Tutti i post della categoria: Spunti di riflessione

Quale giustizia possibile?

postato il 5 Ottobre 2010

Quale giustizia possibile? Questa è una delle tante domande che rimbombano tra le menti frastornate degli italiani, troppo intontite da slogan e attacchi quotidiani a chicchessia.

Da ormai molti mesi, per non dire da molti molti anni, il tema della riforma della giustizia è una priorità nell’agenda governativa. Il problema principale però è che nonostante le infinite discussioni non si riesce a capire quale giustizia sia possibile.

Non credo il problema riguardi l’etimologia del termine o il suo senso più alto, il nodo invece rimane sempre sull’uso che se ne fa della giustizia.

Ultimamente la discussione politica è stata improntata allo smantellamento dell’attuale sistema giudiziario per porre le basi alla riedificazione di un sistema nuovo e possibilmente migliore. Nelle intenzioni nulla da eccepire. Ma si sa che tra le intenzioni, ritenute buone, e l’azione passa inevitabilmente la mente dell’uomo.

Il corpo giudiziario è composto da uomini che per definizione possono commettere degli errori, hanno dei desideri, vogliono crescere professionalmente, e che purtroppo qualche volta non hanno scrupoli ad abusare di ciò che hanno per le mani pur di farsi un po’ di pubblicità. Ne sono prove inequivocabili molti degli innumerevoli processi che negli ultimi 20 anni hanno colpito il mondo politico e non solo. Le assoluzioni piene arrivate spesso troppo tardi hanno però dimostrato la buona fede degli imputati, e la cattiva fede di qualche magistrato che pur di un titolo sul giornale era disposto a ergersi, e lo fa tuttora, a bandiera del giustizialismo, la peggiore degenerazione della giustizia.

Per ovviare a questo e per salvaguardare il buon nome dell’Italia anche e soprattutto all’estero, negli ultimi tempi ritorna sempre più insistentemente il cosiddetto lodo Alfano. È chiaro che, come affermato dallo stesso Casini poco tempo fa, lo scudo per le più alte cariche dello stato è un elemento imprescindibile oggi per impedire l’ingerenza in politica di un potere diverso da quello esecutivo o legislativo, ed è chiaro che chi in un preciso momento rappresenta l’Italia nella comunità internazionale non deve essere turbato da problemi giudiziari spesso ingigantiti o montati ad hoc. Ma in una democrazia “matura”, come vorrebbe essere la nostra, l’imposizione di un codice etico in politica dovrebbe elidere la possibilità di utilizzo dello stesso.

Troppo spesso il problema si cerca di risolverlo a valle, mentre si dovrebbe andare sempre più alla radice. La necessità di un “lodo costituzionale” nasce dal fatto che guardando la composizione del parlamento una gran parte si è macchiata di reati, piccoli o grandi che siano, ma pur sempre reati. Questo si ovvierebbe a monte impedendo che chi è sottoposto a procedimenti giudiziari non possa essere candidabile. Ma questo purtroppo non è.

E perciò ormai troppo spesso si utilizza la politica come scudo per evitare di essere processati, adducendo ancor più spesso, motivazioni ridicole di fronte all’opinione pubblica volontariamente inerte a queste affermazioni.

Se delle intercettazioni sono realmente irrilevanti, perché non dare l’autorizzazione all’utilizzo da parte della magistratura? Se tutti i processi intentati sono solo bolle di sapone, perché allora non affrontare tutti i gradi di giudizio per arrivare finalmente ad una sentenza definitiva?

Troppo comodo bloccare la magistratura attendendo che scadano i tempi della prescrizione. Troppo comodo additare la magistratura come di parte. È vero, si riscontra una ideologia prevalente in certi ambiti, ma è pur sempre vero che se non si ha commesso nessun reato tutte le azioni intentate si risolveranno in una assoluzione piena.

Ma la realtà è che forse qualche scheletro nell’armadio lo si trova, e proprio grazie a questo risulta più facile a chi controlla mezzi di informazione o dall’altro lato a qualche magistrato troppo “furbo” montare un caso pur di screditare agli occhi dell’elettorato questo o quel politico. L’attività ignobile del dossieraggio ne è solo l’ultimo mezzo. L’utilizzo ormai dilagante del “metodo Boffo” ne è l’ultima conseguenza.

Per questo oggi la riforma della giustizia è imperativa. Bisogna riuscire a coniugare una riforma che garantisce al cittadino che si trova davanti ad un giudice di non invecchiare con questa spada di Damocle del processo, bisogna, dall’altro lato, separare le carriere di pubblici ministeri e giudici, ed impedire ad entrambi di farsi pubblicità sfruttando le indagini magari a carico di un cittadino illustre. A chi ha un procedimento in corso deve essere garantita la privacy, deve essere garantita la possibilità si svolgere serenamente il proprio lavoro fino a che la giustizia non abbia accertato la colpevolezza o l’innocenza del cittadino indagato. Ma ancor di più devono essere rispettati i principi fondamentali che la giustizia impone, quelli della certezza della pena e soprattutto dell’uguaglianza di fronte alla legge.

E proprio sull’uguaglianza che oggi la classe politica deve riflettere. L’uguaglianza impone una moralità di base imprescindibile per chi fa politica. Chi persegue il bene comune non può e non deve perseguirne il proprio. Perseguendo il bene comune non si commettono quegli errori che purtroppo oggi sono all’ordine del giorno. Non si vendono o comprano case, non si fanno “massaggi” in cambio di appalti, ma soprattutto non si utilizza la politica come mezzo per difendersi dal giudizio della legge e non si offende pubblicamente e quotidianamente la nazione impunemente, specialmente se si è un ministro della Repubblica.

Ancora una volta la politica deve interrogarsi sul motto ciceroniano “bisogna essere schiavi delle leggi per essere veramente liberi”. Libertà e giustizia sono sempre più un binomio inscindibile legato a doppio filo con la maturità della democrazia in cui si vive. Solo quando riusciremo ad essere una democrazia matura avremo una giustizia efficiente e solo quando avremo una giustizia efficiente potremo essere una democrazia matura.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Antonio Cannatà

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Expo 2015: il termine si avvicina e non si vedono soluzioni

postato il 5 Ottobre 2010

‘Riceviamo e pubblichiamo’ di Gaspare Compagno

Ieri sera a L’Infedele di Gad Lerner hanno parlato di Expo 2015 e dei vari problemi che lo stanno accompagnando, problemi che avevamo ampiamente dibattuto alcuni giorni fa. Francamente non mi ha stupito sapere per bocca di Boeri che inizialmente era stato fatto un accordo scandaloso per i terreni su cui doveva sorgere l’EXPO (l’accordo prevedeva il comodato d’uso dei terreni, però poi le costruzioni e l’intero quartiere sorto sul terreno, veniva ceduto gratuitamente ai proprietari dei terreni, ovvero la famiglia Cabassi), né mi ha stupito il “simpatico idealismo” di Fuksas il quale diceva di comprare i terreni (come se fosse facile reperire 200-250 milioni di euro), costruirci e poi cedere tutta la costruzione per realizzare un quartiere del futuro a prezzi calmierati (ipotesi veramente idealsitica), e non mi ha neanche stupito sentire enunciare una realtà che tutti sanno, ma fingono di ignorare: che a Milano si è costruito troppo, che ci sono uffici e appartamenti sfitti e invenduti, per un totale di 80mila appartamenti e 900.000 metri quadrati di uffici disponibili, decine di migliaia di negozi vuoti.

Quello che mi stupisce è l’affermazione secondo la quale il problema del mancato reperimento dei terreni (e quindi del mancato inizio dei lavori) è secondario, anzi ininfluente, rispetto alla massa degli altri lavori che stanno procedendo.
Perché mi stupisce? Per due motivi: il primo è che di molti di questi lavori (pedemontana, altre due linee aggiuntive della metropolitana milanese, e così via) non vi è traccia, siamo ancora nella fase progettuale o quanto meno, nella fase immediatamente precedente all’inizio dei lavori. I lavori inizieranno? Non si sa.
Il secondo motivo è che, se come hanno affermato durante la trasmissione, questi lavori sono il corollario dell’Expo, ma se la manifestazione non dovesse più svolgersi in Italia, questi stessi lavori, perderanno il loro motivo di esistere. Ed è questo il punto focale: il tempo passa, entro il 19 ottobre dobbiamo avere la piena disponibilità dei terreni o l’Italia perderà l’opportunità legata all’EXPO 2015 e questi lavori, che dicono che stanno andando avanti, avranno ancora motivo di essitere?

Altro punto che mi lascia perplesso: mancano i soldi. Inutile girarci attorno, il progetto intero non ha ancora abbastanza finanziamenti, che per il 70% dovrebbero essere privati, ma proprio questi ultimi mancano e quindi si rischia di aprire un buco enorme per mancanza di fondi.
E allora, io direi che sarebbe bene se il governo lombardo e nazionale decidessero di diventare più fattivi e meno ottimisti.
Troveremo una soluzione entro il 19 ottobre? Da italiano, spero di sì, ma ciò non toglie che essere arrivati all’ultimo giorno utile per sistemare questi problemi, è un segnale di fallimento per gli attuali amministratori.

Troveremo una soluzione entro il 19 ottobre? Da italiano, spero di si, ma ciò non toglie che essere arrivati all’ultimo giorno utile per sistemare questi problemi, è un segnale di fallimento per gli attuali amministratori, i quali intendono ricorrere al solito trucchetto italico: invocare l’emergenza per potere avere poteri assoluti (sembra quasi che sia voluto, vista la frequenza con cui si ripete).

Infatti accade che il sindaco Moratti potrebbe essere investita di poteri speciali per “adottare tutti i provvedimenti necessari per assicurare, nei tempi richiesti dal Bureau International des Expositions, la disponibilità delle aree che ospiteranno l’evento”.

Il documento non ha ancora avuto il via libera, ma la bozza è già presente a Palazzo Marino per il consueto iter: l’ordinanza della Protezione Civile (tho, ma guarda un po’…) è inviata alla Regione competente (in questo caso la Lombardia) per avere il via libera, che Formigoni ha prontamente dato e ora il provvedimento attende la firma di Berlusconi, il quale sicuramente la darà, perchè se tutto andrà bene, potrà ascriversi il merito dell’EXPO 2015, se tutto andrà male, la colpa sarà della Moratti, la quale già in passato aveva avuto poteri speciali, anche se solo per le opere corollarie.

Infatti il 19 gennaio, Berlusconi aveva concesso poteri straordinari (ci fu chi li definì stratosferici, vista l’ampiezza) alla Moratti giusto due mesi dopo la famosa telefonata, intercettata dalla Guardia di Finanza, sulle grandi opere del G8 e che menzionavano l’Expo, facendo intravedere i grossi appetiti attorno ad una torta da svariati miliardi di euro.

Ma forse ora l’ordinanza non basterà, perchè viene troppo tardi: l’ipotesi di esproprio non è percorribile a causa dei tempi risicati (per l’esproprio ci vuole l’autorizzazione della Corte dei Conti e sperare che i privati non facciano ricorso).

Allora forse si potrebbe tornare al vecchio accordo, prendere in comodato d’uso i terreni, costruirci l’expo 2015 e un intero quartiere, e dopo la manifestazione, restituire tutto ai proprietari, i quali si troverebbero un quartiere costruito senza spendere un euro e pronto per essere venduto e affittato.

Ovviamente quando dico “senza spendere un euro” mi riferisco ai proprietari dei terreni, perchè i soldi per edificare tutto, li mettiamo noi italiani, mentre sono altri a prendersi questi soldi.

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Ecco perché Berlusconi non farà nessuna riforma della giustizia

postato il 3 Ottobre 2010

Una riforma della giustizia di ampio respiro e che sia particolarmente centrata sul miglioramento dell’efficienza del sistema giudiziario è da tempo auspicata dagli addetti ai lavori e dalle forze politiche, ed è dunque naturale e quasi doveroso che il tema della giustizia figuri tra le cinque priorità che il Presidente del Consiglio ha voluto mettere nell’agenda del governo.

Parlando alle Camere il Premier ha indicato gli elementi che ha suo avviso sono necessari per  una riforma della giustizia: riforma del processo penale; separazione delle carriere; riforma e sdoppiamento del Consiglio Superiore della magistratura;  accelerazione dei processi e smaltimento delle cause civili pendenti; soluzione al sovraffollamento delle carceri; semplificazione del processo civile e aumento delle risorse finanziarie per la giustizia. Gli elementi indicati dal presidente Berlusconi sono in alcuni casi interessanti e degni di considerazione, tuttavia il burrascoso clima politico e le tensioni istituzionali che lo stesso Premier quotidianamente alimenta, rendono assolutamente difficile una condivisa riforma della giustizia.

Ci sono altri elementi non meno rilevanti che rendono pressoché impossibile una reale azione riformatrice. Il primo elemento è l’assenza di un sincero spirito riformatore del Presidente del Consiglio. La sollecitudine che egli dimostra nei confronti del problema giustizia non sembra dettata da una reale volontà riformatrice ma da una ricerca esecrabile di impunità. Non è possibile che la riforma della giustizia venga studiata e progettata dal Ministro della Giustizia coadiuvato dall’avvocato del Premier con l’unico fine di fronteggiare i suoi guai giudiziari.

E’ incredibile anche che il Capo del Governo abbia manifestato pubblicamente la volontà di attuare una riforma che abbia dei caratteri limitativi e punitivi nei confronti della magistratura che egli definisce  “politicizzata”. Questo sentimento degrada e snatura  l’azione del governo  che non è più destinata a fare qualcosa “per”, ma è “contro” qualcosa o qualcuno. Le riforme sono sempre il tentativo di risolvere un problema o di migliorare una situazione , giammai una clava da utilizzare contro veri o presunti avversari politici.

Se la volontà riformatrice appare dunque viziata, dubbi e perplessità desta anche il contenuto di alcuni provvedimenti annunciati. Ad esempio, quando si invoca l’accelerazione dei processi si ripropone forse il già discusso “processo breve” ? Se cosi fosse , e della parole del Presidente non si evince il contrario,  si è già dimostrato che il risultato di tale provvedimento  sarebbe l’ “eutanasia” di molti processi e dunque della giustizia stessa. Ancora, come pensa il governo di smaltire l’incredibile mole di cause civili? Forse con una giustizia “privatizzata” che alleggerisca i giudici togati, ma che di fatto toglierebbe al cittadino il diritto e la possibilità di ricorrere al giudice civile? Risultano anche fumose e non chiare le dichiarazioni riguardanti l’aumento delle risorse per la giustizia e la riduzione del sovraffollamento delle carceri: il Presidente Berlusconi non ha mai indicato quanti e quali sono queste risorse  e se intende varare un nuovo piano carceri. Infine non si riesce a capire come e perché il Premier colleghi la revisione dei rapporti tra politica e magistratura al miglior funzionamento della macchina giudiziaria.

Alcuni provvedimenti infatti sembrano destinati più che a migliorare l’efficienza della giustizia ad indebolire le procure della Repubblica, che in alcuni casi il Presidente del Consiglio considera sovversive e a cui imputa la colpa di tramare contro lui e il suo governo.  Questa convinzione del Premier impedisce una discussione serena e proficua anche su alcuni temi fondamentali come la separazione delle carriere e la responsabilità civile dei magistrati: si può mai discutere con qualcuno che considera la magistratura una forza eversiva?

All’Italia occorre una riforma generale della giustizia, non bastano provvedimenti disorganici e settoriali che celano molto spesso degli interessi personali,  inevitabilmente destinati a danneggiare l’interesse della collettività.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Solidarietà a Belpietro, abbassare i toni dello scontro

postato il 1 Ottobre 2010

Al direttore di Libero Belpietro la solidarietà totale e incondizionata da parte mia e dell’Unione di Centro per il gravissimo e preoccupante episodio di ieri sera.
Faccio appello a tutte le forze politiche: bisogna abbassare immediatamente i toni dello scontro. Se accadono queste cose tutti, maggioranza e opposizione, devono assumersi le proprie responsabilità e fare fronte comune per condannarle ed evitare che possano ripetersi.

Pier Ferdinando

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E’ il sistema che non regge più, bisogna cambiarlo

postato il 30 Settembre 2010

Sia Prodi che Berlusconi in difficoltà dopo 2 soli anni

Prodi dopo due anni è andato a casa. Berlusconi con 100 parlamentari di maggioranza dopo due anni ci spiega che è il più bravo del mondo ma oggi, anche lui, rischia di andare a casa.
Ma a questi signori non viene in mente che prima di andare a casa forse bisogna cambiare qualcosa perché è il sistema che non regge più?

Pier Ferdinando

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Aiutateci a rilanciare il nostro futuro: battiamo la ‘ndrangheta

postato il 30 Settembre 2010

Il cancro delle mafie. L’inadeguatezza delle classi dirigentiIl dissesto ambientaleLa disoccupazione, il lavoro nerola povertà delle famigliel’emigrazione dei giovani. Problemi drammatici aggravati dalla crisi economica e dall’ egoismo individuale e corporativo cresciuto in tutto il Paese, limiti che rischiano di tagliare fuori il Mezzogiorno dai canali della ridistribuzione delle risorse trasformandolo in un collettore di voti per disegni politico-economici estranei al suo sviluppo.

Serve una rivolta etica e culturale che coinvolga tutti. La lotta alla ‘ndrangheta e alle mafie deve essere il primo investimento dello Stato per lo sviluppo del Mezzogiorno.

La lotta per la pulizia di un paese non deve essere di proprietà di singoli partiti, di singoli magistrati o esclusivamente di singoli individui. La lotta alla criminalità è anche nostra e di tutti coloro che in democrazia lottano per un mondo migliore. Lottano contro le mafie, a volte anche per la libertà di parola, baluardo di una terra libera e democratica.

Mi pare che in Calabria qualcosa stia cambiando grazie all’impegno delle Procure e delle forze dell’ordine, ma anche grazie all’impegno di tanti esponenti politici e cittadini in prima linea. Impegno che deve essere tradotto in atti concreti ed in proposte fattive per una lotta di contrasto che deve vederci tutti impegnati, quotidianamente ognuno nelle proprie realtà territoriali.

Impegni concreti sono l’interpellanza dell’On. Tassone concernente iniziative in relazione alla situazione dell’ordine pubblico in Calabria, con particolare riferimento alla operatività e alla tutela degli uffici giudiziari.

Impegni concreti sono le proposte che vengono portate in sede istituzionale per spingere progetti ed aiuti verso la nostra regione ed il mezzogiorno.

Impegni concreti sono la presa di posizione dell’on Occhiuto, che invita dirigenti locali dell’UDC a dimettersi da giunte indagate per mafia. “Occorre essere infatti garantisti, ma anche rigorosamente responsabili. In questo periodo poi, in una fase di grave emergenza nella lotta contro la ‘ndrangheta in Calabria, alla politica credo sia richiesto di essere prima rigorosa con se stessa, e solo un istante dopo garantista”

Si parla continuamente del collasso della giustizia e della drammatica situazione degli uffici giudiziari. Insomma, si parla della giustizia sempre come problema e mai come risorsa. Invece, proprio laddove come nel sud e’ piu’ difficile amministrarla, ci sono straordinari magistrati che ricordano con la loro presenza coraggiosa che le istituzioni ci sono e sono piu’ forti delle mafie. E’ evidente che da soli non possono farcela e quindi anche la politica si assuma le proprie responsabilita’ attraverso comportamenti, atti amministrativi e legislativi che non lascino da soli magistrati e forze dell’ordine”.

Nella società del Sud ci sono risorse di socialità, cultura, spiritualità, che alimentano la speranza del riscatto oltre ogni forma di rassegnazione e fatalismo, risorse che però devono essere aiutate, incentivate, non solo dai cittadini ma anche dalle istituzioni locali e nazionali. Nella società del Sud c’è volontà di cambiamento.

Aiutateci a rilanciare il nostro futuro.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Daniele Coloca

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Discorso del premier da primo giorno scuola

postato il 29 Settembre 2010

Cita cose condivisibili ma che non sono state fatte

Quello di Berlusconi è stato un discorso pieno di buoni sentimenti e di propositi, da primo giorno di scuola.
Peccato che sono passati 18 anni. Se lo avesse fatto nel ’94 sarebbe stato più credibile, nel senso che la maggior parte delle cose che ha detto, in realtà, non sono state fatte e gli obiettivi che si è proposto, molti dei quali condivisibili, non sono stati raggiunti. Sono solo parole.
Sono emblematici i casi della Salerno-Reggio Calabria e della Statale ionica che lui ha citato come esempio del ‘buon governo’. Proprio stamattina, in Commissione, sono stati tagliati quei fondi. Almeno si informasse.

Pier Ferdinando

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Se c’è la fiducia voteremo no, siamo opposizione repubblicana

postato il 28 Settembre 2010

Se Berlusconi annuncia ddl che condividiamo siamo pronti ad aiutarlo
Non siamo all’anno zero, il Presidente del Consiglio non può venire domani a fare il discorso che avrebbe fatto due anni fa. Deve fare un discorso che si colloca nel terzo anno della legislatura. Per cui, se c’e’ la fiducia votiamo no, se c’e’ un giudizio da dare su questi due primi anni, daremo un giudizio negativo.
Se, invece, Berlusconi  spiegherà che vorrà fare delle cose che condividiamo, ad esempio il quoziente familiare, diremo ‘bravo, realizzale’, presenta dei ddl e noi  ti aiuteremo.
La nostra è un’opposizione repubblicana molto chiara e non e’ cambiata di una virgola dall’inizio di questa legislatura.

Pier Ferdinando

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Il “Fascioleghista” e il nuovo incubo politico contemporaneo

postato il 28 Settembre 2010

L’era del pagnottismo che ha creato orribili mostri

Sono oramai due giorni che, tutta la stampa nazionale su web, quotidiani e tv si occupa del “Sono Porci Questi Romani” pronunciato da Umberto Bossi. Un tipo di sfottò che gli stessi abitanti della capitale si auto-attribuiscono da sempre e che, in maniera difficilmente spiegabile se non con la tradizione italica di riuscire a creare caos intorno al nulla e deserto riguardo ciò che conta, detto dal Senatùr ha scatenato uno stuolo irrefrenabile di scandali più o meno ipocriti e di giustificazioni più o meno patetiche.
La stessa “bufera” (definizione che piace tanto a noi giornalisti italiani) non è però scoppiata durante le innumerevoli volte in cui Bossi ha pesantemente e pubblicamente offeso la bandiera e l’inno d’Italia. Un vero è proprio reato, quello del vilipendio ai simboli nazionali, contemplato tra l’altro anche dall’articolo 292 del Codice Penale (come modificato dalle Legge n. 85 del24 febbraio 2006).
Articolo che in tre commi recita testualmente
“Vilipendio o danneggiamento alla bandiera o ad altro emblema dello Stato.

1. Chiunque vilipende con espressioni ingiuriose la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. La pena è aumentata da euro 5.000 a euro 10.000 nel caso in cui il medesimo fatto sia commesso in occasione di una pubblica ricorrenza o di una cerimonia ufficiale.

2. Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la reclusione fino a due anni.

3. Agli effetti della legge penale per bandiera nazionale si intende la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali”

Leggendo le disposizioni di legge, dunque, anche un cittadino italiano comune capirebbe che per Bossi sarebbe stata necessaria la galera. E invece? Invece no: il leader del Carroccio urla, inveisce, insulta e provoca. Poi al massimo, se esagera e non ha bevuto troppo, bofonchia qualche roca scusa stando attendo a non urlare troppo e tutto passa; tutto viene dimenticato e le violazioni recidive del codice penale vengono sorvolate clamorosamente.
Ciò che però lascia maggiormente allibiti, sconfortati ed anche spaventati è la totale sottomissione alla Lega Nord dimostrata da quei personaggi politici di spicco e da quei ministri che, almeno teoricamente, dovrebbero rappresentare i valori della cosiddetta destra italiana. Tuttavia, pur di non scontentare il presidente del Consiglio, i vari La Russa e Alemanno chinano il capo, tollerano e, probabilmente, se ne fregano di ciò che urlano quotidianamente i rappresentanti leghisti. In particolare La Russa, in un’intervista a Repubblica, ha regalato agli italiani il più squallido, vigliacco e lampante esempio di servilismo politico che questo paese possa ricordare.
Difendendo il Senatùr, infatti, il ministro ha di fatto giustificato ogni tipo di propaganda purchè, quest’ultima, non porti all’esecuzione di atti ostili e violenti. In poche parole, seguendo il discorso larussiano, da domani ogni cittadino può parlare da un pulpito contro neri, ebrei, musulmani, settentrionali, meridionali, filippini e via discorrendo ad un patto; anzi ad un doppio patto: che lo faccia per “unire i suoi” e che il suo comizio virulento non scateni reali “reazioni ostili” nei confronti della popolazione insultata. Un vero e proprio inno a saltare a piè pari le leggi ordinarie e costituzionali che vietano non solo le azioni ma anche i discorsi a sfondo razzista e xenofobo.
Altro punto sul quale si potrebbe discutere in maniera sicuramente più interessante riguarda proprio la biografia del Senatùr che, come ancora pochi sanno (soprattutto fra i suoi elettori), non ha lavorato fino all’età di 46 anni. Prima di diventare Senatore, infatti, il numero uno del Carroccio che fa del “vai a lavorare” e del “no all’assistenzialismo” due dei suoi slogan prediletti, è riuscito a campare solo grazie ai “contributi” ricevuti sia dalla ex-moglie (la quale ha confermato la richiesta quasi ossessiva di soldi che ricevava spessisimo) che dai genitori. Insomma: un mantenuto cronico e disoccupato altrettanto pervicace che è poi riuscito ad entrare in politica garantendosi una rendita vitalizia alle spalle dei contribuenti. Questo è il massimo rappresentante del Lega Nord che oggi viene difeso dai nuovi mostri delle politica italiana. Quei mostri che, come orridi ibridi nati dall’unione tra il compromesso e la vigliaccheria, oggi si possono agevolmente definire “fascioleghisti”.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Germano Milite, julieNews.it

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‘La responsabilità al Centro’, l’intervento di Pier Ferdinando Casini

postato il 25 Settembre 2010

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