Tutti i post della categoria: Politica

“Sì inevitabile, il premier punti sui moderati”

postato il 21 Novembre 2016

7460931474_fd7a34d900_bL’intervista di Annalisa Cuzzocrea pubblicata su Repubblica

Sostiene Pier Ferdinando Casini, leader dei centristi per il Sì, che sul referendum – e nella politica italiana – è in atto un nuovo tipo di scontro: «Tra riformismo e serietà da una parte e demagogia e irresponsabilità dall’altra».

Non crede sia un giudizio troppo netto? Il fronte del No è composito, difficile ricondurlo a un’unica matrice.
«Mettiamo che vinca il No. Da un lato avremmo una coalizione politica che magari perde il referendum per qualche punto, dall’altra una sorta di armata Brancaleone dove difficilmente Zagrebelsky e Brunetta o Grillo e Berlusconi potrebbero andare d’accordo».

Condivide l’idea dell’accozzaglia”, quindi?
«Al netto del folklore è giusto. Ma questa non è la resa dei conti all’interno del Pd e sono i moderati che faranno la differenza. È così in tutt’Europa: in Germania la Merkel fa presidente della Repubblica un socialista e si ricandida; in Francia gran parte della sinistra si appresterà a votare il candidato della destra per evitare la Le Pen; in Spagna i socialisti devono votare Rajoy per bloccare Podemos. E in Italia non c’è alternativa a Renzi».

C’è un’intera opposizione e perfino un pezzo di Pd che non pensa sia così.
«Dico che non c’è alternativa per le persone responsabili. E la vicenda del centrodestra, il buco nell’acqua che ha fatto Stefano Parisi, ne è la dimostrazione. Lo schema di oggi è peggio di quello del passato: Bossi aveva accettato una Lega in posizione subordinata. Salvini gioca a fare il leader e questo condanna i moderati a un ruolo di subalternità». [Continua a leggere]

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«Casini contro Salvini: aiuta i 5 Stelle. I moderati devono allearsi col Pd»

postato il 15 Novembre 2016

«La sfida di Parisi è impossibile. Per il centrodestra la partita è finita»11370467404_f60a564cea_o

L’intervista di Antonella Coppari a Pier Ferdinando Casini pubblicata su QN

«Salvini e il centrodestra sono fuori dalla partita. Non saranno loro a determinare i giochi in futuro».
Ma come, presidente Casini: con la vittoria di Trump non scatta l’ora dei populisti al governo?
«Non c’è dubbio che oggi il grande confronto è tra chi ha una ricetta per risolvere i problemi e chi li agita per prendere il consenso popolare. A quale categoria appartiene Trump lo vedremo nei prossimi mesi. in Italia, mi pare già tutto chiaro: il grande scontro sarà fra Grillo e la coalizione di governo».

E perché mai Salvini non dovrebbe incassare il dividendo elettorale di questa ondata anti-sistema? In fin dei conti, il leader della Lega cavalca il No al referendum come Grillo.
«Lui semina ma il raccolto andrà ai Cinquestelle, e questo oramai l’hanno capito tutti. La forza anti-sistema più credibile è la loro. L’unico effetto che otterrà Salvini sarà quello di minare irrimediabilmente la credibilità del centrodestra, impedendo che si trasformi compiutamente sia in un senso che in un altro».

Non ha fatto i conti senza Stefano Parisi?
«Francamente la possibilità che il centrodestra si coaguli intorno a lui mi sembra impossibile. Glielo auguro ma non ci credo. Per questo motivo, ritengo che i moderati oggi abbiano una sola strada: aiutare Renzi ad evitare che il Paese finisca nelle mani di Grillo». [Continua a leggere]

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«La famiglia Bush con la Clinton come i moderati con Renzi»

postato il 20 Ottobre 2016

Nel mondo lo scontro non è più tra destra e sinistra ma tra populismo e serietà
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L’intervista di Marco Ventura pubblicata sul Messaggero

Pier Ferdinando Casini di nuovo in campo nazionale con l’iniziativa dei “centristi per il Sì” al referendum, dopo due anni di impegno esclusivo in politica estera da presidente della Commissione al Senato.

Perché proprio adesso?
«Il referendum sarà lo spartiacque della politica italiana, finalmente avremo un momento di verità. Più ci si avvicina al 4 dicembre, più le posizioni si chiariscono: da un lato chi tenta di riformare le istituzioni dopo decenni di insuccessi, dall’altro una variegata convergenza di persone che cercano solo di bocciare il governo e il premier Renzi».

Anche Mario Monti è per il No. Sorpreso?
«Le parole di Monti hanno il pregio di essere esplicite: lui riconosce che la riforma migliora la Costituzione, ma boccia il governo e per questo dice No».

Non è una buona ragione?
«Da D’Alema a Monti, da Pomicino a Zagrebelsky, tutti seminano vento, ma a raccogliere i frutti saranno Grillo e i 5 stelle che potranno dimostrare che siamo irriformabili e solo loro sono i demiurghi del cambiamento».

Nella variegata compagine del No ci sono tanti moderati…
«Oh, sì, c’è anche chi ha votato la riforma ed è tra i capifila del No, e chi nel centrodestra ne ha votata una analoga nel 2005 e oggi denuncia la deriva autoritaria di Renzi con gli stessi argomenti stucchevoli usati per vent’anni contro Berlusconi. Girando l’Italia coi “centristi per il Sì” ho visto che la maggior parte dei moderati voterà Sì: hanno capito che con il No a vincere non sarà Berlusconima Grillo». [Continua a leggere]

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Referendum: «Il Sì è la sfida al populismo. Poi popolari e sinistra alleati»

postato il 4 Ottobre 2016

Meglio togliere il ballottaggio, crea troppi rischi
Pier Ferdinando CasiniL’intervista di Paola Di Caro pubblicata sul Corriere della Sera  

Se è tornato in campo nell’agone politico nazionale con tutte le sue energie — nel weekend terrà manifestazioni per il Sì al referendum a Taranto e a Catania, e molto altro è previsto — è perché Pier Ferdinando Casini crede che questa sia la battaglia campale tra due modelli alternativi: «La sfida oggi non è più tra destra e sinistra, e nemmeno fra tre poli. È invece tra un populismo becero, anti-politico e sfascista alla Grillo e il riformismo e la serietà». Per questo, è il momento di fare appello agli elettori e ai politici «moderati, che come i sondaggi indicano, decideranno chi vincerà».

In pratica, chiede ai moderati di schierarsi con Renzi?
«Chiamo ad una scelta di campo, sì, pur sapendo che la riforma dovrà essere perfezionata, e nonostante Renzi abbia commesso errori nella gestione del referendum».

Ma nel fronte del No c’è anche Berlusconi
«Vero, ma l’equivoco dal quale i moderati devono uscire è che se vince il No vince Berlusconi. Non è vero: vincerebbero Grillo, Il Fatto, Zagrebelsky, persone pur rispettabili ma che non hanno nulla a che fare con i valori della destra moderata e responsabile. Vincerebbe proprio quel fronte che per anni ha accusato Berlusconi di “deriva autoritaria” e che oggi usa gli stessi argomenti contro Renzi, ridicoli in entrambi i casi al di là dei limiti che pure i due hanno». [Continua a leggere]

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“Caro Matteo, dammi retta il ballottaggio è pericoloso”

postato il 11 Settembre 2016

Votare sì al referendum è un dovere morale Ma eliminiamo il doppio turno dalla legge elettorale

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L’intervista di Alessandro di Matteo a Pier Ferdinando Casini pubblicata su La Stampa.

Pier Ferdinando Casini, perché ha riunito i “centristi per il sì”?
«Credo sia un dovere morale che chi ha votato la riforma in Parlamento la sostenga nel paese e non mi piace che il dibattito sul referendum diventi un regolamento di conti nel Pd. Inoltre, io sostengo Renzi convintamente – perché è unica alternativa allo sfascio – ma gli ho voluto dire che se gli argomenti che usa per il sì sono quelli dei costi della politica allora siamo al grillismo di ritorno, sono argomenti deboli e autolesionisti».

Tocca a lui aprire il tavolo sulI’Italicum per salvare il referendum?
«Renzi ha capito di avere regalato ai suoi avversari un argomento in più di cui non c’era affatto bisogno, quando ha personalizzato il referendum. Ora è troppo burocratico dire che si rimette alla volontà del Parlamento, il governo dovrà prendere l’iniziativa. L’Italicum cambierà, lo sanno anche i sassi. Ma si farà dopo il referendum». [Continua a leggere]

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«Un dovere dare all’Italia la riforma. Il mio Sì è coerente»

postato il 11 Settembre 2016

Casini: il no al referendum è masochista

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L’intervista di Natalia Lombardo a Pier Ferdinando Casini  pubblicata su L’Unità

I “Centristi per il Sì” hanno esordito ieri mattina al Teatro Quirino di Roma con Pier Ferdinando Casini. Un evento promosso da varie associazioni, come «Centro popolare», «La buona direzione» e «Estremo centro». Ora il “tour” referendario avrà altre tappe a Catania, Milano, Napoli e Bologna.

Anche i centristi quindi scendono in campo attivamente. Perché?
«Lo ritengo un dovere per chi ha votato in Parlamento la riforma, è un fatto di coerenza e di serietà. E poi voglio chiarire che non è una resa dei conti all’interno del Pd, è qualcosa che riguarda l’Italia e gli italiani. Rispetto le dinamiche interne al Pd ma si deve coinvolgere tutti coloro che hanno sostenuto questo cambiamento. Le parole di Napolitano sono state il sunto della nostra manifestazione». [Continua a leggere]

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FI scelga tra il Ppe e Le Pen, ma Renzi non va abbattuto

postato il 2 Luglio 2016

Serve un centrodestra responsabile. Se cacciamo il premier favoriamo solo Grillo

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L’intervista di Ugo Magri a Pier Ferdinando Casini pubblicata su La Stampa.

Confalonieri è sotto attacco da destra per aver consigliato sulla «Stampa» a Berlusconi di superare il malanimo verso Renzi. Lei, Casini, come la vede?
«Questi sapientoni di Forza Italia che sanno solo distruggere mi sembrano per metà incompetenti».

E per l’altra metà?
«Dilettanti allo sbaraglio. Perché oggi la grande questione non è tra sinistra e destra, ma tra il populismo nelle varie sembianze (da Le Pen a Grillo) e le forze responsabili».

Nell’ottica di Berlusconi, che significa?
«Vuol dire, per esempio, che far parte del Ppe non è più, come in passato, un vago richiamo ideale, dopodiché ciascuno fa come gli pare. Oggi il centrodestra italiano deve scegliere: o sta col Ppe e la Merkel, oppure sta con Le Pen. Confalonieri l’ha fatto notare e ha ragione».

In quanto presidente Mediaset lui ha certi interessi da difendere. Per cui suggerisce all’amico Silvio ciò che più gli conviene…
«Degli interessi Mediaset si discute da un quarto di secolo, e certi “puristi” di centrodestra se ne accorgono solo ora che Berlusconi non è più al governo… Confalonieri esprime il buonsenso di chi deve far tornare i conti. E che, quando sente certe idiozie alla Salvini tipo uscire dall’euro, dice a Fi: ma vi rendete conto che, continuando a scuotere l’albero dell’antirenzismo, alla fine ne raccoglierà i frutti solo Grillo? Una prospettiva che Confalonieri non può accettare, ma nemmeno Berlusconi. Difatti ha ripetuto più volte che M5S per lui rappresenta il pericolo più serio».

Berlusconi pare deciso a smantellare Forza Italia per un nuovo partito. Lei sarebbe interessato?
«Figurarsi se può essere una questione di nomi o etichette. Qualora il centrodestra assumesse i connotati di forza seria e responsabile, decisa a fare argine contro i populismi, verrebbero meno le motivazioni di tante divisioni. Se invece l’obiettivo fosse la demolizione di Renzi nella speranza di sostituirlo, beh, allora auguri».

Perché, scusi, per sostituire Renzi il centrodestra non deve prima abbatterlo?
«Una volta cacciato Renzi, il pallino del gioco non tornerà a destra. Se lo prenderà M5S. Per cui posso capire certi risentimenti del mondo berlusconiano nei confronti del premier, ma impostarci su una politica a me sembra follia».

È per questo che lei «tifa» Confalonieri?
«Constato solo che il Berlusconi migliore è sempre stato quello che ha dato retta a Fidel e a Gianni Letta».

Non sono un po’ anziani?
«Avercene, di vecchietti così. E poi, dopo aver visto certi giovani in azione, mi verrebbe da dire: allacciamoci le cinture…».

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Nessuna nostalgia

postato il 30 Aprile 2016

La lettera di Pier Ferdinando Casini al Direttore di Quotidiano Nazionale

11370467404_f60a564cea_oCARO DIRETTORE,

dopo aver letto l’edizione del Quotidiano Nazionale di ieri, non ho resistito alla tentazione di spiegare il mio pensiero al giornale della mia città, che pubblica una foto storica del comizio del Polo delle libertà del 1996 a Piazza San Giovanni. Proprio da quella foto e dai miei capelli neri traggo una prima considerazione: non c’è nulla di più patetico di 60enne che voglia dimostrarne 30!
Il tempo è passato e riproporre il centrodestra di 20 anni fa non sarebbe solo una nostalgia,ma soprattutto un errore colossale.
Stiamo vivendo tempi terribili; il Mediterraneo è in fiamme e i paesi del Centro e Nord Europa hanno la tentazione di alzare nuovi muri. La politica sta morendo e il populismo, le battute ad effetto, il cosiddetto popolo della rete rischiano di portare in trionfo Trump negli Usa, Le Pen in Francia, Podemos in Spagna, nuovi idoli che potrebbero vincere le elezioni, ma di certo non risolverebbero problemi destinati ad aggravarsi.

All’Italia non servono coalizioni che ripropongano, dalla giustizia all’economia, più o meno le stesse ricette di Beppe Grillo. C’è già l’originale e ogni copia sarebbe solo inutile. All’Italia serve un’area liberale moderna che abbia la visione di ciò che sta accadendo nel mondo e di come si può tutelare l’interesse nazionale; serve una nuova idea di Europa a noi indispensabile, perché la gente che ragiona ha capito che il nostro Paese sarà il primo a pagare il fallimento europeo, magari diventando un gigantesco hotspot per i rifugiati.

Si è interrotto negli anni scorsi un cammino per i moderati italiani. Non so se sarà possibile ricostruire un’idea comune del futuro, ma so che una deriva populista e demagogica non ci porta da nessuna parte. Per questo la scelta di Berlusconi a Roma è stata importante, ma è solo il primo passo di un percorso ancora da intraprendere.
Il vero favore a Renzi – mi si consenta di rispondere a polemiche un po’ ridicole – sarebbe quello di consegnargli l’esclusiva su questa area, inseguendo pifferai magici con spartiti tanto accattivanti quanto autolesionistici.

 

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Il Cavaliere graffia ancora. Prossimo passo, pace con Alfano

postato il 29 Aprile 2016

Non è più tempo di risentimenti

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L’intervista di Ugo Magri a Pier Ferdinando Casini pubblicata su La Stampa

Berlusconi che scarica la destra: cosa fa venire in mente a un moderato come lei, Casini?
«Che la tigre magari non è più quella di trent’anni fa, però sa ancora graffiare. E soprattutto va nella direzione giusta».
Partiamo dalla tigre: come mai improvvisamente s’è risvegliata?
«Ma è ovvio. Salvini e la Meloni applaudono le esternazioni di magistrati come Davigo, svillaneggiano l’azienda di Berlusconi, sostengono che lui s’è venduto a Renzi per salvare le tivù, come possono poi pretendere che lui si accodi? Forse avevano fatto i conti con la sua caricatura. Invece con questa mossa Silvio ha dimostrato di essere lucido e ancora in campo».
In campo per cosa? Per riproporre se stesso come ai vecchi tempi?
«No, qui non si tratta di riprodurre le ricette del passato, perché quel passato non esiste più. Viviamo momenti difficili. Se pensiamo a ciò che succede nel Mediterraneo, alle guerre che ci mandano ogni mese migliaia di rifugiati, alle barriere che l’Austria vuole rialzare ai nostri confini, al rischio che l’Italia si trasformi in un gigantesco “hot spot” per gli immigrati, una cosa appare chiara: se l’Europa ha un torto è che non si fa rispettare abbastanza. E se la Merkel non piace, allora per l’Italia sono mille volte peggio i populisti nazionalisti che vogliono prenderne il posto».
Stavamo parlando dell’appoggio di Berlusconi a Marchini e lei tira fuori la Merkel. Perché?
«Perché i moderati non si possono più nascondere. Se ancora pensano che, per resistere, debbono inseguire o scimmiottare i populisti, vuol dire che faranno la fine dei socialisti e dei popolari austriaci i quali, sommati insieme, si sono fermati al 22 per cento. Invece con la scelta di Berlusconi a Roma c’è la possibilità di far pesare la differenza abissale che esiste tra moderazione e populismo. Cioè una questione che va oltre i destini personali di Marchini, di Bertolaso, di Casini. Qui si sta decidendo una certa idea della politica e dell’Italia».
Salvini e i Cinquestelle però insinuano che, in questo modo, Berlusconi fa un regalo a Renzi.
 «È esattamente l’opposto. Se i moderati italiani non rialzeranno la testa, quella sarà la volta che Renzi si approprierà definitivamente dei loro elettori. Non si fa alcun favore al premier, lo si fa all’Italia che ha bisogno di ragionevolezza e buonsenso».
Davvero crede che quest’area moderata possa rimettersi insieme?
«Certo, è un cammino pieno di incognite. Ma con la candidatura di Parisi a Milano, e con quella di Marchini a Roma, incomincia una stagione in cui i moderati la smettono di demonizzarsi reciprocamente. E’ più facile alle elezioni amministrative perché una parte collabora con Renzi, un’altra è all’opposizione. Però non credo che Berlusconi voglia stare nella politica italiana per favorire la vittoria dei Cinquestelle. Se non ricordo male, la firma sotto il patto del Nazareno ce l’aveva messa Berlusconi, mica Alfano».
Ha ottima memoria. Ma quelli che lei vorrebbe rivedere insieme hanno passato gli ultimi anni a litigare…
«Oggi i risentimenti sono un lusso che non ci possiamo permettere. C’è un’emergenza che riguarda i nostri figli e il futuro dell’Italia. Davanti a una simile situazione, che Alfano e Berlusconi non si parlino è una cosa fuori dal mondo e anche poco credibile, perché dopo essere stati insieme tutta la vita non è che improvvisamente possono pensarla all’opposto».
Lei ha buoni rapporti con entrambi. Tenterà di farli dialogare?
«Io il mio percorso l’ho fatto, non vivo né di rimpianti né di rivalse. Per cui posso impegnarmi perché tra tutti i moderati si riallacci un filo»

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E’ l’ora di un asse anti populista con Renzi

postato il 27 Aprile 2016

L’intervista di Fabrizio de Feo a Pier Ferdinando Casini pubblicata su Il Giornale
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Presidente Pier Ferdinando Casini, lei davvero vuole fare il partito unico con Berlusconi e allearsi con Renzi?
«Diciamo che quella è la sintesi che ha fatto Repubblica più che la riproposizione esatta del mio pensiero. Ma è evidente che è arrivata l’ora di riaprire un dialogo. Scongelare i rapporti può essere utile sia a lui che a noi. Siamo di fronte all’ultima chiamata per i moderati».
Cosa risponde a chi ritiene che intraprendere un percorso del genere significa «consegnarsi» a Renzi?
«Io faccio un ragionamento disincantato osservando la realtà. Prima di tutto non si può andare avanti con questa assurda incomunicabilità tra Berlusconi e Alfano. Punto secondo non si può continuare a ragionare come se lo scenario politico fosse lo stesso di venti anni fa».
Qual è la differenza maggiore rispetto ai tempi in cui il centrodestra ha costruito la sua esperienza di governo?
«Innanzitutto sono cambiati gli equilibri elettorali con Renzi che oggi è nelle condizioni di dare lui le carte. E poi il bipolarismo di un tempo è finito con l’affacciarsi sull’orizzonte politico europeo di forze che abbinano caratteristiche lontane dalla nostra storia: il sentimento anti-europeo e il giustizialismo. E penso alla Le Pen come a Podemos mentre in Italia è evidente che sono i 5Stelle la forza trainante, con buona pace di Salvini e Meloni. Così come non si può ragionare senza tenere conto della minaccia terroristica e di ciò che sta accadendo nel Mediterraneo a poche centinaia di chilometri da noi. Fattori che creano una instabilità che i partiti populisti non fanno che enfatizzare e cavalcare».
Quindi lei vede come inevitabile la costituzione di un asse anti-estreme tra forze del Ppe e del Pse?
«Non sarebbe certo un unicum italiano. É ciò che in Germania stanno sperimentando da tempo e lo stesso Europarlamento è governato così. Oggi l’incontro tra democristiani e socialisti è necessario per non essere sommersi dal populismo. In questo senso trovo irresponsabile chi in Italia tifa per la caduta della Merkel che ci consegnerebbe a soluzioni di governo tedesche per noi molto più negative».
Perché lei lancia adesso questo appello a Berlusconi?
«Nessun appello, ma in queste Amministrative è successo qualcosa di importante. Berlusconi a Milano ha indirizzato il centrodestra verso un candidato di garanzia democratica come Stefano Parisi. A Roma ha rifiutato di farsi schiacciare sulle estreme e diventare subalterno a Salvini e alla Meloni, dimostrando che non intende morire su quel versante, anche se io avrei preferito un ticket tra Alfio Marchini e Guido Bertolaso. Spero ci sia ancora la possibilità di un accordo. Ora, però, è arrivato il momento di sposare il Ppe come chiave identitaria e distintiva e riaprire davvero un cantiere così da dare forza e credibilità ai moderati e fermarne la dispersione».
Quale ruolo immagina per Berlusconi in questo contenitore?
«Berlusconi ha vinto quando si è posto come collante di sensibilità diverse. Io a Berlusconi voglio bene proprio perché mi sono diviso da lui mentre tutto il mondo lo applaudiva. Una cosa va riconosciuta: ha il merito storico di aver saputo convogliare il separatismo di Bossi verso il regionalismo e di aver costruito le condizioni per le quali Fini ha fondato Alleanza Nazionale, rinnegando il fascismo. Oggi bisogna trovare tutti insieme la forza, nel momento in cui il Ppe è più debole e l’Europa mostra di non saper più funzionare, di percorrere nuovi schemi. Ricordo bene quando Berlusconi – così come Prodi – dicevano che se non si fossero controllati i confini esterni saremmo finiti a costruire i muri interni. Questa profezia si sta avverando».

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