Meno vincoli per sconfiggere il populismo
La lettera pubblicata su “Il Corriere della Sera” di Pier Ferdinando Casini
Caro direttore,
uno spettro si aggira per l’Europa. È quello del populismo e dell’antieuropeismo! Il punto è che per ricacciarlo indietro non bastano vuoti proclami o dichiarazioni d’intenti. Occorre un deciso cambio di rotta nella gestione di una crisi economica di cui non si vede la fine. Bene ha fatto Romano Prodi, con l’autorevolezza di ex presidente della Commissione europea, a riaprire il dibattito su questi temi. La sua analisi è del tutto condivisibile, sia quando invoca una politica europea che, pur mantenendo gli obblighi di bilancio, favorisca la crescita e non la recessione, sia quando sfata il mito che il peso della crisi sarebbe sulle spalle dei tedeschi.
Il Cancelliere Merkel sa benissimo che rappresentare l’Europa come una palla al piede della Germania è pura propaganda. E lo sanno benissimo anche gli industriali e i sindacati tedeschi, che ogni tanto mugugnano ma alla fine accettano le politiche del governo. La fine dell’euro produrrebbe effetti disastrosi sull’economia tedesca, colpendo in primo luogo l’export, cioè il suo settore trainante. Senza parlare del fatto che i Trattati si possono violare in tanti modi, non solo superando i limiti di deficit pubblico.
La Bce, sotto la guida di Mario Draghi, sta facendo tutto il possibile e ha seguito la rotta giusta, ma adesso è la politica che deve tornare ad assumersi le proprie responsabilità. È giusto avere parametri di riferimento per un controllo reciproco dei bilanci, ma è demenziale che questi parametri debbano essere immutabili, che non possano cambiare se l’economia è in espansione oppure, come adesso, in crisi. Si possono avere opinioni diverse sulle strategie con cui Paesi come Giappone o Stati Uniti stanno rispondendo alla crisi. Alla fine, però, contano i risultati.
Di proposte in campo ce ne sono diverse, a partire dall’idea di escludere dal computo del deficit gli investimenti strategici e i soldi versati per i fondi anti-crisi. L’importante è partire immediatamente e nella giusta direzione. Adottare subito provvedimenti che possano dare uno stimolo all’economia e nello stesso tempo avviare il percorso per le modifiche normative necessarie a rafforzare la nuova strategia, partendo dalle norme che hanno imposto vincoli ancora maggiori di quelli di Maastricht, fino ad arrivare ai Trattati. Un processo da concludersi magari proprio nel Semestre di Presidenza italiano, nella seconda metà del prossimo anno.
Il governo Letta finora ha agito bene, riuscendo anche a portare a casa qualche risultato, ad esempio in tema di occupazione giovanile. Ma bisogna fare di più. Ci vuole un cambiamento radicale della governance economica dell’Unione. Su questo credo che per il nostro Paese sia davvero arrivato il momento, in sede europea, di battere i pugni sul tavolo. Anche perché l’Italia ha contribuito in maniera consistente alle misure anti-crisi, in modo forse anche eccessivo rispetto alla nostra ricchezza reale e, a partire dal lavoro del governo Monti, gli italiani stanno facendo quei sacrifici necessari a restituirci la credibilità per avere voce in capitolo sul futuro del nostro continente.
Se a battere i pugni sul tavolo non saremo da soli, ma con il maggior numero possibile di Paesi, a cominciare da Francia e Spagna, tanto meglio! Ne va della sopravvivenza del nostro sistema economico e della nostra struttura sociale. Ma ne va anche della sopravvivenza del sogno europeo. Se l’Europa rimane questa, se la sua politica si dimostrerà sorda a ogni cambiamento, avremo fatto un grande regalo ai vecchi e nuovi populismi.