Tutti i post della categoria: Riceviamo e pubblichiamo

A3: Espresso vs Ciucci, dati e scadenze lavori, ma lo sviluppo rimane un sogno

postato il 16 Aprile 2010

lavori in corso‘Riceviamo e pubblichiamo’ di  Massimo Procopio e Domenico Zappavigna

22 Ottobre 2013

Oggi alla presenza del Governatore della Regione, alle varie autorità locali, tra cui il Sindaco di Reggio Calabria, e con la benedizione del Vescovo, il Presidente del Consiglio ha tagliato il nastro che apre l’ultimo tratto della nuova e moderna autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria. Nelle parole del Presidente la speranza di un rilancio di una Regione, qual è la Calabria, che vede nel turismo e quindi nelle infrastrutture viarie, la chiave fondamentale per uno sviluppo reale in grado di reggersi su gambe proprie e non più legato ai finanziamenti “da Roma”.
L’Autostrada non è quindi più quel simbolo che fino a ieri rendeva manifesto il ritardo infrastrutturale di una Regione e che chiudeva le porte a quei turisti che ammiravano la Calabria sui depliant nelle agenzie di viaggio ma poi sceglievano la Spagna perché più facile da raggiungere!
Se oggi l’Autostrada è una realtà “noi calabresi” non dobbiamo dire grazie solo al Governo centrale che finalmente ha creduto nel desiderio di riscatto questa Regione, ma dobbiamo ringraziare chi fino ad oggi ci ha rappresentato in Parlamento e chi ha governato la Regione negli ultimi anni, è grazie al loro costante impegno, alla loro dura battaglia per difendere i finanziamenti, alle loro denunce all’opinione pubblica nei rari momenti in cui i lavori sembravo destinati a rallentare, alla loro trasparenza ed alla lotta alle infiltrazioni mafiose, ma soprattutto dobbiamo ringraziare “noi calabresi”, la nostra rivolta civile che in questi ultimi anni ci ha permesso di abbandonare le logiche dell’assistenzialismo, del voto di scambio, dei diritti che si trasformano in favori.

16 Aprile 2010.

“Chi ha tempo non aspetti tempo”. Seguendo questa massima abbiamo iniziato a scrivere un articolo sull’inaugurazione dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, ma nel leggere alcune inchieste pubblicate recentemente
( 02 aprile 2010
“Salerno-Reggio Calabria i perchè di un flop” di Gianfrancesco Turano
“Il governo ha promesso il completamento dei lavori sull’A3 nel 2013. Ma gli esperti spostano la data fino al 2020. Mentre i costi si moltiplicano e i fondi mancano. Tra cantieri chiusi e disagi infiniti per chi viaggia”
01-04-2010
“Anas/A3: Ciucci replica all’espresso, retorica e demagogia”
Non è mancata la replica del presidente dell’Anas, Pietro Ciucci, che parla di un grande sforzo di accelerazione, confermando la data del 2013 per l’ultimazione dei lavori principali.
… senza entrare nei dettagli noiosi dei numeri sfornati da entrambi.
)
era forse meglio seguire un’altra massima: “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”. Il nostro articolo non ha più valore.

A non avere più valore non è solo l’articolo ed il tempo speso ma non hanno più valore i sui contenuti, i ringraziamenti al Governo centrale, a chi ha governato la Regione (destra prima e sinistra poi) e, soprattutto, a “noi calabresi” in coda sulla Salerno-Reggio Calabria o sulla S.S.106, in attesa di un ennesimo taglio ai treni a lunga percorrenza da e per la Calabria, o in fila al check-in all’Aeroporto Internazionale di Reggio Calabria servito da ben 6 voli al giorno (vedi orari del 12/04/2010)!

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Il disastro aereo in Russia e la Polonia in lutto

postato il 14 Aprile 2010

La mappa dell'incidente‘Riceviamo e pubblichiamo’ di Jakob Panzeri

Dovessimo stabilire una graduatoria dei popoli europei che più hanno sofferto nella nostra storia, credo che uno dei primi posti spetterebbe alla Polonia. Una nazione che per anni non è mai esistita, trattata come pedina degli scacchi o carta da briscola che i giocatori continuavano a sfilarsi: per 123 anni a partire dal 1772 la Polonia è stata spartita, divisa, smembrata tra la Prussia di Federico II, l’Austria di Maria Teresa e la Russia degli Zar.  Nel 1795 venne addirittura cancellata dalla carta geografica. Una condizione rispetto alla quale la nostra Italia  “mera espressione geografica” nella definizione del principe Klemens von Metternich ha certo una posizione da invidiare. [Continua a leggere]

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Condono Edilizio 2010: la terra frana, ma importa a qualcuno?

postato il 20 Marzo 2010

maierato“Riceviamo e pubblichiamo” di Gaspare Compagno
Dopo il sisma avvenuto a L’Aquila gli italiani giustamente pensavano che qualcosa sarebbe cambiato nel rapporto con il territorio.
E invece no. A novembre una frana ha travolto e ucciso una ragazza di 15 anni e ha provocato il ferimento di 8 persone, e ha fatto il seguito di una precedente frana che colpì alcune case e causò la morte di altre 4 persone. Questo evento fa rabbia, proprio perché si poteva evitare se la zona fosse stata messa in sicurezza come avevano consigliato i geologi.
E non solo. [Continua a leggere]

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Immigrazione: l’ integrazione è possibile

postato il 17 Marzo 2010

integrazione

‘Riceviamo e pubblichiamo’ di Antonio Cannatà

Ancora una volta ci troviamo di fronte ad episodi di bieca intolleranza razziale. Ormai quasi quotidianamente guardando la televisione, leggendo i giornali o anche ascoltando la radio è impossibile non sentire parlare di gente che in un modo o nell’altro manifesta la propria allergia verso chi è “diverso”.

L’ultimo atto lo dobbiamo agli “amici” leghisti che a Sansepolcro (AR) distribuivano saponette ai passanti per “lavarsi le mani dopo aver toccato un immigrato”.

Ma qual è il filo conduttore che lega Rosarno (RC) a Sansepolcro (AR)? Qual è la base comune che unisce il malcontento della popolazione nei confronti degli immigrati? Perché ancora non riusciamo ad accettare ciò che va oltre il nostro bianco naso?

Forse noi non siamo ancora pronti ad accettare chi è “altro” rispetto a noi stessi, chi ha un colore della pelle diverso o chi parla una lingua che non è la nostra. Questo inevitabilmente sfocia nell’intolleranza non solo dell’uomo, ma anche nell’intolleranza delle idee.

Il problema non è solo dei nostri tempi. Fin dai tempi antichi ci si dibatteva sul ruolo degli stranieri. Anche Seneca si poneva il problema del ruolo degli schiavi, e scriveva: “Servi sunt, Immo Homines” (sono schiavi, ma sono anche uomini), “sono schiavi, ma anche amici, sono schiavi ma anche compagni di schiavitù”.

Non dobbiamo dimenticare che tra i primi e forse più famosi migranti furono Maria e il suo sposo Giuseppe che fuggivano in Egitto; e che noi stessi, per nostra storia e natura, siamo un popolo di migranti. Chissà quanti di noi hanno almeno un parente, vicino o lontano, emigrato all’estero in cerca di fortuna. Chi in America, chi in Australia, chi in Belgio e via discorrendo. Il nostro popolo di emigrati ha fatto sì che molti di noi oggi vivano in condizioni sicuramente migliori di chi ci ha preceduto, e gli stessi hanno portato in dote nei paesi di arrivo una cultura che non di rado è forte e radicata nonché motivo di vanto per le comunità locali.

Concordo con chi afferma che oggi l’immigrazione, soprattutto quella irregolare, è un grosso problema. È un problema per la sicurezza dei cittadini, per la salute pubblica, è un problema per l’Erario, insomma è un gran bel problema. Ma nulla toglie al fatto che di fronte non ci sono solo numeri o insieme di righe da depennare dal bilancio di uno stato, ci sono Uomini con occhi, cuore, fegato e cervello.

Comprendo le esigenze di chi amministra la cosa pubblica, che è chiamato a garantire dei diritti fondamentali ai cittadini, ma non bisogna dimenticare l’obbligo di difendere coraggiosamente i diritti inalienabili di ogni essere umano. Chi governa è chiamato a garantire “i diritti e i doveri che sono alla base di ogni vera convivenza e incontro tra i popoli” (Benedetto XVI), è chiamato a portare avanti politiche di integrazione, non di odio, è chiamato a unire, non a dividere.

L’intolleranza portata avanti da una certa parte politica, forte della “carta bianca” datagli da chi governa il paese, è a dir poco sconcertante. L’indifferenza che sfocia in razzismo è un cancro che corrode da dentro l’animo dell’uomo.

Il mio invito è a non usare le saponette distribuite in Toscana, ma anzi ad andare a stringere la mano agli immigrati e, perché no, a parlare e scambiare quattro chiacchiere con loro: scopriremo un mondo nuovo che va al di là del colore della pelle o del paese di provenienza, scopriremo culture, tradizioni, pensieri che se ascoltati con attenzione e umiltà porteranno inevitabilmente alla crescita personale di ognuno di noi.

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La democrazia è a rischio?

postato il 14 Marzo 2010

Bandiera italiana ‘Riceviamo e pubblichiamo’ di Antonio Cannatà

Penso che oggi tutti quanti noi siamo chiamati ad un atto forte! Chiunque si renda conto della gravità di quello che sta succedendo ha l’obbligo di non voltarsi dall’altra parte.

La democrazia, a mio avviso, è in questi giorni in serio pericolo. Le istituzioni che si fanno la guerra tra di loro sono il terreno fertile per ogni tipo di dittatura. Palese o fittizia. Quando a capo delle istituzioni non ci sono uomini “delle istituzioni” con il senso dello Stato, ma solamente arroganti e presuntuosi oltreché loschi figuri allora dobbiamo seriamente preoccuparci per la sopravvivenza delle stesse.

Se un esecutivo si arroga il diritto di usare armi come il decreto per regolamentare una legge elettorale senza, ovviamente, passare dal parlamento a mio parere siamo arrivati al capolinea della libera partecipazione.

Condividendo l’opinione che il partito di maggioranza relativa debba poter partecipare alle elezioni, e rammaricandomi io stesso che il Pdl non ci sia alle prossime elezioni nella provincia di Roma poiché moltissima gente, forse, non andrà a votare, potendo dunque falsare o quantomeno modificare il risultato elettorale, ritengo essenziale il principio che un governo non può pretendere di avocare a se tutti i poteri costituzionali, quando lo stesso cerca di modificare delle linee di pensiero giuridico, ecco che va delineandosi quel disegno di impossessarsi degli stessi poteri che dovrebbero essere intoccabili e sapientemente separati.

Se si vogliono cambiare le regole del gioco, questo è nei poteri di un esecutivo democraticamente eletto, ma va fatto nei tempi e soprattutto nei modi giusti. Il parlamento deve essere la casa del dibattito politico e la sede unica del potere legislativo. Cambiare le carte in tavola con l’uso di decreti è da bari! e da sempre i bari hanno fatto il male di ogni tavolo dove si sono seduti.

E ancor meno reputo utile l’utilizzo indiscriminato della piazza. Non bisogna dimenticarsi che è dalla piazza che nascono le dittature.

Il parallelismo, spero, è alquanto azzardato ma da una “innocua” marcia nella capitale si è dato il via al fascismo! non vorrei che un’altra “innocua” marcia possa dare il via ad altro!

Ogni cosa ha il suo luogo. La baldoria ha la piazza, la legge ha il parlamento. Se si confondono queste cose si rischia che la piazza diventi la legge e il parlamento faccia solo baldoria. E credo, spero anche a ragione, che non sarebbe la cosa più auspicabile. Il ricorso alla piazza va ponderato egregiamente! Alla piazza bisogna ricorrere senza esagerazione. Anche perché il passo tra popolo e massa è davvero breve, forse minimo. E basta un demagogo neanche troppo esperto per guidare la massa, mentre c’è bisogno di un “politico”, uno “statista”, per condurre il popolo!

Per questo oggi io confido nell’unica, spero, reale alternativa di questa politica bipolare. l’Italia non è bipolare e men che meno bipartitica! speriamo che la gente non cada nella logica del terrore leghista o nella politica finta del Pd.

Io oggi voglio avere il coraggio di essere libero da ogni condizionamento e forte nelle mie idee! solo cosi potremo un giorno rendere conto ai nostri figli delle scelte fatte oggi!

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Fenomenologia dello Spirito Verde

postato il 10 Marzo 2010

Piazza-del-Monumento-alla-Battaglia

‘Riceviamo e pubblichiamo’ di Jakob Panzeri

Il mio intento è quello di sviluppare un’analisi reale, razionale e oggettiva del fenomenologia leghista ed essere un osservatore ed uno sperimentare attento.

Cercherò di farlo da un punto di vista oggettivo ed imparziale,  a volte anche scomodo e anti-conformista, cercando di analizzare il fenomeno lega nella sua azione individuale e sociale e scomponendone le passioni. Quest’analisi può anche non essere accettata, criticata o rigettata.

E’ solo un analisi che un ragazzo diciottenne, evocando dalla peste di Berlino del 1831 uno dei suoi filosofi preferiti e promettendo di seguirne l’analisi dialettica, cercherà di condurre. Vediamo dunque da cosa si manifesta lo spirito leghista, cioè l’idea in sé: il movimento Lega Nord suole far risalire le sue origine al 1176, quando il condottiero Alberto da Gluxano, per molti un personaggio dai contorni leggendari anche se attestato nel Chronica Mediolanses di Fra Galvano Fiamma, sconfisse l’esercito imperiale di Federico I nella battaglia di Legnano salvando le franchigie e le libertà comunali dall’influsso del Sacro Romano Impero di Germania. Inoltre la Lega suole rifarsi a Carlo Cattaneo, patriota e filosofo italiano che insieme a Roberto Ardigò costituisce il nucleo del positivismo italiano; egli prese parte alle cinque giornate di Milano contro gli austriaci e ideò il primo embrione del concetto di “federalismo”. 

Tuttavia la Lega attuale, pur rifacendosi nei simboli (il carroccio e il guerriero) o nelle tematiche (la devolution) è alquanto differente dall’essere un’organizzazione comunale duecentesca o una corrente filosofia della Belle Epoque. La Lega Nord nasce nel 1989 e curiosamente nasce come confederazioni di movimenti: riunisce infatti la Lega per l’indipendenza della Padania, la Liga Veneta, il Piedmont autonomiste, l’Union Ligure, la lega Emiliana Romagnola e Alleanza Toscana. Di  questa confederazione viene eletta come presidente una donna, Marilena Marin, della Liga Veneta, mentre inizia a farsi notare e riesce a farsi eleggere segretario  il varesino Umberto Bossi.

Se dapprincipio sembra più uno scherzo, i principali partiti si accorgono subito che le leghe stanno prendendo piede e chiedono indipendenza per le loro regioni, tanto che Bettino Craxi , riunendo il partito socialista a Pontida il 3 marzo 1990, offrirà per evitare una maxi secessione del centro-nord una riforma federalista dell’Italia, progetto rifiutato. Due profonde anime si celano nella nascente confederazione che nel 1991 si unirà nella Lega Nord e troverà il suo fondatore e leader in Bossi:  un’anima fortemente popolare, movimentista, azionista e secessionista che troverò il suo apice nella campagne delle camicie verdi e negli scontri di Via Bellerio il 18 settembre 1996, dopo la dichiarazione formale di indipendenza dal suolo patrio e gli scontri con gli agenti di polizia, e un’anima istituzionale e riformista che non pretende lotte e sedizioni ma riforme in ambito di sussidiarietà sociale e assistenza regionale, persone come la nota Irene Pivetti e  il professor Miglio. Due anime che a periodi alterni condizioneranno il partito e lo porteranno a sbocchi diversi.

Oggi l’ipotesi della secessione non è più considerata attuabile: vero, la Padania ha partecipato ed è peraltro campione in carica dei Mondiali delle nazioni non riconosciute e riecheggia nel nome della sua emittente radio la Padania Libera, tuttavia è conscia che questa pretesa è irrealizzabile e nemmeno pensabile. Il programma secessionista subì le prime battute d’arresto nel 1997: la Lega Nord si espresse a favore della modifica del V Titolo della Parte II della Costituzione, incentivando il principio di sussidiarietà e di regionalismo e affermando di accontentarsi di queste riforme, in attesa di tempo migliori per l’attuazione del federalismo. Molti furono i dissensi, in particolare dalle camicie verdi e dagli azionisti più accesi che si sentirono traditi: il più importante, Max Ferrari, direttore di Tele Padania, si staccò dal movimento fondando il Fronte Indipendentista Padano.

Oggi quel giorno è arrivato, la Lega Nord ha attuato la sua riforma federalista, e anche oggi si può notare che le due anime della Lega sono sempre vive : da un lato la lega contro i “terruni”, l’idea“rimbalza il clandestino”, le frasi “i napoletani puzzano”, la lega che distribuisce etichette “Italia fuori dai coglioni!”; dall’altra parte una lega istituzionale e moderata che trova il suo apice in Roberto Maroni, che Roberto Saviano, il celebre autore di “Gomorra”  e “La Bellezza all’Inferno” ha definito “uno dei migliori ministri dell’Interno nella lotta anti-mafia e continuatore della tradizione della destra antimafia in cui Paolo Borsellino si riconosceva”. Secondo me sbagliamo tutte le volte che stigmatizziamo il movimento leghista come rozzo, deprecabile, violento, ignorante, razzista, espressione della feccia e anti-italiano.

Sbagliamo ogni volta che seguiamo queste etichette. Primo, perché non bisognerebbe mai giudicare apponendo etichette, in secondo luogo perché per creare la giusta alternativa occorre prima capire come mai la gente voti Lega e perché. Sapete perché la gente lombarda e veneta vota per la Lega? Perché sono ignoranti, populisti e non vogliono “Roma ladrona?” Assolutamente no. Il lombardo vota la Lega perché vede gli imprenditori squali assumere solo clandestini per pagarli quattro soldi,  sfruttandoli indecorosamente e alimentando il lavoro nero. Il veneto vota la Lega perché considera le parole del centro-destra solo un sacco di belle promesse e depreca il centro-sinistra in quanto non sa fare altro che accusare la destra senza mai proporre nulla! Un vuoto abissale che vive solo di anti! Il Pd al Nord è una realtà pressoché sconosciuta . Il lombardo sente la Lega con il suo linguaggio semplice, anche folkrolico, tradizionale, legato alla pancia e ai problemi materiali e sociali, e la vota! E se qualcuno vuole essere l’alternativa alla Lega deve sviluppare queste tematiche, problemi sentiti al nord che la Lega ha compreso ma per cui  forse offre risposte non adeguate; risposte che vanno cercate e formulate magari dalla futura classe dirigente del Partito della Nazione.

Non stigmatizziamo la Lega, non deprechiamola, consideriamola un partito con tutti i suoi diritti del caso e confrontiamoci passo passo sulle tematiche che essi hanno centrato e che hanno bisogno di nuovo risposte! Sviluppiamo nuove politiche immigratorie, con la consapevolezza che è il multiculturalismo è fallito e questo fenomeno si sta rendendo sempre più manifestando nel nord Europa, che su questo modello ha incentrato tutte le sue politiche, e in Inghilterra, dove non è mai stata possibile un’integrazione e il modello londinese non ha portato altro che ha sviluppare città nelle città, quartieri nei quartieri, il cinese, il pakistano, l’indiano, senza nessun collante e idealismo fra loro! Il politologo di fama internazionale Giovanni Sartori, di orientamento centro-sinistra e teorizzatore e oppositore della destra xenofoba, si è reso comunque conto che il multiculturalismo è un fallimento e lo ha definito un’anarchia di valori e di identità che non può far altro che portare allo scontro e allo scontro reciproco fra le parti! Di questo, il paese dei tulipani è l’esempio più evidente! Da una parte xenofobia e sedizioni, dall’altra parte lo stesso, come si manifestò per le violenze ai disegnatori di alcune vignette e all’omicidio del regista Theo Van Gogh.

Secondo me sbagliamo anche quando definiamo la lega-anticattolica. Si potrà obiettare che essa tiene un comportamento strumentale con la Chiesa, pronta a spezzarlo ogni qual volta gli è utile e a ricomporlo per lo stesso motivo. Ma scusate, così in realtà hanno fatto quasi tutti i politici della storia! Pensiamo a Costantino il Grande, ricordato come grande imperatore e santo! Ebbene, lui che fu autore nel 313 dell’editto omonimo, non si convertì mai al cristianesimo se non in punto di morte; l’aspetto che gli premeva di più era quello di partecipare ai concili ecclesiali e di poter influire con la sua autorità: si tratta di cesaropapismo, l’influenza dello stato sulla Chiesa. Pensiamo a Luigi XIV e ai suoi accordi e scontri con la chiesa gallicana e romana. In tutta la storia dell’umanità sono esistiti ed esistono tre tipi di uomini: molti gli atei e gli agnostici, che non reputano la teologia e le dottrine religiose come veritiere o necessarie all’uomo; i più, la gran maggioranza, che pur professandosi fedele si riduce a vivere la fede della domenica e la vive come un moralismo, come un sentimentalismo o come un rapporto strumentale; infine i pochissimi, coloro che vivono la loro fede integralmente riconoscendo l’incontro con una Persona, un fatto, una radice cristologica presente ancora qua con noi, hic et nunc,-  lui è qui- come nella celebre espressione di Charles Peguy e che si atteggiano nella loro vita a un vero credo e al rispetto del Magistero.

Non mi sentirei dunque di puntare il dito contro la lega per questo, visto che il 70% dei cattolici avrebbe un rapporto non autentico con fede, nonché personaggi come Costantino e Luigi XIV che tanto hanno fatto per l’affermazione del cristianesimo. Io so invece che la Lega, all’indomani del caso Lautsi e della decisione della corte europea di Strasburgo contro i diritti dell’uomo sul Crocifisso, è stata la prima a impuntare i piedi! La prima a protestare e a iniziare una raccolta firma in favore del crocifisso, che anche io ho firmato. Poi sono intervenuti l’Udc e il PdL mentre il Pd, come al solito squassato da litigi interni e diviso fra laicità e laicismo in fin fine non riusciva altro che a dire: “ mah… un po’ di buon senso… può starci”.

La  verità è che ci siamo fatti bagnare il naso, l’unione dei democratici cattolici e di centro avrebbe dovuto proporre per prima questa raccolta firme e battersi per il crocifisso.  Solo così si può costruire un’alternativa che oggi non è percepita dalla gente: stando vicino alla gente, ai loro problemi tanto carnali e materiali ma fondamentali per la vita di un individuo (ricordava Feuerbach, l’uomo è che ciò che mangia) e nel contempo non dimenticando mai i nostri ideali e manifestando a voci alta i diritti non negoziabili e le nostre radici che affiorano dalla Classicità e dal  Cristianesimo! Così nascerà l’alternativa! Non insozzando o irridendo il forklore dell’altro (anche la Lega merita rispetto) , ma cercando di capire perché viene seguito, quali tematiche sviluppa per la gente, ma trovando, e qui sta la differenza, delle risposte migliori.

Al momento questa alternativa non c’è, ma si dovrà costruire, sarà il nostro futuro. E devo dire, faccio i miei migliori auguri ai Giovani Udc del Veneto, di cui ho visto un recente video su youtube davvero commovente e un contributo straordinario: la marcia dei liberi e forti di don Luigi Sturzo, un cammino coraggioso e sulle orme della Verità e della buona politica! Alcuni di loro li conosco bene, in particolare Marco Chinaglia, a cui faccio i miei migliori auguri di essere eletto nella circoscrizione di Rovigo consigliere regionale. Questo è il cammino: i liberi e forti! Giovani moderati che proseguano per questo cammino.

Questi sono il futuro che noi tutti sogniamo. Io personalmente ho in sogno, anzi, più che un sogno un’utopia, so che un’idea risibile e irrealizzabile, ma io ve lo voglio dire lo stesso: io sogno un giorno in cui non per forza una proposta debba essere criticata solo perché viene dall’altro, da un altro partito, da un’altra corrente, da un’altra persona. Un giorno in cui non si vedrà più un nemico nell’avversario politico ma insieme si ragionerà per risolvere i problemi autentici. Sogno una specie di grande pentapartito, come nei tempi che furono, un pentapartito retto da un’anima illuminata del PdL, il mio veltro! “Questi non ciberà terra né peltro,/ma sapïenza, amore e virtute,/e sua nazione sarà tra feltro e feltro.” (Dante, Inferno, I, 102-105)   che si imporrà al PdL nelle future primarie e indicherà una svolta moderata, innovativa e saldamente cattolica il cui centro promotore e principale alleato sarà il futuro grande Partito della Nazione. Ma in questo grande progetto avranno spazio anche gli animi più  moderati di Lega e Pd.

Alla Lega posso solo augurare di abbandonare o mitigare determinate logiche  e l’eccessività del comportamento, creando un gruppo legato e amante del proprio territorio ma rispettoso anche degli altri, di quanti ad esempio abbandonano la loro realtà per venire in Italia a lavorare regolarmente. Al Pd posso solo augurare di riuscire a proporre qualcosa e di non vivere solo in una logica di antinomie che ha prodotto il suo crollo in tutto il Nord  e che ha portato all’abbandono dei cattolici. Moderazione, virtù, giustizia allora regneranno e all’apposizione starà soltanto chi non accetterà la moderazione e un cammino comune per l’Italia: tutti gli estremisti: siano essi rossi, neri, viola o verdi. So che questo mio progetto è utopico, e che probabilmente il mio Arrigo VII di Lussemburgo non troverà i giusti consensi, che i guelfi e i ghibellini continueranno a scannarsi fra loro in lotte fratricide come la battaglia della Lastra e so,  come il sogno politico di Dante, anche il mio si infrangerà nelle schegge dell’antinomia, della lotta, della diversità. Ma su, giovanile partito della nazione, muovi i primi passi e levati in volo!

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Quando il “gioco” si fa duro… e tutti giocano!

postato il 5 Marzo 2010

Terno al Lotto ‘Riceviamo e pubblichiamo’ di Estremo Centro Emilia Romagna

La classe media in ginocchio e la forbice tra ricchi e poveri che si allarga ma c’è un mercato in Italia che non conosce crisi: quello di lotterie, scommesse e gioco d’azzardo ma che anzi, sembra divenire in modo preoccupante la speranza, l’investimento per il futuro, di chi -magari rimasto senza lavoro- affida speranzosamente alla dea fortuna una parte, all’inizio esigua, ma poi sempre più rilevante delle sue disponibilità.

L’indubbio e apprezzato ritorno erariale è notevole; è altresì innegabile che lo svilente impoverimento a cui deve far fronte una parte considerevole del Paese possa essere  fonte di disagi e debolezze tali da acuire notevolmente il rischio che questo ‘rituale della speranza’  si possa, a lungo andare, trasformare in una vera e propria dipendenza da gioco o peggio ancora  in una piaga sociale, in una patologia che meriterebbe campagne informative e di sensibilizzazione oltre che una maggiore regolamentazione.

Nell’impoverimento non c’è nulla di romanticamente poetico.  In queste espressioni di fragilità nazionale sta la prova dell’urgenza di fornire qualche elemento critico in più alla popolazione e in particolare ai giovani. Il gioco d’azzardo il diffondersi dell’uso di cocaina, l’abuso d’alcol sono  facce della stessa medaglia per cui crediamo sarebbe  politicamente giusto spendersi.

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Elezioni per gli italiani all’estero: il “caso Di Girolamo”

postato il 1 Marzo 2010

Schede elettorali

“Riceviamo e pubblichiamo” di Gaspare Compagno

La vicenda di Nicola Di Girolamo non è facilmente definibile. Trovo riduttivo definirla assurda,  ed è oltre lo squallido.

Ma chi è  costui? Un personaggio che sembrerebbe, dalle intercettazioni, il rappresentante in Parlamento della Ndrangheta, un personaggio legato a filo doppio ad oscure vicende di truffe e di riciclaggio di denaro sporco.

E’ senatore perché è stato eletto nel collegio estero circoscrizione Europa e questo presupporrebbe che lui fosse residente all’estero.

Ma lo era? Secondo voi, un avvocato che fonda il suo studio a Roma (studio professionale “Di Girolamo-Straffi & Associati”) risiede all’estero? La logica vorrebbe che io fondo il mio studio da avvocato dove risiedo. Se risiedo a Bruxelles, come sostiene Di Girolamo, non ha senso aprire lo studio a Roma. Va bene essere pendolari, ma fare il pendolare a distanza di alcune migliaia di chilometri mi sembra eccessivo.

Ma lui non è solo avvocato. Lui si definisce imprenditore. E tutte le sue attività sono localizzate a Roma o nei dintorni: è Presidente del Consiglio Direttivo Fondazione Porfiri Onlus; Vice Presidente della Associazione Promozione Tecnologie e Sviluppo Roma; Vice Presidente del Consiglio Direttivo Europartners; Sindaco effettivo Gruppo Net S.p.A.; Sindaco effettivo Assisi Project S.p.A.; vicepresidente della Fondazione “Italiani nel Mondo”; in Europa, le sue attività sono praticamente nulle.

Anzi, si suppone che lui neanche fosse residente all’estero visto che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma ha chiesto gli arresti domiciliari motivandoli una lista infinita di accuse: aver attentato ai diritti politici dei cittadini, falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla sua identità, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici determinata dall’altrui inganno, concorso in falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, concorso in falsità in atti destinati alle operazioni elettorali, false dichiarazioni sulle sue generalità.
Bell’elenco, ma il senatore Di Girolamo è graziato dal Senato che nel settembre 2008 nega l’autorizzazione a procedere nei confronti del senatore. Ma l’indagine continua, e a questo punto ecco la seconda grazia: l’esimio senatore Sergio De Gregorio afferma in data 29/12/2008 che Di Girolamo è vicepresidente della Fondazione “Italiani nel Mondo” e che era residente all’estero. A questo punto ecco la terza grazia: il  29 gennaio 2009 l’Assemblea del  Senato respinge la proposta di rinvio della discussione sulla decadenza dal seggio e preferisce capovolgere la proposta della Giunta, ordinando di riesaminare il caso e di riportarlo in Assemblea solo dopo una eventuale sentenza penale definitiva, che in Italia significa aspettare almeno 10 anni .

E intanto il caro Di Girolamo mantiene la sua carica, con i privilegi e il ricco stipendio da parlamentare, assieme al senatore De Gregorio altro personaggio su cui ci sarebbe da dire qualcosa: ovvero la sua capacità di fare spuntare dal nulla e in maniera  molto opportuna soldi e valutazioni economiche di comodo (fonte: “La Casta” di Stella – Rizzo, edizioni Mondolibri, pag. 17-19): basti dire che riesce con 10.000 euro a fondare due società che poi in pochi giorni, senza aggiungere un soldo, spuntano con un capitale sociale complessivo di 5 milioni di euro, e vende le quote delle società, incassando i soldi suddetti, con un guadagno sproporzionato.

Ma torniamo al caso Di Girolamo.  Un caso che financo Schifani, presidente del Senato, considera talmente laido da preparare l’espulsione del suo compagno di coalizione, perchè ricordiamo che Schifani e Di Girolamo militano nello stesso gruppo, il PDL.

Un caso in cui un senatore è ridotto a squallido lacchè di un boss della Ndrangheta che si adira e lo minaccia, come si evince dalle conclusioni dei magistrati e dalle intercettazioni: infatti il 23 febbraio 2010 viene richiesto l’arresto di Nicola Di Girolamo nell’ambito di una inchiesta sul riciclaggio di capitali della Ndrangheta con accuse di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e al reimpiego di capitali illeciti, nonché la violazione della legge elettorale con l’aggravante mafiosa.
Ma la storia non è mica circoscritta solo a Di Girolamo, anzi è una storia che, cambiando gli attori, era già nota: il 12 aprile 2008 i giornali scrissero in merito al rischio brogli per il voto all’estero, in seguito ad una intercettazione di una telefonata tra Dell’Utri da una parte e Aldo Miccichè, imprenditore italiano in Venezuela, e i Piromalli, famigerato clan della Ndrangheta calabrese.

E questo ci impone una riflessione. La legge che permette il voto degli italiani all’estero deve essere mantenuta o no?

Partiamo da qualche dato numerico: potenzialmente riguarda 4 milioni di italiani all’estero che votano per l’elezione di 18 parlamentari. Giustamente si può obiettare che chi sta all’estero può avere una percezione distorta o parziale della realtà italiana e quindi non sarebbe logico che votasse.  Calderoli sostiene che il sistema di voto per i residenti all’estero “è ridicolo” ed è assurdo che ci siano parlamentari eletti all’estero, dice che all’estero bisogna votare solo per i parlamentari italiani, ovvero che solo chi “vive, lavora e paga le tasse a casa nostra” deve potere essere eletto, evidentemente la Lega punta, furbescamente e sciacallando un tristissimo fatto di cronaca, a fare si che il voto di chi sta all’estero si coaguli attorno ai soliti nomi noti (Berlusconi, Bossi, Di Pietro).

E’ chiaro che forse assegnare ai collegi esteri 18 posti è eccessivo, ma è  anche chiaro che a fallire non è lo spirito della legge, ma semmai come è stato organizzato il voto, ovvero la tecnicalità, per cui si può modificare la legge, mantenendo il diritto degli italiani all’estero di votare, ma migliorando il sistema in modo che non si possano più manipolare o contraffarre i voti. Forse la soluzione è molto più vicina di quanto pensiamo, basterebbe introdurre, come in Svizzera, il voto elettronico che ha avuto ottimi risultati a costi contenuti (circa 200.000  euro9 e con un elevato grado di sicurezza.

Il sistema si basa su un codice PIN personale e il voto viene immediatamente inviato a server sicuri gestiti dal ministero degli interni. Con questo sistema si potrebbe evitare il sistema della spedizione delle schede, sistema laborioso, farraginoso e che si presta a molteplici manipolazioni.

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La farsa antidroga

postato il 26 Febbraio 2010

Test-Casini ‘Riceviamo e pubblichiamo’ di Antonio Di Matteo

Test non solo inutile, ma anche controproducente.

In questi ultimi giorni si è scatenata la caccia all’ unico parlamentare, dei 232 che hanno fatto il test antidroga promosso da Carlo Giovanardi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio per le Politiche antidroga, che è risultato positivo alla cocaina. Fatto eclatante, ma che qualcuno si aspettava. Solo 147 parlamentari, su 232, hanno dato il consenso a pubblicare i risultati del test affiancati dal proprio nome, 29 parlamentari non hanno consentito la pubblicazione degli esiti, 176 hanno ritirato il referto medico delle analisi e 56 non l’hanno fatto ancora.

A mio parere è strana questa volontà di alcuni parlamentari di non pubblicare gli esiti, quasi a proteggere l’unico parlamentare positivo alla coca, di cui non si conosce né sesso, né nome, ma soprattutto non è noto il partito. Resta anche strana la volontà del parlamentare in questione, di sottoporsi al test, sapendo di aver fatto uso di droga.

Il problema è serio, e molti lo stanno strumentalizzando. “L’unico risultato ottenuto – parole del deputato centrista Roberto Rao (UDC)- è stato quello di scatenare il gossip e la caccia all’unico colpevole, contribuendo così a ridestare l’antipolitica, riempire pagine di giornali e gettare un’ulteriore ombra sui costumi del Parlamento. Ora basta con le farse: si faccia un nuovo test, ma stavolta sia obbligatorio per tutti e a sorpresa. Altrimenti – conclude Rao – sarà solo l’ennesima presa in giro”.

Bisogna ricordare agli smemorati in Parlamento anche che: “L’Udc aveva proposto una legge che rendeva obbligatorio il test antidroga per i parlamentari, ma il provvedimento è stato bocciato in Parlamento – spiega Pier Ferdinando Casini leader dell’Udc – Bisogna che ciascuno si assuma le sue responsabilità. Oggi questo test è meglio di niente, anche se è solo un fatto simbolico”.

Le proposte ci sono state, ma sono state bocciate dal Parlamento stesso. Perché? Perché continuare queste inutili insinuazioni sul Parlamento di drogati? Perché non fidarsi dei nostri eletti? La risposta è semplice a tutte e tre le domande. Primo: ci sono alcuni parlamentari che fanno uso di stupefacenti, e riescono a far decadere una proposta contro i loro comportamenti subdoli. Secondo: le insinuazioni si sono verificate in questo singolo caso di positività al test, e allora la verità è che una percentuale, seppur minima di eletti, fa uso di droga. Terzo: come non ci si è fidati dei piloti e dei camionisti, per i quali il test antidroga è obbligatorio, perché noi cittadini dobbiamo fidarci dei parlamentari?

Possibile che non esista un regolamento parlamentare che vigili su questo tema? Non è questioni di partiti o di antipolitica, è questione di correttezza, di onestà e di limpidezza di fronte al popolo italiano, elettore e sovrano. Abbiamo il diritto di conoscere il nome di questo cocainomane.

Nato anche un gruppo su Facebook: Per un Parlamento trasparente: smascheriamo l’onorevole vigliacco

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Corruzione: quali le ragioni di fondo?

postato il 24 Febbraio 2010

Money

‘Riceviamo e Pubblichiamo’ di Orazio Puglisi

Stamattina sfogliando le pagine del Corsera, pur tentando accuratamente di evitare quelle sugli ultimi scandali corruzione, non ho potuto far a meno di imbattermi nel pezzo di Aldo Cazzullo: un’intervista al Senatore Pisanu, Presidente della Commissione Antimafia e uomo politico di raro spessore, già a capo della Segreteria di Aldo Moro.

Premetto che nel merito alla questione sullo scandalo della Protezione Civile non sono informato accuratamente, ammesso che in Italia sia possibile esserlo. E non lo sono principalmente perché ho voluto evitare di incorrere in giudizi sommari con grida spagnolesche a fare da sfumatura o in processi mediatici che lasciano il tempo che trovano, o almeno così dovrebbe essere.

E poi perché credo che indignarsi non sia di per sé la soluzione. Ed è per questo che ho apprezzato le parole del Sen. Pisanu, che faceva un discorso di metodo: “Oggi è la coesione sociale, e la stessa Unità Nazionale a essere in discussione” e “Non sarei così preoccupato se fossi sicuro della tenuta della società civile e dello stesso patto costituzionale”.

A essere in discussione non è un fatto isolato o contingente, ma un sistema che affossa il Paese e lo rende impreparato di fronte alle sfide che contano. La riflessione da fare, a mio modo di vedere, riguarda appunto le ragioni di fondo di tutto ciò. E se c’è una cosa che le cronache odierne insegnano è che la principale di queste è che in Italia contano più le relazioni che il merito.

Lo snodo della questione è politico, affidato ad una classe politica che non solo ignora la questione morale, ma perde di vista la bussola della politica come strumento: “In generale, è chiaro che, quando si riduce la nozione stessa di bene comune, decade lo spirito pubblico, si allentano i vincoli della legge e si spiana la strada alla corruzione”.

Tuttavia è da chiedersi con altrettanta forza se il problema non riguardi anche la stessa società civile, paralizzata in logiche nepotiste e ben lieta di esserlo.

Infatti, quando ci si riempie la bocca dicendo che ci vuole una nuova classe politica, non si capisce con cosa o chi si debba sostituire quella attuale dato il disinteresse sostanziale dei giovani per la politica e più in generale il mancato senso civico. Sulla base di tutto questo non ci scandalizziamo se l’Italia è ai primi posti nel mondo per corruzione e agli ultimi per le libertà economiche.

Nessuno ne parla, ma in questo quadro di corruzione e raccomandazione è proprio il principio liberista delle libertà economiche ad essere leso. Diceva Moro: “Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e della libertà si rivelerà effimera, se non nascerà in noi un nuovo senso del dovere”. E se non la smetteremo di pensare che indignarsi sia di per sé la soluzione.

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