postato il 18 Agosto 2010
Il Condono Fiscale del 2002-2004 riserva ulteriori sorprese: stando ai dati raccolti dall’associazione “Legalità ed Equità fiscale” (LEF) chi ha aderito a quel condono fiscale, ottenendo il perdono fiscale e penale, ha versato solo una parte di quanto pattuito con l’agenzia delle Entrate.
Ciò era già stata denunciata dalla Corte dei Conti che nel 2008 aveva valutato in 5,2 miliardi di euro la cifra mancante all’appello. Dal 2008 ad oggi la situazione è cambiata di poco, infatti la LEF ha dichiarato che lo Stato italiano attende ancora 4,6 miliardi di euro (ovvero 1/5 della manovra correttiva di Tremonti) nonostante sia stata semplificata la procedura per la riscossione coattiva da parte del fisco.
In pratica, chi ha aderito al condono fiscale del 2002 doveva versare al fisco una percentuale dei capitali non dichiarati, ottenendo in cambio non solo il “perdono fiscale”, ma anche il “perdono penale”, limitandosi a pagare solo una parte di quanto dovuto, e poi “scordandosi” di pagare il resto.
Ma come si è potuti arrivare a ciò?
Stando all’associazione, la responsabilità è del governo Berlusconi che, avrebbe elaborato un meccanismo con una grossa “dimenticanza”: prevedere l’inefficacia del “perdono” per gli evasori che avessero mancato di pagare interamente l’importo stabilito per l’accesso al condono. Con questo meccanismo, chi già aveva violato la legge evadendo le tasse, ha incassato il condono sul piano tributario e penale, pur senza aver chiuso i conti con il Fisco.
Andando più nello specifico, l’ammanco è reso possibile dalla normativa che aveva stabilito che per gli importi superiori a 3.000 euro per le persone fisiche, e 6.000 per le società, era sufficiente versare la prima rata per rendere valido il condono. Dopo l’analisi della Corte dei conti si era cercato di rimediare facilitando la riscossione delle somme dovute permettendo al concessionario della riscossione di agire direttamente in via di espropriazione immobiliare per i debiti da condono iscritti a ruolo di importo superiore a 5.000 euro, senza dovere prima procedere all’iscrizione di ipoteca ed attendere ulteriori 6 mesi per l’esecuzione ( art. 16 bis della L.189/2002, introdotto dall’art. 32 del Dl. 185/2008). Inoltre, per attingere notizie sulla situazione finanziaria del debitore, è stato consentito all’agente della riscossione, decorso inutilmente il termine di 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale di pagamento, di accedere ai dati relativi ai rapporti bancari del contribuente moroso.
Il provvedimento non ha sortito un effetto di rilievo, infatti risulta che fino a fine gennaio 2010 il recupero delle somme riscosse in via coattiva si è fermato a 786 milioni di euro, portando le somme ancora dovute, e a questo punto di improbabile esazione, a 4,6 mld, pari a circa il 18% del totale delle somme dovute.
Come mai il governo non aveva previsto tutto ciò? Per il semplice motivo che il governo Berlusconi, per rendere più appetibile l’adesione alla sanatoria fiscale e fare cassa, non ha vincolato l’efficacia del condono al versamento dell’intera somma dovuta. Infatti, nel caso di importi superiori a 3.000 euro per le persone fisiche e a 6.000 euro per gli altri soggetti passivi ( società, enti, etc.), il governo ha consentito di godere dei benefici del condono con la presentazione della relativa dichiarazione, se prevista, ed il versamento della sola prima rata.
In pratica, quando la somma da versare eccedeva gli importi sopra menzionati, la parte eccedente poteva essere versata in due rate successive di pari importo, senza però che l’omesso pagamento di esse determinasse l’inefficacia del condono. In caso di mancato o insufficiente versamento delle somme rateizzate si sarebbe proceduto al loro recupero in via di riscossione coattiva, mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo ex art. 14 del dpr. 602/73 assieme agli interessi legali e alla sanzione amministrativa pari al 30 % delle somme non versate, ridotta alla metà in caso di versamento nei 30 giorni dalla scadenza.
Quindi, bastava pagare la prima rata di 3.000 euro per avere i benefici di legge, anche se nelle altre rate si dovevano pagare importi milionari, ottenendo “la definizione dell’accertamento in sede fiscale e l’esclusione della punibilità per i reati tributari e per quelli non tributari connessi, in relazione ai quali non avesse avuto ancora formale conoscenza dell’esercizio dell’azione penale”.
Ma quali sono questi reati penali, per i quali l’evasore che ha aderito, ha ottenuto l’impunibilità?
Si tratta dei reati di: dichiarazione fraudolenta o altri documenti per operazioni inesistenti ( art. 2, dlgs. 74/2000), dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici ( art. 3,..), dichiarazione infedele ( art. 4..), omessa dichiarazione ( art. 5..), occultamento o distruzione di documenti contabili ( art. 10..), nonché ai reati di falsità materiale commessa dal privato ( art. 482 c.p.), falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico ( art. 483 c.p.), falsità in registri e notificazioni ( art. 484 c.p.), falsità in scritture private ( art. 485 c.p.), uso di atto falso ( art. 489 c.p.), soppressione, distruzione e occultamento di atti veri (art. 490 c.p.), falsità concernenti documenti informatici ( 490 bis c.p.), falsità concernenti copie autentiche che tengono luogo degli originali mancanti ( art. 492 c.p.), false comunicazioni sociali ( art. 261 c.c.), false comunicazioni sociali in danno dei soci e dei creditori ( art. 2622 c.c.), falso in prospetto ( art. 2623 c.c.).
In pratica con il pagamento di soli 3.000 euro, gli evasori hanno ottenuto un ulteriore sconto rispetto a quanto dovuto e il decadimento di tutti i reati penali.
Direi un ottimo affare per loro, molto meno per i cittadini onesti.
“Riceviamo e pubblichiamo”, di Gaspare Compagno