Cosa è il fiscal compact
postato il 21 Luglio 2012“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati
Nell’era della globalizzazione fa figo parlare in inglese e così sappiamo che in questi giorni il parlamento ha approvato il “Fiscal Compact”. Stupendo. Ma cosa è?
Per dirla in “politichese” è stato ratificato il Trattato di stabilità sul coordinamento e sulla governance nell’Unione economica e monetaria, che detto così fa ancora più impressione, ma non c’è nulla di strano in quanto il fiscal compact è semplicemente un accordo di diritto internazionale, stipulato al di fuori del diritto comunitario. L’accordo riprende le norme del Six-pack, ovvero il nuovo Patto di stabilità e crescita, e impone di inserire nella costituzione il principio del pareggio di bilancio e la correzione automatica in caso di sforamento. La convergenza verso gli obiettivi di medio termine potrà avere uno scostamento massimo per il deficit strutturale pari allo 0,5% del Pil, salvo in caso delle circostanze eccezionali considerate nel Six-pack. In caso di sforamenti o deviazioni dai target stabiliti, vi saranno dei meccanismi automatici di correzione, mentre è confermato l’obbiettivo di ridurre, a partire dal 2015, di un ventesimo l’anno del debito eccedente il 60% del Pil, salvo periodi di congiuntura particolarmente sfavorevole.
Con l’approvazione del fiscal compact abbiamo dimostrato responsabilità e soprattutto svincoliamo la finanza pubblica dagli interessi individuali, in quanto non potrà più essere usata per ottenere voti e per sprechi, perché per attuare questa norma vi dovrà essere non solo maggiore rigore, ma soprattutto dei controlli oggettivi sui conti pubblici, svincolandoli dalle beghe dei partiti e dall’utilizzo improprio (ad esempio approvare progetti inutili che hanno lo scopo di cercare facile consenso).
Ora abbiamo una tabella da rispettare, in soldoni si tratta di trovare 50 miliardi di euro l’anno e come possiamo trovarli? La risposta è molto semplice: dalla lotta all’evasione che sta venendo attuata, finalmente, in forma dura. Ogni settimana sui giornali leggiamo di indagini della guardia di finanza che trovano irregolarità, d’altronde secondo l’Agenzia delle Entrate sarebbero circa 120 miliardi i capitali sfuggiti alle casse dello Stato e in base ai dati raccolti dall’Istat, il valore dell’economia sommersa e dell’evasione in Italia, sarebbe quantificabile tra i 250 e i 275 miliardi di euro. Per intenderci tra il 16 e il 18% circa del Pil. Secondo Confcommercio questo significa circa 154 miliardi di tasse non pagate. Basterebbe fare emergere questa massa di denaro per avere i soldi necessari per rilanciare la crescita e diminuire il debito pubblico, riuscendo anche ad abbassare le tasse.
Indubbiamente il fiscal compact si può prestare a critiche, ma è indubbio che fosse necessario ed è un passo verso l’integrazione fiscale europea, obbiettivo divenuto imprescindibile alla luce degli ultimi sviluppi in Spagna, dove, pur essendo in crisi da un anno, solo ora si stanno prendendo misure urgenti e pesanti (diminuite le tredicesime, blocco delle assunzioni nel settore pubblico, privatizzazioni, aumento dell’iva). D’altronde questo era un passo necessario, soprattutto alla luce di quanto affermato dal ministro delle finanze spagnolo, Cristobal Montoro, il quale ha detto che senza l’intervento della BCE, la Spagna non avrebbe avuto i soldi per pagare i servizi. In pratica il paese iberico sarebbe stato ad un passo dal default.
Ovviamente la situazione spagnola, unita all’annuncio che la regione di Valencia chiederà un intervento statale per ripianare i suoi debiti, mentre come se non bastasse l’esecutivo spagnolo ha rivisto al ribasso le stime del pil per il 2013 e la Bce, con un tempismo davvero fatale, ha fatto sapere che i titoli di Stato della Grecia non saranno più idonei come collaterali. Questo mix di notizie ha generato pessimismo e ha spaventato gli operatori finanziari, facendo partire vendite a raffica e consegnando un venerdì nerissimo per la borsa, ulteriore riprova che vi è un diffuso clima di sfiducia sulla tenuta dei conti.
Proprio per questo dobbiamo continuare sulla strada tracciata di rigore e di attenti interventi nel taglio delle spese improduttive.