postato il 5 Giugno 2011
Un gruppo di ragazzi ha deciso di inaugurare un blog, “La Politica che vorrei”, senza le effigie di partito che vuole essere occasione di stimolo e dibatti. Da quel blog ripubblichiamo un post, purtroppo sempre attuale, su L’Aquila, una città che giorno dopo giorno muore. Continuate a scrivere ragazzi.
20/04/11 ore 18:00; pomeriggio a l’Aquila. Ho voluto vedere con i miei occhi, tastare la realtà, riscoprire la passione di crearsi una propria opinione, senza andare elemosinando quella di altri. Passare un pomeriggio all’Aquila, scoprire le menzogne e le verità, gli estremismi di tutte le fazioni, smascherare le infinite strumentalizzazioni del dolore di una città, di un popolo. Passeggiare per le strade completamente vuote, ancora calde della paura e della rabbia di aver perso tutto; vedere i palazzi con i tiranti di metallo, pieni di crepe, quasi impossibili da rimarginare; constatare lo stato di incertezza e insicurezza, evidenziato dalle centinaia unità militari presenti in tutta la città; assaporare la calma disillusa, straziante, disperata e abbandonata dei pochi, ultimi, cittadini ancora presenti; leggere i cartelli di protesta, frasi dure di chi ha perso tutto ciò che, con sudore, aveva guadagnato; scorgere, da lontano, appese al cancello del municipio, le chiavi delle case crollate.
Uno spettacolo desolante, che gela il cuore e demolisce ogni speranza a colpi di tristezza. L’Aquila è oggi lo specchio di un Paese a pezzi, in rovina, abbandonato, desolato, disilluso, disperato, dove vivono persone che hanno perso la speranza di un domani migliore. Un Paese che ha perso tutto, che non crede più in una Politica di servizio, che si occupi dei problemi reali delle persone; un Paese costretto a vendere o ad affidare ai privati i propri beni perché incapace di farlo autonomamente; un Paese che fa pagare ai contribuenti onesti l’evasione dei meno onesti; un Paese che premia i criminali evasori fiscali con un solo 5% di trattenuta per chi riporta in Italia i capitali nascosti all’estero; un Paese dove si fanno tagli alla ricerca, all’istruzione, all’università e alla cultura quando si continuano a finanziare i privati; un Paese che non riesce neanche a spendere i soldi che gli spettano dall’Unione Europea per incapacità di presentare progetti; un Paese che invece di completare opere pubbliche sospese ed iniziate da decenni (esempio autostrada Salerno-Reggio Calabria) pensa sempre a nuove mastodontiche costruzioni di dubbia utilità (es. ponte sullo Stretto di Messina); un Paese che tutti sentono il dovere di aiutare, di cui tutti parlano, ma dove nessuno sa concretamente cosa fare e come fare per risolvere i problemi; un Paese dove tutti parlano di bene comune e di solidarietà quando invece bombarderebbero il vicino per avere un piano in più in casa propria; un Paese che sembra aver gettato la spugna, perso qualsiasi speranza di un avvenire più dignitoso e più sopportabile; un Paese dove nessuno vuole più investire, ma che tutti vogliono spremere e sfruttare; un Paese dove l’eccellenza è scomoda, costa troppo; un Paese dove è premiata la mediocrità a patto che ci sia fedeltà; un Paese che mette a tacere il dissenso; un Paese dove non si sa più neanche come esprimerlo il dissenso; un Paese che sembra dire ai propri giovani, quelli che dovrebbero essere il futuro oltre che il presente, “andate via, che qui non c’è spazio, non c’è futuro, non c’è ascolto”; un Paese tenuto in piedi da tiranti di metallo, che impediscono temporaneamente il crollo, ma che neanche lontanamente risolvono il problema; Questa è l’Italia; Un Paese dove tutto sembra perduto.
Ma io credo che non sia del tutto così; ricostruire l’Aquila e l’Italia è possibile, siamo solo noi a poterlo fare, noi cittadini, noi persone; ritornare a credere in un senso di Stato; riacquisire una coscienza critica che ci faccia andare oltre ciò che ci dicono e che ci vogliono far credere; tornare a lavorare per il Bene Comune e non solo per il proprio tornaconto personale, dove l’unica regola è “Mors Tua, Vita Mea”; ricostruire un senso di appartenenza ad un Paese, ad un popolo, ad una Nazione; riacquisire un senso di rispetto e impegno personale in una politica che sentiamo non rappresentarci; tornare a sentirci portatori di diritti comuni e di responsabilità personali; adempiere quotidianamente i nostri impegni con senso di responsabilità e di servizio; iniziare ad avere in testa il “Noi” e non solo il “Me”. Tutto è possibile, ma serve l’aiuto e la collaborazione di tutti, nessuno escluso. “We Have a Dream: l’Italia”