Tutti i post della categoria: Spunti di riflessione

Teresa e Sakineh: così vicine e così lontane, è sempre pena di morte

postato il 24 Settembre 2010

In Italia l’unica categoria che non risente della crisi è quella degli indignati di professione. Solitamente l’indignato professionista frequenta salotti di un certo livello, scrive su certi giornali, muove abilmente l’opinione pubblica specie sulla rete, ma soprattutto è politicamente corretto.

Sì, perché non ci si può mica indignare per tutto e per tutti, ma ci si indigna solamente secondo le convenienze e gli interessi. Così senza nessun criterio di verità e di giustizia ci si indigna per il terremoto di Haiti e non per le alluvioni che hanno distrutto il Pakistan. Eppure i bambini pakistani come quelli haitiani sono rimasti senza famiglia e senza casa ma non si è visto nessuno precipitarsi in Pakistan o muovere l’opinione pubblica per fornire più aiuti possibili.

Non sarà che i ricchi e i potenti europei ed americani hanno interesse a mettere le mani su Haiti e a tenere quel covo di talebani che è il Pakistan in difficoltà? Forse è solo un pensiero cattivo o forse gli indignati di professione erano solamente in vacanza. Accade però che i nostri eroici indignati cominciano a battersi per la sacrosanta causa di Sakineh, la donna iraniana accusata di adulterio che la legge islamica vigente in Iran condanna alla lapidazione, e così arrivano manifestazioni su manifestazioni in ogni parte d’Europa ed America, reazioni dei governi mondiali, striscioni su monumenti e si scomoda perfino la  première dame francese Carla Bruni per salvare la vita di Sakineh.

Nulla di ineccepibile fin qua, ma dall’altra parte dell’oceano Atlantico, negli Stati Uniti del mito progressista Barack Obama, una donna con un evidente ritardo mentale e che non ha ucciso nessuno viene condannata a morte e uccisa con iniezione letale. Tutto questo nel silenzio pressoché totale dei soliti indignati che, non si sa per quale motivo, hanno ritenuto non opportuno schierarsi a favore di questa povera donna.

Teresa Lewis, così si chiama la donna uccisa in Virginia, non mai ucciso nessuno, la sua colpa, che non ha mai negato, è di essere stata “la mente” dell’omicidio del marito e del figlio del marito eseguito da due sicari che si sarebbero approfittati del ritardo mentale di Teresa per intascare i 350 mila dollari della polizza sulla vita del marito. Il suo ritardo mentale e la confessione dei due sicari, che se la sono cavati con due ergastoli, non sono riusciti a fermare il boia che nella camera della morte del penitenziario femminile di Fluwanna in Virginia ha eseguito le iniezioni letali.

A questo punto è lecito chiedersi perché nessuno degli indignati speciali ha sentito il dovere di spendere una parola per Teresa, donna come Sakineh e condannata a morte come la donna iraniana per una accusa assurda. A pensare male si potrebbe rispondere che è facile, fin troppo facile, indignarsi e fare la voce grossa con il regime di Teheran e che sono tutti bravi a scagliarsi contro Amadinejad e gli ayatollah; meno bravi sono però ad alzare il loro ditino e a dire al signor Presidente Obama che nella sua grande democrazia, nel Paese del “yes, we can” tra le tante cose che si possono fare e, che purtroppo si fanno, c’è anche la pena di morte, la stessa che comminano i tribunali della tanto vituperata teocrazia iraniana.

Ma nessun dito si è alzato, nessun telo e nessuno striscione è stato dispiegato, nessuna cancelleria europea o di qualunque altro paese democratico, neanche quelle che facevano pressione per Sakineh, si è sentita in dovere di mandare una noticina al Segretario di Stato americano, la stessa signora Clinton che si era indignata per la condanna a morte di una donna iraniana.

Chi si è indignato per la condanna a morte di  Sakineh aveva il dovere morale di indignarsi per la condanna a morte di Teresa Lewis e di ogni altro essere umano che ad ogni latitudine viene privato del bene prezioso della vita, perché la pena di morte è una cosa terribile e inumana a Teheran come a Washington, perché la vita è vita indipendentemente dal fatto che il tuo nome sia Teresa o Sakineh.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Vergognosi i dossier e i killeraggi reciproci

postato il 24 Settembre 2010

Piena fiducia nella lealtà dei servizi segreti

Mi fido del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, che è una persona seria, così come dei servizi segreti guidati da Gianni De Gennaro. Ma al di là della struttura istituzionale, è possibile che ci siano ambienti deviati, persone che, nell’ombra, tramino su qualcosa di poco chiaro.
E’ comunque una vergogna che in Italia si parli di dossier e killeraggio reciproco e che i vertici delle Istituzioni siano impegnati in una guerra senza frontiere, mentre la disoccupazione aumenta e, per le strade di Napoli, ricompaiono i rifiuti.

Pier Ferdinando

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Coltivare la speranza per non essere vinti dal pessimismo

postato il 23 Settembre 2010

speranza di gigi 62In un Italia, alle prese con lo squallido teatrino della politica, cosi almeno viene ancora chiamata,  di fronte a una scena dominata spesso da gossip e volgarità che genera disaffezione nella maggioranza dei giovani, è urgente una inversione di tendenza e di marcia, è urgente  puntare a un vero e duraturo rinnovamento politico, basato su un forte recupero di legalità e moralità.

Parliamo di una politica assente sia dai palazzi a livello di grande disegno politico, volto a realizzare il bene integrale di ogni cittadino e sia a livello di base, per la mancanza di partecipazione di interesse da parte dei cittadini, i quali si persuadono sempre più che non possono influire sul buon andamento della cosa pubblica.

Lo scenario che si presenta davanti agli occhi è quello di una fuga dall’impegno sociopolitico da parte di tanta gente, i giovani non credono alla politica corrente, dove prevalgono le baruffe personalistiche e si dimentica il senso vero dell’impegno politico, la passione per la polis, per l’Altro, per la vita della città e della nazione. I giovani, vedono la politica con occhi completamente diversi rispetto ai propri genitori e ai fratelli maggiori. Non usano la lente dell’ideologia e si sono resi conto che le logiche clientelari hanno sempre meno potere di indirizzare positivamente le loro vite.

Sono dunque più sensibili e ricettivi rispetto a messaggi politici che sappiano veicolare progetti concreti, che parlino di lavoro, di formazione e di ambiente e che li mettano in condizione di affrontare con consapevole speranza le sfide che una società in rapido mutamento pone loro.

Le giovani generazioni sono molto meglio dell’immagine stereotipata che ne abbiamo. E sapranno riavvicinarsi alla politica quando quest’ultima saprà offrire loro proposte concrete, uomini con la faccia pulita che mettano la propria esperienza al servizio dell’Altro con progetti chiari e realizzabili, capaci di promuovere prospettive di vita oneste e dignitose.

Chiediamo a questo punto a tutti i rappresentanti  della politica italiana, quali esempi di moralità e di legalità possono essere proposti, se avviene, molto spesso, che, ad esempio, personaggi politici, condannati in primo grado per corruzione, per favoreggiamento alla mafia e illegalità varie, festeggiano, con arroganza, le sentenze come se avessero ricevuto un gran premio, e non solo non abbandonano l’attività politica, ma dopo aver lasciato un prestigioso incarico (per dimissioni quasi forzate per le pressioni di molta parte dell’opinione pubblica), ne ricevono un altro, magari più prestigioso.

Abbiamo bisogno di tutti voi ragazzi, per promuovere laboratori e osservatori sparsi in modo capillare sul territorio in cui si possa attuare un attento discernimento sulla vita sociale, incidendo così sulla prassi politica e operando in favore del bene comune. Per bene comune non si può intendere qualcosa di astratto, quanto piuttosto qualcosa di concretizzato di volta in volta nelle diverse mutevoli circostanze socioculturali, economiche e politiche, e che guarda alle future generazioni in un’ottica di solidarietà e comunione di progetti.

Di fronte alla crisi attuale della nostra società che, come sosteneva Giorgio La Pira, è piuttosto “una crisi di attesa” di una stagione migliore, occorre coltivare la speranza per non essere vinti dal pessimismo.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Daniele Coloca

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La risposta che la politica deve ad Enzo Tortora

postato il 18 Settembre 2010

Venticinque anni fa dei magistrati napoletani scrivevano la pagina più nera della giustizia italiana, il 17 settembre 1985 Enzo Tortora dopo ben sette mesi di detenzione veniva ingiustamente condannato a 10 anni. Soltanto dopo un anno e dopo un’infinità di umiliazioni la Corte d’Appello di Napoli assolveva con formula piena il celebre conduttore diPortobello e iniziava un processo per calunnia per tutti quei pentiti che per svariati motivi si erano accaniti contro il povero Tortora.

Sono passati venticinque anni, Enzo Tortora sfinito dal suo calvario giudiziario e da un tumore si è spento nel 1988, i giudici che si accanirono contro Tortora non sono stati oggetto nemmeno di una indagine o di un procedimento disciplinare, anzi hanno continuato tranquillamente le loro carriere, e Gianni Melluso, uno dei pentiti che accusò Tortora, è tornato in libertà nel 2009 e ha chiesto perdono ai familiari di Tortora. Sono passati venticinque anni e nonostante tante altre vittime della malagiustizia e il “referendum Tortora”  del 1987  nessuna seria riforma della giustizia italiana è stata messa in cantiere.

Oggi il centrodestra al governo, che in passato era stato uno dei paladini per la battaglia sulla giustizia giusta, è impantanato nella polemica politica per alcuni provvedimenti che sembrano più che altro mirati a liberare il Premier dai suoi guai giudiziari e il dibattito politico verte unicamente intorno a questi temi con l’unica lodevole e scontata eccezione dei radicali che custodi della memoria del caso Tortora hanno presentato una mozione parlamentare chiaramente passata sotto silenzio. Sì perché c’è anche il silenzio della stampa e delle tv che si indignano e fanno le barricate contro il ddl sulle intercettazioni ma non sono capaci di condurre una campagna per la giustizia giusta, forse perché la giustizia giusta non fa vendere tante copie e non alza gli indici di ascolto televisivi come le gogne mediatiche, le manette sotto i riflettori e i tabulati delle intercettazioni sbattuti in prima pagina.

Enzo Tortora alla fine della sua odissea giudiziaria tornando alla conduzione del suo Portobello disse: “io sono qui, e lo so anche, per parlare per conto di quelli che parlare non possono, e sono molti, e sono troppi. Sarò qui, resterò qui, anche per loro”. Venticinque anni dopo la voce di Tortora, e di quelli come lui, è una voce inascoltata che continua a chiedere a chiedere la responsabilità civile dei magistrati, la separazione della carriere, un sistema che vagli la professionalità dei magistrati, l’incompatibilità tra permanenza nell’ordine giudiziario e incarichi elettivi e non, la modernizzazione tecnologica degli uffici giudiziari, la semplificazione delle modalità di notifica degli atti giudiziari, un adeguamento degli organici del personale e tempi standard dei procedimenti civili e penali. Chi avrà il coraggio e la responsabilità di rispondere ad Enzo Tortora?

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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La campagna acquisti del premier legittima un governo diverso dopo il suo

postato il 18 Settembre 2010

Pubblichiamo da Il Messaggero l’intervista a Pier Ferdinando  Casini di Claudio Rizza

Nel giorno in cui la campagna acquisti per rafforzare il governo, e dare meno peso ai voti finiani, sembra un miraggio o un film mai esistito, dopo l’incredibile fumettone estivo che si fa finta non esista più, Pier Ferdinando Casini inanella tutte le sue perplessità. Deve fare i conti con il solito Cavaliere double face: a cena in casa Vespa, ai primi di luglio, il leader centrista respinse le avances del premier che lo sondava per farlo entrare in maggioranza e sostituire così ai finiani i voti udc replicò che «i trasformismi» non lo interessavano e che solo con le dimissioni e l’ammissione della non autosufficienza della maggioranza di governo si sarebbe potuta aprire una fase politica nuova. [Continua a leggere]

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Ospite di Otto e mezzo

postato il 17 Settembre 2010


Attualità politica, strategie e programmi nell’intervista di Lilli Gruber e Stefano Folli.

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Nei rapporti con la Libia la mortificazione della nostra politica estera

postato il 16 Settembre 2010

‘Riceviamo e pubblichiamo’
di Federico Poggianti
Era solo questione di tempo.
La politica governativa sull’immigrazione si è mostrata per quello che è: un buco nell’acqua. O meglio, tanti buchi, ma nello scafo di un peschereccio italiano attaccato da una motovedetta libica.
Donata per giunta dalla nostra Repubblica e sulla quale prestano servizio sei militari italiani della Guardia di Finanza in qualità di osservatori e tecnici.
La cessione di questo tipo di mezzi militari è stata resa esecutiva dal famigerato Trattato d’Amicizia Italo-Libico, dopo che l’Unione Europea votò nel 2004 all’unanimità il ritiro dell’embargo statunitense che dal 1986 proibiva la vendita di materiale ad uso militare alla Jamāhīriyya libica. [Continua a leggere]

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Fuori i mercanti dal tempio, Pisacane per primo

postato il 15 Settembre 2010

Tempio di Ercole (Sicilia) di Stefano LiboniAndrò dritto al sodo: dopo l’intervista di oggi rilasciata a Le Repubblica, l’espulsione di Michele Pisacane dall’Udc era cosa necessaria. Ulteriori discussioni erano davvero superflue: come si sarebbe potuto accettare di tenere ancora tra le propria fila un personaggio che, intervistato da uno dei principali quotidiani italiani, se ne esce con un “Sto nell’Udc, ma tratto con il Pd e forse voto per il governo”? Per formazione e cultura sono sempre stato un garantista – e non solo in termini giudiziari: il dissenso in un partito non è da guardare come un male assoluto; anzi, in molti casi, è una la prova di lavorare per un organismo ancora democratico e non per un casermone autoritario.

Il dissenso si può manifestare in diverse forme, ma – non dimentichiamolo mai – nasce come atto di “amore” nei confronti della causa, degli ideali, dei valori del Partito che si è scelto di sposare; per questo chi sceglie di coltivarlo, lo fa sempre scegliendo tempistiche e modalità che facciano apparire chiaro il proprio contrasto con alcuni “compagni”, non con l’idea del Partito stesso. Ma, secondo voi, un personaggio come Pisacane, rilasciando dichiarazioni del genere, potrebbe forse essere ancora innamorato dei valori fondanti dell’Udc? E degli elettori tutti di quel Partito che hanno concorso ad eleggerlo?

È la più classica personificazione del peggior trasformismo alla Depretis: nessuno scrupolo nel trattare contemporaneamente con due sponde differenti come quella del Pd o del Pdl; alcuno scampolo di coscienza nel mercificare il proprio voto-stampella; assenza di riguardo nei confronti dei propri elettori. Già me lo immagino, il buon Pisacane, mentre prende agevolmente contatti con Francheschini da una parte e con Nucara dall’altra: che cosa potrebbe promettere, contemporaneamente, ad entrambi, a parte i 18824 voti di cui va tanto fiero? Sta lì, buono buono, ad aspettare che la situazione muti improvvisamente: che muti pure – si sarà detto – l’importante è che muti a suo favore. Tanto il taxi comodo su viaggiare nel frattempo lo aveva. Si è imbarcato sull’Udc subito dopo la dissoluzione dell’Udeur, e appena arrivato ha preteso di contare, e pure molto: ha cominciato a guerreggiare con questo e con quello, e nel frattempo continuava le sue abili manovre con Tizio e con Caio, il tutto gestito con imperturbabile tranquillità e sfrontata sfacciataggine.

Ha preteso di installare un proprio banchetto nel tempio in cui soggiornava, facendo ciò che gli riusciva meglio: il cambia-valute. “Io ho 19 mila voti: sono pronto a barattarlo per questi assessorati, per questo posticino, per questa presidenza di commissione”. Quando ha capito che la sua moneta andava al ribasso, si è fatto un giro veloce degli altri mercati e delle altre piazze e ha scoperto che, con un po’ di fortuna, avrebbe potuto rilanciare le sue quotazioni. Prima ha provato con il Pd e Dario Franceschini e poi con questo fantomatico “gruppo di responsabilità” (vergognosa pantomima) pare aver trovato la realizzazione che cercava. Ha cercato addirittura di strumentalizzare il dissenso espresso dall’area siciliana (non comprendendo la notevole differenza, di cui parlavo su, tra dissenso costruttivo per il Partito e dissenso costruttivo per il proprio interesse) e ora che si è trovato isolato, dopo le parole di rassicurazione venute dall’isola, ha accesso per primo il cerino e ha aspettato la sua scontata espulsione (“Se Casini mi caccia guardo altrove”: solo se ti caccia, giurin giurello?).

Faccia pure le valigie il Pisacane, se ne vada dall’Udc così come era entrato: senza rimpianti e senza riguardi. L’amore e l’attaccamento agli ideali di un tempo, evidentemente, non fruttano più abbastanza a mercanti come lui. Sarà pure vero che sono solo residui per romantici illusi come me. Ma almeno sparisca dalla nostra vista. Dal nostro Tempio. Grazie Segretario Cesa per avere avviato l’iter di espulsione.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

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Non siamo ai saldi di fine stagione

postato il 15 Settembre 2010

Parlare di caccia all’uomo è degradante

Berlusconi ha un’ampia maggioranza ed ha il dovere governare: vada avanti perché questa estate è stata penosa. Abbiamo discusso e continuiamo  a discutere tutti di cose inutili mentre tante aziende non riaprono, tante famiglie non ce la fanno e tanti giovani non trovano lavoro.
In questa situazione parlare di caccia all’uomo è degradante per chi la fa e per chi la subisce. La mia posizione non è cambiata di una virgola, non siamo ai saldi di fine stagione e senza un atto del premier non c’è alcuna possibilità di coinvolgerci. Il mio faro è e resta la coerenza degli impegni presi con gli elettori che ci hanno collocato all’opposizione.
Da almeno quattro mesi continuo a ripetere che è necessaria una fase politica nuova  e che all’Italia serve un governo di responsabilità nazionale.
Quando Berlusconi presenterà i 5 punti in Parlamento, se ci sono cose positive e se da lì a poco tramuterà le parole in fatti, non avremo alcun problema a sostenere il governo.

Pier Ferdinando

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Lo “sciopero” dei calciatori e del buon senso

postato il 14 Settembre 2010

We are the champions di Iguana JoLa notizia è stata oramai ufficiliazzata da qualche giorno:  l’Aic (Associazione Italiana Calciatori) ha proposto uno stop (indebitamente definito “sciopero”) al campionato di calcio di massima serie per protestare contro le modifiche apportate dalla Lega di serie A al contratto collettivo.
In pratica, i calciatori, hanno annunciato che non scenderanno in campo durante la quinta giornata di campionato per dimostrare, con forza, il loro dissenso riguardo le nuove disposizioni normative cogitate dalla Lega.

Tralasciando il fatto che si tratterà con molta probabilità dell’ennesima farsa che porterà alla cancellazione della norma contestata ed alla regolare discesa in campo delle squadre, sarebbe imperdonabile non analizzare un episodio che, soprattutto in tempi di crisi e di tagli sempre più severi imposti ai lavoratori di ogni categoria, ha il sapore dell’assurdo e del privilegio quasi assoluto che vuole essere tramutato in diritto inviolabile.

Lungi dallo scadere nel populismo proletario che demonizza ogni riccone ed il benessere economico in genere, occorre però analizzare con obiettività i punti della diatriba e l’incredibile schiaffo al buon senso dato dall’Aic a tutti i cittadini italiani e a tutte le altre, vessatissime categorie di lavoratori ai quali, come noto, si richiedono ogni giorno sacrifici più difficili e debilitanti.

I giocatori, infatti, contestano una nuova disposizione secondo la quale, uno strapagato e stratutelato professionista di serie A, è costretto ad accettare il trasferimento ad un’altra squadra qualora il suo contratto sia in scadenza. A patto, però, che il nuovo ingaggio pattuito tra squadra che vende e squadra che acquista sia pari o superiore a quello precedente. In parole povere, dunque, si eviteranno i soliti giochi al rialzo e le consuete speculazioni dei giocatori in scadenza contrattuale i quali, puntualmente, rifiutano le offerte di nuove squadre per alzare il proprio prezzo d’acquisto e quindi il proprio stipendio. Il team acquirente, infatti, non dovendo versare un cent a nessuna squadra, potrà dimostrarsi molto più generoso nei confronti del nuovo acquisto.

Un meccanismo che tanti guai e squilibri finanziari ha causato a squadre italiane e staniere e che la Lega vuole giustamente distruggere. Per difendere i propri spropositati interessi economici, però, Massimo Oddo scomoda addirittura “i diritti umani” e il rispetto dei lavoratori; lamentando inoltre una presunta mancanza di tutele per la sua classe d’appartenenza e, dulcis infundo, l’essere trattati “come oggetti e non come persone“.

Insomma: in un periodo in cui gli stipendi da 1000 euro vengono tagliati e milioni di giovani e meno giovani sono disoccupati e senza futuro a causa della crisi, i megamiliardari del gioco del pallone indicono addirittura uno “sciopero” nazionale in nome dei diritti umani e di presunte vessazioni ordite ai loro danni.

C’è persino qualcuno che, molto disinformato sui fatti e sulle ragioni della inaccettabile protesta, si affanna a difendere le ragioni di questa marmaglia di bamboccioni viziati e materialisti. Una delle giustificazioni avanzate in questi giorni, ad esempio, parla di uno sciopero indetto anche per tutelare i colleghi meno fortunati che militano nelle serie minori. Nulla di più falso dato che, come si evince del resto anche dallo stesso discorso di Oddo, lo stop al campionato è chiesto esclusivamente per tutelare la categoria di professionisti che milita nella massima serie (non a caso contro la Lega di Serie A).

L’aspetto scandaloso e poco confortante è che, se un gruppo di miliardari sono riusciti a trovare coesione per un’azione di protesta che avrebbe tolto loro non dei diritti ma dei privilegi inaccettabili soprattutto in tempi come quelli attuali, lo stesso non sono riusciti ancora a fare gruppi di lavoratori sul serio vessati, sottopagati, umiliati e presi in giro da sindacati e sindacalisti. In ultimo, al caro terzino del Milan che si dice risentito perchè “ci impediscono di svolgere attività parallele“, bisognerebbe ricordare che il doppio lavoro è vietato a tutte le categorie professionali (avvocati, ingegneri, giornalisti, medici ecc) e non solo a chi, con una singola attività, riesce comunque a percepire svariati miliardi di vecchie lire all’anno. Inoltre, come Francesco Totti e tanti altri testimonial di lusso dimostrano inequivocabilmente, queste “attività parallele” (spot televisivi, telecronache ecc.) vengono permesse eccome a questa categoria in un periodo  in cui sempre più persone devono cedere al ricatto della crisi; accettando turni di lavoro di 12 ore giornaliere e stipendi inferiori ai mille euro mensili.

Al di la delle chiacchere da bar, dunque, da amanti del calcio, invitiamo questi signori a ritrovare un po’ di buon senso e di rispetto per chi riempie loro le tasche quotidianamente ed in barba alla miseria patita.
Ai tifosi di tutta Italia e ai gruppi Ultras da sempre pronti ad ogni sacrificio pur di seguire la passione per questo bellissimo sporto che è il calcio, proponiamo parimenti un’azione di “contro-sciopero” simbolica; lasciando magari vuote le curve dei principali stadi Italiani durante almeno una delle giornate in calendario; evitando anche di acquistare alla non modica cifra di 10 euro le partite di Euorpa League e Champions trasmesse su Sky.

Per inciso ed onde evitare sciocche e facili strumentalizzazioni di ordine politico, chi scrive non chiede ai calciatori o ai miliardari di tutto il mondo di rinunciare ai propri diritti fondamentali; riducendosi magari lo stipendio fino a guadagnare come un’operaio di Melfi ma, semplicemente, di ritrovare il contatto con la realtà e di essere abbastanza umili da comprendere che, in tempi di pressante crisi economico-finanziaria, i sacrifici economici debbono sostenerli (proporzionalmente) tutti i lavoratori e non solo ed esclusivamente determinate categorie, per giunta già deboli e tartassate. Il resto è pura e sterile propaganda populista che non può interessare chi crede sul serio in uno Stato liberale in cui il colpevole non è il ricco ma l’ingordo ed il disonesto.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Germano Milite

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