Tutti i post della categoria: Politica

Misure subito, ogni ritardo è letale

postato il 25 Ottobre 2011


La dichiarazione del Presidente della Repubblica è  un richiamo all’assunzione di responsabilità forte. Il governo, se c’è, deve evitare ogni ulteriore indugio e portare a Bruxelles le misure richieste a partire dalla riforma previdenziale.
Qui si tratta di salvare l’Italia, si tratta di evitare il baratro e ogni esitazione può essere letale.

Pier Ferdinando

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Caro Silvio ti scrivo…

postato il 25 Ottobre 2011

 

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

Caro Silvio (non te la prenderai se evito i formalismi, vero?), ora basta. È ora di fare un passo indietro. È ora di dimettersi. Chi ti scrive, con molta sincerità e anche una punta di sfrontatezza, non è mai stato un tuo sostenitore: sono nato 18 anni fa e tutta la mia vita finora si è svolta sotto l’arco della tua storia politica; quando hai annunciato la tua discesa in campo, io avevo appena 4 mesi e 3 giorni; quando hai vinto per la prima volta le elezioni, 6 mesi e 2 giorni; quando le hai perse, per la prima volta, 1 anno e 4 mesi; quando le hai rivinte, per la seconda volta, 7 anni e 8 mesi; quando le hai riperse, per la seconda volta, 12 anni e 7 mesi; quando, infine, le hai rivinte, per la terza volta, 15 anni. Hai fatto il tuo ingresso nell’agone politico – che ancora io non parlavo e non camminavo – con dei programmi elettorali straordinari, con la promessa di mettere in atto la Rivoluzione Liberale, con il sogno dell’imprenditore venuto a modernizzare un Paese vecchio, stanco e disilluso: 18 anni dopo, se si esclude il fatto che ora parlo e cammino e che tu hai più capelli di prima, a me sembra non sia cambiato niente. Proprio niente. I programmi elettorali si sono susseguiti come tante fotocopie in ogni campagna elettorale; il richiamo alla Rivoluzione Liberale (e allo spirito del 94) è diventato un refrain obbligato e ridicolo; il Paese che tu avevi promesso di cambiare (e che dicevi di “amare”), è ancora più vecchio, più stanco e più disilluso di prima.

Caro Silvio, sei entrato in politica con a fianco intellettuali come Martino e Urbani e saggi consiglieri come Letta o Confalonieri. Guarda chi ti è rimasto accanto: ti professavi “liberista” e la politica economica del tuo governo è in mano a Tremonti, o a Sacconi o a Cicchitto (questi ultimi due non me ne vogliano, io sono pure troppo giovane, ma sbaglio o erano socialisti?); ti definivi “moderato” e in televisione vanno a rappresentarti moderatissimi del calibro di Santanché, La Russa o Stracquadanio; vogliamo parlare dei tuoi consiglieri d’oggi, poi? Finito in un cantuccio Letta (per colpe anche sue, chiaro) e sparito Confalonieri, l’eminenza grigia che ti sostiene, ti consiglia, mette a punto le strategie politiche con te è diventato Lavitola, uno sborone che si divide tra improbabili exit strategy e dichiarazioni di millantato credito.

Caro Silvio, diciamocelo: la situazione ti è sfuggita di mano (ammesso che tu e il tuo governo l’abbiate mai avuta, tra le mani). E va bene che c’è la crisi, ma non ci voleva poi mica tanto a provare a sterzare, a rimettersi in carreggiata: prima di scoprire l’amore per il nostro Paese, facevi l’imprenditore, dovresti sapere che in situazione difficili o si riemerge o si affoga, o si torna su o si va giù. Tu non hai fatto né l’uno e né l’altro: complice un’ambigua situazione e un ovvio deficit di competitività da parte delle opposizioni, sei riuscito in un capolavoro politico, quello di “galleggiare, galleggiare, galleggiare” (avrei voluto ripetere tre volte “resistere”, ma mi sono ricordato che per te sarebbe stata una citazione ostile). E dire che la BCE, diversi mesi fa, ti aveva mandato una bella letterina, con cinque punti assai interessanti di riforme economiche e sociali: non avresti dovuto fare altro che convertirli in legge, invece di barcamenarti in un teatrino delle parti osceno sulla manovra finanziaria estiva. Sei riuscito invece a scontentare tutti: dai sindacati alla Confindustria, dagli indignati ai tuoi elettori, fino ad arrivare ai tuoi partner europei. Hai dimostrato una piena inaffidabilità e hai demolito l’autorevolezza e il credito esteri di questo Paese – e, credimi, io non te lo dico con il sorriso sulle labbra, come ha fatto un tuo (ex?) amico. Io te lo dico, ribadendo quanto scritto su: con sincerità e sfrontatezza, come un ragazzo che alla prossima tornata elettorale voterà per la prima volta e che è stanco di doversi accontentare di fiumi di parole.

Caro Silvio, potresti anche ribattermi che se stiamo a questo punto la colpa non è solo o tutta tua. E sono d’accordo. Ma se questi 17 anni di Seconda Repubblica sono stati i più inutili e fallimentari possibili, la responsabilità è soprattutto tua. Tu hai permesso che le cose prendessero questa piega, tu hai radicalizzato lo scontro portandolo ai massimi livelli, tu hai fatto sì che il marketing pubblicitario si sostituisse alla politica. È con te che è nata la Seconda Repubblica ed è con te che morirà. E io, se permetti, vorrei umilmente occuparmi della ricostruzione dalle macerie, insieme a tanti Italiani di buona volontà.

Ciao Silvio, è stato un piacere.

 

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Serve esecutivo che difenda dignità nazionale

postato il 24 Ottobre 2011

Certi sorrisi vanno solo rispediti al mittente

Oggi serve un governo forte che assuma degli impegni in Europa, li mantenga e difenda la dignità nazionale, perché non possiamo essere svillaneggiati con certi sorrisi che non possono essere che rispediti al mittente.
Però la serietà dei nostri propositi è la migliore garanzia che abbiamo di risolvere i problemi.

Pier Ferdinando

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Seppelliti da una risata

postato il 24 Ottobre 2011

Le irriverenti risate della coppia Merkel-Sarkozy su Berlusconi non mi hanno stupito. Ridere di Berlusconi all’estero è cosa molta comune, è sufficiente per rendersene conto fare un giro sui siti stranieri di satira o parlare con la gente comune. Personalmente quando all’estero ho citato Berlusconi mi sono imbattuto nelle crasse risate di un addetto alla sicurezza dell’aeroporto di Tel Aviv, nell’imbarazzo di una ragazza di Helsinki e nel sorriso ammiccante di un cameriere francese. Chiaramente un conto è ridere per strada tra gente comune, un altro conto è ridere ad un vertice internazionale. Di certo c’è che le risate della cancelliera tedesca e del presidente francese ma anche quelle dell’uomo di strada sono un indice preoccupante: nessun premier italiano aveva mai ricevuto un trattamento simile. A queste risate però bisogna rispondere, e la risposta la può dare solo Silvio Berlusconi. Non basta mettere il broncio e dire che “non si è mai stati bocciati”, occorre una decisa inversione di rotta, un cambio di stile e una presa di coscienza: l’Italia in questa congiuntura politico-economica non si può permettere un premier considerato alla stregua del pacchiano Bokassa. Occorre perciò un’immagine nuova, un’immagine di un paese coeso, impegnato e affidabile. Dubito però che questo si possa fare dal palco del congresso del movimento di Scilipoti o preoccupandosi della sorte di Lavitola. Una risata ci sta seppellendo, riusciranno Berlusconi e la maggioranza a rendersene conto?

Adriano Frinchi

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Nessuno è autorizzato a ridicolizzare l’Italia

postato il 23 Ottobre 2011

Neanche di fronte gli evidenti e imbarazzanti ritardi di Berlusconi.

Nessuno è autorizzato a ridicolizzare l’Italia, neanche di fronte agli evidenti e imbarazzanti ritardi con cui il Governo Berlusconi affronta la crisi. Non mi è piaciuto il sorriso sarcastico di Sarkozy nella conferenza stampa di oggi, e credo che anche per lui sia il momento di dimostrare equilibrio e serenità all’altezza delle responsabilità che ha assunto.

Pier Ferdinando

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Ospite de “L’intervista” di Maria Latella

postato il 23 Ottobre 2011
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Legge elettorale, nessuna trattativa con il Pdl

postato il 23 Ottobre 2011

Il Pdl si chiarisca le idee sulla legge elettorale, poi si puo’ intavolare un confronto. Adesso la trattativa non c’è per la semplice ragione che hanno le idee confuse. Il presidente del Consiglio ha detto una cosa giusta sulle preferenze ed è stato subito contraddetto da tutti quelli che pensano di non essere rieletti.
Noi pensiamo invece che bisogna dare ai cittadini la possbilità di scegliere i parlamentari, un risultato che si puo’ ottenere con i collegi uninominali o con le preferenze.
Molti parlamentari che combattono le preferenze lo fanno perché temono di non essere rieletti. Gli va bene lo status quo ed essere designati dai partiti, perché è più facile rientrare nelle grazie del leader che ammazzarsi di lavoro per andare a prendersi i voti con il contatto diretto con i cittadini.

Pier Ferdinando

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L’intervento alla convention del Terzo Polo a Lecce

postato il 22 Ottobre 2011

Pier Ferdinando Casini interviene all’Assemblea del Terzo Polo a Lecce .

Gli uomini e le forze che compongono il Terzo Polo hanno esperienze diverse. Molti di noi sono stati all’opposizione sia con il governo Prodi che con il governo Berlusconi. Ma non ci hanno mai comprato. E pensiamo che l’unica strada che possiamo affrontare in Italia è quella di rimboccarci le maniche, affrontare ricette impopolari, affrontare la realtà e i sacrifici.
L’Italia è a un bivio: o facciamo propaganda, spot elettorali che hanno portato il Paese nel baratro, o parliamo un linguaggio di verità.

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L’Italia e la vespa: sogno di una favola moderna

postato il 22 Ottobre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Marta Romano


Immagino Te, Italia mia, come una Vespa, una di quelle Vespe rosse fiammanti che hanno fatto la storia del nostro Paese nel dopoguerra, quel Paese che cresceva senza sosta, mosso da entusiasmo e voglia di fare, dalla gioia di tornare a vivere. Quella Vespa correva, sfrecciava col vento di cambiamento che investiva l’Europa intera, correva senza fermarsi, neanche davanti ai dossi e alle salite, che allora erano già molto ripide. Correva veloce perché la guidavano mani abili, di persone premurose, che tenevano all’incolumità di quella Vespa rosso fuoco più della loro stessa vita e che per questo, nel loro viaggio in sella a quel veicolo, hanno fatto di tutto per evitare pozzanghere, fango e breccia, per farla sfrecciare senza incidenti.

Purtroppo, però, Paese mio, cara Vespetta, sei stata sfortunata: hai subito troppi passaggi di proprietà. Ben presto gli autisti sono diventati più incauti, si sono divertiti a fare manovre spericolate e, troppo fiduciosi della tua carrozeria, non hanno evitato le buche, che poi sono diventati crateri: ci sono finiti dentro, hanno sfiaccato gli ammortizzatori di quel veicolo che sembrava così forte, così imbattibile. Ma non si sono arresi.

Ti hanno svenduta ai migliori offerenti. Ti hanno svenduta a chi  non aveva neanche la patente per guidarti, a chi aveva promesso di renderti più bella, di ridarti lucentezza e che, invece, ne ha approfittato per portarti attraverso sentieri paludosi, sporchi e maleodoranti, attraverso  “Rione degli Spot” , “Viale del Clientelismo” e  “Via della Corruzione”. Attraverso le strade lerce e pericolose della città più brutta di sempre “MalaPoliticopoli”.

Eppure Tu sei forte, Vespetta-Italia, sei forte. Sei ancora viva, il tuo motore va più lento, perché nessuno l’ha mai ripulito, ma corre ancora. La tua carrozzeria è diventata scura, nera di polvere e di fango, ma sotto quella coltre fumosa si vede ancora il ruggito di quel rosso fiammante. C’è qualche graffio qui è lì, ma sei ancora in piedi. Hai rischiato di cadere, ma sei ancora lì.

Ora, però, quel cavalletto così forte, che ha retto il peso di tanti anni di difficoltà, è stremato. Italia mia, mai come adesso hai bisogno di mani forti che ti tengano ben salda, che ti riportino a correre e sfrecciare, per non lasciarti ancora ferma, col rischio di cadere giù e renderti un rottame da demolire.

E allora, adesso tocca a noi, a noi tutti: riverniciamo insieme la nostra Vespa, il nostro Paese, diamole nuovo lustro. E per farlo ripartiamo dal Sud, da quel Sud che può essere il motore di questa nuovo veicolo. Rimettiamolo in sesto, puliamo il carburatore dalle ortiche che lo ostruiscono e ripartiamo alla velocità della luce. Facciamo urlare ancora quel motore, ascoltiamo insieme il suo boato, corriamo insieme a lei, alla nostra Vespa, col vento tra i capelli. Ripartiamo insieme e, perché no, ripartiamo dal Sud.

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Partecipazione, la scommessa per il futuro

postato il 21 Ottobre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Carlo Lazzeroni

Il tema della “partecipazione” mi affascina molto da quando, ormai dieci anni fa, frequentando il Master in Analisi Politiche Pubbliche ho avuto la fortuna di conoscere quel filone di studio e di “pratica” della forma di democrazia, definita deliberativa / partecipativa e il suo massimo esponente in Italia, il prof. Luigi Bobbio. A queste teorie e pratiche io mi riferisco quando si parla oggi di partecipazione alle scelte pubbliche, seguendo appunto quanto già sperimentato da tempo negli Stati Uniti (dove questa metodologia è nata) e in molti altri paesi anglosassoni e del Nord Europa, dove di fronte a delle scelte pubbliche, si avviano processi di inclusione dei cittadini e/o dei vari attori portatori di interesse, per arrivare a decisioni più ampiamente dibattute e condivise.

Questo nuovo e maturo “approccio” democratico nella gestione della cosa pubblica, mi pare ancora più utile nel nostro paese per tre motivi: – il crescente movimento di cittadini e comitati frutto della sindrome Nimby (dall’inglese Not In My Back Yard, che significa “Non nel mio cortile”), di fronte ad ogni tipo di opera proposta sul territorio; – una classe politica sempre meno autorevole e all’altezza di guidare democrazie sempre più complesse; – un crescente interesse dei cittadini, specialmente i più giovani che, con la rivoluzione tecnologica godono di un accesso di informazioni molto più elevato rispetto al passato, vogliono sempre più essere protagonisti delle scelte che riguardano il bene comune e la società, anche quando non direttamente “nel proprio giardino”. E’ infatti assodato che nelle nostre democrazie, ogni intervento di un certo impatto economico, ambientale o sociale che sia, provoca scontenti e potenziali “conflitti” sul territorio coinvolto. E se un tempo era relativamente facile assolutizzare l’interesse generale dichiarando, per esempio, una certa opera «di interesse nazionale» e troncare così le possibili opposizioni, liquidandole come espressioni localistiche, particolaristiche o miopi, oggi questa operazione risulta molto più complicata.

Di fronte a tutto questo sicuramente non basta più lo slogan “Sono stato eletto e devo governare!”, così come insufficiente appare l’approccio tradizionale: io Autorità decido una cosa (ad esempio il sito di un impianto di smaltimento dei rifiuti o il passaggio di una autostrada) con criteri tecnici e poi cerco di mostrare la bontà di questa scelta alle comunità locali e ai cittadini. Questi quasi sicuramente daranno vita a comitati che protestano, si oppongono e bloccano l’opera. Da lì si cercherà di negoziare e correre ai ripari, ma ormai è troppo tardi. L’approccio della democrazia partecipativa invece si basa sullo “Svegliar il can che dorme”, cioè non nascondere le criticità di un progetto, coinvolgendo direttamente e fin dall’inizio le comunità locali, gli attori più coinvolti e i cittadini nei criteri di scelta. La regola principe dovrebbe essere: non mettere più la gente di fronte a una soluzione, metterla di fronte al problema, espresso bene da uno studioso del tema con queste parole: “Guardate che il problema in questi casi, non è quello di trovare un sito, come luogo fisico, bensì una comunità che sia disposta ad accoglierlo”.

Questi concetti stanno dentro un principio che dovrebbe essere fondamentale nelle nostre società moderne e cioè che i cittadini che subiscono degli impatti (ambientali, sociali, economici) dovrebbero essere rappresentati nei processi decisionali. “Nessun impatto senza rappresentanza” che, in fondo, è una parafrasi del principio: no taxation without representation, all’origine del parlamentarismo moderno. Anche in Italia ormai dalla fine degli anni ’90 ci sono stati diverse sperimentazioni e applicazioni di queste teorie. E’ la Toscana però la prima regione in Italia e al Mondo che ha deciso addirittura di dotarsi di un’apposita legge, la 69 del 2007. Legge che, attraverso la costituzione di un’Autorità regionale per la partecipazione (indipendente) mira a promuovere sia in generale, sia su tematiche specifiche e locali, il coinvolgimento dei cittadini nelle politiche pubbliche. Io avevo mostrato delle perplessità sulla necessità di un’apposita norma in materia. A distanza di quattro anni e di un bel po’ di esperienze e progetti finanziati dalla legge (86 di fronte a 164 richieste pervenute), si deve però riconoscere che la nostra regione può a buon diritto rivendicare l’esperienza più avanzata in Italia e una delle più avanzate in Europa in questo tipo di “approccio” democratico.

Rimane però un punto critico secondo me molto importante: la pratica partecipativa come l’abbiamo finora intesa non è stata ancora sperimentata in nessun progetto a forte criticità e rilevanza sul territorio. E se è vero che ogni progetto di partecipazione messo in piedi arricchisce comunque il capitale sociale di un territorio e quindi della società, credo che molto della sfida futura della democrazia partecipativa (e della stessa sopravvivenza della legge) si giocherà sulla riuscita applicazione del processo partecipativo su qualche opera importante, anche per superare le evidenti difficoltà, come dicevo prima, della “democrazia rappresentativa”. Che non è e non dovrebbe sentirsi in contrapposizione con questo “nuovo” approccio, visto che quasi sempre è proprio la politica e gli amministratori a rimanere protagonisti, perché sono loro a scegliere, su un certo tema, di dare vita ad un percorso di maggiore inclusione della popolazione.

L’ha capito bene il sindaco di Firenze, Matteo Renzi che, pur avendo un profilo di politico decisionista da “uomo del fare”, con le due edizioni dell’iniziativa “100 luoghi”, ha dato vita contemporaneamente a cento assemblee strutturate per ascoltare e coinvolgere i cittadini, su cento spazi della città da trasformare, immaginare e costruire. Quella di Renzi è un’iniziativa che mette in campo principi e metodi della “partecipazione”, seppure in forma estemporanea (una giornata) e con effetti un po’ da spot (non a caso non è uno dei progetti finanziati dalla legge regionale), ma al confronto con gli altri amministratori, il sindaco di Firenze appare un rivoluzionario. Tornando alla legge regionale sulla partecipazione, credo invece che il percorso intrapreso in questi mesi per la costruzione di una Moschea a Firenze, faccia parte di uno di quei progetti che potrebbero essere di “svolta” sul futuro della legge. Se infatti, come credo, attraverso questo percorso “difficile” si arriverà ad una scelta condivisa, o comunque si avrà una percezione positiva sul cammino intrapreso da parte dei cittadini e di tutti gli attori coinvolti, ci saranno degli innegabili effetti positivi, utili anche per convincere i politici più scettici (quasi tutti, anche coloro che hanno proposto e voluto la legge) ad utilizzare ed investire su questo tipo di metodi democratici. Altrimenti credo che la legge sia a rischio (visto che essendo innovativa, si è data anche una scadenza naturale, il 2012, a meno di nuove scelte legislative) e questo sarebbe una sconfitta. La Moschea allora ci salverà?

 

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