postato il 18 Agosto 2015

Capita spesso, di fronte a difficoltà legate all’attualità, di domandarsi come si sarebbero comportate le grandi personalità della storia. Una domanda senza senso, perché se è vero che il destino degli statisti è che in nome loro si continui ad agire, ogni stagione ha peculiarità e protagonisti propri, e non è corretto interpretare abusivamente le intenzioni di chi ci ha preceduto.
Ma l’anniversario della scomparsa di Alcide De Gasperi nella giornata di domani ci offre l’opportunità di riflettere su quanto del suo spirito europeista sia rimasto e quanti e quali passi, avanti o indietro, siano stati compiuti.
Egli era un uomo che viveva di ideali, non di pregiudizi ideologici; il suo sentirsi europeo si basava su esperienze vissute personalmente a cavallo tra Austria e Italia e su un convincimento profondo: l’importanza per popoli e nazioni divisi da nazionalismi, guerre e dittature di riscoprire ciò che li unisce in un destino comune.
Nello spirito dei padri fondatori, non solo di De Gasperi, ma anche di Adenauer e di Schuman, l’Europa si sarebbe dovuta configurare come una federazione di Stati, un’entità forte in grado di competere, politicamente ed economicamente, sullo scenario internazionale.
Furono questi gli anni in cui sorsero il Consiglio d’Europa e soprattutto la CECA, pietra angolare per la costruzione del futuro edificio europeo. Ma fu anche il periodo di preparazione della Comunità europea di difesa (CED): nelle intenzioni dello statista trentino questa autorità politica sovranazionale avrebbe dovuto costituire il nucleo centrale intorno al quale sarebbero successivamente sorti altri legami federali. L’obiettivo era garantire e mantenere la democrazia nel continente, impedendo di fatto ogni possibilità di conflitto. In un’Europa di muri crollati e totalitarismi demoliti, tutto questo appare logico e inevitabile; allora, a qualche anno dalla conclusione del conflitto mondiale, era un’ intuizione rivoluzionaria.
E a ben vedere non si tratta dell’unica. Già nei primi anni ’50, quando ancora non erano state poste le basi della Cee, De Gasperi tratteggiava le prospettive della futura Unione; come la moneta unica e l’unione doganale e commerciale.
Ma il punto di partenza indispensabile avrebbe dovuto essere la realizzazione di una istituzione sovranazionale, con base costituzionale. Una cooperazione economica senza fondamenta politiche avrebbe condotto a debolezze e a contraddizioni.
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postato il 17 Agosto 2015
Mi sembra che stiamo assistendo a un’estate di stupidari collettivi. Salvini sta facendo demagogia, ma con lui non si risolverebbe uno solo dei problemi dell’immigrazione. D’altronde la Lega ha già gestito il ministero dell’Interno e i problemi sono rimasti uguali. Troppo complessi per semplificazioni inutili.
Papa Francesco, la Conferenza episcopale italiana, i preti, i vescovi fanno il loro lavoro; curano le anime di tutti noi dicendoci anche le cose sgradite. Quando la politica vuole sindacare la libertà della Chiesa arriva sempre su un terreno che non è certo produttivo.
postato il 7 Agosto 2015
Lettera appello pubblicata sul Corriere della Sera e firmata da Emma Bonino, Pier Ferdinando Casini, Fabrizio Cicchitto, Massimo D’Alema, Antonio Martino e Giorgio Tonini.
Caro Direttore,
le vicende che, negli ultimi giorni, hanno coinvolto i due figli di Gheddafi detenuti in Libia sono una drammatica conferma del caos e della barbarie in cui è precipitato il Paese.
Saif-al Islam, secondogenito e successore designato del Colonnello, è stato condannato a morte da un tribunale di Tripoli, dopo un processo farsa. Saadi, terzogenito ed ex calciatore, è apparso in un video mentre viene sottoposto a torture e a trattamenti degradanti in carcere, bendato e incatenato.
È uno schiaffo intollerabile al diritto internazionale e al senso di umanità, oltreché ai principi del giusto processo e al rispetto dei diritti degli imputati. Quali che siano state le loro responsabilità e le loro colpe, probabilmente gravissime, nel passato regime e nella guerra civile, la tortura è una pratica inaccettabile, così come la pena capitale, soprattutto in un contesto così platealmente privo di qualsiasi garanzia.
L’Alto commissario Onu per i diritti umani ha evidenziato la gravi carenze del procedimento giudiziario contro Saif-al Islam. Lo stesso hanno fatto il Consiglio d’Europa, e le principali organizzazioni non governative impegnate sul fronte dei diritti umani, a partire da Amnesty International e da Human Rights Watch.
È chiaro che in Libia, non solo a Tripoli ma probabilmente ovunque nel paese, non ci sono le condizioni per processi rispettosi dei minimi standard internazionali. Sicuramente non per imputati del genere. È un paese troppo diviso e dilaniato dalla violenza.
Da tempo il Tribunale penale internazionale chiede la consegna di Saif-al Islam e il trasferimento del processo all’Aja. La comunità internazionale deve sostenere questa richiesta con più forza e più decisione, con tutti gli strumenti di pressione di cui dispone. E lo stesso potrebbe essere fatto per il fratello Saadi.
La Libia non sarebbe un paese migliore con l’eliminazione dei due figli del suo ex dittatore. La sorte dei due Gheddafi non può rappresentare una nuova macchia nera su un paese devastato. Qui non si tratta di tirannicidio, forse neanche più di vendetta. Un processo equo è un’occasione per fare davvero i conti col proprio passato.
Un’occasione che la Libia non può permettersi di perdere. Come non possiamo permettercelo noi, che in quel pantano siamo immersi fino al collo.
Del resto l’Italia, a livello governativo e grazie all’impegno di “Nessuno tocchi Caino”, “Non c’è Pace Senza Giustizia” e della Comunità di Sant’Egidio, è stata continuativamente alla testa delle battaglie in sede Onu per la moratoria sulla pena di morte e per l’istituzione della Corte penale internazionale.
La Libia deve aprire una fase nuova del dopo Gheddafi. Bisogna partire da un po’ di giustizia, non da fucilazioni e torture.
Emma Bonino, ex ministro degli Affari esteri;
Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Affari esteri del Senato;
Fabrizio Cicchitto, presidente della Commissione Affari esteri della Camera;
Massimo D’Alema, ex presidente del Consiglio dei ministri;
Antonio Martino,ex ministro degli Affari esteri
Giorgio Tonini, vicepresidente senatori PD.
postato il 4 Agosto 2015
Ai microfoni del Tg5, rispondo alle domande di Simonetta di Pillo
Rispetto l’idea di Orlando, ma non la condivido. Ci sono principi del costituzionalismo moderno che sono sanciti nella nostra Carta a garanzia dell’equilibrio tra i poteri.
L’articolo 107, ad esempio, tutela l’inamovibilità dei magistrati, così come l’articolo 68 garantisce le prerogative dei parlamentari.
Ciascuno continui a fare il proprio dovere, senza invasioni di campo: l’intromissione della Consulta sull’immunità parlamentare sarebbe impropria per la natura stessa della Corte.
postato il 2 Agosto 2015
L’intervista di Daria Gorodisky a Pier Ferdinando Casini pubblicata su “Il Corriere della Sera”
Quando si comincia a parlare con Pier Ferdinando Casini della polemica interna al Pd per il voto sulla richiesta di arresto per Antonio Azzollini (Ncd), il presidente della commissione Esteri del Senato sottolinea subito che si esprime «soltanto a titolo personale».
Però è pur sempre un senatore eletto per l’Udc…
«Il partito hai suoi dirigenti. Io non lo rappresento, né voglio farlo: non ho un secondo fine, ho già compiuto il mio percorso di carriera politica e ne sono orgoglioso».
Dunque, il caso Pd-Azzollini?
«È un passo avanti che Matteo Renzi si sia assunto la responsabilità, dopo anni di balbettii o ricerca della convenienza, di spiegare che il voto su Azzollini è stato un voto sulla libertà del Parlamento. Perché non è un atto dovuto che risponda positivamente alle legittime richieste della magistratura».
Infatti a volte ha deliberato per la concessione dell’arresto di un parlamentare, mentre altre volte contro.
«Sì, ma era una libertà teorica, piegata alla logica delle convenienze. Per una lunghissima fase il Parlamento ha sempre respinto le richieste e in una fase successiva le ha sempre approvate. Adesso finalmente si torna a valutare il merito. Non vedo come si possa gridare allo scandalo».
La polemica è tutta interna al Pd, che prima aveva preso una posizione, poi un’altra, poi le ha sostenute entrambe; fino alla dichiarazione, a cose già avvenute, di Renzi.
«Ha dato una buona spiegazione».
Insomma, allora c’è davvero un avvicinamento di Area popolare, di cui fa parte anche l’Udc con Ncd, al Partito democratico? Si è anche parlato di «scambio»…
«Se dì avvicinamento si può parlare, è del Pd alla linea delle riforme. Per me è inspiegabile che si continui a rimanere imprigionati nelle categorie destra e sinistra. Se un presidente del Consiglio afferma che la politica industriale del Paese non può essere determinata dalla magistratura, e penso all’Ilva, dice una cosa di destra o di sinistra?»
A lei la risposta. [Continua a leggere]
postato il 27 Luglio 2015
L’intervista di Umberto Rosso a Pier Ferdinando Casini pubblicata su “La Repubblica”
«Questo centrodestra a trazione Salvini è immangiabile per i moderati, e finisce per dare a Renzi la responsabilità ma anche l’opportunità di rappresentarne una fascia sempre più ampia».
Senatore Casini, i moderati rischiano di soffocare nel centrodestra?
«Gli spazi politici purtroppo si restringono sempre di più. C’è un convitato di pietra che si chiama Grillo, che sta mettendo radici con il suo populismo e l’antipolitica. Dall’altro, la Lega di Salvini. Che un giorno strizza l’occhio al disastroso referendum di Tsipras e l’altro attacca Alfano sugli immigrati e scatena la caccia all’extracomunitario».
Berlusconi però annuncia un ritorno in pista.
«Ma in realtà tira i remi in barca e perde pezzi. Ha completamente smarrito quel ruolo di grande equilibrista del centrodestra che aveva un tempo, giostrando fra Fini e Tremonti, Casini e Bossi. Era riuscito – e lo riconosco io che non sono certo mai stato alla sua corte ma eletto sempre coi miei voti – a evitare la deriva leghista. Al centrodestra serviva una rifondazione, all’altezza del suo ruolo nel Ppe. Invece è finito nelle mani dell’estremismo di Salvini». [Continua a leggere]
postato il 25 Luglio 2015
La lettera-appello di Emma Bonino, già ministro degli Affari esteri; Lucio Caracciolo, direttore di Limes; Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Affari esteri del Senato e Marta Dassù, direttore di Aspenia pubblicata su “la Stampa”
Caro direttore,
lo scenario internazionale intorno al nostro Paese è segnato da elementi drammatici di conflitto e instabilità. La minaccia del terrorismo, le sfide dello sviluppo, le incognite sui rifornimenti energetici e il futuro dell’ambiente, flussi migratori sempre più complessi da gestire, un nuovo clima di tensione tra blocchi contrapposti, l’ombra sinistra della guerra che si insinua di nuovo fin dentro l’Europa: realtà che, meglio di tante teorie, ci ricordano quanta parte della nostra vita quotidiana e della nostra sicurezza dipenda da dinamiche esterne.
Non possiamo rispondere a sfide di questa portata chiudendoci in noi stessi. Non può certo bastare la speranza di esser risparmiati da rischi o contraccolpi gravi. Dobbiamo piuttosto aprirci al di là dei nostri confini, rafforzare un ordine internazionale fondato sulla gestione politica e non solo militare delle crisi e ispirato al diritto internazionale. Dobbiamo promuovere la diplomazia economica e culturale, strumenti essenziali per avvicinare i popoli tra loro e allontanare lo spettro delle guerre. Per l’Italia ora e’ più che mai cruciale rilanciare le ragioni della politica estera, a cominciare dal quadro europeo, per alimentare una visione comune e di tutela dei nostri interessi nazionali. Per farlo servono strumenti efficaci, risorse umane e finanziarie adeguate per la politica internazionale, uno dei settori più penalizzati dai tagli degli ultimi anni. [Continua a leggere]
postato il 22 Luglio 2015
Col sindaco di Lizzano, Elena Torri, e Charles Bernardini, attivo a Chicago e impegnato nello staff del Presidente Obama, da oggi cittadino onorario del paese dell’Appennino bolognese.

postato il 21 Luglio 2015
A Palazzo Giustiniani il punto della situazione con l’inviato speciale dell’Onu per la Libia
