Tutti i post della categoria: Scuola e università

I tagli lineari non risolvono nulla

postato il 15 Ottobre 2010

I tagli lineari non sono mai la soluzione di niente.
Uno Stato che abdica a tagli ragionevoli non fa la cosa giusta. Bisogna tagliare gli sprechi nella pubblica amministrazione e investire sull’educazione dei nostri figli:  chi non riesce a fare questa distinzione e va avanti con i tagli lineari perde l’occasione per riformare lo Stato e ricreare le basi di una solidarietà vera e generazionale per il futuro del Paese.

Pier Ferdinando

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Riforma dell’Università? A costo zero è irrealizzabile

postato il 14 Ottobre 2010

I tagli lineari stanno uccidendo il futuro dei nostri figli. Fare una riforma a costo zero dell’Università è semplicemente impossibile.
Per cui, il ministro Tremonti e il Presidente del Consiglio si assumano le loro responsabilità: spieghino al Paese che la Gelmini ha scherzato e che questa riforma così, senza soldi, è irrealizzabile.

Pier Ferdinando

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Crisi della scuola: ripartire dalla libertà di scelta

postato il 19 Settembre 2010

le lezioni viste dai cuccioli do [auro]L’apertura del nuovo anno scolastico evidenzia una scuola sempre più in affanno, con risorse limitate, preoccupanti carenze di organico e, in qualche caso, l’assenza dei beni primari per svolgere la normale attività didattica.

Il caso del nuovo complesso scolastico “leghista” di Adro, in provincia di Brescia, ci porta anche verso una pericolosa politicizzazione della scuola. Su questo tema è giusto riconoscere al Sindaco di Adro, già conosciuto alle cronache qualche mese fa per non voler dare più il servizio mensa ai bambini delle famiglie morose, il merito di aver costruito una scuola all’avanguardia, senza spese per i cittadini. Questo attraverso la cessione gratuita ad una ditta privata di una vecchia scuola, da trasformare in appartamenti, in cambio della realizzazione del nuovo complesso scolastico.

Restavano da acquistare gli arredi per aule, uffici e mensa; problema risolto attraverso un bando pubblico, con il quale è stato chiesto alle famiglie di Adro di versare contributi volontari per coprire il fabbisogno. Obiettivo ampiamente raggiunto tanto che in cassa sono rimaste alcune migliaia di euro.

Quello di Adro, insieme ad altre pratiche di buon governo sparse nel nostro paese, che molte volte non trovano risonanza tra i media, è un esempio che molti amministratori potrebbero seguire, invece di sterili manifestazioni contro tagli che ogni Governo pare destinato a fare. Il sindaco si è fatto poi pubblicità mettendo ad ogni angolo della nuova scuola il simbolo del Sole delle Alpi (a centinaia…), caro ai leghisti, intitolando l’edificio a Gianfranco Miglio e facendo ampio uso del colore verde. Uno sfarzo da evitare più che imitare perché la politica deve sempre rimanere fuori dalle classi.

Purtroppo non è l’unico caso di politicizzazione indebita: la Regione Toscana, ad esempio, dichiara di voler appendere una propria targa in quelle classi “salvate” dai finanziamenti regionali, per evidenziare chiaramente chi sono i buoni (la Regione) e i cattivi (il Governo). Decisamente meglio lasciare perdere.

Tornando alla situazione pessima in cui versa la scuola italiana, vorrei provare a riflettere e rilanciare l’opportunità di costruire un nuovo modello, fondato sulla libertà e sulla centralità della famiglia nella scelta educativa dei propri figli. Secondo me in Italia andrebbe ribaltata completamente la concezione che sta dentro il nostro sistema educativo, composto da scuole simili che si propongono la formazione di cittadini “simili”. Questo andrebbe sostituito con uno nuovo più adatto alle esigenze del paese, teso a selezionare presto, ad esaltare le qualità individuali e la diversità.

In questa prospettiva di diversificazione dell’offerta formativa, sarebbe opportuno riprendere con forza il tema della scuola privata, “libera” o come si vuol definire. Tema dimenticato da tutti, in nome dell’errore dogmatico, tipico dell’Italia, per cui esiste l’equiparazione tra ciò che è pubblico con ciò che è statale; e anche per l’oggettiva situazione italiana per cui parlare di scuole private equivale a dire Chiesa Cattolica.

Per incidere veramente al fine di un sistema pluralistico nell’educazione, la vera rivoluzione da fare è l’introduzione del buono scuola – voucher da dare ai genitori, per poterlo spendere nell’istituto pubblico (statale o non-statale che sia), che giudicano migliore per i propri figli. In questa maniera si dà alle famiglie il diritto di scelta secondo le proprie convinzioni filosofiche, culturali, morali e religiose, così come sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e della nostra Costituzione repubblicana. In questo sistema l’importo dato ai genitori, che all’inizio potrebbe essere soltanto una parte della retta totale, per poi aumentare la quota negli anni, è versato alle istituzioni presso le quali gli aventi diritto si iscriveranno per frequentare i rispettivi percorsi formativi.

In questo modo sono premiate le scuole migliori, perché le persone interessate scelgono quanto vi è di meglio sul mercato, facendo così crescere il numero delle scuole e il loro livello qualitativo, creando una libera, moderna, efficiente e plurale offerta formativa. Una scuola magari più aperta alla creatività, all’arte, alla musica e alla pratica sportiva.

Il sistema esposto viene spesso accusato di creare disuguaglianze, con scuole (e quindi studenti e cittadini) di seria A, B, C; accuse frutto di una prevalente cultura statalista del nostro paese, dalla quale Sturzo non si stancava di metterci in guardia. In realtà il sistema scolastico “pubblico” all’italiana ha portato il nostro paese, insieme a molti meriti che gli vanno riconosciuti, ad un’altissima correlazione tra successo educativo e status della famiglia di origine, con una mobilità sociale particolarmente scarsa, evidenziando quindi un sistema profondamente chiuso e ingiusto. Ma nonostante questi dati, un po’ tutti difendono lo status quo, con lo smacco di vedere i ricchi e i politici (magari di sinistra) difendere ed esaltare la scuola statale, ma mandare i propri figli nella scuola privata.

Fare pagare due volte i genitori, attraverso le tasse e poi attraverso l’eventuale retta, che vorrebbero scegliere la scuola più opportuna per i propri figli, ma non se la possono permettere, è la vera ingiustizia del nostro sistema attuale scolastico. Dare vita ad uno nuovo, incentrato sulla libera scelta educativa, potrebbe essere una buona scossa per renderlo migliore e più giusto. E magari tra qualche anno trovarsi con maggiori risorse, insegnanti più motivati e strutture all’avanguardia (senza scomodare il Sole delle Alpi).

“Riceviamo e pubblichiamo” di Carlo Lazzeroni

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Questo non è un Paese per pendolari

postato il 19 Settembre 2010

ALn 668.3139 di alessandro manfrediSabato 11 Settembre, a Chianciano, si è svolto l’ EstremoCentroCamp, una sorta di conferenza “aperta”, meno schematica e più interattiva, su di un tema quanto mai attuale: “Internet e Politica”. In quest’incontro, si é discusso di vari temi riguardanti il web, abbiamo portato l’esperienza di noi blogger di Estremo Centro, sentinelle del territorio, impegnati a diffondere l’informazione su questioni scottanti nelle nostre regioni.

Durante l’EstremoCentroCamp, per dimostrare che internet possa diventare un mezzo di comunicazione efficace per diminuire le distanze tra cittadini e politica, abbiamo deciso di lasciare spazio agli italiani che, tramite e-mail o sms, avrebbero potuto porre le proprie domande e i propri dubbi ad uno dei maggiori esponenti della politica italiana: Pier Ferdinando Casini.

Tra le varie domande, mi ha toccato particolarmente una richiesta: “Più attenzione per i pendolari”.

Casini, nel rispondere, ha evidenziato una realtà che conosco molto da vicino, in quanto pendolare da quasi 7 anni. Impossibile non condividere l’amara considerazione che, in questo Paese, si corra su due binari di sviluppo troppo diversi tra di loro. Mentre infatti l’innovazione percorre la strada delle grandi città, dove ogni giorno si apportano migliorie tecniche per rendere sempre meno brevi i tempi di viaggio tra le grandi metropoli, in periferia i trasporti pubblici stentano a decollare. La dimostrazione è data dal fatto che, ad esempio, per percorrere la tratta Milano-Roma, con treni che sfiorano i 400km/h, si impieghino meno di 3 ore, e per la tratta Melfi-Potenza occorre un’ora (senza considerare ritardi, o altre cause varie ed eventuali).

L’Italia, però, non vive di sole grandi città: il Paese è soprattutto periferia. C’è un’ immensa rete di persone che gravitano intorno a queste grandi realtà e che, ogni mattina, di buon ora, affrontano tratte che, in molti casi, potrebbero essere definiti “viaggi della speranza”.

Ma i problemi non finiscono mai, per i pendolari.

Infatti, l’anno scolastico in corso, ha significato l’aumento dei disagi per gli studenti e i professori pendolari di tutt’Italia e, in particolare di tutta la Basilicata. E’ entrata in vigore la riforma Gelmini, che prevede significative modifiche all’orario: spariranno le ore “ridotte”, cioè da 50 minuti, a favore delle ore “intere”, cioè da 60 minuti. Dunque, si uniformerà l’orario di inizio delle lezioni per tutti gli studenti di scuole superiori e, dopo una settimana di assestamento, da lunedì i cancelli apriranno alle ore 08.05, con uscita alle 13.05 o 14.05, a seconda del tipo di istituto frequentato.

Ciò comporta la necessità di riadattare gli orari degli autobus scolastici, per garantire il trasporto agli alunni. Ebbene,qui iniziano i problemi. Molte aziende private di trasporti, gestendo anche tratte extra-scolastiche, a causa di questa modifica oraria, si sono ritrovate ad affrontare spese non previste nel bilancio aziendale, così da dover risolvere il problema con tagli alle tratte, e conseguente aumento delle difficoltà. Dunque, per essere più chiari, per tornare a casa dopo la scuola, dal paese dove frequento il Liceo alla mia piccola frazione, del tutto isolata dal resto della Regione, ci sarà soltanto un bus: alle 14.30.

Ma al peggio non c’è mai fine! Basti pensare che su questo stesso bus saliranno i ragazzi che frequentano la Scuola Media, del tutto disinteressati dalla riforma Gelmini, costretti ad adattarsi ad orari che definirei assurdi.

Ecco, l’impressione, ancora una volta, è quella di una riforma calata dall’alto, senza considerazione alcuna delle difficoltà del territorio, della periferia. Come sempre, si ragiona su di una “misura metropolitana”, in tutto il territorio italiano, che ha caratteristiche orograficamente molto varie.

L’Italia è un’insieme di grandi centri, attorno ai quali vi è però una periferia dimenticata dallo Stato. C’è bisogno di ricucire l’Italia anche in questo, di rendere l’Italia un Paese unito sotto ogni punto di vista.

Partire dai trasporti potrebbe essere un’ottima risposta a questa grande sfida.

Pensare ad una rete di trasporti migliore, non significa vaneggiare. Significherebbe sviluppo in ogni ambito dell’economia: dal settore delle imprese, fino al turismo, senza dimenticare il vantaggio che ne deriverebbe per l’Ambiente.

Perché, in realtà, un Paese senza infrastrutture è un Paese senza futuro.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Marta Romano

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Adro, quella scuola con il marchio della Lega

postato il 15 Settembre 2010

‘Riceviamo e pubblichiamo’
di Andrea Santacaterina
Che una scuola nuova venga costruita senza che l’amministrazione comunale sborsi i soldi necessari è sicuramente una notizia nuova a molte persone. Il sindaco di Adro, Oscar Lancini, è il protagonista della vicenda, già famoso nei mesi scorsi per aver negato il cibo a dei bambini i cui genitori non pagavano la retta per la mensa scolastica.
Il primo cittadino è riuscito a trovare un accordo con una ditta privata, barattando i vecchi edifici scolastici in cambio della costruzione della nuova struttura; al mobilio invece ci ha pensato la cittadinanza, con un contributo volontario che ha permesso degli strumenti d’avanguardia per le classi.

Se la notizia fosse stata solo questa, oggettivamente il sindaco Lancini avrebbe avuto tutti i meriti di una gestione intelligente e responsabile, oltre che la fortuna di guidare una comunità evidentemente coesa e solidale.
Invece un primo particolare è già evidente a chi entra nell’edificio: la rosa celtica, o Sole delle Alpi, è quasi una costante visiva fra tavoli incisi, la lettera “o” sostituita all’interno delle parole, zerbini e disegni di bambini stilizzati, dove invece di tenersi per mano uno con l’altro curiosamente tengono fra loro il simbolo. Una coincidenza, forse comoda, che sia anche il simbolo della Lega ma parliamo pur sempre di una decorazione di origine celtica che è presente in diverse parti dell’Europa e in Eurasia. Nulla di strano, insomma.

Una seconda coincidenza, tuttavia, potremmo trovarla nella massiccia presenza del colore verde o all’assenza della bandiera italiana all’inaugurazione. Che l’edificio sia intitolato a Gianfranco Miglio è poi solo l’ennesima coincidenza che battezza la struttura d’avanguardia.

Bisogna però rendersi conto che se una coincidenza da sola rimane tale, due fanno un indizio e tre irrimediabilmente una prova.
Non è necessario fare un grosso sforzo per immaginare come sia singolare che tanti segnali riferiti al partito della Lega, di cui casualmente fa parte il sindaco e la giunta, siano potuti finire in un edificio scolastico. E’ più difficile immaginare come sia stato possibile inserire tutto questo in una realtà, quella di una scuola, dove non dovrebbe esistere nel modo più assoluto.

Nelle parole dello stesso sindaco Lancini, che giustifica il Sole delle Alpi come un simbolo storico e tradizionale, è possibile immaginare l’inquietante parallelo con il fascio littorio, utilizzato in epoca romana come in un passato ben più recente e oscuro dell’Italia. Non appare davvero una giustificazione quella del primo cittadino, bensì un invito all’accondiscendenza e all’ingenuità nei confronti della strumentalizzazione della storia di allora e di adesso.

Il tricolore invece è l’unico simbolo che viene a mancare all’inaugurazione, icona di uno stato ritenuto poco presente e da cui non è possibile ricevere aiuto. Il fatto che esso non sia il simbolo di una realtà politica ma dell’identità di una nazione che prossimamente compirà i suoi 150 anni curiosamente non sembra aver turbato nessuno dei presenti, che forse ne ignorano il reale significato.
Una nota a margine merita chi dice che i simboli riconducibili ad un partito non sono nuovi né strani all’interno di una scuola, riferendosi a ben altro partito politico e rifiutandosi così di intervenire. In questo caso mi sembra di vedere il bambino che, colto dalla maestra nel fare qualcosa di male, punta il dito verso un compagno di classe accusandolo della stessa colpa per giustificarsi. A queste persone si può semplicemente rispondere che il detto “mal comune, mezzo gaudio” sembra più un tentativo di chiudere gli occhi e andare oltre che porre rimedio ai possibili problemi.

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Precari della scuola, non servono soluzioni aritmetiche ma una politica attenta

postato il 3 Settembre 2010

Sono scesi in piazza in tutta Italia i precari della scuola: proteste, sit in e scioperi della fame per dire no ai tagli previsti dalla riforma Gelmini. E non hanno età questi precari italiani. Non sono giovani trentenni ma, sempre più spesso, hanno alle spalle 15, a volte 20 anni di insegnamento.
Come nel caso di Maria Carmela Salvo, 55 enne palermitana “emigrata” a Pordenone per lavoro: 25 anni di supplenze e dal 1 settembre in sciopero della fame perché non sa se riuscirà ad avere l’incarico. «Cosa deve sperare un precario – si chiede Carmela in una lettera nella quale denuncia la sua esasperazione – che un collega sia in stato interessante o che abbia preso una malattia rarissima, che sia deceduto, per poter insegnare?».
I precari della scuola in questi giorni sono scesi in piazza da Palermo a Milano: non chiedono soluzioni assistenziali come il decreto “salva-precari”, ma il ritiro della riforma Gelmini.

Ieri il ministro dell’Istruzione, in una conferenza stampa nella quale ha illustrato le novità della sua riforma, ha spiegato che non incontrerà i precari: «Ad oggi non sappiamo nemmeno chi ha perso realmente il posto – ha sottolineato – Le persone che protestano lo fanno senza essere state ancora escluse». Il ministro ha poi detto che “i precari ereditati sono un numero spaventoso”: 229 mila a fronte di 700 mila insegnanti già impegnati: «Nessun governo – sostiene – potrebbe assorbirli».

Se quindi è vero che la politica degli anni passati deve fare autocritica, d’altra parte il governo non può liquidare il tema dei precari come se non esistesse. «Il ministro Gelmini ha ragione a dire che i precari in passato sono stati strumentalizzati – ha sottolineato Pier Ferdinando Casini intervistato da Repubblica Tv – ma oggi ci sono, sono in circuito lavorativo da 10-20 anni, magari hanno anche famiglia e figli».

Il problema dei precari può quindi essere anche un’eredità del passato ma, sottolinea Casini, «questo governo deve risolverlo non in una logica aritmetica ma sociale. La politica dei tagli lineari fin qui attuata dal governo è dannosa e iniqua, e il ministro Tremonti non puo’ lasciare sola la Gelmini su questo punto».

Il Paese avrebbe invece bisogno di una politica sociale seria, in grado di dare delle risposte ai problemi dell’occupazione, delle famiglie, dei giovani. Problemi che sembrano trovare sempre meno spazio in un’agenda politica dettata da scambi di accuse e insulti, dissidi interni, anatemi, proclami privi di seguito e parole al vento.

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In videochat con Repubblica Tv

postato il 3 Settembre 2010


“Berlusconi dica con chiarezza agli italiani la sua visione, ma eviti di affossare definitivamente il sistema giudiziario per liberarsi dei processi che lo riguardano”. A chiederlo è stato Pier Ferdinando Casini, intervistato da Repubblica Tv sul processo breve. “Ci sono questioni enormi che rischiano di andare al macero se si fanno questi provvedimenti – ha sottolineato – da Parmalat a Thyssen, e io non me la sento”.
Sui 5 punti, “è chiaro che noi non voteremo la fiducia al governo – ha spiegato Casini – Siamo pronti a dare qualche consiglio se Berlusconi lo vuole ascoltare: questa e’ la nostra opposizione repubblicana”.
Nell’intervista il leader Udc ha poi affrontato il tema del cosiddetto terzo polo: “Se dovessimo scegliere alle prossime elezioni lo faremmo”, ha detto. Ha poi parlato della legge elettorale: “Credo che le idee di D’Alema e Veltroni possano essere conciliate, penso che si potrebbero conciliare con il provincellum”.
Sulla possibilità di un’alleanza con il centrosinistra ha chiarito: “A me non interessa l’Ulivo, vecchio o nuovo, ma sono un interlocutore, perché sono una forza d’opposizione, e se devo imbarcarmi in un’alleanza che sia la riproposizione del governo Prodi, dico no grazie”.
Casini ha inoltre affrontato il tema dei precari della scuola: “Questo governo deve risolverlo non in una logica aritmetica. La politica dei tagli lineari fin qui attuata dal governo è dannosa e iniqua, e il ministro Tremonti non puo’ lasciare sola la Gelmini su questo punto”.

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Amianto nelle scuole: un compagno di scuola molto pericoloso per i nostri figli

postato il 10 Agosto 2010

“Riceviamo e pubblichiamo”, di Gaspare Compagno

I nostri figli hanno un compagno di scuola silenzioso, invisibile, e molto pericoloso: l’amianto.

Tutti noi conosciamo la pericolosità dell’amianto, responsabile di malattie mortali come l’asbestosi, o il cancro ai polmoni o il mesotelioma, e proprio per questo, con la legge n. 257, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 13 aprile 1992, era stato deciso di toglierlo completamente dalle scuole. Ebbene, dopo 18 anni dalla legge, ci sono ancora 2400 scuole con l’amianto nei tetti e nelle pareti, costituendo un pericolo mortale per i bambini e il personale che ogni giorno va a scuola, e queste scuole sono principalmente distribuite nel Nord: a Milano si sa con certezza, di almeno 34 istituti, dove l’amianto è presente e bisognerebbe procedere a bonifica.

La situazione, di per sé grave, assume tinte quasi ridicole se consideriamo che il 29 Aprile scorso, il ministro Maria Stella Gelmini aveva espresso soddisfazione per il reperimento (seppur a fatica) dei soldi necessari per la bonifica, per un ammontare complessivo di 358 milioni. Perchè ridicolo? Perchè in realtà gia nel gennaio del 2009 il governo si era impegnato per questa bonifica, e per renderla operativa trovando i soldi, abbiamo dovuto aspettare 16 mesi. Ma ad aggravare questa situazione, si aggiunge la notizia secondo la quale questi soldi sembra siano spariti, ovvero che, all’impegno formale del governo, non sia seguito il reperimento effettivo dei denari che non sono stati inseriti nella manovra aggiuntiva di Tremonti.

E ora?

L’unica cosa è sperare che in qualche modo, questi soldi vengano inseriti nella prossima manovra autunnale (ebbene si, cari cittadini, dopo la manovra estiva, ci attende anche la classica manovra autunnale), anche se è legittimo nutrire qualche dubbio. Ma questo governo, non aveva a cuore il Nord, come ripete sempre Bossi e la Lega? Evidentemente il difetto sostanziale a fare seguire i fatti agli spot riguarda pure le promesse e gli impegni assunti per il benessere dei bambini e del personale pubblico: a Torino si indaga sulla morte di 28 docenti che potrebbero essere imputabili alla presenza di amianto nelle scuole.

Ma la lista potrebbe allungarsi, infatti, la bonifica dovrebbe essere fatta con le scuole deserte, perché durante i lavori chi non ha le protezioni adeguate respira la polvere mortale; invece in italia la bonifica si esegue tranquillamente mentre le scuole sono aperte come ha testimoniato Domenico Mele ai magistrati.

Ma il punto nodale è: dove sono finiti i 358 milioni destinati all’edilizia scolastica? Non si sa, sono spariti nell’orgia di tagli scriteriati attuati in questa finanziaria.

Basterebbe questo a farci saltare dalla sedia, ma in realtà, questi famosi 358 milioni di euro dovrebbero essere molti di più. Infatti, a marzo scorso si era parlato di sbloccare fondi europei destinati all’edilizia scolastica per complessivi 770 milioni, ma non se ne è saputo più nulla. Anzi, il plafond complessivo dovrebbe essere di 1,9 miliardi di euro, ma di tutta questa montagna di soldi, in 16 mesi il governo ha trovato solo 358 milioni per poi farli sparire immediatamente dopo.

Questa cifra la tira fuori il sottosegretario all’istruzione Raffaele Pizza, che, nel marzo scorso, ha affermato che dei 489 milioni di euro relativi ai primi due piani stralcio deliberati dal Cipe – rispettivamente nel 2004 e nel 2006 – ne sono stati erogati 336,4 milioni. Fermo a zero risulta anche il programma straordinario da un miliardo di euro (se si eccettuano i 226 milioni stornati a favore dell’Abruzzo) varato il 29 gennaio 2009 sulla base dell’intesa raggiunta il giorno prima con le autonomie locali e sostenne che un primo stock di azioni urgenti, dal valore di 350 milioni, era pronto a partire nelle settimane successive.

Eppure di tutti questi soldi non se ne è saputo più nulla, se infatti i mesi successivi sono ricchi di proteste dell’ANCI e dell’UPI per ottenere i fondi promessi per l’edilizia scolastica. Non solo, ma molti di questi finanziamenti sono di provenienza della UE, e quindi non erano un aggravio di spesa per lo Stato italiano, probabilmente sono stati usati come bancomat dal governo per tappare le innumerevoli promesse e spot elettorali.

Vorremmo pregare il governo di fare sparire l’amianto che minaccia i nostri bambini

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La scuola vista da una “maturata”

postato il 18 Luglio 2010

di Chiara Cudini

Ebbene, è “ormai” passata più di una settimana dalla conclusione del mio percorso scolastico. Posso iniziare a vedere con lucidità e senza rancori (qualche nervoso per un determinato professore, per un voto ecc. penso lo si ricordi comunque per lungo tempo) la scuola, la sua organizzazione e la preparazione che essa offre.

Innanzitutto, mi sono diplomata in un liceo scientifico con risultati soddisfacenti, per sottolineare il fatto che alcune critiche che solleverò non sono dettate dall’insoddisfazione personale, anche perché non mi limiterò ad analizzare solo il mio percorso ma anche di miei conoscenti, di quello che so riguardo ad altre scuole, ad alcuni casi di professori, perciò la mia è una visione generale.

Guardandomi indietro, non posso che sentirmi un po’ preoccupata. Mi spiego. Non posso dire di essere contenta riguardo a quello che la scuola offre oggi (ripeto, non necessariamente a livello personale), per due motivi in particolare: l’impreparazione di alcuni insegnanti, non a livello di conoscenze (questo è un altro punto) ma soprattutto a livello pedagogico, in quanto trovo abbiano alcune difficoltà a trasmettere il loro sapere;  le difficoltà crescenti delle scuole per la mancanza di fondi.

Ammetto che fare l’insegnante dev’essere difficile quasi quanto fare il genitore, se pensiamo al ruolo di educatore che dovrebbe avere, e per questo motivo penso che per fare un mestiere del genere si debba possedere una certa passione, una certa dose di pazienza e una preparazione su come affrontare i bambini, gli adolescenti, i “nascenti” adulti. Ho notato, invece, che fare questo mestiere è diventato oggi un ripiego per chi, laureato, non trova lavoro. E non ho nulla da rimproverare a queste persone, se non trovano lavoro un motivo c’è, ma pretenderei comunque da loro un impegno adeguato, che permettesse agli studenti di apprendere ciò che loro sanno, senza imporre loro la loro frustrazione, la loro ideologia. Quest’ultima, in particolare, mi preoccupa. Infatti, esistono ancora casi un cui lo studente, che la pensa diversamente dal professore, deve pagarne le conseguenze e subire una sua valutazione ingiustamente negativa (si sa, gli insegnanti hanno il coltello dalla parte del manico). E non lo trovo affatto giusto per un semplice motivo: la scuola, appunto, ha un ruolo educativo, per il fatto che lo studente, studiando il passato, le ideologie di grandi pensatori, le proposte per il progresso futuro, deve, negli anni in cui inizia a pensare con la sua testa, essere in grado di formare un SUO pensiero, un SUO credo, una SUA ideologia. Se essa si rivelerà sbagliata nel tempo non è un problema, ogni convinzione può cambiare nel corso degli anni. Ma cosa succede se lo studente, evidentemente più maturo, ha già una propria personalità e ideologia? Che non segue semplicemente la massa o non è influenzato da chi lo circonda? Ad alcuni insegnanti non sta bene, perché la pensano diversamente, perché sentono una competizione, perché preferisono avere a che fare con una moltitudine uguale, piatta, più facilmente gestibile, piuttosto che con persone, individui diversi che si stanno formando e che rappresentano il loro futuro.

Inoltre, se alcuni professori si trovano a fare questo mestiere non per passione ma per necessità, lo studente sente un certo rifiuto per questa materia. Si sa, se una cosa non la si fa con passione, si rischia di farla male. Il loro compito dovrebbe essere, invece, quello di coinvolgere direttamente gli studenti, trasmettere l’interesse, puntare sulla curiosità, e, soprattutto, farli entrare nell’ottica dell’epoca, nella testa di quel filosofo piuttosto che di quello scrittore, farli riflettere e pensare.

Ho esposto le critiche agli insegnanti, ma bisogna ovviamente tenere in considerazione la buona fetta di responsabilità degli studenti, i loro atteggiamenti, il loro comportamento, la loro crescente svogliatezza e il loro disimpegno, sarà che ormai gli stimoli sono pochi?

Un altro problema è, appunto, la mancanza di fondi. In tempo di crisi, si sa, bisogna fare delle rinunce, dei tagli ecc., ma non trovo che tagliare sull’istruzione sia di giovamento, proprio perché in futuro, sarà determinante la preparazione e la formazione di quelli che adesso sono “solo” giovani studenti. Insomma, si sta parlando di tagli sul progresso della nazione. A questo proposito mi ha colpito la decisione, in Germania, di fornire uno stipendio mensile di 300 euro agli studenti più meritevoli, sulla base dei voti e non del reddito dei genitori, andando a colpire l’8% della popolazione universitaria per una spesa di 300 milioni di euro all’anno. Infatti, Angelo Bolaffi (direttore dell’Istituto italiano di cultura a Berlino) dichiara che “il ministero dell’Istruzione è l’unico a non aver subito tagli, anzi ad aver beneficiato di aumenti […] tutta l’azione del governo si basa sul presupposto che scuola e ricerca non si toccano, sono settori strategici per chiunque voglia competere nella globalità”. Mi pare un discorso sensato, se si pensa che in Italia c’è la più bassa percentuale di borse di studio (0,12% del Pil contro lo 0,25% della media Ocse) e che quando da noi si assegnano 100.000 borse, in Francia se ne garantiscono 400.000 (dati forniti da Claudio Gentili ne Il corriere della sera). La decisione tedesca ha ovviamente suscitato un dibattito su cosa, fra egualitarismo e meritocrazia, debba prevalere. Ad esempio Roger Abravanel (autore di “Meritocrazia”) appoggia la ministra dell’Istruzione tedesca Annette Schavan, sostenendo che “al centro dell’interesse non c’è più un gruppo sociale (chi ha un basso reddito) ma il singolo individuo col suo valore, sganciato dal proprio contesto economico di origine”, mentre si oppone ad esempio Giovanni Floris (autore di “Mal di merito”) che pensa che “l’aiuto ai meno ricchi serve per sfondare le troppe porte chiuse”.

Al di là del dibattito, fa riflettere come in altri Paesi si punti (con vari mezzi) sull’Istruzione. Quando da noi, si fa sempre più fatica a trovare i fondi per i corsi di recupero, per attivare altre attività o semplicemente per il materiale necessario in una scuola. Queste difficoltà vengono espresse bene da una lettera aperta al ministro Gelmini da parte del dirigente scolastico Antonio Panazzione del liceo scientifico statale di Roma, che solleva il problema di un possibile 6 politico a tutti o di una bocciatura di massa, data l’impossibilità di attivare corsi integrativi. Ed è una difficoltà che riscontra la maggior parte della scuole italiane.

Insomma, non chiedo di avere come insegante un John Keating, protagonista de “L’attimo fuggente” interpretato da Robin Williams, sarebbe pretendere troppo, ma richiederei l’attenzione sull’importanza di avere un insegante valido e umano, soprattutto, con il quale si possa avere un rapporto di stima e rispetto (chi non ha nel cuore un insegante speciale che ricorderà con piacere tutta la vita?). E chiedo attenzione sul delicato problema che il mondo dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sta affrontando, quello della mancanza di soldi, per giungere alla consapevolezza che il progresso e il risollevamento di una nazione parte prorio da qui.

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Casini incontra gli studenti della Rui

postato il 4 Giugno 2010

Casini al Rui“La politica deve rinnovarsi e avere il coraggio di scelte impopolari”

Rinnovamento della classe dirigente, legge elettorale, riforme istituzionali, disegno di legge sulle intercettazioni, manovra economica. E ancora, giovani, lavoro, riforma della scuola e dell’università. Sono alcuni dei temi affrontati da Pier Ferdinando Casini nell’incontro con gli studenti della Rui, la residenza universitaria internazionale di Roma in via Sierra Nevada, nel quartiere Eur.

Ad accogliere il leader dell’Udc una cinquantina di studenti di diverse facoltà. Prima un pranzo nella mensa della residenza, poi un colloquio informale nel soggiorno, dove gli studenti hanno potuto porre i loro interrogativi su temi di strettissima attualità.

I giovani. “Abbiamo tanti giovani che fanno cose straordinarie, che sono impegnati ad esempio nel volontariato, nella ricerca. Ne abbiamo pochi in politica. Il problema è la selezione: dobbiamo innestare criteri di meritocrazia nella selezione della classe politica”. La perdita di peso del Parlamento è anche figlia del meccanismo di selezione attuale perché, spiega Casini, “quando non bisogna più cercare il consenso della gente, ma di un leader, si è di fronte a una distorsione”. Di qui la necessità di un ritorno alle preferenze, in mancanza delle quali sono preferibili i collegi uninominali. [Continua a leggere]

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