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Berlusconi? Adesso sa che deve unire. Prima della politica, viene sempre la vita

postato il 6 Febbraio 2022

La reputazione viene prima degli incarichi. Mi ha scritto mio figlio in un messaggio: “Papà, ci hai insegnato a rispettare sempre tutti, anche i più umili. Oggi hai vinto senza vincere”.

La mia intervista pubblicata sul Corriere della Sera a cura di Tommaso Labate

«Il fronte politico-istituzionale è un conto, quello strettamente partitico un altro. Io sono stato impegnato in politica per talmente tanti anni che una cosa l’ho capita bene. Non ha senso rifare le cose che si sono fatte in passato. Il centrodestra ha i suoi protagonisti, l’area centrale anche. Se mi mettessi a rifare le cose che ho fatto per trent’anni, sarei un protagonista consunto…».

Al dodicesimo chilometro della sua corsa a Villa Borghese, Pier Ferdinando Casini si ferma a prendere fiato. La settimana di elezioni del Quirinale l’ha consolidato nel rango di «eterno ragazzo» della politica, un po’ come il Festival di Sanremo sta facendo per il suo concittadino Gianni Morandi. La gente lo ferma per strada, i suoi social network sono pieni di messaggi di incitamento, la giacchetta è idealmente sbrindellata da chi la tira da una parte e dell’altra, Silvio Berlusconi lo incontra, i centristi lo invocano, il centrosinistra lo cerca, si spendono sulla sua figura un ventaglio di adesivi, «padre nobile», «leader», qualcuno addirittura «leader spirituale», «figura di collegamento».

È lei il grande suggeritore del Centro?
«Vede, ho imparato a mie spese che quello del suggeritore è un destino gramo. Se suggerisci quello che una persona si aspetta di sentirsi dire, il consiglio viene seguito. Altrimenti no. Lo sa come ho fatto le volte che una mia figlia mi ha portato un ragazzo a casa?».

Come?
«Vedevo questi ragazzi due o tre volte e continuavo a tacere, zitto. E allora lei a chiedermi: “Papà, vuoi dirmi che ne pensi?”. E io niente. Anzi, dicevo: “Se vuoi sapere il mio parere, me lo devi chiedere cinque volte”. Ma sono ed ero consapevole che il modo migliore per suggerire a una figlia di non frequentare un ragazzo che eventualmente non ti piace è di non farglielo sapere».

Spostando la lezione sul piano del centro, se Renzi…
«Altolà. Ma lei ha presente Renzi? È un leader a cui voglio bene, con qualità politiche indiscutibili, che tra l’altro ha confermato in questa storia del Quirinale. Ma lei ce lo vede qualcuno nei panni del suggeritore di Renzi? È ovvio che poi fa quello che gli pare. E lo capisco anche: anch’io, quando ero leader dell’Udc, ascoltavo tutti ma poi facevo di testa mia».

Si sente «padre nobile» del Parlamento?
«Se le dicessi di sì, sarei altezzoso; se le rispondessi di no, mi prenderebbero per ipocrita. Nel corso di una lunga carriera, in cui ho fatto cose positive e anche errori, ho capito che alla fine quello che ti resta è la reputazione. Anzi, che la reputazione viene prima degli incarichi. Mi ha scritto mio figlio in un messaggio che conservo: “Papà, ci hai insegnato a rispettare sempre tutti, anche i più umili. Oggi hai vinto senza vincere”».

Anche Berlusconi l’ha chiamata. Com’è stato ritrovarsi dopo tanto tempo?
«Con Berlusconi ho fatto un bel pezzo di strada e ho anche litigato. Ma il nostro rapporto umano non si è mai interrotto. Abbiamo fatto una lunga passeggiata, mi ha detto “sei ancora giovanissimo”, anche se ovviamente non è vero. Vede, per Berlusconi una volta contava vincere e farlo a ogni costo. Adesso, col passare del tempo, ha capito che il suo compito storico è quello di unire, di ridurre le divisioni. Il ritiro della sua candidatura per il Colle credo sia derivato soprattutto da questa consapevolezza».

Berlusconi era pronto a sostenerla per il Quirinale, Salvini e Meloni no.
«Meloni l’ha detto con chiarezza e da subito. Salvini non da subito ma poi è arrivato alla stessa conclusione: ha preferito Mattarella, a dimostrazione che nella vita non tutti i guai vengono per nuocere».

Lei ha attraversato tre repubbliche.
«Per me la repubblica è una sola. E comunque almeno un altro lo ha fatto senz’altro meglio di me, molto meglio. Si chiama Sergio Mattarella ed entrò con me in Parlamento nel 1983. La sua rielezione è una benedizione per il Paese. La democrazia è malata quando la politica pensa che i tecnici siano inutili ma anche quando i tecnici scalzano completamente i politici. Facendo un parallelo con l’emergenza della pandemia: Mattarella è a capo dell’ospedale e Draghi è il primario. Ma nel mezzo di una piena pandemia non mandi il primario a fare il presidente dell’ospedale. Non funziona».

Ha anche la stima dei Cinque Stelle, adesso?
«I Cinque Stelle sono maturati. Entrando nelle istituzioni, hanno capito che non erano come loro immaginavano che fossero. Una delle loro figure più importanti, di cui non faccio il nome, mi ha scritto in una lettera: “Sei la prova della distanza tra quello che pensavamo della politica e quello che la politica è davvero”».

Il Pd è il partito che l’ha riportata in Parlamento.
«Alcuni mi hanno sostenuto con grande calore, altri meno. Sento che qualcuno rimprovera a Franceschini di avermi sostenuto per il Quirinale con troppo affetto. Vede, da ragazzi io e Franceschini ci incontravamo nella nebbia del casello autostradale di Ferrara. Dario mi sosteneva nonostante il ras locale della Dc, Nino Cristofori, fosse contrario. Questo vale a riprova di quello che le ho detto finora. La politica è importante. Ma prima della politica, viene sempre la vita».

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Casini e la telefonata con Mattarella «Presidente, non la invidio davvero»

postato il 31 Gennaio 2022

Salvini? Non ho niente contro di lui. La sua una scelta politica, lo comprendo perfettamente. Voglia di centro? Ho già dato, ci sono nuovi protagonisti. Come dicono gli inglesi “non è la mia tazza di tè”

 

L’intervista di Valerio Baroncini pubblicata sul Resto del Carlino

Fratello (parola mantra), dove sei? Pier Ferdinando Casini ha dodici chilometri nelle gambe, macinati a Villa Borghese. Allenamento che spiana poi la strada per un pranzo di famiglia, nella campagna romana, sul piatto salsicce: «Sto un po’ con le mie figlie, sono sereno e tranquillo», dice spalancando un sorriso il senatore di Bologna ‘quasi’ presidente della Repubblica prima della svolta del Mattarella bis. Poi, nella domenica versione day after, ecco una telefonata a riavvolgere il nastro del romanzo Quirinale. Proprio con il capo dello Stato.

Presidente Casini, cosa vi siete detti con Mattarella?
«Ho appena messo giù. È stato molto affettuoso. Io gli ho detto che tutto è bene quel che finisce bene, che abbiamo trovato la soluzione migliore. Ma gli ho pure detto che è l’unica persona che non invidio nemmeno un po’, a gestire questa situazione uno rischia di rovinarsi la vita… Poi ora deve rivedere tutti i suoi programmi, lo capisco bene».

La sua voce non è quella di uno sconfitto.
«Allora, io sono un positivo di natura, che difficilmente si spiace delle cose, anche quando non raggiungo i miei obiettivi. Ma sono contento e soddisfatto perché non pensavo di ricevere delle attestazioni di affetto così forti».

Da chi?
«Prima di tutto dai figli (quattro, tre femmine e un maschio, ndr)».

Come hanno tifato per lei?
«Con tutti ci siamo mandati messaggi almeno due, tre volte al giorno. Mi hanno scritto cose bellissime»

Ne racconti una?
«Francesco mi ha scritto così: “Come mi hai insegnato, la cosa importante è rispettare tutte le persone, anche le più umili. Hai vinto senza vincere, sei il mio eroe“» [Continua a leggere]

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“Ero io la rivincita della politica sui tecnici. Draghi? Ha fatto errori”

postato il 30 Gennaio 2022

Sono stato vicino ad essere eletto, ma in questi casi bisogna sempre fare i conti con le montagne russe. Mattarella è di certo la scelta migliore.

L’intervista di Tommaso Ciriaco pubblicata su Repubblica

Incredibilmente, il volto sembra quello di dieci anni fa. Le rughe degli ultimi giorni evaporate. Pier Ferdinando Casini non è riuscito nell’impresa. Ma sa incassare, anche perché non ha vinto neanche chi avrebbe negato la politica, come fosse buona solo per essere «gettata in un cestino dei rifiuti».
«Ho visto sette Presidenti della Repubblica. Cossiga, Scalfaro, Ciampi, Napolitano uno e due, Mattarella uno e due. Era ipotizzabile che i candidati non venissero dalla politica, a quei tempi? No. I tecnici non possono pensare di sostituire la politica. Se dopo 39 anni di vita parlamentare vedo l’ex Presidente della Bce a Palazzo Chigi e magari un tecnico valentissimo al Quirinale, posso chiedermi se si tratta di una fisiologia normale di una democrazia che funziona, o se c’è qualcosa che non va?».

Qualcosa non andava, se si ipotizzava Draghi o un altro tecnico al Colle, e un premier non politico?
«Dico che ho cercato solo di affermare questo principio. Quando ho visto che la ridda di ambizioni personali di chi dovrebbe solo servire il Paese è diventata prevalente, ho fatto un passo indietro e ho detto: viva Mattarella».
Casini sprofonda nella poltrona piazzata in un corridoio disperso di Montecitorio. Poco prima si era quasi commosso abbracciando Clemente Mastella. «Ho lottato fino all’ultimo, Pier». «Lo so, fratello». [Continua a leggere]

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Quirinale: Non invidio il capo dello Stato. Il governo? Si è logorato

postato il 30 Gennaio 2022

L’intervista sul Corriere della Sera a cura di di Massimo Franco

Triste per non essere riuscito a diventare capo dello Stato? «So che molti magari non ci credono. Ma sono sollevato. E non invidio Sergio Mattarella».
È vero: non è facile credergli. Ma il senatore Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera, democristiano storico, giura di averla presa con «calma olimpica. Perché io so distinguere l’illusione ottica del potere dalla realtà vera». Comunque sia, il tempismo politico con il quale si è sfilato dalla corsa al Quirinale gli restituisce l’identikit di uomo delle istituzioni.

Perché non invidia Mattarella?
«Non solo io. Nessuno lo può invidiare. Il presidente si trova a gestire un quadro politico lacerato e indebolito da giorni di negoziato surreale. Solo la sua capacità di persuasione morale potrà tenere in piedi una situazione così grave, in Italia e sul piano internazionale».

Nemmeno una punta di amarezza per l’elezione mancata?
«Il problema è soggettivo, non ha incidenza pubblica. Uno che fa politica sa che in casi del genere le privazioni sono il doppio delle soddisfazioni. E poi sono affezionato alla vita privata, alla famiglia, alle passeggiate sui pendii di San Luca a Bologna e nel centro di Roma. La mia preoccupazione è stata sempre e solo una: difendere la centralità del Parlamento, della politica e dei partiti». [Continua a leggere]

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11 SETTEMBRE, 20 ANNI DOPO

postato il 10 Settembre 2021

L’intervento in apertura dei lavori del convegno al Senato, in occasione dei 20 anni dagli
attacchi dell’11 settembre 2001

“Siamo tutti americani…”

Echeggiano ancora nella mia mente queste parole pronunciate da tanti di noi all’indomani del terribile attentato alle Torri Gemelle.

“Siamo tutti americani” non era solo un attestato di solidarietà per quella grande nazione sorella terribilmente colpita. Era qualcosa di più, la rivendicazione della superiorità morale dell’Occidente ferito da un terrorismo inedito che non esitava a strumentalizzare l’appartenenza religiosa per fini di guerra e di morte.

A distanza di 20 anni, la riflessione di oggi non può essere un mero evento rievocativo: essa si lega infatti alle immagini strazianti dei cittadini afghani attaccati ai carrelli degli aerei in decollo da Kabul: una sorta di resa dell’Occidente costellata da contraddizioni e errori.
Una ritirata che segna un cambiamento epocale che non può essere minimizzato.

Noi italiani e europei siamo chiamati a dare senso ai valori e agli ideali dell’Occidente – se ancora in essi ci riconosciamo – dando finalmente un’anima all’intuizione europea.

La storia chiama tutti noi ad assumerci ulteriori responsabilità e uscire da uno stadio di infantilismo politico che delega all’America e agli americani l’onere di essere attore globale.

Apriamo la riflessione odierna, a cui concorreranno i principali leader delle forze politiche, ancora una volta con un devoto omaggio a tutte le vittime del terrorismo e ai tanti caduti italiani che, in ogni scenario di guerra, in questi 20 anni hanno fatto onore all’Italia e ai nostri valori: abbiamo l’impegno morale di operare perché il loro sacrificio non sia stato vano.

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Afghanistan: Sono scene vergognose ed è anche colpa nostra. Tradita ogni promessa

postato il 17 Agosto 2021

L’intervista di Francesco Malfetano pubblicata sul Messaggero

«Ciò che sta capitando in Afghanistan è una vergogna mondiale, in particolare per l’Occidente. E una fetta di responsabilità, certo non preminente, è anche nostra. Non possiamo far finta che non sia così. Per che cosa abbiamo partecipato a questa coalizione? Per questo epilogo? No di certo». Non usa mezze misure Pierferdinando Casini, protagonista della storia della Democrazia Cristiana e oggi senatore di Per le Autonomie, che vede negli sviluppi drammatici della situazione a Kabul, con i talebani ormai al potere, la fine di un’epoca.

Presidente Casini, le immagini delle ultime ore mostrano cittadini in fuga, disperati al punto da attaccarsi ai carrelli degli aerei sperando di riuscire a scappare. Sono video che non avremmo mai voluto vedere. Al netto della tragedia, cosa rappresentano quelle immagini?
«Davanti a quei video la domanda vera che purtroppo dobbiamo porci è ha ancora un senso parlare di Occidente? L’Afghanistan e questo epilogo a me sembra abbiano liquidato il concetto stesso di Occidente, con tutti i suoi valori e i suoi sistemi. Siamo moralmente responsabili delle immagini che vediamo. Quella gente ha creduto che fosse possibile quello che noi abbiamo affermato e cioè che le donne potessero determinare il proprio futuro, potessero studiare, che i matrimoni combinati non fossero più all’ordine del giorno, che ciascuno fosse padrone del proprio corpo che non potesse essere usato a piacimento dei peggiori e più bestiali istinti, che la gente potesse votare. Abbiamo tradito tutto questo. Prima la scelta di Trump di negoziare a Doha con i talebani ponendo la premessa per la delegittimazione dei governi faticosamente costruiti, e poi l’attuazione di quella politica compiuta da Biden in queste settimane, getta un’onta di vergogna su tutti noi. Italia compresa. Non possiamo far finta che una fetta di responsabilità non sia nostra. Siamo stati parte di queste coalizioni». [Continua a leggere]

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Caso Gregoretti: «Su Salvini avevo ragione. Ora riforma della giustizia»

postato il 13 Aprile 2021

Il centrosinistra ha perso l’ennesima occasione sul garantismo, per fissare principi che oggi valgono per Salvini e domani per il suo opposto.

L’intervista di Giuseppe Alberto Falci pubblicata sul Corriere della Sera

«Sul processo a Salvini mi dispiace ma avevo ragione: era fuori luogo qualunque giudizio politico. Il centrosinistra ha perso l’ennesima occasione sul garantismo e un giorno tutti capiranno l’errore. Infine, la riforma della giustizia: se un pubblico ministero le sbaglia tutte è evidente che c’è un problema». L’ex presidente della Camera Pierferdinando Casini parla del caso Gregoretti e, più in generale, sul dossier giustizia.

Cosa ha pensato quando ha letto le valutazioni del pm di Catania?
«Ho riflettuto molto sul fatto che fui l’unico eletto nel centrosinistra a chiedere che Salvini non venisse processato in base a un principio molto semplice».

Quale?
«Il Parlamento non era chiamato a dare un giudizio di merito sulla politica di Salvini da ministro dell’Interno, ma semplicemente rispondere a questa domanda: Salvini agiva per interessi privati o in coerenza con le valutazioni collegiali dell’Esecutivo?». [Continua a leggere]

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«Basta giochini o si rischiano le urne. Il premier vada nella bocca del leone»

postato il 29 Gennaio 2021

Conte ha fatto un grave peccato a inseguire i “responsabili”. Pnrr insufficiente per i giovani. Una lista Conte? Inutili i partiti personali. Non si accostino nuovi gruppi alla storia Dc.

L’intervista di Marco Iasevoli pubblicata su Avvenire

Quindici giorni fa, sostiene il senatore, il problema era Renzi, ora invece è il premier. «Si sono perse due settimane a cercare i “responsabili”. Ma i segnali di difficoltà della maggioranza c’erano da tempo. Conte, per fare un terzo go verno deve mettersi nelle mani di Renzi, cioè nella bocca del leone».

Pier Ferdinando Casini, senatore, leader storico dei centristi ed ex presidente della Camera, al giro di boa delle consultazioni ci sono le condizioni per un incarico a Conte?
Questo lo valuterà il capo dello Stato. Ma una cosa è molto importante e va detta: adesso i giochini sono finiti. Quando la crisi arriva nelle mani del capo dello Stato, le parole pesano come pietre. Se qualcuno continua a giocare lo fa a proprio rischio e pericolo. Per “rischio e pericolo” intendo le elezioni.

Chi è che gioca?
Tutti. Anche quelli che hanno perso 15 giorni a cercare dei fantomatici “responsabili”. Si è perso tempo molto gravemente. Anche prima delle dimissioni delle ministre: i segnali di difficoltà della maggioranza c’erano da tempo. Non si può far finta di non sentire gli scricchiolii, va a finire che ti cade la casa in testa.

Ce l’ha con Conte?
Se il premier avesse lasciato il giorno dopo le dimissioni delle due ministre di Italia Viva avrebbe guadagnato tempo e credibilità, e avrebbe portato un punto a casa. Il peccato enorme sono stati questi 15 giorni a cercare qualcosa che non c’è, specie dopo la “blindatura” del centrodestra. Un peccato enorme, dicevo, aggravato dal fatto che lo scopo non è stato nemmeno raggiunto. Il risultato è che se 15 giorni fa il problema era Renzi, ora il problema è Conte. [Continua a leggere]

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Crisi di governo: «Errori da matita blu»

postato il 27 Gennaio 2021

Conte ha sbagliato tutto, teatrino imbarazzante. Conosco Berlusconi, non spaccherà il centrodestra. Anche Craxi e De Mita dicevano mai più insieme, ma poi sapevano ricucire.


Sensazione diffusa: per Giuseppe Conte s’è messa in salita. Mezzogiorno, alla tivù immagini del Quirinale in dissolvenza. Bisogna cercare qualcuno di rango che interpreti, spieghi, uno che sappia orientarci nel buio fitto di una crisi come questa. In redazione parte il solito giro di sguardi.
Quello no, quello è bollito. Quell’altro nemmeno: sempre troppo reticente. Quello giusto è Pier Ferdinando Casini.

Ha visto ogni intrigo possibile. E talvolta vi ha partecipato (eravamo ancora nel Novecento e lui, finto vecchio, già imparava il mestiere sempre un passo dietro ad Arnaldo Forlani, galantuomo gommoso e temutissimo, il coniglio mannaro della Dc). Per questo adesso bisognerà andarlo a cercare nella Prima Repubblica, intesa come dimensione politica astratta, luogo dell’anima dove Casini è un po’ rimasto — per stile, sostanza, e forse anche per un filo di nostalgia canaglia — sebbene sia senatore del centrosinistra e per giorni, ogni sciagurata mattina, tutti lo abbiamo osservato attraversare il Salone Garibaldi di Palazzo Madama diretto alla buvette, fendendo con aria disgustata l’osceno mercato dove trafficanti di voti — in frenetico contatto con Palazzo Chigi — offrivano inutilmente ministeri e candidature certe, e Dio solo sa cos’altro.

Oggi però Casini qui alla buvette non si è visto (pure lui, ogni tanto, se può rinuncia al rito sadico di quella ciofeca nera che fanno pagare come un caffè). Forse allora è in ufficio.
Guide rosse e arazzi alle pareti, lampadari tutti accesi, un magnifico parquet consumato dai passi del potere: essendo stato anche Presidente della Camera, a Casini hanno assegnato due stanze a Palazzo Giustiniani, luogo di sublime bellezza e stordente suggestione, anche perché, queste due sue stanze, sono a lungo appartenute a Giulio Andreotti. [Continua a leggere]

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“Il premier ha buttato 15 giorni. Recuperi il rapporto con Renzi”

postato il 27 Gennaio 2021

L’intervista pubblicata su la Stampa

L’avvocato stia attento: ho imparato che nessuno è insostituibile. Dopo di lui non c’è il diluvio. Andreotti e Fanfani si odiavano eppure hanno fatto dei governi insieme. Romani, Carfagna e Quagliariello non potevano prestarsi a un’operazione così. Conte ormai si è delegittimato, l’aritmetica non è la politica.

Conte ha sbagliato. E, se persevera, rischia di non tornare a palazzo Chigi. Pier Ferdinando Casini aveva suggerito al premier di dimettersi subito, «il giorno dopo l’uscita dal governo delle ministre di Italia Viva: a quel punto il responsabile unico della crisi sarebbe stato Renzi», spiega l’ex presidente della Camera, oggi senatore di maggioranza (gruppo Per le Autonomie). «Ora, invece, anche lui è parte del problema, ha perso credibilità, deve smetterla di cincischiare».

Ha preso tempo per cercare “responsabili” in Parlamento, con scarso successo…
«Una ricerca improbabile, più continua a insistere e più rischia di non fare un altro go-verno. Ha buttato via 15 giorni, facendo un errore enorme, con una caccia ai voti degradante e, per giunta, fallita. Si è delegittimato agli occhi dell’opinione pubblica, le sue ragioni non sono emerse, perché l’aritmetica non è mai politica».

Ora, per restare in sella, cosa deve fare?
«Se riceverà l’incarico dal presidente della Repubblica, si adoperi per recuperare il rap-porto con Renzi, che è poi l’unico modo per allargare decorosamente la maggioranza. Dico decorosamente perché i nomi e le storie politiche han-no la loro importanza: ad esempio, persone come Ro-mani, Quagliariello o Carfagna non potevano accettare di prestarsi a un’operazione politica di questo tipo». [Continua a leggere]

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