postato il 19 Febbraio 2013 | in "app, Politica"

«Governo per le riforme. Chi arriva primo faccia proposte»

Pubblichiamo da ‘Il Mattino’ l’intervista a Pier Ferdinando Casini

di Pietro Perone

Una campagna elettorale trascorsa a rimpallarsi accuse reciproche tanto da fare restare i problemi del Paese, in particolare del Mezzogiorno, inesorabilmente sullo sfondo. Pier Ferdinando Casini oggi sarà di nuovo a in Campania per rilanciare le proposte dell’Udc sul dramma-Sud e sull’occupazione: «Si faccia il duello in tv, a Pd e Pdl intendiamo dimostrare che la politica delle bugie ha le gambe corte. Vogliamo la sfida televisiva tra Monti, Bersani e Berlusconi per smascherare i bugiardi. In questo mese abbiamo assistito a una gara tra chi ha fatto promesse e chi riflessioni serie; le prime le lasciamo a chi le ha lanciate mentre per quanto riguarda le discussioni serie sul futuro dell’Italia credo che noi abbiamo avanzato proposte credibili a partire dal Mezzogiorno».

Da dove cominciare per ridare una speranza ai cittadini del Sud che pagano più di tutti i prezzi della crisi?
«Una soluzione è utilizzare i fondi strutturali ma va compiuta una riflessione con le autorità europee per sfruttare i finanziamenti soprattutto a favore delle imprese che assumono giovani in modo che si possa dare respiro al tessuto economico del Sud e nelle stesso tempo offrire una speranza alle nuove generazioni meridionali e fermare l’esodo verso il Nord».

Pensioni e stipendi hanno perduto potere d’acquisto nel Mezzogiorno più che altrove e un’altissima percentuale di famiglie è sul lastrico: il giorno dopo il voto cosa realisticamente si potrà fare?
«Proponiamo di raddoppiare le detrazioni per i figli a carico ma anche qui c’è una politica dei fatti e una delle chiacchiere. Noi siamo già intervenuti in Parlamento per salvare le deduzioni a favore delle famiglie e abbiamo garantito quelle che hanno al loro interno situazioni di disabilità. Abbiamo poi cercato in questi anni di porre sempre all’attenzione del ministro dell’Economia i livelli essenziali di assistenza, firmati dal ministero della Sanità con le Regioni, su cui Tremonti è sempre rimasto sordo. Non siamo all’anno zero, ma il punto vero è potere avviare in sede europea una vertenza che consenta di creare, con l’autorizzazione dell’Ue, aree legislative di favore per il nostro Mezzogiorno».

Ma l’Unione europea si è già espressa contro le zone franche.

«Penso piuttosto a crediti di imposta e accesso al credito. Obiettivo che sarà possibile centrare se l’Italia avrà qualcuno che abbia la credibilità per essere ascoltato a Bruxelles. Sul bilancio Ue, di cui siamo contributori netti, abbiamo infatti cominciato a invertire la rotta. Impresa che è stata possibile a Monti ed è fallita ai governi che l’hanno preceduto».

Bersani sostiene invece che sui conti Ue l’Italia avrebbe dovuto ottenere di più.

«Abbiamo avuto il massimo, purtroppo si è trattato di un’occasione perduta per l’Europa perché l’ultimo vertice si è svolto all’insegna del minimalismo. In questo senso condivido la critica di Bersani: ha prevalso l’euroscetticismo, ma per quanto riguarda l’azione e il ruolo del governo italiano, nelle condizioni date, è stato fatto il possibile e anche l’impossibile».

L’Unione lontana da quel soggetto politico che i padri costituenti avevano immaginato?

«Sicuramente bloccata ancora da una politica del rigore che non si pone il problema che bisogna piuttosto cominciare ad allargare la borsa. Questa è una questione che il giorno dopo le elezioni, qualunque sia il governo italiano, bisognerà porre con forza».

Anche lei sente di non avere ”nulla in comune con questa coalizione di sinistra” come sostiene Monti?

«Siamo per la governabilità e vogliamo un governo che possa fare le riforme senza mettere tra parentesi quanto è stato fatto in quest’anno. Aggiungo però che non siamo crocerossine: se non c’è un’impostazione politica riformista che ci convince svolgeremo un’opposizione in Parlamento con dignità e responsabilità dicendo sì alle cose che faranno; no a quelle che non ci convinceranno».

Il problema resta Vendola?
«Non solo lui. Dalla piazza di Milano domenica scorsa Bersani ha fatto emergere il suo progetto politico che sostanzialmente è la riproposizione di quello che fu il governo Prodi: al posto di Bertinotti c’è Vendola ma le contraddizioni a cui abbiamo già assistito non sembra siano state sanate».

Qualora nessuno avesse una solida maggioranza si tornerà a votare?
«Chi vincerà le elezioni, magari parzialmente qualora non ci fosse una maggioranza alla Camera o al Senato, dovrà avere l’onere di avanzare una proposta agli altri. La democrazia funziona così».

Intanto l’area moderata dopo la Lista Civica darà vita a un partito?
«Mi auguro di sì. Prima bisognerà far nascere i gruppi parlamentari e poi dovremo cominciare a lavorare nella prospettiva di dare vita a una forza politica».

Il Ppe italiano?
«Al di là del riferimento europeo credo che l’area che fa capo a Monti sia chiamata a rispondere a una sfida: la lista in campo al Senato, espressione della società civile, è nata rispetto all’appuntamento elettorale o si vuole radicare nel Paese come forza politica europeista e responsaibile? Propendo per quest’ultima soluzione ma dovremo deciderlo tutti insieme».

L’effetto Grillo su queste elezioni impone alla politica tradizionale un cambio di passo nel rapporto con l’elettorato, è giunto il momento del mea culpa?
«Nessuno tra coloro che voterà Grillo pensa di risolvere gli sprechi della sanità, i problemi della burocrazia o della piccola impresa. Quello sarà un voto contro la politica motivato anche dalla cattive prove che noi abbiamo dato. Se avessimo varato la nuova legge elettorale, ridando ai cittadini il potere di scegliere i parlamentari, probabilmente Grillo avrebbe meno acqua in cui nuotare. Di conseguenza non possiamo prendercela con lui ma fare autocritica. Riconoscere gli errori commessi credo valga più di tante critiche mosse al movimento Cinque Stelle».

Una protesta che resta all’interno del processo democratico, rispetto ad altre. Insomma non si corre nessun rischio?
«Quello gravissimo dell’ingovernabilità contro cui noi dell’Udc e dell’area Monti stiamo combattendo. La paura è che queste elezioni non riescano a garantire al Paese la stabilità politica di cui ha bisogno e per questo ci auguriamo che i partiti responsabili abbiano la forza per individuare le soluzioni giuste per avviare la ripresa economica e lo sviluppo».

Berlusconi è tra i ”responsabili”?
«Deve decidere lui cosa vuole fare: la mattina dice una cosa, la sera un’altra. Francamente lo vedo in affanno e l’accanimento con cui si attacca agli altri è la dimostrazione della sua debolezza».

Sul fisco interpreta una sentimento diffuso?
«Le sue promesse da un lato sono sciocche e palesemente irrealizzabili come sull’Imu; dall’altro le proposte che il leader del Pdl lancia, come per il condono tombale, sono irresponsabili perché così si strizza l’occhio all’evasione. Tutte le persone che vogliono per davvero la riduzione della pressione fiscale sanno che la vera strada è individuare e perseguire chi in questo Paese non paga le tasse».

Finmeccanica, Mps, sembra tornata tangentopoli: in questi venti anni nulla è cambiato?
«I partiti oggi sono subalterni a logiche economiche che la fanno da padrone. La crisi finanziaria, le società che saltano in aria, la politica dei derivati che ha inquinato il mercato, cosa sono? Il frutto del degrado della società in cui la politica rischia di non regolare più il traffico. Per anni abbiamo detto che non serviva a nulla, ma proprio queste vicende ci dimostrano che invece la politica è ancora necessaria».



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