Tutti i post della categoria: Economia

Casini: «Ora è invotabile. Modifiche serie e ne riparliamo»

postato il 15 Agosto 2011

Via il contributo di solidarietà, si alzi l’Iva e si riformino le pensioni

L’intervista a Pier Ferdinando Casini pubblicata su ‘Il Corriere della Sera’ di Monica Guerzoni

Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc e del terzo polo, non volta le spalle al governo nel momento dell’emergenza. Ma contesta con forza i sacrifici imposti alle famiglie e al ceto medio e lancia una «grande mobilitazione» per convincere Berlusconi e Tremonti a fare marcia indietro sul contributo di solidarietà.

L’Udc voterà la manovra, presidente?
«Per noi è invotabile, non è nel novero delle cose possibili. Perché mai dovremmo approvarla? È una stangata che la gente per bene non si meritava. Colpisce i soliti noti e non stana Invasione spaventosa che c’è. Chiede sacrifici al ceto medio e alle famiglie, ma soprattutto a coloro che nella loro vita non hanno mai evaso dieci lire. È veramente una cosa iniqua».

Il cuore del premier gronda sangue…
«Per anni Berlusconi si è vantato che non avrebbe mai messo le mani nelle tasche degli italiani, ora invece ce le ha messe davvero. Se il governo vuole la collaborazione dell’Udc e del terzo polo, questa manovra va cambiata profondamente».

In che modo?
«Spazzando via il contributo di solidarietà e salvaguardando quella platea di ceto medio che non ha niente a che fare con le grandi ricchezze. Se noi riteniamo una grande ricchezza un italiano che guadagna 4.000 euro o poco meno al mese, ha la moglie che non lavora e due figli a carico, abbiamo un’idea particolare del Paese». [Continua a leggere]

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Una manovra che non convince

postato il 14 Agosto 2011

Dopo ben due conferenze stampa, la seconda per spiegare la prima, la nebbie misteriose che avvolgevano i palazzi del governo si sono diradate lasciando intravedere i contorni della manovra “d’urgenza” con cui l’Italia commissariata cercherà di dare convincenti risposte alle preoccupazioni della BCE.

Quello che emerge è uno scenario tutt’altro che rassicurante in quanto si tratta di una manovra ammontante ad oltre 45 miliardi di euro, aggiuntiva a quella del mese scorso e composta in grandissima parte di tagli e nuove tasse, senza alcuna misura di rilancio economico.

Questa manovra, almeno così come appare allo stato attuale, si basa sostanzialmente su due pilastri fondamentali: nuove tasse a carico di lavoratori dipendenti ed ulteriori tagli agli enti locali. Del tutto assenti gli strumenti di lotta alla grande evasione ed elusione fiscale, giacché il negoziante che non emette lo scontrino fiscale (cosa comunque sbagliata) solitamente non possiede uno yacht ormeggiato a Montecarlo con bandiera di qualche stato caraibico.

Ancora una volta, non vi è traccia nei provvedimenti di questo governo di una minima considerazione del quoziente famigliare del percettore del reddito, perseverando quindi nell’errore di penalizzare le famiglie e le persone con necessità speciali o disabilità, facendo loro scendere un altro gradino sulla scala del benessere.

Se possibile più preoccupante si presenta la parte relativa ai tagli agli enti locali, che avranno come immediata conseguenza una drastica riduzione dei servizi che gli enti stessi garantiscono ai cittadini: trasporto pubblico, scuole, politiche sociali, contributi a famiglie ed imprese verranno ridotti all’osso se non eliminati completamente. Per tentare di mantenere i servizi, gli enti locali dovranno necessariamente agire attraverso l’innalzamento delle tasse locali andando così ad appesantire ulteriormente l’impatto economico della crisi.

Emblematico in questo senso è il provvedimento di soppressione dei Comuni con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti (una buona parte dei quali si trova nelle zone montane del Paese), provvedimento su cui merito si sarebbe ben potuto discutere in seno ai lavori preparatori della Carta delle Autonomie. Il risparmio che asseritamene ne deriverebbe è in realtà un falso clamoroso in quanto, come ben sanno gli amministratori locali, i Comuni di quella dimensione sono sovente gestiti da autentici “volontari” visto che i sindaci e gli assessori rinunciano alle indennità previste per la carica o si accontentano di rimborsi figurativi di poche centinaia di euro annue.

Ma queste situazioni non possono essere a conoscenza di molti esponenti di governo a cui manca quel “cursus honorum” che la tanto vituperata Prima Repubblica rendeva di fatto obbligatorio per chi si avvicinava alla politica attiva. Oggi si diventa ministri per meriti televisivi, o peggio, senza essere mai stati seduti sui banchi di un consiglio comunale o aver passato le notti ad attaccare manifesti: tutti nominati dal principe di turno.

Gravissimo poi che si vada a far cassa anticipando la riduzione dei F.A.S. (Fondi per le Aree Sottosviluppate) e di fatto azzerando ogni previsione di spesa, ad esempio, per interventi di tutela del territorio o per la diffusione della “banda larga”; segnali che dimostrano ancora una volta ed inequivocabilmente come si tratti di una manovra priva di prospettive rivolte al futuro ed unicamente diretta al mero saldo aritmetico.

Si tratta, in buona sostanza, di una serie di provvedimenti eterogenei e privi di un disegno organico, a scopo solo pubblicitario quando non apertamente dannosi che hanno l’unico risultato di far pagare di più chi già sta pagando e lasciare indisturbati gli evasori fiscali ed i grandi patrimoni.

Oggi il “cuore che gronda sangue” per davvero è quello dei lavoratori dipendenti e dei pensionati!

Riceviamo e pubblichiamo Roberto Dal Pan

 

Commenti disabilitati su Una manovra che non convince

Si chiede al Paese un sacrificio immenso, tutti mostrino senso dello Stato

postato il 13 Agosto 2011

Avanzeremo proposte per rendere la manovra meno iniqua

Dopo tre anni di inutili perdite di tempo e di patetiche rassicurazioni sulla condizione dell’Italia, nel pieno di una tempesta finanziaria mondiale, il governo si e’ finalmente svegliato.
Ma lo ha fatto tartassando i soliti noti che non evadono le tasse, il ceto medio e le famiglie, ed evitando quegli interventi strutturali di cui invece il Paese ha bisogno.
Sembrano tuttavia parzialmente recepite alcune delle nostre indicazioni sulla tassazione delle rendite finanziarie (con l’esclusione di Bot, Cct e Btp), sui tagli alle province e sull’accorpamento dei piccoli comuni, sempre che tutto questo non si riduca all’ennesimo annuncio ad effetto.
E’ un sacrificio immenso quello che il governo chiede al Paese e a cui le forze di opposizione devono corrispondere con grande serietà e senso dello Stato.
La volontà espressa dal presidente del Consiglio di non porre la fiducia su questo decreto ci impegna ad avanzare alla luce del sole, a partire dal Senato, le nostre proposte tese a rendere meno iniqua e ingiusta questa manovra.

Pier Ferdinando

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Una manovra non strutturale, infarcita di tasse e balzelli

postato il 13 Agosto 2011

La bozza della manovra varata dal governo  prevede molti punti, alcuni già anticipati nel corso della giornata, ma dando un primo sguardo la manovra non è affatto soddisfacente, perché non è la riforma del sistema Italia che da più parti era stata richiesta.

Il commento dell’on. Galletti è anche più duro: “Questa manovra si presenta priva di elementi strutturali e infarcita di tasse e balzelli che colpiranno in particolare i ceti medi e le famiglie italiane. Saremo responsabili, come sempre, ma la nostra preoccupazione è altissima”.

Perché questo giudizio così duro?

Perché questa manovra è solo una manovra contabile, che in prospettiva rischia di diventare estremamente recessiva per l’economia italiana.

E’ previsto un taglio di 6 miliardi ai ministeri previsti nella manovra correttiva che arriverebbero attraverso la riduzione dei fondi Fas. Da quanto si apprende, infatti, sarebbero contenuti nella bozza tagli alla banda larga per quanto riguarda il ministero dello Sviluppo economico, meno risorse per la prevenzione di rischi di dissesto idrogeologico per quanto riguarda il ministero dell’Ambiente, e tagli all’edilizia scolastica e carceraria per quanto concerne i ministeri dell’Istruzione e della Giustizia. E questi tagli sono gravissimi: intanto abbiamo un enorme gap tecnologico nella banda larga rispetto alle altre nazioni, ma soprattutto ci siamo scordati dell’anno scorso, quando bastarono alcune piogge un po’ più violente del normale per generare morti e danni per svariate diecine di milioni di euro mentre la Liguria e il Veneto erano sotto l’acqua?

Vi è poi un aumento di tasse per le imprese che operano nel settore delle energie rinnovabili e il Governo starebbe valutando di equiparare il livello dell’imposizione sui profitti delle aziende che operano nelle rinnovabili ai livelli di imposizione sui guadagni di chi opere nelle fonti energetiche tradizionali. Allo stato attuale per le imprese operanti nel settore delle rinnovabili si applica una imposizione minore del 3% rispetto al settore delle energie tradizionali, inoltre si prevede il taglio del 30% agli incentivi per le fonti rinnovabili.

Con il prezzo del petrolio alle stelle, con l’energia nucleare bloccata dal referendum, mettere i bastoni fra le ruote alle fonti energetiche rinnovabili è da sconsiderati se consideriamo il peso nel PIL italiano raggiunto da questo settore produttivo.

Ovviamente, i lavoratori pubblici saranno toccati pesantemente, infatti si prevede il pagamento con due anni di ritardo dell’indennità di buonuscita, mentre per gli autonomi si prospetta un aumento della quota Irpef forse a partire dall’attuale 41% per i redditi oltre i 55.000 euro e aumento al 20% della tassazione per tutte le rendite finanziarie, esclusi i titoli di stato che restano al 12,5%.

E’ una manovra di tagli e tasse, senza che vi sia nulla per la crescita e francamente trovo irrispettoso Berlusconi quando dice che “il cuore gli sanguina” quando fino a pochi mesi prima aveva detto che il “peggio era alle spalle”.

Oggi abbiamo tagli ai ministeri, agli enti locali (che ovviamente si rifaranno sui cittadini), alle aziende del futuro, e tasse e soprattutto la possibilità per i dipendenti statali di non avere la tredicesima se non risponderanno a certi requisiti di produttività.

Non è una manovra per la crescita, ma solo una manovra per tirare a campare e questo è, francamente, inaccettabile.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

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La confusione di Tremonti e la concretezza di Casini

postato il 11 Agosto 2011

Nonostante l’assolata giornata estiva, una fitta coltre di nubi gravava sull’aula parlamentare dove si sono riunite le commissioni congiunte Affari Costituzionali e Bilancio di Camera e senato per ascoltare le comunicazioni del Ministro dell’Economia Giulio Tremonti.

Dopo aver parlato per tre quarti d’ora, il ministro ha sostanzialmente lasciato dietro di sé solo una fumosa cortina di buone intenzioni e confuse ricette sui modi e sui tempi necessari per tentare di uscire dalle pericolose secche in cui si trova incagliata l’economia del Paese.

La sensazione di una maggioranza di governo in piena confusione è stata poi confermata dagli interventi del segretario politico del PDL Angelino Alfano e dal Capogruppo della Lega Nord alla Camera Marco Reguzzoni; i loro interventi, lungi dal chiarire le intenzioni del Governo, hanno invece confermato le distanze tra diverse correnti anche all’interno della stessa formazione politica.

Ancora una volta, l’unico intervento chiaro e comprensibile è stato quello tenuto da Pier Ferdinando Casini a nome dei gruppi parlamentari dell’Unione di Centro. Nel suo discorso ha dapprima stigmatizzato la tendenza, che continua tuttora, della attuale compagine governativa a voler minimizzare e banalizzare la situazione italiana perché, se è verso che esiste una crisi che coinvolge l’intero continente europeo e molte altre economie mondiali, è anche vero che nascondere le specificità della crisi italiana non aiuta a trovare vie d’uscita percorribili.

Dopo aver ricordato come, di fatto, la BCE abbia “commissariato” la politica italiana con la sua lettera, Casini ha anche avvertito che il commissariamento deve intendersi rivolto all’intero sistema politico italiano, non alla sola maggioranza di governo. In merito alle proposte di riforme istituzionali, il leader dell’Unione di Centro ha bocciato duramente la proposta di modifica dell’art. 41 della Costituzione in materia di libertà economiche definendola puramente demagogica; diversamente ha concordato sulla possibilità di studiare modifiche all’articolo 81 della Carta al fine di introdurvi l’obbligo del pareggio di bilancio, pur con le dovute garanzie.

Passando a temi più rapidamente concretizzabili, Casini ha ricordato come il prolungarsi dell’indecisione sulle misure da prendere rischi di far arrivare il Paese al 2012 con la necessità di nuovi e pesanti tagli lineari che andrebbero ancora una volta a danneggiare le famiglie, le disabilità ed i lavoratori dipendenti più svantaggiati. Per scongiurare questo pericolo, la ricetta dell’Unione di Centro si basa quindi su almeno cinque ingredienti di base: costi della politica, riforma del fisco,liberalizzazioni, riforma delle pensioni e del mercato del lavoro.

Per il capitolo sui costi della politica la proposta verte sull’accorpamento dei piccoli Comuni e l’abolizione delle province con attribuzione delle relative funzioni ai Comuni, anche in forma consorziata; inoltre graduale dismissione delle partecipazioni nelle aziende municipalizzate.

Per quanto riguarda il sistema fiscale, Casini si è detto favorevole alla tassazione delle rendite finanziare, ad eccezione di BOT e CCT, e ad una seria riflessione sull’ICI la cui abolizione ha messo molti Comuni in una situazione di grave dissesto. Disco verde anche ad un contributo di solidarietà da parte dei redditi più alti con strumenti che tengano conto però della composizione famigliare del percettore.

Per dare nuova linfa all’economia del Paese, via libera anche ad un cospicuo pacchetto di liberalizzazioni che riguardino i servizi pubblici locali, le farmacie, le banche nonché le reti energetiche e le professioni. Sul punto il leader dell’Unione di Centro ha ricordato a Tremonti che l’input deve necessariamente partire proprio dal Governo che deve dimostrarsi libero dalle pressioni delle lobby parlamentari.

Sul tema della riforma delle pensioni, via libera all’agganciamento dell’età pensionabile con quello della durata della vita media ma anche in questo caso l’Unione di Centro si dichiara intransigente rispetto all’introduzione di una sorta di quoziente famigliare che consenta di differenziare il trattamento a favore dei nuclei famigliari che più di altri anno sofferto le scelte economiche fatte da questo governo negli ultimi tempi.

Ultimo punto è la riforma del mercato del lavoro, che deve partire da un concetto semplice: più flessibilità in uscita e maggiori garanzie al precariato giovane, con agevolazioni fiscali alle imprese che incentivino la trasformazione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato perché il tema della precarietà sta diventando una emergenza devastante per i giovani ed il loro futuro.

Vedremo nei prossimi giorni se questi suggerimenti concreti, saggi e socialmente giusti sapranno essere raccolti e valutati da chi ha il compito di governare questo nostro Paese.

Riceviamo e pubblichiamo Roberto Dal Pan

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Crisi, l’intervento in Commissione

postato il 11 Agosto 2011
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Il commissariamento dell’ Italia è un dato di fatto

postato il 11 Agosto 2011

Non riguarda solo il governo ma anche le opposizioni

Il commissariamento è un dato di fatto. Dobbiamo avere la maturità di capire che siamo stati commissariati dalla Bce e che non abbiamo armi per opporci. Dobbiamo prendere atto che questo commissariamento c’e’ e che non riguarda solo il governo ma il sistema politico del Paese.

Pier Ferdinando

 

 

 

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Basta chiacchere, servono soluzioni. Il Nocash day?

postato il 11 Agosto 2011

Ieri il Governo ha parlato con le parti sociali, le quali al termine dell’incontro hanno dichiarato che il Governo non ha comunicato nulla enunciando solo generiche prese di posizione. Quasi contemporaneamente vi erano nuovi crolli in tutta Europa e a Milano le banche nel loro complessivo avevano una capitalizzazione di 50 miliardi di euro (di cui 37 erano quelle di Banca Intesa e Unicredit, seguite da Monte Paschi di Siena che vale 5 miliardi). Tutta l’Europa in questi giorni ha avuto cali vistosi, in particolare ieri, complice una voce, subito smentita, di un downgrade (ovvero di un peggioramento del giudizio di affidabilità) per l’economia francese. Tutto ciò è la testimonianza di un forte nervosismo che serpeggia tra gli investitori sia europei che americani, basti pensare che la banca Societè Generale ha perso ieri circa il 20%.

Il problema è principalmente legato alle incertezze dei politici che non hanno il coraggio di prendere decisioni forti, anche impopolari, preoccupati del consenso, delle elezioni, dei sondaggi, eppure dovrebbe essere chiaro a tutti che l’immobilità sta peggiorando la situazione. Personalmente sono convinto che la gente possa accettare sacrifici, ma solo se vi è un obbiettivo chiaro.

Ricordiamo tutti che nel 1992 Amato fece un prelievo forzoso per risollevare la crisi italiana; e quando Prodi fu eletto la prima volta, chiese ed ottenne una tassa una tantum per entrare nella UE. Sono due esempi di come, se si pongono obbiettivi chiari e si parla con sincerità alla gente, si ottiene una risposta positiva dalle persone. E’ inutile fare le battute, o dire che tutto va bene, perché non è così. Continuando a comportarsi in questo modo, il Governo è percepito in maniera negativa, anzi gli Italiani si sentono presi in giro. Non è il momento delle promesse vuote o delle prese di posizione ideologiche. Bisogna invece portare avanti proposte concrete, realistiche e spiegarle alla gente. Dire alla gente cosa si vuole ottenere, perché e come. Solo così la gente sarà disposta a nuovi sacrifici.

Bisogna combattere ferocemente l’evasione fiscale che in un anno è pari a 120 miliardi di euro (e non la si combatte di certo con i condoni e i colpi di spugna); se vi aggiungiamo lavoro nero, economia sommersa, riciclaggio arriviamo alla cifra di 560 miliardi di euro annui. Eppure non si riesce a scalfire questo “monte” di illegalità.

Ma non è l’unico problema, perché vi è anche l’inefficienza della macchina burocratica: prendiamo il caso di Equitalia Giustizia, costola dell’Agenzia delle entrate che dovrebbe gestire il patrimonio di beni confiscati ai malavitosi, multe milionarie ai truffatori, patteggiamenti, automobili sequestrate, beni immobili pignorati. Questi attivi si limitano a finanziare le intercettazioni: circa 268 milioni nel 2009, mentre tra il 2008 e il 2010 sono stati recuperati 4 miliardi di euro. Ebbene questo denaro finisce in depositi postali pressoché infruttiferi invece di essere rimesso in circolo per finanziare la disastrata amministrazione della macchina della Giustizia. Perché non si sbloccano questi 4 miliardi? A causa di cambi di governo, e difficoltà regolamentari, questo “tesoretto” non può essere usato.

Ma non è l’unico caso. Esistono oltre 450 miliardi di imposte accertate negli ultimi dieci anni che sarebbero “solamente” da esigere. Ma la raccolta prosegue con il contagocce: nel 2010 ne hanno recuperati circa 10 miliardi. E gli altri soldi? La lentezza della macchina burocratica, le leggi che cambiano e spesso sono retroattive (si vedano i vari condoni fiscali), le leggi di favore (vi ricordate quando parlammo delle somme perse con il condono fiscale perché le cifre accertate non furono mai richieste dallo Stato in quanto vi era una norma che “favoriva” l’evasore che pagava un anticipo?? Questo blog ne parlò esattamente un anno fa. E intanto questo tesoro di 450 miliardi si eleva al ritmo di circa 120 miliardi di euro annui, ma potrebbero essere molti di più, infatti secondo i dati 2010 del ministero dell’Economia, la metà dei contribuenti dichiara un reddito inferiore ai 15mila euro, due terzi non più di 20mila, l’1% più di 100mila, cioè 77mila persone in tutto. E per le piccole imprese e i professionisti c’è un altro dato: secondo Bankitalia è stato sottratto fra il 2005 e il 2008 il 30% della base imponibile dell’Iva, pari a 30 miliardi l’anno, come dire due punti di Pil ogni 12 mesi.
Il problema, dicono i magistrati, è che si sta andando indietro in tanti settori, dalla lotta all’evasione fino a quella alla criminalità economica vera e propria. Ancora una volta, le farraginosità dell’amministrazione pubblica (alimentate dal sospetto che una vera lotta al malaffare non convenga a tanti) fanno abbondantemente la loro parte. Il governo in carica, con la motivazione dei tagli al bilancio, ha cancellato con un colpo di penna prima la commissione anticontraffazione e poi addirittura l’Alto commissariato anticorruzione come entità indipendente (con 120 persone di staff). Al posto dell’Alto commissariato è stato insediato un miniorganismo con 20 dipendenti fra cui solo 3 magistrati, con la sede in tre stanzette in un sottoscala, alle dipendenze del ministero della Funzione pubblica che però sarebbe uno degli organismi da controllare.

Eppure le soluzioni ci sarebbero, ad esempio la tracciabilità dei flussi di denaro e in questa direzione va il Nocash day inventato dal manager Geronimo Emili, che dice: «Uno sconcertante 52,1% dei cittadini, ad un nostro sondaggio, ha risposto che usa il contante solo per mancanza di abitudine all’uso della moneta elettronica». L’iniziativa ha avuto la sponsorizzazione della MasterCard, ma anche l’appoggio di Abi e Confcommercio. Il vantaggio della moneta elettronica è la assoluta tracciabilità degli scambi di denaro e quindi l’emersione dei pagamenti in nero.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati.

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Parole di Tremonti? Ho capito di più leggendo i giornali

postato il 11 Agosto 2011

Servono risposte immediate

Mi auguro che il ministro Tremonti abbia le idee così chiare che non ci ha detto nulla per non bruciare il decreto perché ho capito più dalla lettura dei giornali che non dalle sue dichiarazioni.
Va bene la diminuzione dei parlamentari ma cominciamo dalle cose che si possono fare.
Cominciamo ad accorpare i comuni più piccoli e ad intervenire sulle province. Facciamo le liberalizzazioni che però non deve voler dire svendere le partecipate, tassiamo le rendite ma con l’esclusione dei Bot e dei Cct. Riformiamo il mercato del lavoro secondo un concetto semplice: più flessibilità in uscita e più garanzie per i giovani precari. E per quanto riguarda la riforma previdenziale dobbiamo agganciare l’età pensionabile alla durata della vita, ma tutte le pensioni devono prevedere un quoziente familiare perché il nucleo famigliare, già bersagliato e vessato, deve essere garantito.

Pier Ferdinando

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Non è più il tempo del bue muto

postato il 10 Agosto 2011

Le voci su un downgrade della Francia, poi smentite formalmente dal governo francese, hanno  scatenato il panico e una spaventosa ondata ribassista che ha travolto Wall Street e le borse europee. Record negativo per Piazza Affari con gli indici Ftse Mib e Ftse It All Share che cedono rispettivamente il 6,25% e il 5,43 per cento. Un mercoledì terribile dunque che ha spinto il governo francese ad intervenire tempestivamente per smentire le voci incontrollate le voci di un declassamento del debito sovrano del paese, con perdita della tripla A. Non c’è da stupirsi per l’intervento immediato del governo francese: solo una presa di posizione ferma e chiara poteva fermare i rumors e ridare quel minimo di fiducia necessaria per evitare il crollo totale. Continua a stupire invece il silenzio del Premier Berlusconi che dal discorso al Parlamento sulla crisi economica non ha sentito la necessità di rassicurare ulteriormente il Paese e i mercati. Berlusconi è ormai un “bue muto” che non trasmette più l’innata sicurezza di un tempo, anzi il suo silenzio unito ad un generale incupimento, notato anche dai fedelissimi, risulta assolutamente controproducente. Di certo Berlusconi non risolverebbe niente con un sorriso o con una delle sue battute, ma potrebbe invece essere utile quanto suggerito dal Terzo Polo che, in una nota congiunta firmata da Pier Ferdinando Casini, Italo Bocchino e Francesco Rutelli, ha auspicato che in deroga alla normale prassi, sia lo stesso Presidente del Consiglio, unitamente al ministro dell’Economia, a rendere l’informativa presso le commissioni riunite. L’Italia, ed anche i mercati, non hanno bisogno di un bue muto ma sperano ardentemente che anche per Berlusconi si avveri la profezia che Alberto Magno fece su Tommaso d’Aquino (il vero bue muto): “un giorno muggirà così forte che lo sentiranno in tutto il mondo civile”. Al momento ci accontentiamo di molto meno di un muggito, magari di un discorso onesto, franco e soprattutto concreto che infonda fiducia e sicurezza e che detti, finalmente, una rotta.

Riceviamo e pubblichiamo Adriano Frinchi

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