Tutti i post della categoria: In evidenza

Difendiamo la nostra libertà. Anche sul Web.

postato il 20 Gennaio 2012

di Giuseppe Portonera

«È sperabile siano passati, ormai, i tempi in cui bisognava difendere la “libertà di stampa” come una delle garanzie contro governi corrotti o tirannici. Sarà ormai superfluo, immagino, mettersi a spiegare come non si possa permettere al legislatore o all’esecutivo che abbiano interessi diversi da quelli del popolo, di prescrivere alla gente quali opinioni avere o di decidere quali dottrine o quali argomenti sia lecito stare ad ascoltare». Così, nel 1859, John Stuart Mill si esprimeva nelle pagine del suo grande capolavoro, On Liberty, convinto ormai che la libertà di stampa, a lungo minacciata, fosse fuori pericolo. Quasi duecento anni dopo, possiamo dire – amaramente – che le parole di uno dei più grandi filosofi liberali fossero solo delle ottimistiche previsioni: duecento anni dopo, i nostri legislatori non hanno ancora del tutto accettato la piena libertà e sovranità non solo della stampa, ma di tutte le forme di comunicazione esistenti – a partire da quella che Mill non poteva neanche lontanamente immaginare: e cioè, la libertà del (e sul) Web.

Noi questa libertà l’abbiamo sempre difesa, specie contro le iniziative liberticide che il precedente governo ha messo in cantiere. Ora, se quel governo è finalmente passato, purtroppo non sono passate le tentazioni autoritarie di alcuni “legislatori” che speravamo fossero diventate solo un brutto e vecchio ricordo. È di qualche giorno fa, infatti, la notizia che l’On. Gianni Fava (Lega Nord) abbia preparato, inserito e fatto approvare dalla Commissione Politiche Comunitarie un emendamento alla Legge Comunitaria 2011, che rassomiglia molto a due disegni di legge – diventati famosi come SOPA e PIPA – elaborati dal Congresso e dal Senato degli Stati Uniti d’America. Queste due ultime leggi, contro cui hanno scioperato migliaia di blogger insieme ai big dell’informazione su internet, altro non faceva che riproporre l’eterno schema che contrappone il diritto d’autore alla libertà di informazione e di trasmissione dei dati, risolvendolo a favore del primo attore, con l’introduzione di forti freni e filtri a scapito del secondo. Soluzione inaccettabile, perché la difesa del copyright – messa in atto con queste modalità – è una chiara sopraffazione della nostra libertà individuale, soprattutto di quella che è diventata caratteristica del nostro tempo: la condivisione (nel senso social del termine) libera e autonoma, con le nostre cerchie, di contenuti che ci interessano e che possiamo apprezzare o meno. Grazie ad Internet si è registrata quindi la grande emancipazione dell’utente, che da semplice fruitore delle notizie, ne può diventare – in ogni momento, con un semplice tweet o un post su Fb o sul proprio blog – fornitore.

L’emendamento Fava è, se possibile, ancora più ardito e pericoloso di tutte le brutture e i commi terrificanti che lo hanno preceduto: esso stabilisce l’obbligo, per qualsiasi fornitore di servizi di hosting, di procedere alla rimozione di un contenuto ritenuto “illegale” o lesivo del copyright, a seguito di una segnalazione da parte di un qualsiasi “soggetto interessato”, anziché a seguito di un provvedimento della competente Autorità. Ci troviamo, quindi, prima di tutto di fronte a una grave e illiberale stortura in termini di legge e diritto, visto che si permetterebbe la rimozione di un contenuto – non in via cautelativa, ma definitiva – senza neanche passare dal giudice competente.

Non è la prima volta che affrontiamo situazioni del genere, che si sono sempre chiuse con un passo indietro del legislatore e una vittoria dei sostenitori della libertà del Web. Il problema è che, nonostante i precedenti, questo genere di proposte continui a prolificare: come ha giustamente sintetizzato Fabio Chiusi, la percezione che viene fuori è che “governi e lobby continuino ad alternare bastone e carota, facendo un passo indietro e due avanti”. E se si continuerà di questo passo, lo scontro potrebbe anche degenerare in qualcosa di più grave e pericoloso (Anonymous ha già dichiarato l’avvio della #primaguerradigitale): ecco perché è necessario vigilare e restare con gli occhi aperti, sempre. Per evitare che la difesa di interessi particolari possa contrastare con quella dei nostri diritti fondamentali e degenerare in abusi e violenze digitali. A partire, proprio come ha sottolineato Roberto Rao, da #SOPAitalia.

 

Commenti disabilitati su Difendiamo la nostra libertà. Anche sul Web.

Sicilia, un pericoloso balletto sull’orlo del precipizio

postato il 19 Gennaio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giovanni Villino

Ci sono le bandiere della Trinacria che sventolano su tir e rimorchi.Ci sono blocchi nei porti e nei punti strategici dell’Isola.C’è tensione ma soprattutto c’è l’impressione che la protesta possa diventare ingovernabile. Parliamo del fenomeno “Forza d’Urto” che da quattro giorni ha messo sotto scacco l’intera Sicilia: niente carburante nei distributori, supermercati senza alcuni generi alimentari. Ma soprattutto tanta rabbia. In chi protesta e in chi subisce. “Il costo eccessivo del carburante, la mancanza di regolamentazione dei pagamenti della committenza, il cartello imposto dalle compagnie assicurative e una rete infrastrutturale inadeguata”. Sono questi i motivi originari della protesta. Motivi che rischiano adesso di confondersi al malumore diffuso. Se da una parte si punta il dito contro una classe politica definita inadempiente, dall’altra le associazioni che raggruppano il mondo imprenditoriale e produttivo temono eventuali infiltrazioni mafiose ocondizionamenti politici nella stessa protesta. Di certo oggi in Sicilia c’è rabbia, da parte di chi subisce e di chi protesta. Siamo di fronte all’esasperazione di un intero sistema che rischia di precipitare. Un pericoloso ballo sull’orlo del precipizio.

 

1 Commento

Liberalizzazioni e riforme, gli elettori dell’Udc i più convinti.

postato il 19 Gennaio 2012

Lina Palmerini ci informa, su il Sole 24 Ore di oggi, che secondo le indagini di Ipsos ed Euromedia riforme e liberalizzazioni del governo Monti avrebbero un consenso bipartisan. Dai sondaggi condotti da Euromedia e Ipsos emerge dunque un consenso generalizzato che però si concentra tra i più giovani. Sono indubbiamente dei dati incoraggianti per il governo Monti ed anche per il Paese: c’è voglia di cambiare, di fare tutto il possibile perché il Paese esca fuori dalla crisi. Sono incoraggianti anche i dati per i partiti che si sono impegnati a sostenere l’opera di Mario Monti. L’Udc in particolare a detta dei sondaggisti ne esce rafforzata: secondo Euromedia l’88% dei suoi elettori approva la strategia del governo mentre Ipsos prova ad azzardare un notevole dividendo elettorale se Mario Monti riuscirà a vincere la scommessa del risanamento e delle riforme. Al di là di quelli che saranno i guadagni elettorali i sondaggi riportati dal quotidiano di Confindustria sono importanti perché incoraggiano le forze politiche a continuare in questa sforzo di responsabilità che l’Udc, prima di tutti, aveva auspicato e preparato grazie anche al determinato e costante sostegno dei suoi elettori.

La Redazione

Commenti disabilitati su Liberalizzazioni e riforme, gli elettori dell’Udc i più convinti.

“Al miglior avvenire della nostra Italia”. Da 93 anni il programma dei popolari.

postato il 19 Gennaio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

Il 18 gennaio del 1919 con l’appello “ai liberi e forti”, Luigi Sturzo annunciava la costituzione del Partito Popolare Italiano. Oggi è doveroso ricordare il primo giorno del glorioso Ppi non per banale nostalgia ma perché quell’evento storico segnò l’impegno dei cattolici nella vita politica italiana; un impegno costruttivo e fecondo, storia viva della nostra Italia.

Quanti in qualche modo si riconoscono nell’esperienza del popolarismo oggi devono rivendicare con fierezza il legame con questo movimento, ribadendo, a prescindere dall’attuale collocazione politica, la propria fedeltà ai principi di libertà, di giustizia e di pace che costituirono la ragione d’essere del Partito Popolare.

A novantatré anni di distanza dall’appello “ai liberi e forti” c’è un passaggio di quell’appello/programma che è più che mai attuale:

Al migliore avvenire della nostra Italia dedichiamo ogni nostra attività con fervore d’entusiasmi e con fermezza di illuminati propositi.

Oggi come ieri i popolari,consapevoli della propria ispirazione e delle origini cristiane, sono impegnati per il miglior avvenire dell’Italia insieme a quanti hanno a cuore le sorti del Paese. Questo impegno che ha sempre caratterizzato popolari e democratici cristiani non è solo una ragione storica, ma è anche la speranza di una presenza rinnovata, un compito per tutti coloro che si richiamano a questa tradizione politica che può, e deve, trovare nuovo spazio e nuove ragioni.

Commenti disabilitati su “Al miglior avvenire della nostra Italia”. Da 93 anni il programma dei popolari.

Riforma della giustizia: non per la crisi, ma per la persona.

postato il 18 Gennaio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

Fino a pochi mesi fa parlare di riforma della giustizia era impensabile. Il dibattito intorno alla giustizia era stato ridotto ad una puerile disputa intorno ai guai giudiziari dell’ex Presidente del Consiglio: era tutto un parlare di lodo Alfano, prescrizione breve ed intercettazioni. Ieri come d’incanto tutte queste cose sono sparite, ma purtroppo sono rimasti sotto i riflettori i veri mali del nostro sistema giustizia fino ad ora passati sempre in secondo piano. L’occasione è stata data dalla relazione che il ministro della Giustizia Paola Severino ha tenuto alla Camera sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2011 e sugli interventi prioritari. Il ministro Severino ha posto all’attenzione dei parlamentari quattro emergenze e cioè il sovraffollamento nelle carceri, l’efficenza degli uffici giudiziari, lo smaltimento dei procedimenti arretrati e l‘aggiornamento tecnologico della struttura amministrativa e dei servizi giudiziari. Ma un altro dato rilevante in tempi difficili e di crisi economica è il costo dell’emergenza giustizia. La sola entità degli indennizzi liquidati, ad esempio, è ormai stratosferica e sempre crescente: si è passati dai 5 milioni di euro del 2003, ai 40 del 2008 per giungere ai circa 84 del 2011. Il dato che, a detta del ministro Severino, rende più l’idea è quello fornito dalla Banca d’Italia secondo cui l’inefficienza della giustizia civile italiana può essere misurata in termini economici come pari all’1% del PIL.  In altri termini: è giusto dilapidare le casse dello Stato per trattenere per tre giorni in carcere  21.093 persone o per risarcire vittime di errore giudiziario ed ingiusta detenzione? Il ministro Severino ha giustamente detto che questo è il momento più opportuno per mettere mano ad una seria riforma della giustizia e un incoraggiamento in questo senso è stato il semaforo verde per Largo Arenula arriva anche dalla Camera dove è stata votata una mozione congiunta Pd-Pdl-Terzo Polo. Tuttavia è necessario dire una cosa fondamentale sui motivi della riforma della giustizia: non si riforma la giustizia perché semplicisticamente non funziona o peggio perché c’è la crisi economica, si riforma la giustizia perché in un Paese civile, che si vanta di essere culla del diritto, non sono giustificabili detenzione disumana e tempi biblici per i procedimenti giudiziari. La difficile congiuntura economia e la necessità di rigore possono essere solo un altro motivo per spingere verso una riforma del sistema giudiziario ormai improcrastinabile, la giustizia si riforma solamente perché deve essere giusta ed è giusta quando vengono rispettati il valore e la dignità della persona umana.

Commenti disabilitati su Riforma della giustizia: non per la crisi, ma per la persona.

Sei tempi cambiano, anche il sindacato si deve adeguare: il “caso” Luxottica

postato il 16 Gennaio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo”

Notizia di questi giorni è stato raggiunto un ottimo accordo tra la società Luxottica e i sindacati. Vi chiederete dove sia la novità: ebbene la novità è nel “come” è stato raggiunto questo accordo.

La Luxottica aveva la necessità di aumentare la produttività di Sedico facendo girare gli impianti non più solo dalle 8 alle 17 ma dalle 5 del mattino alle 20. Il turno è stato ampliato senza un’ora di sciopero e attraverso una consultazione efficace e diretta tra azienda e lavoratori. Il risultato: accordo in poco tempo sottoscritto con tutti i sindacati, nessuno sciopero e produzione di cinque milioni di occhiali con un giorno di anticipo.

Per la prima volta i sindacati, prima di avanzare proposte, hanno consultato preventivamente i lavoratori che hanno scelto di fare girare gli impianti non più solo dalle 8 alle 17, ma dalle 5 del mattino alle 20 di sera, in quanto alcuni lavoratori hanno scelto di lavorare dalle 5 alle 12 e dalle 13 alle 20. In pratica hanno prima parlato con i lavoratori, poi hanno raccolto indicazioni su orari ed esigenze personali di questi ultimi e infine hanno esaminato con i lavoratori i risultati delle consultazioni. L’accordo è stato poi siglato in “maniera tradizionale” tra sindacati e azienda.

La novità è, quindi, nel metodo che ha portato alla consultazione preventiva dei lavoratori, con i sindacati che hanno ridato centralità ai loro assistiti e non hanno negoziato da “soli”, preferendo la consultazione preventiva.

Questo metodo, a mio avviso, potrebbe e dovrebbe essere usato in tutta Italia: da un lato i sindacati ridarebbero centralità ai lavoratori ed eviterebbero di arroccarsi su posizioni che, in alcuni casi, non sono gradite nemmeno dai lavoratori; dall’altro i lavoratori parteciperebbero attivamente alla vita produttiva maturando il radicamento con il posto di lavoro; l’azienda avvierebbe un percorso collaborativo con i sindacati che eviterebbe trattative estenuanti e scioperi.

Questo mutamento nel modo di agire dei sindacati dovrebbe essere seguito con attenzione perché eviterebbe delle contrapposizioni spesso ideologiche, che danneggiano solo i lavoratori e le aziende, e a tal proposito non possiamo non pensare alla lotta estenuante ingaggiata tra la Fiat e i sindacati Cisl, UIL e CGIL da un lato e la FIOM dall’altro, che ha portato il sindacato guidato da Landini ad essere escluso da tutte le trattative future.

Commenti disabilitati su Sei tempi cambiano, anche il sindacato si deve adeguare: il “caso” Luxottica

Le liberalizzazioni sono una battaglia di civiltà

postato il 14 Gennaio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

Ho sempre ritenuto l’assenza di concorrenza come il sintomo di una Paese malato, nel mercato, così come nella vita di ogni giorno. Sono sempre stato convinto che lì dove c’è concorrenza (e quindi l’opportunità di scegliere tra almeno due offerte diverse e magari alternative), ci siano libertà e migliori condizioni di vita. Ho sempre pensato che – per dirla con Einaudi – “la libertà economica è la condizione necessaria della libertà politica”: per questo sono sempre stato un avversatore di quelle corporazioni che godono fino ad oggi di un trattamento privilegiato sul mercato, attraverso una rigida e inflessibile difesa del proprio status quo, e che si stanno opponendo, in questi giorni, al piano di liberalizzazioni messo a punto dal Governo Monti. L’introduzione, infatti, di una maggiore concorrenza all’interno di questo sistema, finirebbe con lo scardinare le varie lobbies e trusts, costringendo quelli che finora sono stati i produttori unici di un dato servizio a confrontarsi con le leggi del mercato e con i diritti del consumatore.

Non mi stupisco quindi delle proteste dure e selvagge che alcune di queste corporazioni stanno mettendo in atto contro il pacchetto di liberalizzazioni. Non me ne stupisco, principalmente perché comprendo l’errore ideologico che sta alla base di questo genere di reazioni: rinunciare ai propri privilegi è sicuramente indigesto, specie poi se si pensa che le liberalizzazioni siano una sorta di punizione nei propri confronti. Dimenticandosi, quindi, che un regime concorrenziale è favorevole per tutti: per ovvi motivi per i consumatori, ma anche per i produttori, che avrebbero tutto da guadagnare da un adeguamento della loro offerta e competitività. Anche perché, così come hanno sottolineato lo stesso Monti e il sottosegretario Catricalà più volte, le liberalizzazioni non riguarderanno solo una professione: saranno a 360° e interesseranno tutte le castine che vanno eliminate. Per questo bisogna agire, in profondità, dai tassisti ai farmacisti, dai notai agli avvocati, dall’energia ai servizi pubblici locali. Come ha anche ricordato Casini, le liberalizzazioni «devono essere fatte non solo per i soliti noti, ma anche per i poteri forti. Serve più concorrenza, più vantaggi per i consumatori, le liberalizzazioni non devono riguardare solo taxi e farmacie o giornali, ma anche i servizi pubblici locali e i poteri forti».

Le liberalizzazioni – secondo la stima fornita dall’Adiconsum – porterebbero a un risparmio medio di più di 1000 euro a famiglia e a un aumento del Pil tra l’1 e il 2% e rappresenterebbero un altro importante intervento strutturale – dopo quello sulla riforma previdenziale e quello atteso sul mercato del lavoro – che contribuirebbe ad ammodernare il nostro sistema Paese. Per questo non possiamo accettare di arrenderci di fronte alla minaccia di scioperi preventivi o senza scadenza: bisogna ascoltare la maggioranza silenziosa d’Italia (che ha cominciato ad alzare la voce, però) che è stanca di subire ricatti e di dover capitolare di fronte alla difesa degli interessi particolari. Le liberalizzazioni sono una battaglia di civiltà, una battaglia di libertà. Per questo dobbiamo vincerla.

2 Commenti

Come raccogliere un milione di firme per nulla e continuare a far finta di niente

postato il 13 Gennaio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

Confesso che ho sorriso il giorno prima della sentenza della Consulta sui quesiti referendari quando ho letto sui giornali che secondo “indiscrezioni” la suprema Corte era orientata a respingerli, così come ho sorriso nel leggere lo stupore di certi membri del comitato referendario. Tuttavia non ho sorriso per niente alla reazione scomposta di Antonio Di Pietro. Ho sorriso di questa vicenda per la finta indignazione di alcuni membri del comitato referendario: che i quesiti presentati fossero inammissibili dalla Corte Costituzionale era chiaro anche ad uno studente al primo anno di giurisprudenza, ma era stato facile profeta un fine giurista come Cesare Salvi che in un articolo su il Riformista aveva ampiamente previsto il no della Corte. I membri del comitato referendario potrebbero a questo punto scrivere un manuale completissimo dal titolo: “Come raccogliere un milione di firme per nulla e continuare a far finta di niente”. Sì, il rammarico più grande è per tutti quei cittadini che in buona fede hanno sottoscritto il referendum per cancellare il Porcellum, ma che invece sono stati abilmente utilizzati da alcuni per raggiungere fini esclusivamente politici. Il comitato referendario non aveva infatti in animo la riforma della legge elettorale, ma voleva solamente ottenere una legge elettorale ben precisa con il contorno di una redditizia, ai fini elettorali, campagna referendaria. I referendari con i loro quesiti puntavano a ritornare senza troppe seccature e con il consenso popolare al cosiddetto Mattarellum, la legge elettorale precedentemente in vigore, cioè un sistema elettorale che non solo mantiene le liste bloccate (nella quota proporzionale) ma che con i collegi uninominali a turno unico gli stessi deleteri effetti del premio di maggioranza e cioè coalizioni troppo ampie e incapaci di governare. In altri termini il vero obiettivo di Di Pietro, Vendola, Parisi e Veltroni era quello di continuare ad assicurare ai partiti il potere di scegliere gli eletti, con un evidente ritorno personale, e di mantenere in piedi il falso bipolarismo. Spiace che per piccoli interessi di bottega siano stati presi in giro i cittadini e sia stato anche boicottata la seria raccolta di firme di Stefano Passigli, Giovanni Sartori e Domenico Fisichella che proponeva dei quesiti che erano realmente in grado di abolire il Porcellum e consentire l’elaborazione di una nuova legge elettorale in senso proporzionale che restituisca ai cittadini il voto di preferenza. Ora che la decisione della Consulta ha bloccato la strategia dei “referendari” la palla ritorna alla politica e al Parlamento che devono, come auspicato dalla suprema Corte e anche dal Quirinale, occuparsi della riforma della legge elettorale. La riforma della legge elettorale potrebbe essere una straordinaria occasione per la politica, una grande prova di maturità per la classe politica del nostro Paese, e la stagione aperta dal governo Monti potrebbe essere proprio il tempo propizio per ridare dignità alla politica attraverso scelte condivise e responsabili mirate a cercare il bene del Paese e non l’interesse personale e di parte.

2 Commenti

Taxi, sì alle liberalizzazioni ma senza penalizzare gli operatori.

postato il 13 Gennaio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Il governo Monti ha deciso di sbloccare vari settori in Italia procedendo sulla strada delle liberalizzazioni, e tra questi settori vi è quello dei taxi. Ovviamente

gli operatori del settore stanno protestando, motivando le loro rimostranze con il fatto che hanno dovuto comprare, spesso con cifre molto elevate fonte, le singole licenze. L’Antitrust ha invocato un confronto civile tra le organizzazioni e il governo, ma al momento sembra prevalere la linea dura dei conducenti.

Personalmente capisco sia le ragioni dei tassisti che hanno pagato somme cospicue per potere avere le licenze necessarie allo svolgimento delle loro attività (si parla di 200mila euro per una singola licenza), sia le ragioni di chi invoca una maggiore libertà nel settore.

La situazione sembrerebbe destinata ad una soluzione di “forza”, eppure credo che si potrebbe trovare un compromesso valido per tutti.

La mia idea parte dalla considerazione che il tassista può, a ben diritto, essere considerato una “impresa individuale”, e se partiamo da questo assunto, si può considerare la spesa per la licenza, come una spesa per “avviamento dell’attività imprenditoriale”.

Se proseguiamo su questo ragionamento, diventa logico, allora, che, come accade per le imprese, anche i tassisti possano portare in detrazione fiscale il costo dell’avviamento, quindi le licenze: in altre parole la mia proposta è che i tassisti che hanno comprato la licenza, possano portare in detrazione fiscale (per un certo periodo di anni e fino all’esaurimento dell’importo totale) la spesa sostenuta per l’acquisto della licenza.

Ovviamente vi sono tassisti che hanno iniziato parecchi anni fa e possiamo considerare che hanno ammortizzato in pieno l’investimento fatto (quindi l’importo da considerare per loro è minore); mentre i tassisti che hanno avuto recentemente questo esborso monetario si vedrebbero riconosciuta in pieno la detrazione fiscale.

In questo modo si potrebbe procedere ad una liberalizzazione del settore senza penalizzare gli operatori del settore.

 

2 Commenti

Volevo solo prendere il treno.. Milano-Mortara-Alessandria (La Freccia delle risaie)

postato il 11 Gennaio 2012

Inauguriamo oggi una nuova rubrica del blog dedicata ai trasporti pubblici (anche locali), con un occhio particolare a ciò che corre su rotaia. Attenzione rivolta alle periferie della nostra Italia, alle novità, pure all’altà velocità… a tutto ciò che è sostenibile e trasporto collettivo. Riempiamo questo spazio di contenuti!

Buona lettura e inviateci nuovi post.
La redazione

“Riceviamo e pubblichiamo” di Christian Condemi

E’ complesso entrare dentro ogni micro storia e ogni binario che unisce e collega la penisola, ma è nella difficoltà di chi vive quotidianamente questa complessità che si instaura la ricerca di sapere ciò che cambia e ciò che ci circonda, questa è la sfida che ci dovrebbe accomunare tutti i coraggiosi e solidali passeggeri che estate e inverno scelgono questo mezzo per muoversi.
Qualunque pendolare è vaccinato ad annunci che ringraziano per la preferenza accordata, che si scusano per il ritardo. Il rapporto di un pendolare è sempre diverso, egli non è abituato a viaggiare in business class, le storie dei pendolari parlano di straordinaria quotidianità.
La linea su cui vorrei aprire una riflessione è la Mortara – Milano Porta Genova che annovera il suo record di soppressioni e spesso al centro delle cronache. E’ uno snodo importante che passa i popolosi agglomerati urbani di Vigevano e Abbiategrasso per poi risalire fino nel cuore della vecchia Milano, nelle stazioni di San Cristoforo prima e di Porta Genova poi.
Binari che dall’Oltrepò fanno il loro dovere sin dentro la città, oltre risaie e alzaie del naviglio, dove agricoltura e industria fanno a gara nel paesaggio. Una Ferrovia Locale che dovrebbe essere maggiormente curata, dovrebbe godere di più manutenzione anche perché vive di un rapporto quotidiano e non occasionale della sua fascia d’utenza, sempre più popolosa e mista. Ma chi è quest’utenza?
Uomini in 24 ore e cravatta, suore, badanti, migranti, matricole universitarie, lavoratori atipici, a ogni fascia oraria il suo tributo di umanità in movimento su e giù per la bassa, quasi anche il pendolare fosse divenuto un lavoro usurante.
Il disagio si avverte in quelle carrozze post restyling, coi finestrini sigillati. Treni regionali che in caso di guasto all’impianto di condizionamento creano evidenti problemi ai viaggiatori. In questi anni sono fortunatamente aumentate le carrozze e il livello sostanziale di pulizia è migliorato, anche se questo è in relazione pure con il senso civico di tutti.
L’impegno delle istituzioni dovrà portare al raddoppio della Ferrovia Milano-Mortara e a un contestuale ammodernamento del materiale rotabile. Investimenti che in modo tangibile miglioreranno anche la qualità della vita degli utenti.
Chiudo con una filastrocca di un viaggiatore che pur nel disagio, sdrammatizza con ironia:

Grazie per tutti i treni aspettati
… Grazie per tutti i ritardi accumulati
Noi che li aspettiamo tutte le mattine e le sere
ma vederli arrivare sono solo chimere.
La speranza è ormai vana
non ci spaventa neppure la tramontana.
Attorno ad un tavolo qaudrato
gli accordi abbiamo firmato.
Constatiamo gli abbindolamenti
nonostante i soldi dei nostri abbonamenti.
Grazie per averci messo la S9
che spesso non c’è anche quando non piove.
Grazie per tutte le coincidenze programmate
che chissà perché quasi mai son rispettate.
Sapete che vi dico?
Non sono il Bambino Gesù
perciò non vi credo proprio più.

1 Commento


Twitter


Connect

Facebook Fans

Hai già cliccato su “Mi piace”?

Instagram