Tutti i post della categoria: Spunti di riflessione

Trattativa Stato-mafia, da Napolitano correttezza istituzionale

postato il 21 Giugno 2012

Il presidente della Repubblica non è al di sopra della legge, come dice l’onorevole Di Pietro, ma nemmeno al di sotto. Ha adempiuto con scrupolo e innegabile correttezza istituzionale al suo ruolo doppio di presidente della Repubblica e del Csm. Ha operato per evitare distonie e sovrapposizioni, e disinnescare potenziali conflitti tra poteri dello Stato: questo significa volere la verità che non è mai figlia di strumentalizzazioni politiche ma solo dei fatti che l’hanno determinata.

Pier Ferdinando

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La Serbia tra un passato che non passa e un presente da costruire

postato il 7 Giugno 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Jakob Panzeri

Fuori rosa dalla Fiorentina, cacciato dalla nazionale serba. Dopo il litigio che ha causato l’esonero di Delio Rossi, di nuovo si parla di Adem Ljajic. Si è rifiutato di cantare l’inno della Serbia nell’amichevole contro la Spagna, è stato sospeso dalla nazionale. Quello che può sembrare l’ennesimo capriccio di un ragazzino un po’ viziato è in realtà l’espressione di un malessere più grande, uno stato d’animo in cui si trova un’intera nazione. Guardando alla stabilità politica si prospetta uno scenario di non facile coabitazione fra il governo serbo di coalizione tra il partito democratico di Tadic e i socialisti con il neo-presidente Tomislav Nikolic. Da un lato la necessità di proseguire un cammino intrapreso negli ultimi anni di modernizzazione economica e avvicinamento all’Europa che ha visto il suo culmine a marzo con la richiesta ufficiale di ingresso nell’Unione Europea, dall’altro il ritorno dei nazionalismi e la vicinanza alla Russia che in un momento di crisi economica e sociale dell’Europa tornano a farsi sentire. E tutto ciò mentre regioni come il Sangiaccato- da cui proviene anche Ljajic- a maggioranza musulmana e confinanti con il Kosovo, chiedono maggiori poteri al governo centrale. Il neo-eletto presidente Tomislav Nikolic fu uno dei protagonisti dell’ascesa del nazionalismo dei Balcani, manager di stato fin dai tempi del maresciallo Tito, fu prima perseguitato e incarcerato da Milosevic per poi diventarne collaboratore, vice-ministro nel 1999 e membro del governo quando le forze della Nato- tra cui l’Italia del governo D’Alema- bombardarono la Serbia.

A onor del vero si deve anche riconoscere però che Nikolic ha rinnegato il suo passato, dimostrato la sua estraneità alla pulizia etnica nella regione della Slavonia , Croazia Orientale, di cui veniva accusato e ha contestato duramente l’operato politico di Seselj- ex amico e compagno del partito radicale che sarà poi estradato al tribunale dell’Aja- abbandonando il partito estremista radicale per fondare il partito nazionalista moderato che lo ha portato alla vittoria.

L’inizio non è stato esaltante. Il presidente Nikolic ha negato in diretta televisiva che Srebrenica, il massacro di migliaia di musulmani bosniaci nel luglio 1995, sia stato un genocidio. Sì, “un grave crimine di guerra compiuto da una parte del popolo serbo” ma non un genocidio. Tutto questo mentre il Tribunale Internazionale dell’Aja sta processando l’ex capo militare Ratko Mladic per crimini contro l’umanità, pulizia etnica finalizzata alla strage, tortura e genocidio.

Ma ci auguriamo che sia stata solo una brutta gaffe.

Srebrenica fu genocidio. Le atrocita’ commesse a Srebrenica sono state un crimine contro l’intero genere umano, non dovremmo mai dimenticarlo e non dovremmo

permettere che accada di nuovo, come ha prontamente ribadito la portavoce della Commissione Europea Pia Ahrenkilde e come sarà ribadito da Barroso incontrando a Bruxelles Nikolic il prossimo 14 giugno.

Tadic ha in mano una grandissima opportunità per sé e per il popolo serbo ed è questo l’augurio più grande che noi gli facciamo: poter chiudere definitivamente con il passato, dimostrare che è possibile un nuovo inizio, una nuova alba su Sarajevo, riscattare i Balcani distrutti da odi etnici e da guerre portando la Serbia in un nuovo ordine europeo e mondiale. Auguri a Tadic, auguri alla Serbia.

Scegliere l’Europa vuol dire andare avanti.

Il contrario invece ripiombare nei fantasmi di un passato che deve essere chiuso definitivamente.

 

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4 giugno: giorno di lutto, giorno di solidarietà

postato il 4 Giugno 2012

Il “Piccolo” di Trieste, il 12 gennaio 1909, pubblicò una poesia di Umberto da Monreale in cui si rievocava in versi il terremoto di Messina dell’anno precedente.L’autore era in realtà Umberto Saba. Il sonetto rimase nascosto per molti anni.

Con questi versi, ci uniamo idealmente al dolore delle vittime del sisma.

Con questi versi, soprattutto con l’ultimo, vogliamo dire a quanti rimangono che nessuno sarà mai solo.

 

 

 

Messina (1908)

Io non la vidi mai, che d’essa noto
n’era il nome e non più. Nel mio pensiero,
quanto vedevo immaginando il vero,
è quello che distrusse il terremoto.

Vedea uno stretto da varcarsi a nuoto;
di cupe frondi un dondolio leggero:
col porto di vocianti uomini nero,
sotto un meriggio eternalmente immoto,

biancheggiar la città, vasta aranciera.
ora veggo macerie, onde la fiamma
esce, o un lungo sottil braccio di cera.

Vagano cani ritornati fiere:
mentre al bimbo che piange e chiede mamma
canta la ninna-nanna un bersagliere.

 

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Merito, cominciamo dal territorio

postato il 31 Maggio 2012

 

Meritocrazia, chi era costei? Le ombre di un dibattito che tiene banco da alcuni anni si allungano sul nostro presente, ma senza portare grandi elementi di novità. Ormai è cosa nota, in Italia esiste un problema che si chiama “mancanza di meritocrazia”. I giovani che hanno studiato e portato a termine un percorso che ha significato fatica, sacrifici, rinunce, impegno non vengono ripagati e i loro sforzi ma soprattutto i loro risultati non vengono riconosciuti, in un Paese che ha altro a cui pensare.

È ormai giunto il momento di affrontare la questione e discutere non per esibire un interesse di facciata ma con l’intento di trovare una soluzione. Spetta alla politica tracciare il percorso per dare all’Italia una prospettiva diversa: pensare a un modello di crescita fondato sul merito. Perché i neolaureati trovano così tante barriere al momento di entrare nel mondo del lavoro? Perché le eccellenze non vengono valorizzate? Perché i risultati conseguiti da studenti capaci e meritevoli non vengono premiati con un maggiore investimento da parte di istituzioni e privati in questo preziosissimo capitale umano? La causa di questo disinteresse non è facilmente rinvenibile perché probabilmente affonda le sue radici in una cattiva cultura non meritocratica e in una tradizione ormai consolidata che vede i più raccomandati, i più furbi, i più abbienti andare avanti a scapito di chi avrebbe i titoli per arricchire la società.

Dobbiamo porre mano al problema, e lo possiamo fare partendo da una proposta. Una prima pietra, un primo step per rinnovare la classe dirigente di questo Paese, per un nuovo modello sviluppo fondato sulle qualità individuali, per fare relazionare il mondo del lavoro con il meglio della gioventù istruita. La proposta è una mozione che chiamiamo “Meritocrazia nel territorio”. Si chiede ai Sindaci di istituire sui siti internet dei comuni una sezione in cui i residenti laureati di quel comune potranno, una volta autorizzato il trattamento dei dati, inserire  le proprie generalità, comprensive della Facoltà e del voto di Laurea così da far incontrare domanda ed offerta di lavoro in un ambito territoriale. L’intenzione è quella di mettere in comunicazione i giovani talenti locali e le imprese che operano a livello territoriale, premiando il merito. È una proposta che si rivolge ai laureati, e cioè a coloro che hanno proseguito gli studi ai livelli più alti, e che intende affermare una convinzione: una Nazione come la nostra per sopravvivere e crescere nei mercati internazionali non può che puntare su alti livelli di conoscenza. Il confronto con gli altri protagonisti della scena mondiale è durissimo e possiamo prevalere solo puntando sulle eccellenze che vivono, crescono, fanno esperienza nel nostro Paese. Ci troviamo invece adesso nella paradossale situazione di un’Italia che vuole uscire dalla crisi ma rischia di non far fruttare i talenti ancora presenti, prima che migrino definitivamente all’estero impoverendo ulteriormente il territorio.

La mozione dei Giovani Udc Piemonte  è stata già approvata dal Comune di Caluso e dall’Unione dei Comuni del Nord Est della Provincia di Torino, per un bacino d’utenza di circa 130.000 abitanti; a breve verrà presentata nel Consiglio della Provincia di Torino e nel Consiglio Regionale del Piemonte.
Inoltre il Presidente Casini ho espresso la volontà di far diventare la mozione sul merito un tema nazionale da diffondere su tutto il territorio attraverso gli amministratori locali Udc.

È una sfida che i moderati devono saper cogliere. Impegniamoci per costruire davvero una società meritocratica. Valorizziamo competenze, capacità, risultati. Non può essere solo una battaglia ideale ma una concreta iniziativa per lo sviluppo: se le imprese e i neolaureati meritevoli si incontrano, questo non può che avere effetti positivi sulla ricchezza del Paese. Troveremo d’accordo il presidente Monti, da sempre in prima linea sul tema del merito. Del resto è stato lui, all’inizio del suo mandato, a pronunciare la significativa frase “Ciò che giova ai giovani giova al Paese”.

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Il voto italiano all’estero non si tocca

postato il 28 Maggio 2012

Il servizio del Tg2 sulla visita in Sud America

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I risultati ci sono, ora rimettiamoci in cammino

postato il 28 Maggio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

Sono trascorsi diversi giorni dal ballottaggio delle amministrative delle scorse settimane, e il dibattito politico – surriscaldato sul momento dall’exploit di Grillo e del suo MS5 – sembra essersi “raffreddato”: questo ci permette delle riflessioni a mente più calma, partendo – come siamo soliti fare – dai numeri, dai dati.

Innanzitutto, in un quadro generale di difficoltà dei partiti maggiori e di avanzata di nuove forze politiche, il risultato dell’Udc non è affatto negativo: mentre, infatti, come spiega D’Alimonte oggi sul Sole, il Pdl perde ben 28 (ventotto!) punti percentuali e il Pd 16 (sui risultati del 2008), il nostro partito si conferma stabile al 6% (gli altri stanno più giù: Idv al 3,8%, Sel al 2,7%, la Lega addirittura al 2,4%). Il che, certo, non può essere considerato come un soddisfacente risultato finale, ma come una riprova della stabilità e validità del progetto che abbiamo messo in campo, sì. Nel dettaglio, il risultato al Nord – conquistato grazie alla sperimentazione di un nuovo tipo di aggregazione civica e centrista (senza Fli e Api, in molti casi) – è straordinario: in comuni come Alessandria, Buccinasco, Garbagnate Milanese, Belluno, Monza, abbiamo sfiorato o superato il 10% (novità assoluta, specie in un nord dove gli elettori orfani della Lega hanno ripiegato sul M5S). Senza contare che proprio al Nord, a Cuneo, abbiamo addirittura eletto un nostro sindaco (con una coalizione autonoma). Sulle stesse percentuali anche i risultati al Centro e al Sud, dove il nostro tradizionale radicamento è stato nuovamente premiato (in Sicilia abbiamo eletto, per esempio, diversi sindaci: e qui vi posso assicurare che, per esperienza personale, ripartivamo da un quadro completamente diverso da quello degli ultimi anni).

La (quasi?) scomparsa del Pdl, poi, apre nuovi e interessanti scenari: come abbiamo sostenuto più volte, rischia di sparire la rappresentanza politica che per tanto tempo ha detenuto la golden share del campo moderato, ma di certo non può essere scomparso quel blocco sociale, politico e culturale di “moderati” (per utilizzare un termine spaziale che però ormai significa poco) che è comunque maggioranza nel nostro Paese. Tocca a noi lavorare per rifondare questo campo e dare voce a milioni di elettori confusi e disorientati. Ecco perché la scelta di azzerare (e sciogliere) l’Udc ci ha premiati. C’è uno spazio da occupare e presidiare, da dove si può anche partire per andare conquistare nuovi territori. Per farlo, certo, servono programmi e idee chiare. Sulla base di questo dobbiamo poi andare a cercare i nostri voti, i voti che ci servono per vincere e governare (e fare, ça va sans dire, le riforme liberali e strutturali di cui questo Paese ha un maledetto bisogno). È ovvio, però, che noi da soli siamo insufficienti.

Dobbiamo cercare quindi compagni di strada coraggiosi e validi, senza doverli però trovare in esperienze consumate e superate: quello che ci serve non è altro personale politico da apparato; ci servono volti e storie freschi, ricchi di nuove energie. Non ci servono generali senza truppe, e neanche riedizioni aggiornate di coalizioni fallite. Né, tantomeno, possiamo accettare di unirci – in modo acritico – ai protagonisti di foto messi in crisi da nuovi e pericolosi concorrenti.

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Trasparenza e democrazia sono più importanti di Beppe Grillo

postato il 25 Maggio 2012

di Adriano Frinchi

Sarà l’eccessiva esposizione mediatica, sarà anche merito del consenso elettorale  raccolto nelle recenti elezione amministrative ma Beppe Grillo pare diventato il crocevia della politica italiana, tanto che sembra addirittura che in Parlamento i “cattivoni” della casta si siano messi a cospirare contro Grillo e i grillini.

Ma andiamo con ordine.

Ieri la Camera ha approvato un emendamento, presentato da due deputati dell’Udc, al disegno di legge sulla riduzione dei rimborsi elettorali e sul controllo dei bilanci dei partiti, dopo gli ultimi scandali che hanno coinvolto l’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi e quello della Lega Nord Francesco Belsito. Il testo approvato prevede che non abbiano diritto al rimborso i partiti che non abbiano uno statuto.

Il comico genovese, ha gridato allo scandalo perché a suo avviso l’emendamento approvato sarebbe una manovra dei partiti per rendere impossibile l’accesso ai rimborsi elettorali al Movimento 5 stelle.

Ma perché in base all’emendamento approvato il M5s non avrebbe diritto ad accedere ai rimborsi?

Semplicemente per il fatto che il movimento di Beppe Grillo non è giuridicamente inquadrato come un partito e non ha uno statuto. Il Movimento 5 stelle ha infatti solamente un “non statuto”, piuttosto fumoso, che garantisce solo una cosa: la proprietà del simbolo del M5s a Beppe Grillo.

Da qui gli strali di Beppe Grillo su un presunto “emendamento ammazza Grillo”.

Per onorare la verità e tranquillizzare molti animi bisogna ricordare alcune cose:

  1. il M5s, per decisione di Beppe Grillo, non usufruisce dei rimborsi elettorali. Non si capisce quindi come si fa a colpire il Movimento su una cosa a cui ha espressamente rinunciato;
  2. l’emendamento si inserisce nel quadro di una riforma per mettere fine allo sperpero dei soldi pubblici e regolamentare in maniera rigorosa la vita dei partiti e quindi l’accesso al finanziamento pubblico (una proposta che l’UDC presentò a febbraio).

Nessun “complottone” dunque contro Beppe Grillo, ma solamente il tentativo della classe politica di rendere i partiti trasparenti e democratici ed evitare partiti padronali che fanno man bassa del denaro pubblico.

Sorge però legittimo il dubbio che  gli strali di Grillo siano dovuti al fatto che questa riforma interroga il M5s su democrazia interna e trasparenza. Qualche grillino infatti potrebbe chiedere conto e ragione al “grande capo” del “non-statuto” e di quella proprietà esclusiva del simbolo del Movimento.

Questo dubbio verrà chiarito col tempo, intanto è sufficiente ricordare che trasparenza e democrazia sono più importanti di Beppe Grillo. Che a lui piaccia o no.

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Imparare, una volta per tutte, la lezione di Falcone

postato il 23 Maggio 2012

di Adriano Frinchi

23 maggio 2012, il cielo su Palermo è grigio, le prime ore del giorno hanno portato pioggia e le nuvole gonfie sembrano voler  riproporre piovaschi nell’arco della giornata.

Vent’anni fa invece c’era il sole, una gran bella giornata di inizio estate. Nella sua tragicità, il 23 maggio 1992, fu un giorno bellissimo: il sacrificio di Giovanni Falcone, di sua moglie e degli agenti della scorta destò le coscienze degli italiani, Palermo e la Sicilia furono nei giorni seguenti come non sono mai state.

Oggi che il cielo è grigio e la pioggia scende mestamente sulle commemorazioni, nonostante in 20 anni tanto sia stato fatto nella lotta contro la Mafia, si ha la sensazione che poco sia cambiato. Coglie bene questa sensazione Giovanni Bianconi, che sul Corriere della Sera di oggi ipotizza: “se la Sicilia è ancora la stessa di Falcone”.

Il problema oggi non è commemorare di più e meglio Falcone e i suoi uomini, ma è assimilare una volta e per tutte la lezione civile di Giovanni Falcone, che è lezione di impegno, responsabilità e sacrificio.

Perché oggi non basta essere contro la Mafia, ma occorre essere contro il nostro lato oscuro, quello che alimenta i nostri pubblici vizi e soffoca le nostre inutili private virtù.

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Se Brindisi è la nostra Utoya

postato il 20 Maggio 2012

 di Adriano Frinchi

I recenti sviluppi delle indagini parlano di “gesto isolato” e allontanano sempre di più lo scenario della strage di Mafia dall’attentato che ha colpito l’istituto “Morvillo-Falcone” di Brindisi. Gli osservatori più attenti, pochi a dire la verità, avevano già capito dalle prime ore che non poteva trattarsi di un’azione della criminalità organizzata, ma professionisti dell’antimafia e dietrologi di ogni risma hanno avuto la meglio e si sono guadagnati qualche minuto di popolarità sulla tragica fine della povera Melissa.

Ma se Brindisi non è Capaci, o via D’Amelio o Piazza Fontana, cosa sono quelle tre bombole di gas esplose davanti ad un istituto di Moda? L’attività investigativa sembra suggerire uno scenario diverso e totalmente inaspettato che potrebbe avere preoccupanti somiglianze con Utoya, l’isola norvegese dove furono massacrati 69 giovani da Anders Behring Breivik.

Forse è solo una inquietante suggestione, ma il fatto che delle adolescenti che studiano moda possano diventare oggetto di tanta ferocia deve farci pensare. Indipendentemente dal risultato delle indagini dobbiamo chiederci cosa può spingere ad accanirsi con tanto odio contro i più giovani, contro delle ragazze indifese. Cosa può portare a distruggere i sogni e le speranze di giovani vite?

In questo momento nessuno ha una risposta, ma un brivido corre lungo la schiena se pensiamo che tutto ciò è accaduto nella nostra Italia. Forse la Mafia, la “strage di Stato” ci avrebbero lasciato, se così si può dire, più tranquilli perché si tratterebbe di un vecchio e noto nemico.  Ma quest’orrore che sembra nascere da un cuore umano ci lascia sgomenti, senza risposte. E in tempi di sofferenza e di difficoltà per le generazioni più giovani tutto questo diventa angosciante, quasi l’incarnazione di Saturno che divora i suoi figli.

Occorre ora attendere risposte da parte delle autorità, ma occorre anche pensare ad una risposta, una risposta da comunità civile. E in questo la Norvegia può esserci maestra: lì la dignità di un popolo e uno Stato di diritto hanno sconfitto l’orrore.

Davanti alla tragedia di Brindisi anche il terremoto che ha colpito l’Emilia sembra poca cosa, perché i danni di un sisma sono danni a cui si può porre rimedio mentre non ci sono cemento e vernice per la devastazione dell’anima e dello spirito. Sono danni che ci lasciano disperati e arrabbiati, ma sono danni che dobbiamo riparare tutti.

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