Tutti i post della categoria: Spunti di riflessione

Amministrative: gli italiani hanno bocciato il governo

postato il 25 Maggio 2011

Non credo che valga la pena per Berlusconi prendersela con i candidati

Non mi piace questo referendum pro o contro il governo, ma lo ha chiesto il presidente del Consiglio, trasformando una tornata amministrativa in una tornata politica nazionale in modo improprio.
Oggi gli italiani hanno bocciato il governo: non credo che valga la pena oggi per Berlusconi prendersela contro i candidati inadeguati. Non è certo colpa della Moratti se c’è una paralisi completa, se una tensione sociale sta montando nel Paese, se al governo si addebita di occuparsi di tutto salvo che dei problemi degli italiani e delle famiglie italiane.
Penso che bisogna riflettere molto sulla tendenza che si sta profilando, anche per questo clima di rissa e di odio. Non è con questa Italia divisa tra due blocchi che si odiano che si può pensare al futuro

La Lega propone un patto per la riforma della legge elettorale? Se questo patto si vorrà fare noi ci siederemo al tavolo, perché pensiamo che una legge elettorale che restituisca ai cittadini la possibilità di scegliere i propri parlamentari e soprattutto che superi un bipolarismo che è stato ancora una volta duramente sconfitto in queste elezioni amministrative.
Questo serve all’Italia e al nostro futuro politico

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Alemanno rimuova la statua di Giovanni Paolo II dalla stazione Termini

postato il 20 Maggio 2011

Inutile la caccia al colpevole, promuoviamo un concorso internazionale

Sono stato questa mattina alla stazione Termini per vedere la tanto discussa statua di Giovanni Paolo II, figura indimenticata nel cuore di tutti gli italiani. Fermo restando il rispetto per l’artista e per i promotori dell’iniziativa, credo sia giusto che il Sindaco Alemanno si faccia carico del sentimento generalizzato e voglia procedere alla rimozione di una statua che certo non fa onore alla città di Roma. E’inutile puntare il dito contro qualcuno e alimentare una ridicola caccia al colpevole: troviamo un’altra collocazione a questa statua e promuoviamo un concorso internazionale per la realizzazione di un’opera che rappresenti Giovanni Paolo II interpretandone la figura così come milioni di fedeli la ricordano.

Pier Ferdinando

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L’Italia? Un “Paese per vecchi”. Sempre meno matrimoni e meno nascite

postato il 19 Maggio 2011

L’Italia? È un ‘Paese per vecchi’, in cui ci si sposa sempre meno, si fanno sempre meno figli e si continuano a perdere posti di lavoro. È un ritratto a tinte fosche quello che emerge dal rapporto Istat “Il matrimonio in Italia“. In particolare, lo studio evidenzia come negli ultimi due anni ci sia stato un netto calo dei matrimoni, quasi 30 mila in meno.

Ci si sposa meno e più tardi e si rimane in famiglia più a lungo. Giovani bamboccioni penserete. Ma i dati parlano di una difficoltà sempre maggiore a trovare un lavoro stabile, ad affrontare le spese per andare a vivere da soli. Ed ecco che, al giorno d’oggi, chi decide di compiere il grande passo ha già in media 35 anni, almeno dieci in più rispetto all’età delle nozze dei propri genitori.

Le ragioni per le quali si fatica a crearsi una propria famiglia sono quindi strettamente legate al maggior tempo che si impiega nel raggiungere una stabilità economica, alla precarietà del lavoro accentuata dalla crisi. Ma, come sostiene il quotidiano Avvenire, dipendono anche dalla mancanza di politiche a favore della famiglia, tante volte annunciate e poi cadute nel dimenticatoio. Tanto che, come ha rivelato un recente rapporto Ocse e come più volte da noi sottolineato, l’Italia è in fondo alle classifiche degli aiuti alla famiglie nell’area dei paesi occidentali.

L’Udc ha più volte ribadito l’esigenza che per le famiglie ci sia una politica concreta, non fatta di spot ma di provvedimenti seri.

E allora la domanda da porre al governo, anche alla luce di questa nuova fotografia dell’Italia di oggi è sempre la stessa: quando politiche per la famiglia?

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Il Grande Vuoto

postato il 9 Maggio 2011

La lezione dello statista Dc rispetto alla politica fatua e oligarchica di oggi

di Pier Ferdinando Casini

Il trascorrere del tempo non ha fatto venire meno il senso di vuoto indotto dalla mancanza di Aldo Moro. Al contrario, proprio in questi ultimi anni, la sensazione palpabile che si avverte tra gli italiani quando si ricorda lo statista barbaramente assassinato dalle Brigate Rosse, è che questo vuoto si sia acuito. Un fenomeno che, forse, può essere spiegato anche con lo smarrimento profondo e generalizzato che si avverte di fronte ad una politica fatua e distante dal Paese, che ha raggiunto ormai livelli di personalizzazione esasperata e senza precedenti nella storia dell’Italia repubblicana, proprio mentre nessuna delle personalità in campo sembra poter reggere il confronto con uomini della statura politica e morale di Moro. [Continua a leggere]

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Ridere per non piangere. La Biancofiore tra Wojtyla e Bin Laden.

postato il 6 Maggio 2011

Voglio essere breve, diretto e coinciso. Quando ho letto della dichiarazione dell’On. Micheala Biancofiore, “biondona” (il copyright è del maestro Biagi) trentina, deputata berlusconiana (accanita come nessun altro), ho riso, riso, riso. Tanto e di gusto. Non so perché, non mi capita mai: eppure stavolta non ne ho potuto fare a meno. Io, che di solito prendo sempre tutto con la massima serietà, che mi faccio grigio grigio nel commentare qualsiasi dichiarazione politica di qualsiasi politico – specie poi se berlusconiano – stavolta ho deciso di fare uno strappo alla regola e di dare alle dichiarazioni di questa “onorevole” il giusto peso che meritavano: quello che si può dare a una barzelletta tra amici, un po’ fuori luogo, va bene, ma pur sempre innocente e ingenua.

E così ho riso. Poi, però, ho pensato al fatto che questa Biancofiore di mestiere fa il deputato e che è, tra l’altro, consigliere del nostro Ministro degli Affari Esteri e segretaria della stessa commissione Esteri della Camera; che questa non era solo una battuta o una boutade, ma una dichiarazione ufficiale all’Ansa; che mettere nello stesso periodo un santo, un terrorista e la parola miracolo è segno del degrado intellettuale e culturale in cui versiamo. E ho smesso di ridere.

E sapete che ho fatto? Mi sono rivolto proprio a Giovanni Paolo II, al nostro beato indebitamente chiamato in causa, e gli ho chiesto un vero miracolo: che se proprio non si può donare un po’ di senno a Micheala Biancofiore, almeno si veda di farla stare zitta. Specie in certi casi.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

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L’insegnamento di Giovanni Paolo II: un programma per la politica

postato il 30 Aprile 2011

La beatificazione di Giovanni Paolo II può senza dubbio diventare una preziosa occasione per i cattolici e anche per i laici per riflettere e confrontarsi sul vasto e profondo insegnamento sociale del papa polacco. Ma prima di buttarsi a capofitto nel Magistero e negli scritti di Giovanni Paolo II è indispensabile, e soprattutto molto utile per capirlo,  guardare alla sua vicenda personale di figlio del novecento, di uomo che ha vissuto in tutto e per tutto il “secolo breve”. Il lavoro come manovale nelle cave di calcare della Solvay all’inizio degli anni quaranta, il seminario clandestino durante la guerra, le perquisizioni della Gestapo, cui sfuggì in modo miracoloso, il continuo braccio di ferro col regime comunista polacco da giovane prete e poi da vescovo, sono tutte esperienze che hanno messo Karol Wojtila a contatto con i drammi e le speranze della condizione umana, influenzando in maniera indelebile la sua fede e la sua azione pastorale. Ma più forte dell’esperienza del male in Giovanni Paolo II è l’esperienza di Cristo, come egli stesso scrive nel racconto autobiografico “Memoria e Identità”: «non è possibile separare Cristo dalla storia dell’uomo». E’ Cristo che da nuovo senso alla storia dell’uomo, e non è un caso che la chiave di volta del pensiero sociale di Giovanni Paolo II sia la necessità di un nuovo umanesimo che vede nel Dio che diventa uomo, non solo l’essenza del cristianesimo, ma il fondamento di ogni progetto autenticamente umano, il perno per un movimento di rinascita. L’umanesimo auspicato da Giovanni Paolo II contiene una visione della società centrata sulla persona umana e i suoi diritti inalienabili, sui valori della giustizia e della pace, su un corretto rapporto tra individui, società e Stato, nella logica della solidarietà e della sussidiarietà. È un umanesimo capace di infondere un’anima allo stesso progresso economico, perché esso sia volto “alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo”. Tutto ciò traspare dall’insegnamento di Giovanni Paolo II e dal suo ampio magistero, e sicuramente  ci sono tanti altri aspetti da sottolineare e da approfondire. Molti sono i politici che hanno incontrato Giovanni Paolo II, e molti di questi saranno presenti a Roma per la sua beatificazione ma quanti di loro  si sono soffermati a riflettere sulla portata dell’insegnamento sociale di Papa Wojtila? La beatificazione, come si diceva all’inizio, può allora essere una preziosa opportunità per iniziare questo proficuo studio e forse si potrebbe iniziare da un testo agile e per molti aspetti poco conosciuto. Si tratta di uno degli ultimi discorsi di Giovanni Paolo II, fatto nel gennaio del 2005 e indirizzato al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, un discorso che secondo alcuni è possibile definire il “testamento sociale” di Papa Wojtila e che il pontefice non voleva rivolto solo ai diplomatici ma in particolare ai governi che questi rappresentavano. In questo testo Giovanni Paolo II indica ai governanti “le quattro sfide dell’umanità di oggi” – la vita, il pane, la pace, la libertà – ovvero le questioni prioritarie per costruire quella che soleva chiamare la “civiltà dell’amore”.

La prima sfida – esordiva Giovanni Paolo II davanti agli ambasciatori presso la Santa Sede – è la sfida della vita. La vita è il primo dono che Dio ci ha fatto, è la prima ricchezza di cui l’uomo può godere. La Chiesa annunzia il ‘Vangelo della Vita’. E lo Stato ha come suo compito primario proprio la tutela e la promozione della vita umana”. La sfida della vita si sta facendo oggi sempre più vasta e drammatica, ma la parola di Giovanni Paolo II è chiara: nulla che violi l’integrità e la dignità dell’essere umano, compreso la fase embrionale, può essere ammissibile. La ricerca scientifica va incoraggiata e promossa, ma non può considerarsi al di sopra della sfera morale. Una scienza che degrada l’uomo ad uno strumento non è degna dell’uomo. La vita, dunque, va protetta, tutelata, servita in ogni momento, in ogni angolo della terra. Essa non sopporta riduzioni. Difendere la vita significa anche difendere la famiglia: dare forza e solidità alla famiglia – ci insegna Giovanni Paolo II – significa contribuire ad una società ancora in grado di scommettere sull’umano; su relazioni profonde e responsabili; sulla vita; sulla dedizione come espressione naturale della maturità umana; sul futuro, su un’esperienza umana e sociale di qualità. La seconda sfida è quella del pane, ossia quella di far sì che ogni persona possa godere dei mezzi necessari alla sua vita, che nessuno debba più soffrire la povertà e la denutrizione, essere calpestato nel suo onore e reso vittima dell’ingiustizia. Sono ancora troppi oggi gli esseri umani cui non viene riconosciuta la dignità di persone o vengono di fatto privati dei diritti fondamentali. Davanti a questa considerevole porzione di umanità non possiamo restare muti, come non è rimasto Giovanni Paolo II, che ha dato voce alle folle degli esclusi e degli affamati – di pane e di giustizia- in ogni angolo della terra.

Con la stessa tenacia e determinazione, Giovanni Paolo II ha affrontato la terza delle grandi sfide dell’umanità del nostro tempo: la pace. Il secolo XX –ha scritto – ci lascia in eredità soprattutto un monito: le guerre sono spesso causa di altre guerre, perché alimentano odi profondi, creano situazioni di ingiustizia e calpestano la dignità e i diritti delle persone. Esse, in genere, non risolvono i problemi per i quali vengono combattute e pertanto, oltre ad essere spaventosamente dannose, risultano anche inutili. Con la guerra, è l’umanità a perdere”. Giovanni Paolo II ci ha anche insegnato che la pace è un dono che si invoca, incessantemente, con quella preghiera che crede nell’impossibile di Dio e dunque rende sempre possibile la speranza, anche nelle ore più buie.  La pace è un valore che si paga: non può essere a basso prezzo: sarebbe un surrogato. Deve scomodarci e comprometterci. Per questo il Papa ha chiesto il digiuno per la pace; per sperimentare anche il disagio di qualcosa che ci manca, in solidarietà con tanti popoli cui manca il pane; per sentire nel nostro corpo quell’esperienza del limite che ci fa gridare, per noi e per il mondo, “Signore, pietà”. La pace, quindi, domanda l’impegno a costruire conoscenza e amicizia tra i popoli, a cominciare dal nostro quotidiano, riconoscendo nello straniero che incontriamo un fratello e stimando la cultura che egli esprime.

Anche quello della libertà è un altro tema particolarmente caro a Giovanni Paolo II: è lui stesso a riconoscere come alla base delle sue encicliche sociali (Laborem exercens, Sollicitudo rei socialis, Centesimus annus). La libertà è la aspirazione massima di ogni donna e di ogni uomo, profonda, scritta nell’anima. È il valore per cui tanti, di ogni credo e di ogni bandiera, hanno rischiato la vita dimostrando così che solo nel rispetto della libertà si può essere persone. Oggi educare alla libertà significa riconoscere i condizionamenti, individuare le manipolazioni spesso subdole e mascherate di un consumismo che tende ad orientare comportamenti e stili di vita, riconoscere le false promesse di ogni riduzione dell’uomo alla sola dimensione orizzontale. La libertà è sacra, ma non è un assoluto, come oggi alcune correnti di pensiero tendono ad affermare. Ne è negata dal dovere di obbedire al bene che è Dio stesso. Egli ha voluto donare all’uomo la libertà perché potesse amare e riconoscere il suo amore. Non è possibile infatti amare se non nella libertà. Ed è nel nucleo più intimo di noi stessi, in quello spazio interiore che è la nostra coscienza, che sperimentiamo la libertà come grandezza, come rischio, talvolta anche come dramma. È nella coscienza che avviene la rielaborazione di tutto ciò che accade e che interpella la nostra libertà e la capacità di dare senso alla vita.

Queste quattro sfide sono senza dubbio un compito per la politica, che ne deve assicurare le condizioni fondamentali e difenderne il valore, sono in se stesse un imperativo etico, inscritto da Dio nel cuore di ogni uomo e tracciano un cammino di santità, ossia di conoscenza di Dio per la via dell’amore. Ricordare Giovanni Paolo II significa innanzitutto ricordare e mettere in pratica il suo insegnamento.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Buona Pasqua

postato il 24 Aprile 2011

E’ una Pasqua diversa per tante famiglie italiane e per tanti ragazzi disoccupati. Una Pasqua difficile per coloro che nel mondo, dalla Siria alla Libia lottano per una nuova stagione di libertà. Una Pasqua drammatica per tanti cristiani che non possono professare liberamente la propria fede. A tutti un augurio di serenità e pace.

Pier Ferdinando

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Rassegna stampa, 15 aprile 2011

postato il 15 Aprile 2011
Tre interviste chiave per capire la nostra posizione sul tema giustizia. La prima, di Francesco Bei a Pierferdinando Casini (la trovate su La Repubblica), in cui il nostro leader analizza questi giorni di dura polemica “politica” e spiega che la prescrizione breve – ennesima legge ad personam – “affonda ogni dialogo” serio e responsabile e dimostra l’irreversibile tramonto del berlusconismo:  «ormai è chiaro che ci sono diverse linee. Da una parte c’è chi, magari per paura, sulla giustizia vuole lasciare tutto così com’è. Dall’altra chi, come noi, accetterebbe una vera riforma della giustizia e, per certi versi, persino la sollecita». Invano, però. La seconda, in cui Roberto Rao, intervistato dal Messaggero, parla di “maggioranza bulimica”, insaziabile di leggi ad personam e di come solo il Capo dello Stato, ormai, ci rassicuri; la terza, infine, è di Michele Vietti, vicepresidente del Csm, che rilancia il ruolo del Consiglio superiore della Magistratura ed esorta chi sta al governo a sapersi controllare di più e meglio. Spazio poi al tormentone di questi giorni, la (fantomatica) successione di Berlusconi: il premier avrebbe scelto il ministro Alfano, ma è bastata questa indicazione per mandare in subbuglio il Pdl e riscatenare le guerre di correnti (ex Fi contro ex An, ex Fi contro ex Fi ed ex An contro ex An); addirittura Feltri, su Libero, assicura che si tratta solo dell’ultima barzelletta di Silvio, mentre Caldarola sul Riformista è categorico: B. è in caduta libera. Completano il quadro Stefano Menichini su Europa (che si scaglia contro quelli come Asor Rosa e Ferrara, rei di ostacolare l’uscita dal tunnel del berlusconismo) e l’intervista, sul Secolo, a Marcello Sorgi, che chiede sarcastico: “sicuri che il Pdl abbia un futuro?”.

Casini: “Questa legge ad personam affonda ogni dialogo, il berlusconismo è finito” (Francesco Bei, La Repubblica)

Rao (Udc): maggioranza bulimica, ci rassicura solo il capo dello Stato (Il Messaggero)

Vietti: «Basta attacchi del premier alle toghe, chi è al governo deve controllarsi» (Giovanni Bianconi, Corriere della Sera)

Boato: “Sono un garantista ma non mi faccio usare dal governo” (Toni Jop, L’Unità)

Governo di Decantazione per riscrivere le Regole (Giuseppe Pisanu e Walter Veltroni, Corriere)

Alfano dopo Silvio, Pdl in rivolta (Ugo Magri, La Stampa)

La giornataccia del delfino. Alfano contestato a Berlino (Laura Lucchini, L’Unità)

Il Premier in caduta libera (Peppino Caldarola, Il Riformista)

Il Cavaliere lascia? Questa è la sua ultima barzelletta (Vittorio Feltri, Libero)

La guerra degli ologrammi (Stefano Menichini, Europa)

Sorgi: “Sicuri che il Pdl avrà un dopo Berlusconi?” (Adriano Scianca, Secolo d’Italia)

Più Siliquini di così si muore (Denise Pardo, L’Espresso)

L’ultima difesa (Massimo Giannini, La Repubblica)

La lunga marcia di Luca (Marco Damilano, L’Espresso)

Il terzo polo corre sul filo Milano-Napoli (Marcello Sorgi, La Stampa)

E Matteoli scarica La Russa (La Stampa)

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Questa legge ad personam affonda ogni dialogo, il berlusconismo è finito

postato il 15 Aprile 2011

Pubblichiamo l’intervista a Pier Ferdinando Casini su ‘la Repubblica’ di Francesco Bei

Reduce dalla battaglia parlamentare contro la prescrizione breve, Pier Ferdinando Casini è volato subito a Panama per partecipare alla 124esima conferenza dell’Unione interparlamentare. Al telefono commenta la notizia del giorno, il segnale di Napolitano sul processo breve.

Nella sua dichiarazione di voto contro la prescrizione breve lei pronosticava che questa ennesima legge ad personam “non reggerà alle successive verifiche istituzionali”. Adesso Napolitano annuncia che valuterà gli effetti della legge.
«Il presidente della Repubblica, applicando la Costituzione, si riserva un esame approfondito del testo. È un suo diritto-dovere. E non dimentichiamoci la seconda verifica, quella della Corte costituzionale. I compiti di queste due istituzioni di garanzia sono diversi, ma è così che funziona un sistema con pesi e contrappesi».

Si aspetta che la nuova legge sul processo breve venga bocciata o dal capo dello Stato o dalla Consulta?
«Non mi permetto di entrare in valutazioni che non mi competono. Faccio soltanto notare al presidente Berlusconi e alla maggioranza che il nostro sistema si basa su un principio molto chiaro: non è vero che chi vince le elezioni diventa il padrone del paese e può fare tutto quello che vuole».

La giornata di mercoledì alla Camera vale anche come lezione per l’opposizione?
«Ormai è chiaro che ci sono diverse linee. Da una parte c’è chi, magari per paura, sulla giustizia vuole lasciare tutto così com’è. Dall’altra chi, come noi, accetterebbe una vera riforma della giustizia e, per certi versi, persino la sollecita». [Continua a leggere]

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Vado, mi dimetto e torno

postato il 9 Aprile 2011

Che le dimissioni in Italia fossero una rarità era chiaro, ma ora cominciano a diffondersi le “dimissioni temporanee”. Le dimissioni temporanee sono una vera novità politica, un’invenzione straordinaria che da lustro a questo governo che può vantare il primato di almeno quattro casi di dimissioni temporanee. Sono finiti i tempi degli Scajola e dei Brancher che sono stati costretti alla turpe pratica delle dimissioni e che ora vagano ai margini della compagine governativa vedendo i loro posti preda di uno Scilipoti qualsiasi, ora i nostri beniamini possono tranquillamente dimettersi senza rinunciare alla loro poltrona. Questa pratica virtuosa delle “dimissioni che non lo erano” è stata inaugurata dal ministro Mara Carfagna che pochi giorni prima del voto di fiducia del 14 dicembre dichiarò al quotidiano napoletano “Il Mattino” che il giorno seguente si sarebbe dimessa, udite udite, da tutti gli incarichi. Fortunatamente le premure del Premier e di altri esponenti della maggioranza hanno dissuaso la bella Mara dall’insano gesto. Il Rigoletto di Verdi ci insegna che la “donna è mobile” ed in effetti altre dimissioni annunciate ma mai verificatesi vengono sempre nel turbolento mese di dicembre  dal ministro Stefania Prestigiacomo che, sull’orlo di una crisi di nervi perché la sua maggioranza non le votava i suoi provvedimenti, annunciò le dimissioni dal gruppo del Pdl ma non dal governo. Anche in questo caso le coccole del capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto e di  Gianni Letta hanno rassicurato la siciliana Prestigiacomo, che però nel campo delle “dimissioni che non lo erano” ci ha donato una chicca: le dimissioni dal gruppo parlamentare, ovvero mi tengo tutto, ministero e seggio parlamentare, ma passo per una che si dimette! Gli uomini del governo non sono voluti essere da meno delle colleghe e così qualche settimana fa il sottosegretario con delega alla famiglia  Carlo Giovanardi ha annunciato le sue dimissioni a seguito dei pesanti tagli al fondo per la famiglia. Giovanardi in questi giorni è stato a mostrare in tv il suo sorriso alla Fernandel e non sembrava uno prossimo alle dimissioni e siccome non si hanno notizie di imponenti stanziamenti del governo a favore delle politiche familiari possiamo giustamente iscrivere il sottosegretario nell’albo d’oro delle dimissioni temporanee. Ma in questi giorni si è affermato il campione delle dimissioni a tempo: il sottosegretario all’interno Alfredo Mantovano che aveva rassegnato le dimissioni dal governo per via dell’arrivo a Manduria, contrariamente alle sue promesse, di 1.500 immigrati. Mantovano nei giorni seguenti ha raccolto attestati di stima, elogi da maggioranza e opposizione, perfino Vauro in tv ha riconosciuto pubblicamente la moralità del sottosegretario che preferiva dimettersi piuttosto che avvallare la gestione governativa dell’emergenza immigrazione. E’ bastato mandare via 200 immigrati dal suo collegio elettorale per far parlare Mantovano nientemeno di una fantomatica “svolta” nella vicenda immigrati e dunque per ritirare le sbandierate dimissioni. Chi sarà il prossimo esponente del governo a cimentarsi nella singolare pratica delle dimissioni senza lasciare la poltrona? Lo scopriremo presto, intanto il pensiero corre al povero Sandro Bondi che è stato l’ultimo in ordine di tempo a dimettersi senza che nessuno lo richiamasse o lo pregasse di rimanere. Che sia ancora in tempo per ritirare le dimissioni ed entrare a far parte del fantastico club dei dimessi a tempo?

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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