Tutti i post della categoria: Politica

Ucraina: «Kiev combatte pure per noi. Nato forte per avere la pace»

postato il 26 Marzo 2022

«Ucraina frontiera d’Europa, difende la nostra libertà e la democrazia. Va aiutata. Su Putin abbaglio collettivo, non si continui a chiudere gli occhi: è un aggressore e va fermato»

L’intervista di Alberto Gentili  pubblicata sul Messaggero

Presidente Casini, in Parlamento a Draghi è stato dato del falco, del guerrafondaio perché ha sostenuto la necessità di armare gli ucraini per difendersi dall’aggressione di Putin. Cosa ne pensa?
«È triste che in Italia si continuino a usare luoghi comuni e categorie del passato senza capire che il mondo ci impone dei mutamenti epocali. Draghi ha risposto in Parlamento in sintonia con il capo dello Stato, sapendo distinguere l’aggredito dall’aggressore e mostrando la solidarietà che si deve a un Paese che vive sul suo territorio un’invasione russa ed è martoriato con bombe che cadono a grappoli. E Draghi sarebbe un falco? Dico solo e semplicemente che questa è la risposta che le persone per bene e in buona fede devono dare».

Però Salvini dice che non riesce ad applaudire quando si parla di armi e Conte è ancora più critico…
«Mi sembra che in Italia molti uomini politici siano più preoccupati di coltivare il proprio orticello e le piccole rendite di posizione, piuttosto che guardare in faccia la realtà e svolgere analisi serie. Certo, è difficile davanti a un’opinione pubblica spaventata e a sacrifici che bisogna mettere in conto, dire la verità. La vecchia politica che tanto si critica aveva il coraggio di assumersi le proprie responsabilità: quando i sovietici puntarono gli SS20 contro le città italiane, fu una scelta dolorosa per Cossiga e Craxi decidere di installare gli euromissili in Italia. Ma quella scelta ha garantito l’equilibrio e la pace negli anni successivi». [Continua a leggere]

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Ecco perché oggi bisogna essere a Firenze per “Cities stand with Ukraine”

postato il 12 Marzo 2022

Vogliamo la pace per l’Europa, per i nostri figli. E sappiamo bene dalla storia che non c’è pace vera senza libertà

L’intervento pubblicato su La Nazione

Nei giorni scorsi il sindaco di Firenze Nardella ci ha chiesto di esprimere la nostra solidarietà agli ucraini. “Cities stand with Ukraine” è il motto della manifestazione giallo-blu che si svolgerà oggi nella città.

Io penso sia doveroso rispondere a questo appello, il minimo che possiamo fare come italiani ed europei, mentre i nostri fratelli ucraini aggrediti nel territorio della loro patria muoiono sotto le bombe dell’esercito di Putin.

Io sarò lì come cittadino, prima ancora che come parlamentare che si è assunto già la responsabilità di una scelta, perché credo che questa piazza sia un po’ diversa dalle altre. Qui ci saranno le stesse bandiere della pace ma si avrà il coraggio di sventolare il giallo-blu degli aggrediti, si avrà il coraggio di chiamare per nome fatti e cose, si prenderà una posizione seria e ferma contro Putin e la sua inaccettabile invasione che mira, prima ancora che a bloccare la Nato, a bloccare la democrazia ai nostri confini.

Mentre sarò in piazza il mio pensiero andrà anche al grande e amico popolo russo, che è senz’altro la seconda vittima di questo conflitto. I ragazzi, tutti, non meritano di morire lontano dalle loro famiglie per una guerra imposta che non hanno mai voluto. La testimonianza dei prigionieri è emblematica e triste, non meno delle immagini delle città devastate.

Grazie Firenze, grazie Sindaco, per questa opportunità che è nel solco della grande storia di Giorgio La Pira, solidale con il popolo vietnamita durante gli anni ’60 ed impegnato in estenuanti mediazioni per la pace.

Noi vogliamo la pace per l’Europa, per i nostri figli. E sappiamo bene dalla storia che non c’è pace vera senza libertà.

 

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Casini: «Politica? L’Italia ha bisogno di professionisti»

postato il 15 Febbraio 2022

Per federare un nuovo centro ci sono nuovi protagonisti

L’intervista di Rosalba Carbutti  pubblicata sul Resto del Carlino

Per guardare la videointervista clicca qui

Dopo i giorni matti e disperatissimi della partita del Quirinale, Pier Ferdinando Casini è tornato nella sua Bologna. E, in tenuta da jogging, cammina lungo i portici Unesco che portano su fino al Santuario di San Luca. In questo luogo del cuore e dello spirito, dove torna in pellegrinaggio nei momenti importanti della sua vita, il senatore parla anche di politica, la sua passione. E non nasconde un’idea: creare una scuola di politica «perché c’è bisogno di più professionalità e meno dilettantismo. Del resto adesso è difficile costruirsi una carriera come la mia, o quella di grandi protagonisti come Fanfani, Andreotti, Berlinguer. Oggi i leader si bruciano in fretta. Io sono a disposizione per chi volesse organizzare una scuola ad hoc. Oggi chi vuole fare politica non ha più riferimenti adatti, i partiti non sono più organizzati. Quando iniziai io era diverso. Di scuole di politica ce n’erano tante…Credo sia bello provarci, se son rose fioriranno».

Tutti la cercano: per fare il federatore o il leader del nuovo centro, ad esempio…

«Non voglio federare un bel niente, ci sono nuovi leader, non c’è bisogno di pescare qualcuno che ha già fatto tutto 20 anni prima».

Continuano a evocarla…

«Li ringrazio molto, ma temo che perdano il loro tempo. Io faccio il senatore di Bologna: è questa la mia dimensione. Per quanto riguarda il mio futuro forse ne sa qualcosa la Madonna di San Luca…». [Continua a leggere]

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Berlusconi? Adesso sa che deve unire. Prima della politica, viene sempre la vita

postato il 6 Febbraio 2022

La reputazione viene prima degli incarichi. Mi ha scritto mio figlio in un messaggio: “Papà, ci hai insegnato a rispettare sempre tutti, anche i più umili. Oggi hai vinto senza vincere”.

La mia intervista pubblicata sul Corriere della Sera a cura di Tommaso Labate

«Il fronte politico-istituzionale è un conto, quello strettamente partitico un altro. Io sono stato impegnato in politica per talmente tanti anni che una cosa l’ho capita bene. Non ha senso rifare le cose che si sono fatte in passato. Il centrodestra ha i suoi protagonisti, l’area centrale anche. Se mi mettessi a rifare le cose che ho fatto per trent’anni, sarei un protagonista consunto…».

Al dodicesimo chilometro della sua corsa a Villa Borghese, Pier Ferdinando Casini si ferma a prendere fiato. La settimana di elezioni del Quirinale l’ha consolidato nel rango di «eterno ragazzo» della politica, un po’ come il Festival di Sanremo sta facendo per il suo concittadino Gianni Morandi. La gente lo ferma per strada, i suoi social network sono pieni di messaggi di incitamento, la giacchetta è idealmente sbrindellata da chi la tira da una parte e dell’altra, Silvio Berlusconi lo incontra, i centristi lo invocano, il centrosinistra lo cerca, si spendono sulla sua figura un ventaglio di adesivi, «padre nobile», «leader», qualcuno addirittura «leader spirituale», «figura di collegamento».

È lei il grande suggeritore del Centro?
«Vede, ho imparato a mie spese che quello del suggeritore è un destino gramo. Se suggerisci quello che una persona si aspetta di sentirsi dire, il consiglio viene seguito. Altrimenti no. Lo sa come ho fatto le volte che una mia figlia mi ha portato un ragazzo a casa?».

Come?
«Vedevo questi ragazzi due o tre volte e continuavo a tacere, zitto. E allora lei a chiedermi: “Papà, vuoi dirmi che ne pensi?”. E io niente. Anzi, dicevo: “Se vuoi sapere il mio parere, me lo devi chiedere cinque volte”. Ma sono ed ero consapevole che il modo migliore per suggerire a una figlia di non frequentare un ragazzo che eventualmente non ti piace è di non farglielo sapere».

Spostando la lezione sul piano del centro, se Renzi…
«Altolà. Ma lei ha presente Renzi? È un leader a cui voglio bene, con qualità politiche indiscutibili, che tra l’altro ha confermato in questa storia del Quirinale. Ma lei ce lo vede qualcuno nei panni del suggeritore di Renzi? È ovvio che poi fa quello che gli pare. E lo capisco anche: anch’io, quando ero leader dell’Udc, ascoltavo tutti ma poi facevo di testa mia».

Si sente «padre nobile» del Parlamento?
«Se le dicessi di sì, sarei altezzoso; se le rispondessi di no, mi prenderebbero per ipocrita. Nel corso di una lunga carriera, in cui ho fatto cose positive e anche errori, ho capito che alla fine quello che ti resta è la reputazione. Anzi, che la reputazione viene prima degli incarichi. Mi ha scritto mio figlio in un messaggio che conservo: “Papà, ci hai insegnato a rispettare sempre tutti, anche i più umili. Oggi hai vinto senza vincere”».

Anche Berlusconi l’ha chiamata. Com’è stato ritrovarsi dopo tanto tempo?
«Con Berlusconi ho fatto un bel pezzo di strada e ho anche litigato. Ma il nostro rapporto umano non si è mai interrotto. Abbiamo fatto una lunga passeggiata, mi ha detto “sei ancora giovanissimo”, anche se ovviamente non è vero. Vede, per Berlusconi una volta contava vincere e farlo a ogni costo. Adesso, col passare del tempo, ha capito che il suo compito storico è quello di unire, di ridurre le divisioni. Il ritiro della sua candidatura per il Colle credo sia derivato soprattutto da questa consapevolezza».

Berlusconi era pronto a sostenerla per il Quirinale, Salvini e Meloni no.
«Meloni l’ha detto con chiarezza e da subito. Salvini non da subito ma poi è arrivato alla stessa conclusione: ha preferito Mattarella, a dimostrazione che nella vita non tutti i guai vengono per nuocere».

Lei ha attraversato tre repubbliche.
«Per me la repubblica è una sola. E comunque almeno un altro lo ha fatto senz’altro meglio di me, molto meglio. Si chiama Sergio Mattarella ed entrò con me in Parlamento nel 1983. La sua rielezione è una benedizione per il Paese. La democrazia è malata quando la politica pensa che i tecnici siano inutili ma anche quando i tecnici scalzano completamente i politici. Facendo un parallelo con l’emergenza della pandemia: Mattarella è a capo dell’ospedale e Draghi è il primario. Ma nel mezzo di una piena pandemia non mandi il primario a fare il presidente dell’ospedale. Non funziona».

Ha anche la stima dei Cinque Stelle, adesso?
«I Cinque Stelle sono maturati. Entrando nelle istituzioni, hanno capito che non erano come loro immaginavano che fossero. Una delle loro figure più importanti, di cui non faccio il nome, mi ha scritto in una lettera: “Sei la prova della distanza tra quello che pensavamo della politica e quello che la politica è davvero”».

Il Pd è il partito che l’ha riportata in Parlamento.
«Alcuni mi hanno sostenuto con grande calore, altri meno. Sento che qualcuno rimprovera a Franceschini di avermi sostenuto per il Quirinale con troppo affetto. Vede, da ragazzi io e Franceschini ci incontravamo nella nebbia del casello autostradale di Ferrara. Dario mi sosteneva nonostante il ras locale della Dc, Nino Cristofori, fosse contrario. Questo vale a riprova di quello che le ho detto finora. La politica è importante. Ma prima della politica, viene sempre la vita».

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Casini e la telefonata con Mattarella «Presidente, non la invidio davvero»

postato il 31 Gennaio 2022

Salvini? Non ho niente contro di lui. La sua una scelta politica, lo comprendo perfettamente. Voglia di centro? Ho già dato, ci sono nuovi protagonisti. Come dicono gli inglesi “non è la mia tazza di tè”

 

L’intervista di Valerio Baroncini pubblicata sul Resto del Carlino

Fratello (parola mantra), dove sei? Pier Ferdinando Casini ha dodici chilometri nelle gambe, macinati a Villa Borghese. Allenamento che spiana poi la strada per un pranzo di famiglia, nella campagna romana, sul piatto salsicce: «Sto un po’ con le mie figlie, sono sereno e tranquillo», dice spalancando un sorriso il senatore di Bologna ‘quasi’ presidente della Repubblica prima della svolta del Mattarella bis. Poi, nella domenica versione day after, ecco una telefonata a riavvolgere il nastro del romanzo Quirinale. Proprio con il capo dello Stato.

Presidente Casini, cosa vi siete detti con Mattarella?
«Ho appena messo giù. È stato molto affettuoso. Io gli ho detto che tutto è bene quel che finisce bene, che abbiamo trovato la soluzione migliore. Ma gli ho pure detto che è l’unica persona che non invidio nemmeno un po’, a gestire questa situazione uno rischia di rovinarsi la vita… Poi ora deve rivedere tutti i suoi programmi, lo capisco bene».

La sua voce non è quella di uno sconfitto.
«Allora, io sono un positivo di natura, che difficilmente si spiace delle cose, anche quando non raggiungo i miei obiettivi. Ma sono contento e soddisfatto perché non pensavo di ricevere delle attestazioni di affetto così forti».

Da chi?
«Prima di tutto dai figli (quattro, tre femmine e un maschio, ndr)».

Come hanno tifato per lei?
«Con tutti ci siamo mandati messaggi almeno due, tre volte al giorno. Mi hanno scritto cose bellissime»

Ne racconti una?
«Francesco mi ha scritto così: “Come mi hai insegnato, la cosa importante è rispettare tutte le persone, anche le più umili. Hai vinto senza vincere, sei il mio eroe“» [Continua a leggere]

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“Ero io la rivincita della politica sui tecnici. Draghi? Ha fatto errori”

postato il 30 Gennaio 2022

Sono stato vicino ad essere eletto, ma in questi casi bisogna sempre fare i conti con le montagne russe. Mattarella è di certo la scelta migliore.

L’intervista di Tommaso Ciriaco pubblicata su Repubblica

Incredibilmente, il volto sembra quello di dieci anni fa. Le rughe degli ultimi giorni evaporate. Pier Ferdinando Casini non è riuscito nell’impresa. Ma sa incassare, anche perché non ha vinto neanche chi avrebbe negato la politica, come fosse buona solo per essere «gettata in un cestino dei rifiuti».
«Ho visto sette Presidenti della Repubblica. Cossiga, Scalfaro, Ciampi, Napolitano uno e due, Mattarella uno e due. Era ipotizzabile che i candidati non venissero dalla politica, a quei tempi? No. I tecnici non possono pensare di sostituire la politica. Se dopo 39 anni di vita parlamentare vedo l’ex Presidente della Bce a Palazzo Chigi e magari un tecnico valentissimo al Quirinale, posso chiedermi se si tratta di una fisiologia normale di una democrazia che funziona, o se c’è qualcosa che non va?».

Qualcosa non andava, se si ipotizzava Draghi o un altro tecnico al Colle, e un premier non politico?
«Dico che ho cercato solo di affermare questo principio. Quando ho visto che la ridda di ambizioni personali di chi dovrebbe solo servire il Paese è diventata prevalente, ho fatto un passo indietro e ho detto: viva Mattarella».
Casini sprofonda nella poltrona piazzata in un corridoio disperso di Montecitorio. Poco prima si era quasi commosso abbracciando Clemente Mastella. «Ho lottato fino all’ultimo, Pier». «Lo so, fratello». [Continua a leggere]

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Quirinale: Non invidio il capo dello Stato. Il governo? Si è logorato

postato il 30 Gennaio 2022

L’intervista sul Corriere della Sera a cura di di Massimo Franco

Triste per non essere riuscito a diventare capo dello Stato? «So che molti magari non ci credono. Ma sono sollevato. E non invidio Sergio Mattarella».
È vero: non è facile credergli. Ma il senatore Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera, democristiano storico, giura di averla presa con «calma olimpica. Perché io so distinguere l’illusione ottica del potere dalla realtà vera». Comunque sia, il tempismo politico con il quale si è sfilato dalla corsa al Quirinale gli restituisce l’identikit di uomo delle istituzioni.

Perché non invidia Mattarella?
«Non solo io. Nessuno lo può invidiare. Il presidente si trova a gestire un quadro politico lacerato e indebolito da giorni di negoziato surreale. Solo la sua capacità di persuasione morale potrà tenere in piedi una situazione così grave, in Italia e sul piano internazionale».

Nemmeno una punta di amarezza per l’elezione mancata?
«Il problema è soggettivo, non ha incidenza pubblica. Uno che fa politica sa che in casi del genere le privazioni sono il doppio delle soddisfazioni. E poi sono affezionato alla vita privata, alla famiglia, alle passeggiate sui pendii di San Luca a Bologna e nel centro di Roma. La mia preoccupazione è stata sempre e solo una: difendere la centralità del Parlamento, della politica e dei partiti». [Continua a leggere]

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11 SETTEMBRE, 20 ANNI DOPO

postato il 10 Settembre 2021

L’intervento in apertura dei lavori del convegno al Senato, in occasione dei 20 anni dagli
attacchi dell’11 settembre 2001

“Siamo tutti americani…”

Echeggiano ancora nella mia mente queste parole pronunciate da tanti di noi all’indomani del terribile attentato alle Torri Gemelle.

“Siamo tutti americani” non era solo un attestato di solidarietà per quella grande nazione sorella terribilmente colpita. Era qualcosa di più, la rivendicazione della superiorità morale dell’Occidente ferito da un terrorismo inedito che non esitava a strumentalizzare l’appartenenza religiosa per fini di guerra e di morte.

A distanza di 20 anni, la riflessione di oggi non può essere un mero evento rievocativo: essa si lega infatti alle immagini strazianti dei cittadini afghani attaccati ai carrelli degli aerei in decollo da Kabul: una sorta di resa dell’Occidente costellata da contraddizioni e errori.
Una ritirata che segna un cambiamento epocale che non può essere minimizzato.

Noi italiani e europei siamo chiamati a dare senso ai valori e agli ideali dell’Occidente – se ancora in essi ci riconosciamo – dando finalmente un’anima all’intuizione europea.

La storia chiama tutti noi ad assumerci ulteriori responsabilità e uscire da uno stadio di infantilismo politico che delega all’America e agli americani l’onere di essere attore globale.

Apriamo la riflessione odierna, a cui concorreranno i principali leader delle forze politiche, ancora una volta con un devoto omaggio a tutte le vittime del terrorismo e ai tanti caduti italiani che, in ogni scenario di guerra, in questi 20 anni hanno fatto onore all’Italia e ai nostri valori: abbiamo l’impegno morale di operare perché il loro sacrificio non sia stato vano.

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Afghanistan: Sono scene vergognose ed è anche colpa nostra. Tradita ogni promessa

postato il 17 Agosto 2021

L’intervista di Francesco Malfetano pubblicata sul Messaggero

«Ciò che sta capitando in Afghanistan è una vergogna mondiale, in particolare per l’Occidente. E una fetta di responsabilità, certo non preminente, è anche nostra. Non possiamo far finta che non sia così. Per che cosa abbiamo partecipato a questa coalizione? Per questo epilogo? No di certo». Non usa mezze misure Pierferdinando Casini, protagonista della storia della Democrazia Cristiana e oggi senatore di Per le Autonomie, che vede negli sviluppi drammatici della situazione a Kabul, con i talebani ormai al potere, la fine di un’epoca.

Presidente Casini, le immagini delle ultime ore mostrano cittadini in fuga, disperati al punto da attaccarsi ai carrelli degli aerei sperando di riuscire a scappare. Sono video che non avremmo mai voluto vedere. Al netto della tragedia, cosa rappresentano quelle immagini?
«Davanti a quei video la domanda vera che purtroppo dobbiamo porci è ha ancora un senso parlare di Occidente? L’Afghanistan e questo epilogo a me sembra abbiano liquidato il concetto stesso di Occidente, con tutti i suoi valori e i suoi sistemi. Siamo moralmente responsabili delle immagini che vediamo. Quella gente ha creduto che fosse possibile quello che noi abbiamo affermato e cioè che le donne potessero determinare il proprio futuro, potessero studiare, che i matrimoni combinati non fossero più all’ordine del giorno, che ciascuno fosse padrone del proprio corpo che non potesse essere usato a piacimento dei peggiori e più bestiali istinti, che la gente potesse votare. Abbiamo tradito tutto questo. Prima la scelta di Trump di negoziare a Doha con i talebani ponendo la premessa per la delegittimazione dei governi faticosamente costruiti, e poi l’attuazione di quella politica compiuta da Biden in queste settimane, getta un’onta di vergogna su tutti noi. Italia compresa. Non possiamo far finta che una fetta di responsabilità non sia nostra. Siamo stati parte di queste coalizioni». [Continua a leggere]

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Caso Gregoretti: «Su Salvini avevo ragione. Ora riforma della giustizia»

postato il 13 Aprile 2021

Il centrosinistra ha perso l’ennesima occasione sul garantismo, per fissare principi che oggi valgono per Salvini e domani per il suo opposto.

L’intervista di Giuseppe Alberto Falci pubblicata sul Corriere della Sera

«Sul processo a Salvini mi dispiace ma avevo ragione: era fuori luogo qualunque giudizio politico. Il centrosinistra ha perso l’ennesima occasione sul garantismo e un giorno tutti capiranno l’errore. Infine, la riforma della giustizia: se un pubblico ministero le sbaglia tutte è evidente che c’è un problema». L’ex presidente della Camera Pierferdinando Casini parla del caso Gregoretti e, più in generale, sul dossier giustizia.

Cosa ha pensato quando ha letto le valutazioni del pm di Catania?
«Ho riflettuto molto sul fatto che fui l’unico eletto nel centrosinistra a chiedere che Salvini non venisse processato in base a un principio molto semplice».

Quale?
«Il Parlamento non era chiamato a dare un giudizio di merito sulla politica di Salvini da ministro dell’Interno, ma semplicemente rispondere a questa domanda: Salvini agiva per interessi privati o in coerenza con le valutazioni collegiali dell’Esecutivo?». [Continua a leggere]

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