postato il 20 Luglio 2012 | in "In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo, Spunti di riflessione"

Bene torrada Rossella, “femina” dei giorni nostri

“Riceviamo e pubblichiamo” di Maria Pina Cuccaru

“Ciao Rossella, e bene torrada,
faghimus festa pro custos congruos,
gosadi in paghe sos afetos tuos,
s’isula intrea fit tota ispantada,
como seguru ca l’as alligrada
a Simugheo, e a sos fizos suos,
fin totus in anneu e in oriolu,
preighende donzi die, in su dolu.”

(Tonino Cau, Tenores di Neoneli)

La Sardegna è donna, è madre. Lo è sempre stata, dalla notte dei tempi. In una società agropastorale l’uomo stava per settimane o mesi lontano da casa con le greggi, e chi teneva le redini della casa era la donna, gestendo l’economia domestica e la vita familiare. Ciò ha temprato il carattere delle “feminas” sarde, forti, fiere e decise, ma capaci di grande generosità e amore verso il prossimo, fosse un figlio o un perfetto estraneo.

Rossella non è diversa. Una donna piccola ed esile, ma che ha dimostrato generosità e coraggio, andando ad aiutare sconosciuti in difficoltà in aree geografiche pericolose. Al punto da sperimentare sulla sua pelle il male che vorrebbe che questi angeli non svolgessero il loro lavoro. Per 286 giorni è stata rapita e tenuta prigioniera. 286 giorni in cui la sua terra non ha mai smesso di aspettarla e chiedere con forza la sua liberazione, come fa una mamma per una figlia. La Sardegna è questo per i suoi figli: una madre.

Oggi Rossella è libera, e riabbraccerà la sua terra domani. Ma per poco. Nonostante abbia sperimentato sulla sua pelle il pericolo ha espresso il desiderio di tornare in quella terra ostile dove tante persone hanno bisogno di lei. Coraggiosa e testarda, ma nella generosità. Da brava “femina”.



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