postato il 23 Marzo 2016 | in "Esteri"

«Ormai è chiaro che siamo in guerra, serve fermezza»

«Necessari un controllo delle frontiere europee e scambi di informazioni»
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L’intervista di Filippo Passantino a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Giornale di Sicilia

Considera gli attacchi terroristici a Bruxelles «il fallimento del lavoro dell’intelligence», reputa necessario«un controllo esterno delle frontiere europee molto chiaro». Il presidente della Commissione Esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini, spiega quali cortocircuiti dell’Unione europea hanno favorito i terroristi e indica le soluzioni, già suggerite in Parlamento al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, per prevenire episodi come quelli che ieri hanno macchiato di sangue il cuore politico dell’Europa: «L’Italia deve creare un asse con i grandi Paesi fondatori dell’Unione europea, come la Germania e la Francia – spiega -. Si tratta di una forma di collaborazione che consenta di mettere in comune l’intelligence, di difendere assieme le frontiere e di avere una polizia capace di coordinarsi realmente, cioè scambiandosi le informazioni».

Tornando ai fatti di Bruxelles, secondo lei, qual è la ragione di questi attacchi?
«Non credo alla coincidenza con l’arresto di Salah, perché nessuno in due giorni è capace di organizzare attentati di questo tipo. In realtà, penso che già fossero pianificati a prescindere dall’arresto. Le autorità belghe lo avevano capito. Infatti, c’era stato un monitoraggio più intenso nei giorni scorsi, ma non sono riuscite a impedirli, perché probabilmente la rete di terroristi è molto estesa tra Belgio e Francia, nell’asse Bruxelles-Parigi».

Siamo di fronte al fallimento del lavoro dell’intelligence?
«Certamente qualcosa non ha funzionato. Il Belgio è un Paese che ha tanti problemi. Non ultimo apparati di polizia che fanno fatica ad avere un coordinamento nazionale in un momento in cui bisognerebbe averlo a livello europeo. È un Paese in cui interi quartieri a pochi chilometri dalle istituzioni europee vivono nell’illegalità, in cui la polizia non entra. Come giustamente ha detto il presidente del Consiglio, non immaginiamoci che i terroristi vengano solo da fuori, molti sono già dentro. È opportuno quindi l’istituzione di una struttura di intelligence europea che possa consentire il passaggio delle notizie che oggi si fa ma con una certa timidezza tra le polizie dei singoli Stati. E ciò si verifica perché gli apparati di intelligence di alcuni Paesi mantengono una sorta di gelosia delle informazioni. Invece un’intelligence europea può essere il modo per consentire che la prevenzione sia più efficace».

Quali possono essere le conseguenze di questi attentati a livello europeo?
«Da un lato, è opportuno prendere misure di prevenzione e repressione adeguate, perché quelle in atto non si sono dimostrate tali. Dall’altro, serve un controllo esterno delle frontiere europee per verificare chi arriva in Europa, questo è un modo per evitare che Schengen cada sotto i colpi del problema della gestione dei rifugiati e degli attacchi terroristici».

Pensa che il Trattato di Schengen sia davvero a rischio?
«Lo temo realmente, penso che sarebbe un gigantesco passo indietro dell’Europa. Non credo neppure che sia una soluzione per difenderci meglio. Non girare, non muoverci non sarebbe un deterrente nei confronti dei terroristi. Luoghi affollati nelle grandi città europee ci saranno sempre. Per cui chi vorrà fare azioni di questo tipo avrà sempre la possibilità di realizzarle. La mia tesi è che non dobbiamo darla vinta ai terroristi. Ovviamente senza l’incoscienza di chi pensa che si debba andare avanti così senza rafforzare controlli e prevenzione».

Dopo gli attacchi a Parigi e a Bruxelles, siamo davvero in guerra?
«Non è eccessivo dire che siamo in guerra,ma bisogna reagire con fermezza e senza perdere la testa. Dire “bonifichiamo le città” non significa nulla. L’Italia ha un ruolo fondamentale,perché è la chiave d’accesso all’Europa, è il vicino più prossimo dei Paesi rivieraschi del Mediterraneo e rappresenta un esterno dell’Unione europea. Il compito della politica italiana è quello di lavorare per radicare nuovi strumenti di sicurezza come,ad esempio, il monitoraggio di internet, che è un grande luogo di democrazia, ma anche uno strumento di propaganda formidabile dei terroristi».

Avete avviato il dialogo politico su questi temi?
«Sì,una settimana fa ho chiesto in Parlamento al premier Renzi di costruire un asse con la signora Merkel per ridare un cuore e una testa all’Europa. Non mi piace che il presidente del Consiglio dica che l’Europa non funziona, mi piace che la faccia funzionare e che spenda le sue energie di leader politico per questa finalità. Ho apprezzato il suo discorso di oggi (ieri, ndr), perché ho ritrovato questa vocazione a riscoprire il ruolo europeo dell’Italia. Serve un’intesa tra i Paesi europei permettere in comune l’intelligence in modo da scambiarsi le informazioni in maniera efficace e per difendere assieme le frontiere».

Qual è il ruolo dell’Italia nello scacchiere geopolitico?
«L’Italia e, in particolare, la Sicilia sono il ponte naturale dell’Europa col Mediterraneo. Quindi,devono guardare con molto interesse all’Africa. In questi ultimi 20 anni non abbiamo fatto una politica per il Mediterraneo. È necessario farla, perché il Mediterraneo rischia di essere una fonte di problemi irrisoluti come può diventare una fonte di soluzioni. Ho apprezzato molto il viaggio del presidente della Repubblica in Africa, perché quell’Africa Subsahariana infestata da Boko Haram, da Al Quaeda e dall’Isis, ci spinge su enormi flussi di profughi. Quindi, l’Italia deve cooperare realmente con i paesi rivieraschi».

In che modo?
«Non si tratta solo di fare con la Libia la nostra parte d’accordo col governo che l’Onu ha insediato,masi tratta anche di aiutare quei Paesi come la Tunisia che sono stati colpiti dal terrorismo e che oggi rischiano di essere lasciati da soli. Non possiamo accorgerci del Mediterraneo solo quando si moltiplicano gli arrivi dei migranti. In questo modo è possibile limitare il flusso migratorio e il proliferarsi delle cellule terroristiche».

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tarquiny
tarquiny
8 anni fa

tutti i grandi paesi che hanno fatto l’Europa la migliore e sempre esempio di tolleranza si sono espressi ufficialmente e no dall’ampiezza dell’avversità cieca che colpisce certi luoghi affollati da individui che non fanno che passare altrimento detto non nemici dichiarati ma gente da eliminare in massa senza volti ! provocazioni di chi non ha identita ma pronti a morire per iniziare una sorta di percorso nazista!
non è giusto di pensare che l’Europa è importante perche i tre paesi maggiori sono la francia l’italia e la germania che ne sono il cuore !forse di la vengono molti errori in un percorso esitante o percutante secondo le epoche perche al moi avviso non rapresentano un esempio ne un modello identitario ne singole ne insieme l’assenza di riflessione approfondite e oggettive si ripetono certamente nei servizi di intelliggenza che mirano spesso agli interessi personali e da singoli tre paesi o invece si fermano per non disagiare interressi degli due altri! l’intelligenze no puo definirsi in tempo di pace come in tempo di guerra nello stesso modo perche conviene definire il nemico internet non rapresenta un modo esatto per farlo se si considera solo un profilo robot di chi si nasconde nelle rete la guerra è anche questo scoppo di fare colpire da chi non ha identita chi rapresenta la folla per fare rivoltarsi i cittadini occidentali che non hanno molto mezzi per difendersi o rivolgersi in unita di intervento veloce e vigile! vogliono colpiere per distruggere le nostre societa peccato che chi rapresenta i tre paesi cittati da lei non ascoltano solo le loro scelte senza colpire nulla ne dentro le loro citta ne fuori
cosi come un passa verdura tutti con un lasciafare lasciapassare determinato a integrare per meglio nascondere le debolezze del le loro convinzione e decisione purche non sono creatori di civilta! non è il loro mestiere e non vogliono sentirne!



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