Casini: moderati, falsa partenza
L’intervista di Marco Ventura a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Messaggero
Matteo Renzi «si prepara a essere il candidato dell’unità nazionale contro Beppe Grillo e gli sfascisti di ogni genere. I moderati del centrodestra sono pronti a votare lui, non certo il Pd». Seppure concentrato sul ciclo di lezioni di geo-politica del Mediterraneo che terrà da domani all’Università LUMSA, e sul ruolo che sempre di più lo appassiona, quello di presidente della commissione Esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini continua a tenere d’occhio quanto avviene in Italia. «Renzi è il segretario del Pd e credo che non smantellerà il partito. Ma le sue scelte politiche ne hanno fatto il punto di riferimento di una fascia d’opinione pubblica che prima guardava al centrodestra: elettori che aspettavano la rivoluzione liberale da Berlusconi e non l’hanno avuta, e ai quali non piacciono i toni di Salvini e dei suoi pistoleri. L’ossessiva polemica contro Alfano, che sta facendo bene un lavoro difficile, è segno della loro pochezza».
Che ne sarà del centrodestra attuale, quello di Berlusconi?
«Berlusconi è un campione del mondo, chiunque al posto suo sarebbe stato travolto dagli avvenimenti. Ciò non toglie che la gran parte dell’opinione pubblica lo percepisce come uno che sta in campo perché deve giocare, non perché ne abbia davvero voglia. Che si opponga a Renzi è una commedia a cui gli stessi elettori di centrodestra credono sempre meno. Per anni abbiamo chiesto la trasformazione della sinistra italiana citando Blair e Clinton. Bisogna prendere atto che questa trasformazione Renzi la sta facendo: ha smantellato la concertazione in cui si era indugiato troppo negli ultimi trent’anni, poi il jobs act, la detassazione della casa, il contante, la riforma costituzionale…».
Berlusconi potrebbe sempre allearsi con la Lega di Salvini.
«Potrà anche finire così. Ma Silvio è una cosa molto complessa: è Forza Italia, Mediaset, il Milan… E comunque molti italiani hanno capito che con le boutade di Salvini o Grillo non si governano né le amministrazioni locali né il Paese».
E il Pd, che fine farà?
«È il perno della sinistra. Ma chi si fida di Renzi non necessariamente voterà Pd. L’Italia per rilanciarsi deve liberarsi dalle gabbie ideologiche. È la scommessa del governo, contrastata dalla sinistra greca dei Civati e Fassina che se ne sono andati dal Pd. Comunque l’economia sta ripartendo e i dati dell’export ne sono la prova».
E sulla scena internazionale?
«Renzi ha portato al tavolo europeo questioni serie, il fatto che l’Europa non si governa solo col rigore, ma c’è la necessità di far ripartire la ripresa anche con investimenti e maggiore flessibilità. Ha poi confermato la scelta dell’Italia Paese atlantico senza nostalgie della guerra fredda, quelle che sembrano avere alcuni Paesi del Nord Europa e della regione baltica: i nostri primi nemici sono il jihadismo e il terrorismo di realtà territoriali come l’Isis. Non riusciremo a vincere queste sfide se dovremo fronteggiarne un’altra con la Russia».
Ho capito, lei si iscrive tra i fan di Matteo Renzi.
«Dopo trent’anni di vita politica e una certa maturità raggiunta, non mi appartiene la logica del tifo che ho superato da un pezzo, non sono fan di nessuno e Renzi non ha bisogno che io lo sia. Ho a cuore l’Italia, questo sì, e oggi non possiamo continuare a inventarci barriere ideologiche divisive quando sul terreno questo signore ha dimostrato di fare le cose. La maggior parte delle persone con cui parlo annota con tristezza come purtroppo il centrodestra abbia perso l’occasione di fare tante cose che sta facendo Renzi».
Possiamo dire che con Renzi è nata una nuova Dc?
«Il confronto è improprio perché è cambiato il mondo, sono cambiate le esigenze delle persone. Certo, il concetto di partito nazionale che è stata la Dc è incarnato nel tentativo di Renzi: che ci riesca o meno nessuno è in grado di dirlo e non si può prevedere oggi».
Se Renzi non dovesse smantellare il Pd, c’è spazio per un nuovo partito dei moderati?
«Ci sarebbe uno spazio enorme. Ma la partenza non è certo incoraggiante. Non si interpreta questo stato d’animo dei moderati, di disagio ma anche di disponibilità, con ridislocazioni, spezzettamento dei partiti, scissioni, protagonismi parlamentari che esistono nel palazzo, ma non nel Paese».
Chi sarebbe, secondo lei, il leader di quest’area moderata?
«Ci vogliono protagonisti nuovi, ma non sono io a dover distribuire patenti. Peraltro, oggi siamo in campo aperto e piuttosto che affidarsi a improbabili ambasciatori, nulla impedisce a Renzi di prendersi lui direttamente questi voti. Come sempre ognuno è artefice del proprio destino: lo spazio c’è, ci sarebbe, ma se non siamo in grado di meritarcelo, nessuno ci farà regali, ed è infantile anche solo chiederli o sperare di riceverli».
I soggetti del centrodestra dovrebbero azzerarsi e dovrebbe prendere corpo qualcosa di completamente nuovo?
«I partiti che hanno caratterizzato questi ultimi vent’anni sono reduci da multiple sofferenze: corse solitarie, come quella che noi facemmo nel 2008, errori e anche contraddizioni. Per questo dico che accanto ai tanti che hanno fatto onestamente la loro parte occorrerebbero energie nuove, senza incorrere nella retorica della società civile che il più delle volte ha prodotto amministrazioni “incivili”. La demagogia e il populismo purtroppo sono i migliori alleati della peggiore politica».
Quale potrà essere il ruolo di Pier Ferdinando Casini?
«Non mi sembra una priorità per nessuno e tantomeno lo è per me. Se qualcuno ha consigli da chiedermi, le mie porte sono aperte; se pensa di poter fare da solo, nessun problema. La politica è la mia vita, ma impegnarsi per l’Italia lo si può fare in tanti modi».