postato il 10 Novembre 2009 | in "Media e tecnologia, Spunti di riflessione"

Innovazione, banda larga: intervista a Stefano Quintarelli

Stefano QuintarelliIl problema dell’innovazione in Italia è sempre più spesso di attualità, ancor più dopo l’annuncio dello stop ai fondi per la banda larga, stimati in 800 milioni di euro, e parte di un più ampio programma per migliorare le infrastrutture del Paese.
Per chiarire meglio i termini del problema e spiegare quale importante occasione potremmo perdere se non investiamo in maniera concreta, abbiamo intervistato Stefano Quintarelli, uno dei massimi esperti italiani in materia.
Pioniere dell’introduzione commerciale di Internet in Italia, vanta una lunga carriera nel settore delle telecomunicazioni; è stato inoltre un sostenitore dell’informatica civica e dell’introduzione delle prime reti civiche italiane. Votato dal Corriere della Sera come uno dei 30 imprenditori più innovativi in Italia, Quintarelli è anche uno dei promotori della neutralità della Rete, tema su cui collabora con numerosi esperti internazionali.

 

Il mondo della politica non capisce l’importanza della banda larga: si può dire di tutti i governi fino ad ora, o ci sono state azioni importanti e/o significative che hanno in qualche modo dato impulso all’adozione della banda larga o comunque in termini di innovazione?
In generale tutti i governi hanno difficoltà a comprendere appieno l’importanza dell’ICT (il settore delle tecnologie) all’interno del proprio Prodotto Interno Lordo. E la banda larga è la benzina del motore ICT di un Paese.
Questo non significa che non ci sia o non ci sia stato impegno, ma spesso le istanze legate al settore sono sempre rimaste una priorità secondaria, e difficilmente vengono inserite nelle agende governative che riguardano decisioni operative. Uno studio inglese dimostra che il 6% delle persone impiegate in ICT hanno fatto il 10% del PIL, ovvero il restante 94% delle persone impiegate in tutti gli altri settori dell’economia ha fatto il 90%.
Quindi una persona impegnata in ICT ha una produttività del 74% maggiore di altri settori dell’economia inglese. Questo dato da solo giustificherebbe una priorità diversa per gli investimenti di sostegno allo sviluppo del settore.
Tra le iniziative di successo nel nostro Paese si può ricordare la dichiarazione dei redditi telematica, fatta fissando una data di switchoff (ovvero di “spegnimento” del sistema tradizionale). Occorrerebbe un ministero per l’ICT, come in tutti i paesi moderni, e forse anche un CTO (un responsabile tecnologico finale della formulazione delle strategie ICT e della loro applicazione, come in USA).
Una proposta interessante potrebbe essere lo switchoff totale di pubbliche amministrazioni “analogiche” verso il digitale, iniziando dai comuni più piccoli, che già dispongono di copertura a banda larga.

 

Il mondo della politica non capisce l’importanza dell’innovazione per miopia (magari dettata da una classe dirigente mediamente vecchia) o perché non ha un ritorno in termini di immagine ed elettorali? O ci sono altri motivi?
Un po’ per entrambe le ragioni, dal mio punto di vista. Innanzitutto puntare sul nuovo comporta dei rischi, perché il risultato di un’azione di governo è più difficile da prevedere. Inoltre, in termini elettorali, paga di più cavalcare settori maturi, più facilmente comprensibili dalla base elettorale di riferimento, che non vanta certamente una alta densità di giovani.
Mi piacerebbe progettare una campagna di comunicazione basata su un messaggio di questo tipo: “Caro nonno, la tua pensione viene pagata dai giovani… un lavoratore ICT genera il 74% in più di PIL di un muratore… occorre spingere questo settore: adeguati e a babbo natale chiedi un pc da 150 euro!”
Proposta sinergica con la precedente: ogni anno ci sono milioni di PC, ancora funzionanti e validi, che vengono dismessi da banche, aziende, assicurazioni; queste macchine sono perfettamente adatte per un utilizzo didattico di base. Ci sono diverse cooperative, anche di ex carcerati, che recuperano i PC e li donano a scuole. Potrebbero essere donati anche ai pensionati al di sotto di un certo reddito nei comuni di switchoff (e con il supporto di corsi serali nelle biblioteche comunali, fatti da volontari locali, su programmi “battezzati” dal ministero).

 

Anche il mondo dell’informazione non svolge un ruolo pressante in questo senso: come mai? Se i giornalisti esercitassero un’azione di moral suasion cambierebbe qualcosa, almeno in una maggiore consapevolezza da parte dei cittadini? O servono principalmente azioni da parte delle istituzioni?
L’ICT porta efficienza perché disintermedia, ovvero accorcia la distanza tra chi realizza un prodotto/servizio e l’utente finale di quel prodotto/servizio, e di conseguenza obbliga anche gli editori a reinventarsi, ponendoli di fronte a necessità di cambiamenti radicali: non possiamo logicamente aspettarci un grande supporto da questo settore. L’unica possibilità è che si muovano le istituzioni, con convinzione e decisione.
Come sopra, mi piace fare alcune proposte: la RAI potrebbe produrre un programma, in seconda serata, sulla falsariga del David Letterman Show; un po’ di comicità e cabaret, un po’ di temi seri, presentando casi di giovani imprenditori di successo nel settore dell’innovazione (e ce ne sono moltissimi nel nostro paese). Mi piace pensare alla televisione nazionale che si faccia carico di promuovere un modello di successo per i giovani diverso da quello di velina, fotografo o calciatore, ma anzi fatto da molto impegno e duro lavoro.
Concordo pienamente con quanto detto dal Presidente Obama nel suo discorso all’inizio dell’anno scolastico: il futuro di ciascuno e del paese è nelle mani dei giovani e la probabilità di avere facile successo, ricchezza e fama è praticamente nulla, mentre l’impegno quotidiano è l’unica strada realmente praticabile.

 

Gli esperti su questi temi si esprimono molto in Rete, cosa provano a fare di concreto? Riescono ad avere contatti con le istituzioni? Sono state realizzate iniziative indipendenti per incrementare la consapevolezza su questi argomenti?
La situazione attuale è che con singoli politici, anche con ministri, si riescono ad avere contatti ed anche una discreta attenzione. Ma le istituzioni non danno seguito per mancanza di reale focalizzazione da parte dei Governi (a prescindere dal loro “colore” o schieramento politico).
Anche se non c’entra con lo sviluppo dell’ICT in Italia, l’esperienza dello switchoff analogico con passaggio al digitale terreste, imposto a livello internazionale dimostra che, quando c’e’ una forte presa di carico da parte del Governo, i risultati si vedono.
I temi ICT e del suo ruolo all’interno di una visione del futuro del nostro Paese, sono spesso usati in modo “cosmetico”, per portare una patina di modernità che giova ai politici; poi però si torna a dare priorità agli elettori di riferimento, al collegio e ai propri interessi e problemi del giorno o della settimana in corso. E’ paradossalmente più facile avere rapporti con le istituzioni europee o di altri paesi che con quelle Italiane.

 

L’Italia è “un paese per vecchi”? Rispetto al resto dell’Europa siamo un paese in declino da questo punto di vista? Ci sono segnali di ripresa in termini di cultura dell’innovazione?
Noi italiani siamo bravissimi nell’innovazione, grazie alla nostra attitudine e sensibilità nel mettere assieme di intuizioni di business e creatività. Ma il problema sta nel fatto che un neolaureato ICT, che ha studiato molto e continua ad aggiornarsi, guadagna meno di una badante, e di conseguenza se ne va all’estero, dove il suo lavoro vale almeno il 50% in più. Questo fatto da solo dovrebbe spingere un Governo ad orientare la spesa pubblica in modo diverso rispetto ad oggi.
Altro dato significativo: in USA il 23% degli acquisti pubblici deve essere fatto verso piccole aziende. E degli americani si dice che tutelano le grandi aziende, mentre noi diciamo che la nostra forza sono le piccole aziende…

 

Come la banda larga migliora la quotidianità: ci può fare qualche esempio concreto e “spicciolo” di impatto della banda larga sulla vita del singolo e su come può migliorare l’attività di un’azienda, ad esempio?
Mi piacerebbe molto rispondere a questa domanda con una dimostrazione pratica, facendo vedere come oggi opera una azienda che ha abbracciato le nuove tecnologie.
Un’azienda di una ventina di persone sparse in territori diversi, anche fuori dall’Italia. E le cui persone, grazie alla banda larga, lavorano assieme viaggiando solo in casi davvero eccezionali. Credo si riescano facilmente a dedurre gli impatti positivi in termini di qualità della vita delle persone e di potenziale impatto sui problemi legati al trasporto urbano e all’inquinamento delle grandi città.



Twitter


Connect

Facebook Fans

Hai già cliccato su “Mi piace”?

Instagram