postato il 10 Dicembre 2012 | in "In evidenza, Politica, Riceviamo e pubblichiamo, Riforme"

Per questo, Presidente Monti, questo cammino non può essere interrotto

di Giuseppe Portonera

Caro presidente Monti, sapevamo che la boccata d’ossigeno rappresentata dal suo Governo non sarebbe durata per sempre. L’avere personalità competenti, serie, responsabili (con tutti i loro limiti e difetti) nei massimi posti di comando non poteva che essere una situazione transitoria: o almeno, così si pensava, quando, un anno fa, lei e i suoi ministri giuraste fedeltà alla Costituzione davanti al Presidente Napolitano (sempre sia lodata la sua lungimiranza). Chi scrive è sempre stato abbastanza realista (altri direbbero “pessimista”): ricordo che nelle ore – tormentate, difficili – in cui il suo predecessore aveva deciso di gettare la spugna, quando in tv passavano le immagini dei cori festanti e giubilanti e sui giornali e sulla Rete si sprecavano i commenti positivi sul suo arrivo al Governo, io commentavo (un po’ in solitario): “vedrete che la maggior parte di quelli, tra qualche settimana, organizzerà le manifestazioni contro Monti”. Anziché qualche settimana, trascorse qualche mese, ma alla fine successe: la sua ondata di riforme strutturali, di provvedimenti “lacrime e sangue”, le sue bordate (venate di humour e di sano polemista da commentatore) contro il nostro sistema Paese ingessato hanno avuto il pregio di fare chiarezza, di smontare quell’aura di “tutti-bravi-e-tutti-belli” che aveva accompagnato e salutato il suo arrivo. Nel Paese, provato duramente dai provvedimenti da lei fortemente voluti, si sono create delle macroaeree politiche: da una parte chi l’ha avversato in tutti i modi e in tutte le salse, e dall’altra chi, invece, comprendeva che quelle riforme lì non le chiedevano mica fantomatici poteri forti esteri o l’austera e arcigna Germania, ma le giovani generazioni di studenti e lavoratori che altrimenti sarebbero state costrette a sopportare un costo sociale immenso. La riforma delle pensioni, per citare il provvedimento bandiera del suo Governo, ha avuto il merito di creare il sistema previdenziale più virtuoso d’Europa e di mettere in sicurezza i conti dello Stato (a chi lamenta uno “scippo delle pensioni”: lo sapete che senza la tanto vituperata riforma Fornero, le pensioni non si sarebbero potute più pagare?). Certo, non si può negare che sia stato duro da sopportare: ma ci rendiamo conto che siamo in guerra? Mentre nel resto d’Europa e del mondo si facevano le Riforme (con la R maiuscola), in Italia cosa avevamo? Le accuse ai giudici di essere politicizzati, i ministri di alcuni governi che scendevano in piazza contro i loro stessi esecutivi, il conflitto di interessi, le sensazionali leggi sulla patente a punti e contro il fumo nei locali pubblici. La nave già mostrava i primi segni di cedimento, ma a bordo l’orchestra continua a suonare allegramente.

Caro Presidente Monti, non si può tornare indietro. La famosa Agenda che porta il suo nome non è una lista di buone intenzioni: è la concretizzazione di un cambio radicale di rotta. La sobrietà, in politica, deve corrispondere alla responsabilità e alla serietà. Il PDL berlusconiano pensa che la sua sia stata solo un’esperienza racchiudibile in una parentesi; a sinistra la definiscono “di transizione” e, dopo essere stati “leali” (?), ora preparano un governo di segno assolutamente opposto (asse Fassina-Vendola-Camusso: aiuto). Solo noi abbiamo avuto il coraggio e l’onestà di dire che il lavoro non è terminato e che questo suo governo non è stato un punto di chiusura, ma di apertura di nuova fase. In un Paese di ciarliere cicale, lei ci ha ricordato cosa voglia dire essere formiche laboriose.

Per questo, Presidente Monti, le chiedo di non permettere che i sacrifici di questo anno vadano persi. Per questo, Presidente Monti, le chiedo di rendere “ordinaria” la sua esperienza “straordinaria”: fuori dai Palazzi che lei ha rappresentato con orgoglio e dignità, c’è una fetta di Italia che non vuole sprecare il proprio voto e che pensa che chi è stato parte del problema, ora non può presentarsi come sua soluzione. Quella fetta di Italia è la nostra maggioranza silenziosa: produttori, lavoratori, imprenditori, studenti che hanno sopportato il carico dei sacrifici, sapendo che questo avrebbe cambiato le cose. Quella fetta di Italia aspetta una guida, una strada da seguire.

Per questo, Presidente Monti, le chiedo di candidarsi. Di mettersi a capo di una lista che si ispiri al PPE (e che quindi sia alternativa a chi chiede più spesa pubblica, più intervento statale, meno libertà economica) e che non si professi “moderata”. Noi vogliamo essere “radicali”. Noi vogliamo dire chiaramente cosa ci candidiamo a fare: trasformare il Paese (ed è per questo che il nostro sarà un programma di lungo raggio, non solo legato all’emergenza del momento).

Per questo, Presidente Monti, le chiedo di candidarsi. Perché la speranza, il sogno, di un’Italia più moderna, produttiva, europea (in una parola: normale) possa realizzarsi anche barrando un simbolo sulla scheda elettorale. È la nostra occasione.

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