A proposito di moderati e progressisti
postato il 12 Settembre 2012
Riceviamo e pubblichiamo di Francesco Scavone
Abbiamo trascorso l’estate a sentir ripetere alla politica le parole “moderati” e “progressisti”. Un’evocazione sovente che ci ricordava due aree politiche sì differenti, ma avvicinabili per dar continuità agli sforzi di risanamento ed uscita dalla crisi del nostro Paese. Inutile dire che molte sono state le polemiche scatenatesi, molti anche i distinguo, e tanti altri ancora gli appelli disperati a Vendola. Come se il leader di Sel fosse a capo di tutta l’area progressista e potesse condizionarne scenari e scelte.
Mettiamo bene in chiaro qualche passaggio che, se pur ampiamente spiegato, è stato motivo di dubbio per l’opinione pubblica. Così come è diventato cavallo di battaglia per buona parte della politica e della stampa che, senza contenuti, ha usato delle chiare affermazioni per operare sterili strumentalizzazioni. Ripeto: il campo dei moderati, la storia ce lo insegna, è alieno da quello dei progressisti e viceversa. Lo ha ripetuto Bersani (“Tra Vendola e Casini, scelgo Vendola.”), lo ha ribadito Casini (“Noi fabbrica dei moderati, con il PD una gara diversa.”) e pochi giorni fa alla convention di Chianciano lo ha riaffermato Cesa (“Non siamo una costola della sinistra.”). La contrapposizione, però, non ha mai impedito sane collaborazioni. Prendo a modello non la nostra storia – qualcuno potrebbe obiettare – bensì i recenti passaggi politici tedeschi. La Germania, infatti, ha vissuto momenti simili di collaborazione, vedendo SPD e CDU/CSU parte di uno stesso esecutivo in casi di necessità.
Eppure nel centrosinistra c’è ancora chi è ossessionato da Casini e dal progetto di “Lista per l’Italia” che l’Udc sta portando avanti da protagonista. Continuano gli attacchi, le prese di distanza, le ironie. Tutto legittimo, per carità. Se non fosse che a furia di guardare in casa degli altri, spesso si rischia di pensare poco alla propria. Mi spiego meglio: l’Udc, o meglio, la forza che, allargata ad altre esperienze della politica, dell’associazionismo e della società civile, si presenterà alle urne, ha chiara la propria rotta. Che sostanzialmente è quella della continuità con il Governo attuale presieduto da Monti. Una continuità che non affonderà nel solo rigore le sue mosse, ma che partirà dall’agenda di questo esecutivo per compiere altre scelte, di riforma e di crescita, che un Governo politico sarebbe più forte e legittimato per intraprendere. Il centrosinistra invece passa più tempo ad allontanarsi dalle forze moderate che a ragionare sulle proprie. Basta un rapido giro di notizie per capirlo: a Roma in Parlamento il Partito Democratico sta portando avanti con determinazione e, c’è da dirlo, responsabilità la strada aperta dai cosiddetti tecnici. Qualche centinaio di metri più in là ritroviamo Vendola, già saldamente alleato del PD, che si reca alla Cassazione per quesiti referendari che rinnegano le riforme montiane. Come si può vedere un fronte del genere? Disomogeneo nei fatti, omogeneo a parole. Come se io iniziassi a costruire una casa, già pensando a come demolirla il prossimo anno. Non mi dilungo, la contraddizione è palese. Forse sarebbe il caso di tornare a focalizzarsi sui contenuti. Così come a Chianciano con le “Primarie delle idee” è iniziato un percorso di proposte e tematiche.
Mi permetto un’ultima riflessione. Bersani a Reggio Emilia ha detto: “Monti ha messo il treno sui binari, noi dobbiamo farlo ripartire.” Attento Pierluigi, c’è qualcuno che vuole farlo deragliare.




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