Afghanistan: Un fallimento voler esportare la democrazia. Ora salvare gli afghani che ci hanno aiutato
Credibilità dell’Occidente a pezzi, è anche peggio del Vietnam
L’intervista a QN – Quotidiano nazionale a cura di Alessandro Farruggia
«Diciamolo chiaramente: la credibilità dell’Occidente nei confronti dei suoi alleati da questa vicenda esce a pezzi, molto peggio di quello che è capitato dopo il Vietnam». Il senatore Pierferdinando Casini, ex presidente della Camera e presidente della interparlamentare italiana, guarda avanti e all’orizzonte vede nubi minacciose. E non solo per la probabile caduta di Kabul.
Sorpreso, senatore Casini, della Caporetto afghana?
«Come avevamo rilevato durante l’esame parlamentare era abbastanza prevedibile quel che sta capitando ed è una pagina critica per l’Occidente, per l’alleanza che ha sostenuto l’intervento in Afghanistan e anche per l’Italia, che ha avuto tanti caduti in questa missione. Purtroppo vediamo che si sta tornando a vent’anni fa. Siamo andati in quel Paese per difendere dei principi, per lottare contro il terrorismo e avviare un processo democratico, tutto questo oggi sembra essere azzerato. Tutti sono parte di questo fallimento, nessuno si può tirare indietro».
Andarsene all’improvviso, senza avere creato le condizioni perché il governo afghano potesse resistere all’offensiva talebana non contraddice proprio queste motivazioni?
«Certo. Un ritiro affrettato ha negato quanto faticosamente portato avanti in questi anni, e ha fatto liquefare le forze di sicurezza afghane. Ma la scelta è stata maturata prima da Trump e poi da Biden, per l’Italia sarebbe stato velleitario pensare di fare qualcosa di diverso che ritirarsi. Abbiamo tutti preso atto che questo era l’orientamento americano e non potevamo fare altro che adeguarci. Ma è chiaro che per il futuro non ci sarà più consentito gestire vicende come quelle dell’Afghanistan in questo modo».
Quale è stato l’errore fondamentale dell’intervento in Afghanistan?
«Aver voluto creare una democrazia a modello di quelle occidentali. L’esportazione della democrazia così come la intendeva George Bush è una cosa irrealizzabile. La gestione di operazioni simili è sempre fallimentare, guardiamo cosa è successo in Iraq, dove una delle ragioni della nascita dello stato islamico è stata l’emarginazione di tutta la componente sunnita che è stata spinta ai margini ed ha fatto da brodo di cultura per la nascita dello Stato Islamico. In Afghanistan abbiamo sbagliato i fondamentali, insediando una classe dirigente corrotta che non si è manifestata in grado di governare con le sue gambe. Finito il nostro supporto militare, i nodi sono subito venuti al pettine e tutto si è liquefatto. Abbiamo fallito sia sul fronte militare che civile e abbiamo prodotto un cartello di illusioni. O l’Occidente fa un esame di coscienza serio oppure rischia di regalare pezzi di mondo alle potenze emergenti. Ad esempio, io credo che il prossimo regime talebano farà sinergia con la Cina».
Che fare nell’immediato?
«Per la nostra credibilità la prima cosa da fare è almeno portare in salvo i nostri interpreti e tutti gli afghani che hanno aiutato l’Italia in questa missione. Io mi auguro che i ministri degli Esteri e della Difesa, e in questo senso il Parlamento ha avuto assicurazioni chiare, si attivino subito per mettere in sicurezza queste persone. È inutile fare discorsi sui massimi sistemi. Sarebbe particolarmente deprecabile se dopo tutto questo fallimento ci fosse anche l’incapacità nostra di soccorrere quelli che sono stati leali con noi e ora rischiano di pagare un pesantissimo prezzo. Se non ci riuscissimo sarebbe veramente una vergogna».