postato il 31 Gennaio 2011
Oramai è chiaro anche agli osservatori meno esperti e più disattenti: la cosiddetta “new economy” è un giungla di soggetti più o meno monopolisti che, una volta raggiunta la propria posizione dominante, invocando un distorto principio di “libero mercato”, fanno di tutto per mantenerla in vita.
In questo, tra le grandi lobby del XIX e del XX secolo ed i vari Steve Jobs, Bill Gates, Larry Page e Sergey Brin, la differenza che passa è sul serio minima.
Tale atteggiamento “imperialista”, che vede quindi tra i protagonisti anche e forse soprattuto quelli che da sempre sono i simboli del “free-share” ed al contempo dell’innovazione tecnologica come Google ed Apple, colpisce naturalmente le sempre più vuote tasche del consumatore.
Oltre ai colossi americani, però, ci sono anche i giganti nostrani ed europei pronti a dar libero sfogo alla propria avidità e a tartassare gli utenti di internet costringendoli a pagare servizi ed accessi ai portali che fino ad oggi sono stati (giustamente) gratuiti.
Per fare un esempio concreto e riferendosi al nuovo regime di mercato che i grandi ISP americani come Comcast, Verizon e AT&T vorrebbero introdurre, nei prossimi anni l’accesso a facebook, youtube, skype, e-mail, netfix ecc potrebbe essere a pagamento. In altri termini, oltre a richiedere l’attuale canone mensile per concedere la connessione e l’accesso al web, i fornitori di telefonia mobile e fissa, intendono applicare tariffe aggiuntive per fornire ai propri utenti “pacchetti specifici”. Es: canone di 19,99 euro al mese per un abbonamento internet flat da 4mb e, in aggiunta, altri 30 euro al mese per poter navigare illimitatamente su Facebook, Youtube, le caselle e-mail e per accedere a Skype.
In pratica una vera e propria inversione della filosofia internettiana; con tanti piccoli “oboli” da far pagare ai net-surfer a seconda dei servizi da loro utilizzati. Il pericolo di impennata dei prezzi e di social network, mail e chat a pagamento esiste anche per il nostro paese ed è confermato dall’ultimo discorso tenuto da Nicola D’Angelo; membro dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom).
Alla presentazione del libro bianco sui contenuti, D’Angelo ha difatti annunciato:”Lanceremo a breve un’indagine conoscitiva sulla neutralita’ tecnologica della rete fissa”. La cosiddetta “Net neutrality”, sta ad indicare il trattamento non discriminatorio da parte dei fornitori di linee telefoniche (Isp) e servizi web. In pratica, quando si parla di “neutralità della rete”, ci si riferisce al fatto che Telecom, Libero, Vodafone ecc non chiedano tariffe aggiuntive per accedere a servizi come e-mail, chat, social network, portali video ecc..
Secondo l’Agcom, la volontà di far crollare la net neutrality “nasce dai conflitti sempre piu’ frequenti tra l’accesso libero e senza limiti ai contenuti e l’esigenza manifestata dagli operatori di rete di gestire il traffico internet sulla propria infrastruttura per evitarne la congestione”. In particolare, nella relazione presentata nel libro bianco si legge:”Il problema della ‘network neutrality’ evidenzia un profilo tecnico, la cui soluzione e’ connessa all’individuazione del giusto equilibrio tra la parte di banda e di rete da dedicare a servizi che necessitano di una gestione e la parte di banda che deve continuare a garantire l’accesso a internet sulla base del principio del ‘best effort’. Tale equilibrio – si legge ancora – riveste particolare rilevanza sotto due aspetti: la tutela del consumatore nella sua liberta’ di accedere ai contenuti leciti su internet senza restrizioni; e la tutela degli operatori ad ottenere una remunerazione per i servizi offerti in rete ai quali si contrappongono due interessi: quelli degli Isp (Internet service provider) o dei fornitori di contenuti di garantire la massima veicolazione dei propri contenuti per raggiungere il maggior numero di utenti, e quello degli operatori di rete di restringere la parte di rete destinata a ‘best effort’ perche’ e’ sulla rete ‘managed’ che si offrono i servizi remunerativi”.
In conclusione, la nota poi precisa che: “Alla base del principio di neutralita’ tecnologica risiede la necessita’ di favorire il benessere dei consumatori, cioe’ la possibilita’ da parte degli stessi di avere accesso ai contenuti senza discriminazione tra le reti di trasmissione. E questo principio puo’ essere pertanto riferito alla rete quanto al servizio”.
Il discorso sulla net neutrality è aperto da diversi anni ed è molto accesso soprattutto nell’America del Nord. Senza tale “regime” imposto alle compagnie telefoniche ed ai fornitori di servizi, questi soggetti potranno ridurre o aumentare la banda concessa ai propri utenti a seconda della tariffa pagata da questi ultimi. La filosofia sarà dunque semplice: più si paga, più velocemente si naviga e a maggiori portali/servizi si può accedere. In tal modo, il web garantirà un accesso totale e rapido solo a chi potrà permettersi costi medio-alti per gli abbonamenti. Non solo: data la posizione monopolista di alcuni colossi internazionali e delle compagnie telefoniche (abiutate da sempre a fare cartello per ridurre al minimo la concorrenza), i prezzi delle connessioni potranno salire proprio come accade, ad esempio, per la benzina.
Al momento, fortunatamente, quest’ultima ipotesi appare abbastanza lontana e difficile da realizzarsi concretamente nel breve periodo ma, al contempo, il rischio di rinunciare a spicchi sempre maggiori di neutralità della rete è da tenere in seria considerazione. Qui potrete visualizzare un video (in inglese) nel quale si spiega il concetto di net neutrality in maniera rapida ed elementare. Per avere un’idea ancora più chiara, potete inoltre visitare questa pagina che partito-pirata.it ha dedicato al delicato ed importante argomento.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Germano Milite