postato il 22 Novembre 2015 | in "Esteri"

Decisivo il ruolo di Putin, adesso l’Europa deve svegliarsi

Serve un’intelligence comune per poterci difendere
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L’intervista di Antonio Galdo al Presidente della Commissione Affari esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini, pubblicata sul Mattino

«L’Europa è a un bivio, e non può continuare a restare nell’immobilismo. Dopo gli attacchi dell’Isis, o la nostra integrazione fa un salto in avanti, oppure ci assumeremo la responsabilità di diventare irrilevanti»: Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato e docente di Geopolitica del Mediterraneo all’università Lumsa di Roma, prova a fare il punto sui tre fronti del conflitto esploso in questi giorni a Parigi e nel Mali. Militare, diplomatico e culturale.

Intanto la Francia è stata lasciata sola a combattere, proprio dall’Europa.
«La Francia ha deciso, in modo unilaterale, di partecipare ai bombardamenti in Iraq e in Siria, anche perché finora è il paese europeo che ha pagato il prezzo più alto in termini di vite umane. Ma l’Italia sta facendo la sua parte in diversi punti dello scacchiere di guerra, e abbiamo un ruolo fondamentale nella stabilizzazione della Libia».

Un obiettivo importante, ma ancora lontano.
«C’è una novità che ci fa ben sperare: il nuovo mediatore tedesco lunedì prossimo partirà proprio da Roma per sbloccare il nuovo governo nazionale che potrebbe nascere entro la settimana. I libici devono arrivarci, e presto, se non vogliono diventare la pattumiera del mondo».

Hollande, dopo l’appello nel vuoto all’Europa, cerca la sponda di Putin ed Erdogan, due dittatori.
«Un momento. Da mesi l’Italia sta dicendo che non possiamo permetterci una nuova guerra fredda: siamo i primi a riconoscere che senza la Russia sarà impossibile arrivare a un nuovo ordine mondiale. E mi pare che anche la Casa Bianca, finalmente, lo abbia capito».

Ma non è strano chiedere un’alleanza alla Russia e allo stesso tempo tenerla inchiodata alle sanzioni economiche?
«È una contraddizione che va superata. Mi auguro che, con il chiaro impegno di Putin contro l’Isis, si aprano le porte per chiudere il contenzioso sull’Ucraina e archiviare le sanzioni. Fermo restando che stiamo parlando di un dossier aperto dall’occupazione illegale della Crimea da parte di Putin».

Anche Erdogan ha un ruolo decisivo in questa partita?
«Un ruolo essenziale, direi. La Turchia finalmente ha una stabilità politica, ed è chiamata a chiarire le sue improbabili velleità ottomane».

Si riapre lo spazio per il suo ingresso nell’Unione europea?
«È uno sbocco naturale, ma non in tempi brevi. Per il momento bisogna puntare a una partnership privilegiata della Turchia con l’Europa. Non possiamo fare a meno gli uni degli altri».

L’Europa che, in queste ore, ha dovuto chiudere di fatto gli accordi Schengen.
«È il prezzo da pagare per difendere il diritto alla normalità e alla convivenza civile».

Sul piano militare nessuno vuole interventi di terra nel Califfato, ma senza questi i territori non si riconquistano e lo stato Daesh avanza.
«Oggi gli interventi militari di terra non servirebbero a nulla: il pantano dell’Iraq è una lezione non possiamo dimenticare. Piuttosto dobbiamo colpire, con operazioni mirate, i loro pozzi di petrolio e le loro basi per i traffici di droga e di reperti archeologici».

L’Italia ha una posizione doppiamente singolare: diciamo no alle armi contro l’Isis, ma poi le vendiamo a quei paesi arabi che poi magari le girano all’Isis.
«Anche a me piacerebbe un mondo senza il commercio delle armi. Ma stiamo parlando di un’attività economica planetaria, e sono sicuro che nessuno in Italia venda armi fuori dal perimetro previsto dalla legge.

La risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, sollecitata sempre dalla Francia, non le sembra una risposta ancora fragile e generica?
«No, mi sembra una presa di posizione molto determinata. Voluta anche dal governo americano, che si è svegliato dopo la discesa in campo di Putin».

Per chiudere la parte militare, le faccio notare che l’Europa non riesce neanche ad avere un vero coordinamento sull’intelligence, quei sevizi che stanno facendo acqua da tutte le parti, come in Francia.
«Purtroppo è l’Europa sospesa nell’immobilismo, come le dicevo all’inizio. Serve assolutamente un nuovo coordinamento europeo per i servizi di intelligence. E non dobbiamo avere paura d rinunciare a qualcosa della nostra privacy, non dobbiamo sentirci tutti osservati e spiati…»

In che senso?
«È giusto, per esempio, tracciare tutti i viaggi aerei di tutti i cittadini. È una misura di prevenzione utile, e non modifica gli stili di vita di chi non ha nulla da nascondere».

Passiamo al versante diplomatico. Chi sono gli arabi moderati? E sono pronti ad impegnarsi?
«Capisco il senso di questa domanda, e quanto sia difficile applicare la dizione moderati agli arabi. Però tocca a noi decifrare i movimenti nel complesso universo islamico, capire i fenomeni e individuare i possibili alleati. Le faccio un esempio: Bin Laden, non era un poveraccio, nato nella periferia di una città europea, ma proveniva da una famiglia dell’élite saudita, e il suo obiettivo era conquistare la casa regnante più che combattere contro l’Occidente. E adesso lo stesso califfato vuole creare un piattaforma geopolitica che sostituisca le classe dirigenti governanti».

Anch’io le faccio un esempio: abbiamo sempre considerato moderati paesi come l’Arabia Saudita e il Qatar, salvo poi scoprire che finanziano l’Isis.
«Lo hanno fatto quando gli serviva, ma adesso sono consapevoli dei rischi che corrono e stanno uscendo dall’ambiguità. Non dimentichiamo che nel mondo arabo non c’è solo il micidiale scontro tra sciiti e sunniti, ma per esempio gli stessi paesi a maggioranza sunnita si contrappongono. Pensi alle divisioni tra Egitto e Turchia. Vede, alla fine il ragionamento ci porta condividere in pieno la lettura di Papa Francesco: stiamo vivendo la Terza Guerra Mondiale. Purtroppo lo capiamo e lo affermiamo solo quando contiamo i morti di un attacco militare, come quello di Parigi».

E nelle comunità islamiche in Europa non c’è la stessa ambiguità, a proposito dei presunti moderati?
«Dopo le stragi di Parigi, per la prima volta le comunità islamiche in Italia hanno assunto una posizione limpida e forte, fino a scendere in piazza. C’è la consapevolezza che non si possono fare mezze condanne e ammiccamenti. Anche loro sono costretti a essere coraggiosi».

Stiamo pagando, in Francia come in Italia, il prezzo di un’immigrazione sbagliata?
«Certamente il processo dell’immigrazione è stato per molti versi confuso e disordinato. Ma non dimentichiamo mai che il mondo si sta muovendo: dal Centro America agli Stati Uniti, da Haiti a Santo Domingo, dalla Birmania verso Singapore. E un’umanità in marcia ed è un fenomeno inarrestabile. In Francia e in Belgio, in particolare, la generazione delle banlieue, la terza dell’onda algerina e marocchina, esprime un disagio sociale che non ha eguali in altri paesi europei».

Anche noi in Italia, però, abbiamo periferie esplosive.
«Non abbiamo la patologia francese, ma se penso a certe periferie nelle grandi città, come Napoli, mi rendo conto che sono luoghi dell’apartheid per gli italiani non meno che per gli immigrati».

Ultimo capitolo: la battaglia culturale. La parola guerra, per esempio, in Italia per alcuni è ancora considerata un tabù.
«L’esibizionismo verbale non serve, in politica bisogna usare il realismo, la misura e la sobrietà. Quindi capisco le parole di Hollande, ma anche la cautela di Renzi».

Lei parla di Terza Guerra Mondiale, citando Papa Francesco, e il ministro Gentiloni nega questo termine: sono parole che non può permettersi?
«Il Papa non parla certo a vanvera. Poi ognuno, nella responsabilità che ricopre, usa le parole che vuole. Certo mi sento lontanissimo dal linguaggio di Salvini che vorrebbe i bombardamenti, i muri e gli attacchi con i carrarmati. E non sa bene quello che dice».

Benedetto XVI, il predecessore di Papa Francesco, fu messo alla gogna per i dubbi sollevati, in un discorso a Ratisbona, a proposito del dialogo con l’universo islamico.
«Chi ieri pensò di crocefiggere Benedetto XVI, il più grande pontefice innovatore della Chiesa cattolica, oggi dovrebbe riflettere sulle sue parole pronunciate a Ratisbona. Furono profonde e innanzitutto profetiche e, se lette con onestà intellettuale, niente affatto divisive».

3 Commenti
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corrado casalino
corrado casalino
8 anni fa

Pierferdi? il mio prossimo Presidente della Repubblica.

corrado casalino
corrado casalino
8 anni fa

Mi metto al sicuro. Perferdinando il mio Presidente della Repubblica.

corrado casalino
corrado casalino
8 anni fa

Condivido quanto detto su Putin.



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