postato il 2 Agosto 2015 | in "Politica"

Bene Renzi su Azzollini. La sinistra ora ripensa i suoi tabù

8181931983_b50588157a_oL’intervista di Daria Gorodisky a Pier Ferdinando Casini pubblicata su “Il Corriere della Sera”

Quando si comincia a parlare con Pier Ferdinando Casini della polemica interna al Pd per il voto sulla richiesta di arresto per Antonio Azzollini (Ncd), il presidente della commissione Esteri del Senato sottolinea subito che si esprime «soltanto a titolo personale».

Però è pur sempre un senatore eletto per l’Udc…
«Il partito hai suoi dirigenti. Io non lo rappresento, né voglio farlo: non ho un secondo fine, ho già compiuto il mio percorso di carriera politica e ne sono orgoglioso».

Dunque, il caso Pd-Azzollini?
«È un passo avanti che Matteo Renzi si sia assunto la responsabilità, dopo anni di balbettii o ricerca della convenienza, di spiegare che il voto su Azzollini è stato un voto sulla libertà del Parlamento. Perché non è un atto dovuto che risponda positivamente alle legittime richieste della magistratura».

Infatti a volte ha deliberato per la concessione dell’arresto di un parlamentare, mentre altre volte contro.
«Sì, ma era una libertà teorica, piegata alla logica delle convenienze. Per una lunghissima fase il Parlamento ha sempre respinto le richieste e in una fase successiva le ha sempre approvate. Adesso finalmente si torna a valutare il merito. Non vedo come si possa gridare allo scandalo».

La polemica è tutta interna al Pd, che prima aveva preso una posizione, poi un’altra, poi le ha sostenute entrambe; fino alla dichiarazione, a cose già avvenute, di Renzi.
«Ha dato una buona spiegazione».

Insomma, allora c’è davvero un avvicinamento di Area popolare, di cui fa parte anche l’Udc con Ncd, al Partito democratico? Si è anche parlato di «scambio»…
«Se dì avvicinamento si può parlare, è del Pd alla linea delle riforme. Per me è inspiegabile che si continui a rimanere imprigionati nelle categorie destra e sinistra. Se un presidente del Consiglio afferma che la politica industriale del Paese non può essere determinata dalla magistratura, e penso all’Ilva, dice una cosa di destra o di sinistra?»

A lei la risposta.

«Apprezzo che nella sinistra ci sia un ripensamento dei tabù tradizionali. Del resto, il 40 per cento che Renzi ha preso alle Europee deriva anche dal bisogno di cambiamento del centro moderato: mica lo ha preso dalla sinistra»

Appezza anche lo spostamento di Denis Verdini verso il governo?
«È fisiologico che oggi ci siano convergenze più ampie sulla linea del governo. Non è frutto di convenienza, ma di disagio di una buona parte del mondo berlusconiano: Angelino Alfano, Sandro Bondi, adesso Verdini… Perché da un lato il centrodestra ha cambiato pelle da quando è Matteo Salvini a dare le carte, magari inseguendo le suggestioni di Varoufakis; e dall’altro il centrosinistra è finalmente orientato verso le riforme».

Lei che siede a Palazzo Madama, come giudica la riforma del Senato, con l’abolizione dell’elezione diretta dei senatori?
«La definirei un’occasione mancata, un vorrei-ma-non-posso. Quando ci si muove sulla retorica del “senza costi”, non si va da nessuna parte. La democrazia costa».

C’è divergenza anche su temi come le unioni civili.
«Certo, infatti io voterò contro l’ipotesi Cirinnà che parifica matrimoni a unioni civili tra persone dello stesso sesso. Ciascuno ha la propria storia, la propria cultura. Però ritengo che il governo nel complesso si stia muovendo nella giusta direzione».

Maurizio Lupi, anche lui in Ap, non è d’accordo. Anzi, reclama distanza dal Pd, che «è dilaniato».
«Ma no, Lupi esprime soltanto una sensibilità diversa. Vorrebbe un centrodestra a trazione moderata, competitivo e alternativo alla sinistra. Concordo al 100 per cento: ma la realtà è che oggi la trazione è salviniana, e in queste condizioni i moderati che rappresentiamo fuggono».



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