivisto in una riforma generale. Non è possibile che il Governo, ad ogni problema dell’Italia, si giri dall’altra parte per non vedere il disastro che viene creato da un vorticoso degrado strutturale. Si aspetta che passi la nottata.

Ottima exit strategy.

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Fiat: storia di un’azienda italiana

postato il 6 Febbraio 2010

Fiat Logo 1 ‘Riceviamo e pubblichiamo’
di Gaspare Compagno

Premettiamo che la Fiat ormai vende più all’estero che in Italia: ha venduto più auto in Brasile che in Italia, ha accresciuto le quote di mercato in Germania, Francia, India, e a breve entrerà nel mercato cinese, americano, messicano e canadese. Insomma, se prima Fiat vendeva solo in Italia, oggi non è più così e si trova a confrontarsi con competitor che producono a prezzi spesso più bassi. Detto ciò, a me, come penso a tutti, sorge spontanea una domanda: ma la Fiat  alla fine ha davvero ricevuto aiuti tali che potrebbe essere costretta a non chiudere in Italia neanche un impianto?

Purtroppo la risposta è negativa. E non lo dico io o Marchionne, ma lo stesso Scajola quando in Parlamento, in una seduta di Dicembre 2009, ha affermato che la Fiat ha restituito tutti gli aiuti ricevuti in passato e gli stessi incentivi del 2009, in realtà, sono stati ripagati con il gettito IVA legato alla vendita delle auto.

Non solo, ma consideriamo che, se la quota di mercato Fiat è del 30% in Italia, significa che il 70% degli incentivi del 2009 è andata ad auto straniere prodotte al di fuori dell’Italia.

Ma allora perché la Francia può condizionare la Renault? Perché nel 2009 Sarkozy ha prestato 6 miliardi di euro alla Renault, mentre Fiat ha preferito chiedere i soldi nel mercato internazionale.

Ovvio che in questo caso lo Stato non può alzare la voce. Ma il problema, come vedremo è peggiore: i politici hanno causato la situazione attuale con la loro ignavia. Ma prima parliamo dei famosi aiuti di Stato ricevuti negli anni passati dalla Fiat.

Ebbene pare che lo la Fiat abbia dato allo Stato più di quanto ricevuto, senza contare gli investimenti fatti: si apprende infatti che dal 2000 al 2006 ha ricevuto 409 milioni tramite “contratti di programma”.

A questi sommiamo dal 1996 al 2004 270 milioni (a fronte di 2,8 miliardi di euro di investimenti Fiat e già questi da soli bastano a fare capire che lo Stato non è stato talmente munifico da potere ricattare l’azienda) tramite la legge 488; con gli incentivi 2009 lo Stato ha erogato 1 miliardo di euro, di cui 440 milioni sono andati alla Fiat, il resto (660 milioni) sono andati ad aziende straniere.

Questi numeri sono confermati anche dal libro di Elio Germano, “Governo e grandi imprese” (edito da Il Mulino, 250 pagine, 22,50 euro) da cui si apprende che nel periodo compreso tra il 1998 e il 2007 la Fiat ha ottenuto 1,9 miliardi di euro tra cassa integrazione (235 milioni), contributi alla ricerca e per investimenti. Senza contare le proprie risorse investite in ricerca (ricordiamo che Fiat e Finmeccanica,  secondo un articolo del 2007 del Sole 24 Ore, finanziano l’80% della ricerca privata in Italia), l’azienda torinese ha pagato 540 milioni all’INPS,  mentre ha versato 2,2 miliardi di euro per imposte sul reddito e 200 milioni di euro di ICI: in pratica Fiat ha dato 2,9 miliardi di euro e ne ha ricevuto 1,9.

 

I numeri mi sembra che parlino chiaro.

Ma allora non si poteva fare nulla? Qui torniamo al discorso sui politici fatto all’inizio e che investe in prima battuta i piani di sviluppo dell’azienda in generale e di Termini Imerese e Pomigliano in particolare.

Cosa fareste voi, se una persona vi promettesse un aiuto per farvi lavorare meglio e poi non ve lo desse? Cerchereste altrove, e alle successive promesse non dareste il minimo credito. Mi sembra logico.

E così agisce la Fiat. Il governo sostiene che per Termini Imerese la Fiat ha ricevuto moltissimo: falso. Lo stesso Elio Vito, ministro per i Rapporti con il Parlamento, ha dichiarato in Parlamento alcuni giorni fa (http://www.economiasicilia.com/2010/01/22/fiat-vito-dal-96-contributi-statali-a-termini-per-48-3-mln/) che dal 1996 ad oggi la Fiat ha ricevuto per Termini Imerese 48 milioni di euro. Non è una gran cifra se consideriamo che copre più di 10 anni.

Ma neanche questo è il vero punto. Il punto sono le promesse mancate e mantenute da altri.

Fiat aveva programmato di produrre la nuova microcar (chiamata topolino) a Termini Imerese. Perché non si fece?

Breve storia. Negli anni 90 la Fiat fa rilevare che lo stabilimento di Termini è antieconomico e nel 2002, la Fiat rinnova queste considerazioni, alla luce delle gravi lacune nell’impianto logistico del polo siciliano.

Solo a metà febbraio 2007 si crea a Palazzo Chigi un “tavolo per il rilancio di Fiat di Termini Imerese” su insistenza dell’allora governatore della regione Sicilia, Salvatore Cuffaro (UDC). (http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2008/06/fiat-termini-imerese.shtml?uuid=a86c7ef0-410b-11dd-835d-7e3492cb3def).

Nel luglio 2007 i tecnici del consorzio di sviluppo industriale di Palermo (in sigla consorzio ASI), guidati dal presidente Antonio Albanese, attuavano ricognizioni nell’area di Termini Imerese per gli interventi da realizzare per creare il polo industriale dell’auto.

Purtroppo con le dimissioni di Cuffaro, il via libero definitivo atteso da Roma viene messo in sospensione.

Sospensione che nel Giugno 2008 si tramuta nella mancata firma, da parte del governo nazionale di Berlusconi e del governo regionale di Lombardo, del contratto di programma che avrebbe garantito 1,3 miliardi nella logistica di Termini Imerese per abbassare i costi produttivi e potere produrre la Topolino.

Ovviamente la Fiat prende atto di ciò e si attiva per trovare una strada alternativa che in due settimane porta a firmare un accordo con la Serbia: si decide di creare un polo dell’auto a Kragujevac, vicino Belgrado (fonte: http://www.autoblog.it/post/14538/fiat-topolino-ecco-perche-sara-costruita-in-serbia/3 e http://www.dotmagazine.it/index.php/2008/06/26/fiat-topolino/).

Nel giro dei due mesi successivi, secondo una inchiesta de Il Sole 24 Ore), le autorità serbe, rispettano gli accordi, e creano una zona franca per i subfornitori che potranno importare materie prime e semilavorati senza pagare dazi, incentivi e agevolazioni fiscali, e l’uso gratuito dei terreni vicino l’impianto per espandere l’impianto medesimo, sconti sui consumi energetici, e agevolazioni di vario tipo, inoltre le auto prodotte in Serbia saranno esportate non solo in Europa occidentale ma anche in Russia, visto che tra Russia e Serbia esiste un accordo di libero scambio.

E ora tiriamo le somme: da un lato abbiamo un governo nazionale e regionale che, a fronte di dichiarazioni fatte nel 2009 da Marchionne (giugno 2009), si sono attivati solo nel dicembre 2009 per cercare di risolvere il problema Fiat.

Dall’altro abbiamo una azienda che si confronta con il mondo e che ha bisogno di decisioni tempestive (come quelle dei politici serbi).

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Alitalia: uno scandalo, una truffa o semplice pressapochismo italiano?

postato il 2 Febbraio 2010

Turbulence, da Wtl photos“Riceviamo e pubblichiamo”
di Gaspare Compagno

Avete presente la vicenda del rimborso Alitalia? I famosi bond da rimborsare? Se pensavate che la questione fosse chiusa, vi sbagliavate di grosso. Vi è un nuovo capitolo che si appresta a scrivere il governo italiano tramite Lucio Malan del PDL che ha proposto un emendamento al decreto milleproroghe. [Continua a leggere]

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Il quoziente familiare e il “quoziente Parma”

postato il 1 Febbraio 2010

Dammi ancora la mano, di Lorenzo T.“Riceviamo e pubblichiamo” le riflessioni di Jakob Panzeri

Aristotele scrive ne “La Politica” che il primo stadio e la base della società è costituita dalla oikia, dalla famiglia. La natura ha infatti distinto gli esseri umani in maschi e femmine che si uniscono a formare una prima comunità, la famiglia. Dalla famiglia è sorto il komos, villaggio, ampia comunità intesa a garantire in modo organico e sistematico i bisogni della vita. Da ciò è scaturito la creazione di un consesso pubblico , la polis, dello stato e delle leggi che indirizzano l’uomo e caratterizzano la sua vita sociale . [Continua a leggere]

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Sono i comuni i primi interlocutori delle famiglie

postato il 1 Febbraio 2010

Envelope, di Tim Morgan‘Riceviamo e pubblichiamo’

A Palermo, insieme al Dipartimento regionale UDC per la Famiglia e i Minori, abbiamo voluto sviluppare una serie d’iniziative atte a sostenere la famiglia, nonostante il nostro bilancio ci permetta di far veramente poco. [Continua a leggere]

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Giovani per Pioltello a sostegno della famiglia

postato il 30 Gennaio 2010

Envelope, di Tim Morgan“Riceviamo e pubblichiamo
Ciao ragazzi. Prima di tutto penso sia giusto presentarci: noi siamo i Giovani per Pioltello, lista civica nata nel marzo 2006 a meno di 2 mesi dalle elezioni amministrative che si sarebbero svolte nel nostro comune.
Partendo da un gruppo di amici siamo riusciti ad allargare la proposta ad altri giovani, decisi a partecipare attivamente alla vita politica della nostra città. Sono cominciate riunioni, incontri, contatti. Abbiamo partecipato a dibattiti, ci siamo scontrati sulla scelta del nome della nostra lista, ma mai sulla collocazione: il centro era ed è rimasto il nostro habitat naturale. Fin dai primi banchetti ai quali ci siamo presentati con lo slogan SCEGLI IL FUTURO, abbiamo potuto constatare l’interesse delle persone, felici di vedere facce nuove, pulite, vogliose di darsi da fare per il futuro e per il bene comune. [Continua a leggere]

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“Sogno una nuova generazione di politici cattolici”

postato il 28 Gennaio 2010

Estremo Centro Liguria“Riceviamo e pubblichiamo” le riflessioni di Edoardo Marangoni sulle parole del cardinale Bagnasco

Devo essere sincero: ero un pò in difficoltà quando mi sono posto il fatidico problema sempre presente e fortemente vissuto in chi si appresta ad intraprendere una nuova avventura, diciamo “letteraria”, e cioè, molto banalmente, “come comincio?”.
E non solo “da che parte comincio?” -mille sarebbero i possibili temi da trattare- ma, soprattutto, “quale impostazione voglio dare?, quale voglio siano le linee guida a cui fare riferimento nello svolgimento, nella realizzazione di questo piccolo spazio di confronto?”. [Continua a leggere]

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