postato il 4 Ottobre 2016 | in "Politica, Rassegna stampa, Riforme"

Referendum: «Il Sì è la sfida al populismo. Poi popolari e sinistra alleati»

Meglio togliere il ballottaggio, crea troppi rischi
Pier Ferdinando CasiniL’intervista di Paola Di Caro pubblicata sul Corriere della Sera  

Se è tornato in campo nell’agone politico nazionale con tutte le sue energie — nel weekend terrà manifestazioni per il Sì al referendum a Taranto e a Catania, e molto altro è previsto — è perché Pier Ferdinando Casini crede che questa sia la battaglia campale tra due modelli alternativi: «La sfida oggi non è più tra destra e sinistra, e nemmeno fra tre poli. È invece tra un populismo becero, anti-politico e sfascista alla Grillo e il riformismo e la serietà». Per questo, è il momento di fare appello agli elettori e ai politici «moderati, che come i sondaggi indicano, decideranno chi vincerà».

In pratica, chiede ai moderati di schierarsi con Renzi?
«Chiamo ad una scelta di campo, sì, pur sapendo che la riforma dovrà essere perfezionata, e nonostante Renzi abbia commesso errori nella gestione del referendum».

Ma nel fronte del No c’è anche Berlusconi
«Vero, ma l’equivoco dal quale i moderati devono uscire è che se vince il No vince Berlusconi. Non è vero: vincerebbero Grillo, Il Fatto, Zagrebelsky, persone pur rispettabili ma che non hanno nulla a che fare con i valori della destra moderata e responsabile. Vincerebbe proprio quel fronte che per anni ha accusato Berlusconi di “deriva autoritaria” e che oggi usa gli stessi argomenti contro Renzi, ridicoli in entrambi i casi al di là dei limiti che pure i due hanno».

E Berlusconi non lo sa?
«Lo sa eccome, tant’è che non si oppone a che escano indiscrezioni su persone a lui vicine che voteranno o sosterranno il Sì. Lui ha rinnovato il suo patto di resistenza con Salvini e Meloni che gli impone il No al referendum, lo ha fatto perché pensa che questo assetto gli garantirà comunque una presenza significativa in Parlamento. Ma sa che non avrà vantaggi da una vittoria del No, anzi».

Tra i suoi colleghi centristi c’è chi sostiene il No contando sulla leadership di Parisi.
«Penso davvero sia una grande illusione. Parisi è persona capace e perbene, ma non andiamo dietro alle chimere: lo schema del centrodestra è quello a tre, Berlusconi non cambierà idea. I popolari che non ci stanno facciano come nel resto d’Europa, dove ci si accorda con forze del socialismo democratico se il rischio è finire nelle mani di populisti sfasciatutto».

Pensa al partito della Nazione?
«A parte che il copyright dell’espressione è mio, lo usai tanti anni fa, ma non è quello che servirebbe al Paese. Con rispetto per Renzi, i moderati non possono collocarsi nel Pd, ma per fronteggiare il pericolo della deriva populista hanno il dovere di collaborare con il premier. Questo referendum, a ridosso delle Politiche, condizionerà la politica italiana in modo decisivo».

Sul Sì al referendum può nascere una nuova alleanza del centro con la sinistra moderata?
«Diciamo che è il momento in cui l’area di centro deve costruire un ponte con la sinistra moderata. Quello referendario è lo spartiacque definitivo per il nuovo sistema politico dei prossimi anni».

Quanto può incidere una nuova legge elettorale?
«I segnali di disponibilità di Renzi sono importanti, conto che ci saranno cambiamenti sul premio alla coalizione, capilista bloccati e spero anche sul doppio turno: condivido in questo la posizione della sinistra pd, il ballottaggio crea troppi rischi essendo un “voto a dispetto”. Ma fossi Renzi non farei due mesi stremanti di campagna referendaria: dedichi a questo il weekend, poi si occupi d’altro».

E se vincesse il No?
«Il capo dello Stato ha un’altissima cultura istituzionale: di fronte a un premier dimissionario ascolterebbe tutti e assumerebbe la decisione più opportuna. Io però difficilmente vedo un altro governo dopo quello di Renzi».



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