postato il 19 Maggio 2022 | in "Spunti di riflessione"

Ucraina: Italia con postura di decoro e dignità

Il mio intervento dopo l’informativa del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, sul conflitto tra Russia e Ucraina


La sfida è tra le dittature e democrazia, quello che Putin non può tollerare ai suoi confini

Signor Presidente, vogliamo la pace. Siamo contrari all’escalation militare.
Vogliamo tornare a una partnership NATO-Russia. Non vogliamo rialzare il muro di Berlino. Non vogliamo il ritorno alla guerra fredda. Il riarmo è pericoloso. Io credo che queste affermazioni a livello di principio ci trovino tutti uniti in quest’Aula, dal presidente Draghi all’ultimo dei nostri senatori. Questa opinione è indisponibile, cioè è un’opinione fondante, che si fonda sulle nostre regole di convivenza civile e anche sulla Carta costituzionale. Tutti dunque siamo d’accordo su queste affermazioni, ma cominciamo ad avere qualche dubbio quando queste affermazioni sono prodromiche ad altre affermazioni, che avanzano nell’opinione pubblica e che vengono in qualche modo sollecitate da forze politiche e anche da espressioni della cultura italiana.
Allora facciamo il passo successivo. La Russia in fondo – dicono questi – è stata un po’ provocata dalla NATO. E ancora: gli USA fanno i conti con l’Ucraina spingendola alla guerra con la Russia, vogliono che la guerra continui e tutto questo mette noi in contraddizione e in antagonismo con gli Stati Uniti. In fondo questa spinta degli Stati Uniti all’Ucraina è una mezza spinta anche contro l’Europa, perché chi è in difficoltà più di altri è l’Europa (questo è innegabile). E poi altre affermazioni: in fondo questa guerra conviene solo agli americani.
Quanto alla diversificazione delle fonti energetiche, presidente Draghi, il nostro ministro Di Maio è andato in giro, però non è che questi Paesi da cui prendete il petrolio e il gas siano più affidabili di altri. E poi, quanto ai prezzi, non siamo mica più sicuri che siano così competitivi con quelli russi.
Inoltre, perché lei ha detto che la Finlandia e la Svezia devono entrare nella NATO? In fondo, andiamo ad ampliare ancora la NATO, portandola ai confini russi. Ecco, colleghi, la prima parte teorica delle considerazioni per alcuni legittima questa seconda parte di considerazioni, che sono, né più né meno, mistificazioni.
Tutti noi, infatti, sappiamo bene che queste affermazioni o sono fondate su ingenuità, o sono fondate su malafede. In certe circostanze, nella politica e nelle istituzioni – colleghi, consentitemi una battuta – non si sa se sia più pericolosa la malafede o l’ingenuità, perché si fa fatica a capire. L’ingenuità è molto pericolosa per uomini di governo e delle istituzioni e la malafede ovviamente non può essere tollerata. L’Italia deve al governo Draghi e al Presidente della Repubblica una postura di decoro e di dignità sulla tradizione della politica italiana, dal dopoguerra degasperiano in poi, che ha trovato nella scelta europea e nella scelta atlantica una connessione inscindibile, perché non avremmo avuto l’Europa senza la scelta atlantica.
L’espansione della NATO è solo un alibi – come ci ha detto spesso il nostro Ministro della difesa – perché in realtà, se volevamo vedere, avevamo gli occhi per vedere. Avevamo gli occhi per vedere, nella vicenda georgiana del 2008; anche in Georgia c’è una prima modalità che si ripete: la creazione di un finto Stato, l’Ossezia del Sud. Poi vediamo che in Moldavia c’è la Transnistria. C’è una modalità di azione ripetitiva, perché rispondente alla strategia di destabilizzazione dei Paesi. Abbiamo visto l’occupazione della Crimea, poi abbiamo visto il Donbass. Qualcuno addirittura, così convinto che il ritorno della Crimea alla Russia fosse dovuto, è andato in gita in Crimea.
Colleghi, questi erano segnali che avrebbero dovuto aprire gli occhi dell’Occidente e oggi dobbiamo guardare alla realtà della cosa che va oltre il discorso puntuale del nostro Presidente del Consiglio. Qui la sfida – questo è un problema molto serio per noi – è tra le dittature e la democrazia. Quello che Putin non può tollerare è una democrazia ai suoi confini. D’altronde, dovevamo anche qui avere dei segnali che ci consentivano di capire. Vi ricordate quando una serie di intellettuali nei mesi scorsi parlavano di “democratura”? Che cosa sono le “democrature”? Da che cosa nasce questo concetto? È un concetto semplice, che nasce dall’interno del mondo occidentale.
In fondo, diciamo la verità, questa democrazia è piena di inefficienze. La burocrazia e la democrazia sono qualcosa di connesso, per cui il presidente Draghi non ha mica tempestività. Tanti dicevano che si sta Palazzo Chigi, ma non ci sono i comandi; lì non c’è nessuna sala con i comandi. Lui deve fare tante cose: i pellegrinaggi, poi ci sono le forze politiche; basti guardare cosa è successo ieri. La democrazia però, per guidare i processi di globalizzazione e modernizzazione, non è che vada tanto bene. Forse è meglio una “democratura”, con l’uomo forte.
Allora, colleghi, noi abbiamo una doppia sfida: la sfida alla democrazia che viene dalla dittatura e la sfida di chi dall’interno, ad esempio dell’Europa, cerca di minare l’idea stessa di democrazia e si colloca, con l’evocazione dell’uomo forte, in una sorta di limbo, che è la premessa per cadere dove molti stanno cadendo.
Dunque, colleghi, credo che l’Occidente sia chiamato a riscoprire la sua identità. Il sovranismo è indispensabile, ma a livello europeo. Se oggi possiamo parlare di pace, è solo perché non siamo venuti meno al dovere di armare chi veniva offeso sul suo terreno. Ho letto anche le indiscrezioni che però credo siano corrispondenti a un’oggettiva volontà del Governo di avviare un piano di iniziative, di negoziazioni e quant’altro. Ma se oggi l’Italia ha voce in capitolo e se noi oggi possiamo essere in grado di negoziare – e ha ragione nel dire che bisogna tenere i rapporti anche con la Russia, nonostante tutte le incomprensioni che ci sono -, questo è per quello che il Presidente del Consiglio – e mi è piaciuta l’espressione – ha definito la solidità della posizione italiana. Dunque, questa volta siamo stati solidi, non abbiamo cominciato a ondeggiare e c’è qualcuno che ha ancorato a una solidità la posizione italiana.
Credo che, per questo, il Gruppo per le Autonomie che ho l’onore di rappresentare dà un consenso al Governo, che non è formale ma mai come in questo momento sostanziale e convinto.



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