CARO LETTA, SOLO UN CONSIGLIO: PIÙ EUROPEISMO, MENO RISENTIMENTI

postato il 16 Marzo 2021

L’intervista a cura di Umberto de Giovannangeli pubblicata su Il Riformista 

PIERFERDINANDO CASINI

Se mi sento di dare un consiglio a Enrico Letta? Metta da parte ogni risentimento, e lo faccia davvero”.
A dirlo è un politico di lungo corso: Pier Ferdinando Casini, già presidente della Camera dei deputati e della Commissione esteri del Senato. Con 37 anni consecutivi da deputato e senatore, è il politico con alle spalle la più lunga esperienza tra quelli presenti nei due rami del Parlamento. E in 37 anni ne ha viste tante.

Con una elezione plebiscitaria, Enrico Letta è il nuovo segretario del Partito democratico. Presidente Casini che valutazione politica dà di questa scelta?
È una scelta, dal punto di vista del Pd, pienamente comprensibile. Perché Letta era l’unica personalità di prestigio che potesse essere spesa in un momento così delicato per il partito. Diciamocela tutta: se penso ai maggiorenti del Pd, Letta ha tolto le castagne dal fuoco a molti di loro. Perché certamente ha rimesso al centro del villaggio, come si suol dire, il tema dell’esistenza del Pd e il suo rapporto col Governo. E questo non è poco.
Vorrei restare proprio sul rapporto tra i dem e il governo Draghi. Su questo sulle pagine de II Riformista si è aperto un dibattito molto interessante e acceso. C’è chi sostiene che una parte del gruppo dirigente del Pd abbia vissuto la nascita del governo Draghi, per dirla con le parole di Paolo Mieli, come una sorta di colpo di Stato parlamentare.
In politica le parole sono importanti ma i fatti ancora di più. Quando il Partito democratico, almeno in due o tre circostanze, con i suoi principali esponenti, ha detto e ripetuto o Conte o elezioni, e mai con la Lega, poi era difficile far passare nell’opinione pubblica l’idea che il governo Draghi fosse un fiore all’occhiello del Pd. Oggi, con Letta, per via dei suoi rapporti tradizionali con Draghi e della sua personalità, il rapporto tra il Partito democratico e il governo Draghi viene facilitato. E lui certamente ha la credibilità per poter dire: questa per noi è la scelta migliore.
Sullo spessore del nuovo segretario dem il giudizio è pressoché unanime. Altra cosa però è l’uria nullismo. Insomma, 860 sì su 866 partecipanti al voto nell’assemblea nazionale. Non è l’avvisaglia di un unanimismo di facciata?
È ovvio che in un momento in cui nasce una leadership nuova, soprattutto quando la scelta è scontata nessuno vuole tirarsi fuori. Ma qui il discorso è un po’ diverso.. Il problema è la politica del Pd. Perché per i primi giorni, per i giornali, per la cronaca, per i salotti mediatici, per l’opinione pubblica, il problema può essere il segretario. Ma quando i riflettori si spengono e il segretario è insediato stabilmente, sul campo rimane il problema della politica. E delle scelte concrete. In fondo anche Salvini, che è un leader carismatico, alla fine si è dovuto piegare alle ragioni della politica con il governo Draghi. Il Pd, alle prossime amministrative dovrà, ad esempio, decidere se corteggiare le Sardine e i movimenti collaterali ai centri sociali, o se essere un partito riformista a tutto tondo che davanti a scelte importanti non fa sconti a nessuno. Dunque il tema è quello delle scelte che solitamente sono dolorose.
Una tra tutte?
In questi mesi l’Italia è andata avanti con i sussidi. Che sono stati anche assolutamente inevitabili, perché si trattava di costruire degli ammortizzatori sociali per le fasce più deboli. Però sappiamo tutti che questi provvedimenti hanno un inizio e una fine. Dopo un certo momento, si sconfina dell’assistenzialismo puro che non serve e che soprattutto non rilancia una economia in crisi di competitività come quella italiana. Oltretutto, stiamo scaricando sui nostri figli un debito ingente che ipoteca e pregiudica il futuro delle giovani generazioni. Questo sarà un passaggio fonda mentale per il Governo, per la coalizione e per il Pd.
Ma qual è il terreno su cui il Pd può giocare più facilmente?
La caratteristica su cui il Pd può vantare un titolo di riconoscibilità è il tema dell’Europa. Questo è il miglior biglietto da visita del Partito democratico. Dobbiamo riscoprire l’idea di un “sovranismo europeo” che sostituisca l’idea, in questi mesi molto in voga, della rivincita delle nazionalità. In un mondo così complesso, con le questioni geopolitiche aperte nel Mediterraneo e nel Nord Europa, o l’Europa riesce a parlare con una voce sola o è destinata alla più completa irrilevanza. In questo senso anche i 5Stelle sono chiamati a scelte decisive per il loro futuro.
In che senso?
O i 5Stelle ammainano le loro bandiere e fanno i conti con la realtà, oppure per il Pd diventa arduo continuare a seguirli senza assumere una posizione più assertiva. In poche parole: il Pd oggi non ha più l’obbligo della mediazione che determina un logoramento continuo ed anzi è chiamato a favore con posizioni nette la possibile evoluzione del Movimento 5 Stelle.
Letta ha rilanciato l’europeismo come carattere identitario del Pd. Ma questo come può e deve interagire con una nuova partnership euroatlantica con gli Stati Uniti di Joe Biden?
Da questo punto di vista le cose sono destinate a migliorare per noi e per l’Europa. Con Biden è possibile recuperare una visione atlantica comune, basata sul multilateralismo che in questi anni è stato profondamente messo in crisi da Trump. Tornano di attualità le coordinate tradizionali della politica estera italiana: europeismo, scelta atlantica, multilateralismo. Ricette fondamentali per affrontare un mondo sempre più complesso e le sfide aperte che in particolare provengono dalla Cina. Abbiamo constatato negli ultimi anni quanto sia necessaria la presenza americana.
Lo vediamo nel Mediterraneo dove la presenza turca e russa, con modalità non sempre ortodosse, è possibile solo grazie all’assenza degli Stati Uniti.
Presidente Casini, alla luce della sua lunga esperienza politica e parlamentare, che consiglio personale si sente di dare al neo segretario Pd?
Io non voglio dar consigli a Letta perché da cinquant’anni in su consigli li dà la vita e non li danno gli altri. Ho visto che ha riposto nel bagagliaio i risentimenti. E questo è molto importante per lui. Bisogna che lo faccia sul serio e non per finta.

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Anche mio figlio positivo, siamo un team Covid

postato il 21 Febbraio 2021

L’interista al Corriere della Sera

Pierferdinando Casini è ritornato a casa ieri dopo nove giorni di ricovero per Covid all’ospedale Spallanzani. L’ex presidente della Camera è ancora positivo ma si dice «risollevato» mentre rimette piede nella sua abitazione.

Presidente Casini, innanzitutto come sta?
«Sono molto stanco. Ho appena fatto una doccia, ho disfatto la valigia. L’isolamento domiciliare è comunque meglio. Mi faccia dire una cosa».

Prego.
«Desidero ringraziare chi si è preso cura di me, i fantastici operatori sanitari e anche i tanti che si sono preoccupati e mi hanno mandato messaggi di affetto».

Ha ricevuto tante telefonate?
«Sì, ma ho cercato di ridurle al minimo per non affaticarmi. Nel frattempo anche mio figlio è diventato positivo. Ormai in famiglia siamo un team Covid. Dopodiché se le cose vanno bene bisogna solo ringraziare il Signore».

Come ha trascorso i giorni?
«Leggevo, guardavo la televisione. Ho seguito tutto il dibattito parlamentare, anche l’ultimo degli interventi. Devo ammettere di non essere stato così attento. E poi dovreste saperlo, sono un fanatico del calcio. Dalle sette di sera in poi solo partite. Ormai ad ogni ora c’è un match. Che meraviglia!».

A proposito del voto di fiducia. Qual è il suo giudizio sull’intervento di Draghi in Parlamento?
«È stato ineccepibile ed essenziale. Mi sembra che si sia innamorato della sua essenzialità. È un fuoriclasse. Il grande rammarico resta di non essere stato presente».

Un’ultima domanda: ha sentito sua madre?
«Certo, è la prima cosa che ho fatto. È straordinaria. Ieri ha fatto il vaccino e mi ha subito detto: “Ora che siamo entrambi immuni possiamo andare in Argentina a trovare tua figlia…”».

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«Il gruppo con gli ex M5S? Non esiste. Con Draghi accolto l’appello del Colle»

postato il 21 Febbraio 2021

L’intervista pubblicata su Il Messaggero

«Tutto sommato, a parte il comprensibile psicodramma complessivo dei cinquestelle, questa è stata una settimana in cui la politica ha dato una bella immagine di sé». Per la prima volta dopo tanti anni, Pier Ferdinando Casini non ha vissuto da protagonista la nascita di un nuovo governo. Negli ultimi 8 giorni infatti, Casini è rimasto ricoverato allo Spallanzani dopo aver contratto la Covid-19. Ora che è tornato a casa e fortunatamente sta bene, «sono solo un po’ affaticato» ammette, non si sottrae ad una prima impressione su Draghi e soprattutto smentisce i retroscena circolati nei giorni scorsi che hanno fatto notare come il suo appoggio sarebbe praticamente l’unica strada che consentirebbe ai 5stelle espulsi dai gruppi parlamentari di formarne uno nuovo. «È una questione che non esiste» dice però, liquidando la pratica.

Onorevole Casini, come sta innanzitutto?
«Dopo 8 giorni sono uscito, sono contento. Quando si entra in questo tunnel, la cosa migliore è uscirne presto. Mi sento ancora un po’ stanco, ma pare normale per questo tipo di decorso».
Il Coronavirus non le ha permesso di essere in Aula per votare la fiducia al governo Draghi, peraltro la presidente del Senato Casellati le ha anche augurato una pronta guarigione prima del voto.
Ma ha sentito qualcuno del nuovo esecutivo?
«Certo, ho sentito molti ministri. Mi hanno telefonato per farmi gli auguri, alcuni sono amici come Franceschini, con altri ho condiviso il lavoro parlamentare. Con Brunetta ad esempio abbiamo fatto assieme la commissione di inchiesta sulle banche».
A differenza di altre volte ha visto dall’esterno la nascita del nuovo governo. Che settimana è stata?
«Tutto sommato a parte il comprensibile psicodramma complessivo dei cinquestelle è stata una settimana in cui la politica ha dato una bella immagine di sé. Anche il dibattito parlamentare tra tutti i partiti, compresi coloro che hanno votato contro come Fratelli d’Italia, è stato sempre costruttivo. Mi pare che l’appello del Capo dello Stato abbia funzionato. Ora si vedranno i fatti, ma se il buongiorno si vede dal mattino, direi che abbiamo iniziato bene».
E il premier Draghi? Come l’ha visto?
«Draghi l’ho visto Draghi. È un uomo essenziale che non ha delle ritualità particolari, che riduce al minimo la comunicazione. E già questo è un indizio importante, anche non comunicare è una scelta. Non l’ho visto impacciato. Uno che è stato presidente della Bce o che ha guidato Bankitalia non è che si impressiona per presentarsi in Parlamento. Credo abbia detto una piccola bugia quando ha detto di essere emozionato, probabilmente ha voluto fare una concessione di cortesia alla platea. L’ho visto come un uomo solido che sa il fatto suo».
Onorevole c’è chi ha ipotizzato un suo sostegno ai ribelli 5s per consentirgli di formare un nuovo gruppo parlamentare.
«È una questione che non esiste, puramente regolamentare. Sono distante anni luce dal tema né intendo avvicinarmene. Rispetto il loro travaglio, ma non è un mio problema».
Perché? 
«Questi ribelli 5s sono gli stessi che volevano mettere sotto accusa Draghi quando io ero alla Commissione banche. Che ora siano a disagio a votarlo li capisco, ma non mi riguarda. Tra i cinquestelle hanno fatto bene Grillo e Di Maio, che hanno dato una prova di realismo brutale. Il M5s non può riprendere la strada del partito rivoluzionario come se nulla fosse successo negli ultimi 5 anni. Hanno governato con Salvini, il PD e appoggiano Draghi. Lei capisce che i propositi rivoluzionari con questa esperienza sono un pochino ridicoli».

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«Ho solo febbre, mi affido a Dio»

postato il 13 Febbraio 2021

Il racconto a «L’aria che tira» su La7: «Ho tranquillizzato mia mamma, l’erba cattiva non muore mai»

L’intervista di Giuseppe Alberto Falci pubblicata sul Corriere della Sera

«Mi affido a Dio, mi dispiace che non potrò votare per Mario Draghi». Da ieri sera Pier Ferdinando Casini, uno dei protagonisti della storia democristiana, un intramontabile del Parlamento, già presidente della Camera e senatore oggi di “Per le Autonomie”, ha scoperto di avere il Covid. Casini lo ha confessato ai microfoni di La7, nel corso della trasmissione L’Aria che Tira, condotta da Myrta Merlino. A sera si reca alla Spallanzani per un approfondimento. Ma tiene a specificare: «Nulla di grave». Quando risponde la voce è quella di sempre, con quell’accento bolognese inconfondibile.

Presidente, come sta? Cosa è successo?
«Prima di tutto vorrei dire una cosa».

Prego.
«Sto bene. La mente è ancora lucida. Sono sereno, il gusto l’ho mantenuto integro». [Continua a leggere]

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Casini: «Ho il Covid, non posso votare Draghi»

postato il 13 Febbraio 2021

«Dispiace non esserci, ho una tosse fastidiosa. Serve responsabilità, questo male è subdolo»

L’intervista di Paolo Rosato pubblicata sul Resto del Carlino di Bologna

«Pronto? Sì, buongiorno. Come sto? Abbiamo visto dei giorni migliori. Mi dispiace solo di non poter votare il governo Draghi». Non perde mai la voglia di sdrammatizzare Pier Ferdinando Casini, uno che di burrasche in politica ne ha viste davvero tante. E se pure la bonaccia di speranza portata dall’arrivo del governo Draghi è stata increspata dal toc-toc del Covid, il senatore riesce a scherzarci su rammaricandosi di non poter partecipare personalmente a un passaggio storico per la Repubblica. «Vede, l’influsso del governo Draghi può essere solo positivo, mi dispiace solo che non potrò votarlo», continua Casini, in isolamento a casa. Lo stesso ex presidente delle Camera e attuale esponente dei ’Centristi per l’Europa’ era stato indicato dai rumors di palazzo come uno dei volti possibili per la prossima (manca un anno) scelta del nuovo inquilino del Quirinale. Per ora, però, servirà riposo. «Adesso mi attengo al protocollo e a quello che mi dicono i medici. Siamo nelle mani di Dio, bisogna aggredire e non sottovalutare, avere rispetto del male. Guai a quelli che sfottono gli avversari, anche nella vita politica. Io non li ho mai sfottuti, figuriamoci se lo faccio sulla malattia». [Continua a leggere]

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«Basta giochini o si rischiano le urne. Il premier vada nella bocca del leone»

postato il 29 Gennaio 2021

Conte ha fatto un grave peccato a inseguire i “responsabili”. Pnrr insufficiente per i giovani. Una lista Conte? Inutili i partiti personali. Non si accostino nuovi gruppi alla storia Dc.

L’intervista di Marco Iasevoli pubblicata su Avvenire

Quindici giorni fa, sostiene il senatore, il problema era Renzi, ora invece è il premier. «Si sono perse due settimane a cercare i “responsabili”. Ma i segnali di difficoltà della maggioranza c’erano da tempo. Conte, per fare un terzo go verno deve mettersi nelle mani di Renzi, cioè nella bocca del leone».

Pier Ferdinando Casini, senatore, leader storico dei centristi ed ex presidente della Camera, al giro di boa delle consultazioni ci sono le condizioni per un incarico a Conte?
Questo lo valuterà il capo dello Stato. Ma una cosa è molto importante e va detta: adesso i giochini sono finiti. Quando la crisi arriva nelle mani del capo dello Stato, le parole pesano come pietre. Se qualcuno continua a giocare lo fa a proprio rischio e pericolo. Per “rischio e pericolo” intendo le elezioni.

Chi è che gioca?
Tutti. Anche quelli che hanno perso 15 giorni a cercare dei fantomatici “responsabili”. Si è perso tempo molto gravemente. Anche prima delle dimissioni delle ministre: i segnali di difficoltà della maggioranza c’erano da tempo. Non si può far finta di non sentire gli scricchiolii, va a finire che ti cade la casa in testa.

Ce l’ha con Conte?
Se il premier avesse lasciato il giorno dopo le dimissioni delle due ministre di Italia Viva avrebbe guadagnato tempo e credibilità, e avrebbe portato un punto a casa. Il peccato enorme sono stati questi 15 giorni a cercare qualcosa che non c’è, specie dopo la “blindatura” del centrodestra. Un peccato enorme, dicevo, aggravato dal fatto che lo scopo non è stato nemmeno raggiunto. Il risultato è che se 15 giorni fa il problema era Renzi, ora il problema è Conte. [Continua a leggere]

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Crisi di governo: «Errori da matita blu»

postato il 27 Gennaio 2021

Conte ha sbagliato tutto, teatrino imbarazzante. Conosco Berlusconi, non spaccherà il centrodestra. Anche Craxi e De Mita dicevano mai più insieme, ma poi sapevano ricucire.


Sensazione diffusa: per Giuseppe Conte s’è messa in salita. Mezzogiorno, alla tivù immagini del Quirinale in dissolvenza. Bisogna cercare qualcuno di rango che interpreti, spieghi, uno che sappia orientarci nel buio fitto di una crisi come questa. In redazione parte il solito giro di sguardi.
Quello no, quello è bollito. Quell’altro nemmeno: sempre troppo reticente. Quello giusto è Pier Ferdinando Casini.

Ha visto ogni intrigo possibile. E talvolta vi ha partecipato (eravamo ancora nel Novecento e lui, finto vecchio, già imparava il mestiere sempre un passo dietro ad Arnaldo Forlani, galantuomo gommoso e temutissimo, il coniglio mannaro della Dc). Per questo adesso bisognerà andarlo a cercare nella Prima Repubblica, intesa come dimensione politica astratta, luogo dell’anima dove Casini è un po’ rimasto — per stile, sostanza, e forse anche per un filo di nostalgia canaglia — sebbene sia senatore del centrosinistra e per giorni, ogni sciagurata mattina, tutti lo abbiamo osservato attraversare il Salone Garibaldi di Palazzo Madama diretto alla buvette, fendendo con aria disgustata l’osceno mercato dove trafficanti di voti — in frenetico contatto con Palazzo Chigi — offrivano inutilmente ministeri e candidature certe, e Dio solo sa cos’altro.

Oggi però Casini qui alla buvette non si è visto (pure lui, ogni tanto, se può rinuncia al rito sadico di quella ciofeca nera che fanno pagare come un caffè). Forse allora è in ufficio.
Guide rosse e arazzi alle pareti, lampadari tutti accesi, un magnifico parquet consumato dai passi del potere: essendo stato anche Presidente della Camera, a Casini hanno assegnato due stanze a Palazzo Giustiniani, luogo di sublime bellezza e stordente suggestione, anche perché, queste due sue stanze, sono a lungo appartenute a Giulio Andreotti. [Continua a leggere]

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“Il premier ha buttato 15 giorni. Recuperi il rapporto con Renzi”

postato il 27 Gennaio 2021

L’intervista pubblicata su la Stampa

L’avvocato stia attento: ho imparato che nessuno è insostituibile. Dopo di lui non c’è il diluvio. Andreotti e Fanfani si odiavano eppure hanno fatto dei governi insieme. Romani, Carfagna e Quagliariello non potevano prestarsi a un’operazione così. Conte ormai si è delegittimato, l’aritmetica non è la politica.

Conte ha sbagliato. E, se persevera, rischia di non tornare a palazzo Chigi. Pier Ferdinando Casini aveva suggerito al premier di dimettersi subito, «il giorno dopo l’uscita dal governo delle ministre di Italia Viva: a quel punto il responsabile unico della crisi sarebbe stato Renzi», spiega l’ex presidente della Camera, oggi senatore di maggioranza (gruppo Per le Autonomie). «Ora, invece, anche lui è parte del problema, ha perso credibilità, deve smetterla di cincischiare».

Ha preso tempo per cercare “responsabili” in Parlamento, con scarso successo…
«Una ricerca improbabile, più continua a insistere e più rischia di non fare un altro go-verno. Ha buttato via 15 giorni, facendo un errore enorme, con una caccia ai voti degradante e, per giunta, fallita. Si è delegittimato agli occhi dell’opinione pubblica, le sue ragioni non sono emerse, perché l’aritmetica non è mai politica».

Ora, per restare in sella, cosa deve fare?
«Se riceverà l’incarico dal presidente della Repubblica, si adoperi per recuperare il rap-porto con Renzi, che è poi l’unico modo per allargare decorosamente la maggioranza. Dico decorosamente perché i nomi e le storie politiche han-no la loro importanza: ad esempio, persone come Ro-mani, Quagliariello o Carfagna non potevano accettare di prestarsi a un’operazione politica di questo tipo». [Continua a leggere]

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«Non voterò Bonafede»

postato il 24 Gennaio 2021

«Troppi abusi sulle intercettazioni. È sicuro che non si andrà alle urne, il Paese non lo capirebbe»

L’intervista di Francesco Ghidetti pubblicata sul Resto del Carlino

«No. La gente non ha capito e non capisce». Scuote la testa Pier Ferdinando Casini dal suo studio nella casa di Bologna. Il suo tavolo è ingombro di carte e di penne. Il senatore scarabocchia un foglio.

Presidente Casini, che fa, conta i favorevoli e contrari all’esecutivo Conte?
(sorride appena). «C’è poco da scherzare. Ma come si fa a pensare che i cittadini siano sereni con una crisi di governo quando i problemi sono ben altri? La pandemia, il lavoro… e l’elenco potrebbe essere ancor più lungo».

Ma se dovesse incontrare un amico e dovesse spiegargli…
«La fermo subito. Non gli racconterei che cosa è successo ora, ma del futuro del nostro Paese».

Mica facile.
«Le idee di Alcide De Gasperi sono una buona base di partenza. Cito le prime tre: sovranismo europeo; multilateralismo; scelta atlantica. E ora che alla Casa Bianca c’è Joe Biden possiamo sperare nel meglio. Certo, sono idee da aggiornare. Ma restano i fondamenti del nostro sviluppo democratico». [Continua a leggere]

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«Il premier è passato dai leghisti al Pd, figurarsi se non supera una lite con Iv»

postato il 20 Gennaio 2021

Il conflitto è stato aspro, il tema è se vogliamo restare prigionieri della contesa o invece andare avanti

L’intervista di Francesco Malfetano pubblicata sul Messaggero

Presidente Casini, in aula ha chiesto a Conte e Renzi di recuperare un «filo comune per andare avanti assieme». Ha cioè dettato in Aula una lezione della vecchia Dc, impartendola a chi oggi basa la politica sugli ultimatum.
«Io non sono convinto che le ragioni dell’aritmetica coincidano con quelle della politica. Ed è per questo che non mi interessa quanti saranno i voti della coalizione. So solo che usciamo dalla crisi più deboli di quando ci siamo entrati in un momento in cui tutta Europa cerca di ampliare al massimo la condivisione, noi la restringiamo. E questo mi preoccupa più delle questioni di principio che pure ci sono».

Si riferisce al fatto che una maggioranza raccogliticcia non sia in grado di dare vera forza all’esecutivo?
«Io non biasimo i parlamentari che sostengono il governo, li rispetto. Non mi piace il doppiopesismo, considerando che al governo c’era chi li riteneva voltagabbana pericolosi per la democrazia. Bisogna usare lo stesso metro sempre. Io dico che un conto è una forza politica organizzata di un ex presidente del Consiglio, un conto sono parlamentari in ordine sparso». [Continua a leggere]

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