Ma il Partito della Nazione dobbiamo farlo noi
L’intervista di Marco Galluzzo a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Corriere della Sera
«La parabola ventennale del centrodestra si è chiusa ieri. Tutto è nato a Bologna, con appeasement verso Fini, per le elezioni comunali di Roma, e la discesa in campo di Berlusconi. E tutto simbolicamente finisce oggi a Bologna, con questo palco singolare con cui di fatto le carte le dà Salvini. È una sconfitta per tutti quegli
italiani, e sono stati tanti, che in questi venti anni hanno ritenuto che la bandiera dei moderati potesse essere sventolata dal centrodestra». Pier Ferdinando Casini giudica così la piazza di ieri: «L`involuzione di un percorso che è approdato a nient`altro che a una deriva lepenista del centrodestra, in cui Berlusconi manifesta un realismo se vogliamo anche coraggioso, che però è di fatto la subalternità a questo tipo di Lega».
Il Pci di Berlinguer non fu mai una succursale del Pcus e sul divorzio non cercò mai la rottura col mondo cattolico
L’intervista di Federica Fantozzi a Pier Ferdinando Casini pubblicata su “L’Unità”
Pier Ferdinando Casini, classe ’55, è di un’altra generazione rispetto a quella di Enrico Berlinguer. E comunque è entrato in Parlamento ne11983, un anno prima della morte del leader comunista. Ne ha un ricordo personale?
«L’ho incontrato rapidamente a Bologna quando ero un giovane studente, usciva con Renato Zangheri da una colazione al ristorante “Diana” e il sindaco mi presentò. Ne ricordo il tratto umano da grande signore, da uomo di quei tempi. L’unico rimasto in politica di quella generazione è oggi Giorgio Napolitano, con cui, pur essendo in confidenza, avverto sempre anche una sorta di soggezione. Come coi grandi della Dc, persone di grande autorevolezza morale e rigore, ad esempio Amintore Fanfani».
Guardandolo con le lenti di trent’anni dopo, Berlinguer fu conservatore o rivoluzionario?
«Con il passare del tempo che colloca le cose in una prospettiva storica ci si accorge, almeno dal mio punto di vista di giovane democristiano dell’epoca, che Berlinguer ha cercato di creare un’alternativa alla Dc rendendosi conto della complessità della situazione nazionale e internazionale. E per questo rassicurando una parte cospicua dell’Italia che la sua svolta non aveva carattere rivoluzionario nel senso tradizionale del termine». [Continua a leggere]
L’intervista di Giuseppe Alberto Falci a Pier Ferdinando Casini pubblicata su “Repubblica”
«Renzi deve avere lo stesso coraggio che ha dimostrato in questi due anni di governo. Alle prossime elezioni amministrative casi flop come quelli di Marino potrebbero affossare la maggioranza di governo. È arrivato il momento di puntare su esponenti della società civile che non abbiano complessi di superiorità verso la politica». È questo il consiglio di Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera, oggi presidente della commissione Esteri, ultimo rappresentante della tradizione centrista.
Presidente, alle amministrative del 2016 si vota in grandi città Milano, Roma e Napoli. Sosterrà i candidati del Pd di Renzi?
«Nessuno di noi può sostenere a scatola chiusa candidati scelti esclusivamente dal Pd. Ma il tema è un altro. In molte città hanno fallito prima la destra poi la sinistra.
Io sostengo Renzi perché amo il mio Paese e si è dimostrato capace di fare cose concrete. Ma lo vedo un po’ sfuocato sulla questione amministrative».
In che senso?
«Tutti vedono che con la liturgia delle primarie si sono creati disastri che hanno fatto giganteschi regali ai Cinquestelle». [Continua a leggere]
L’intervista di Marco Ventura a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Messaggero
Matteo Renzi «si prepara a essere il candidato dell’unità nazionale contro Beppe Grillo e gli sfascisti di ogni genere. I moderati del centrodestra sono pronti a votare lui, non certo il Pd». Seppure concentrato sul ciclo di lezioni di geo-politica del Mediterraneo che terrà da domani all’Università LUMSA, e sul ruolo che sempre di più lo appassiona, quello di presidente della commissione Esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini continua a tenere d’occhio quanto avviene in Italia. «Renzi è il segretario del Pd e credo che non smantellerà il partito. Ma le sue scelte politiche ne hanno fatto il punto di riferimento di una fascia d’opinione pubblica che prima guardava al centrodestra: elettori che aspettavano la rivoluzione liberale da Berlusconi e non l’hanno avuta, e ai quali non piacciono i toni di Salvini e dei suoi pistoleri. L’ossessiva polemica contro Alfano, che sta facendo bene un lavoro difficile, è segno della loro pochezza».
Che ne sarà del centrodestra attuale, quello di Berlusconi?
«Berlusconi è un campione del mondo, chiunque al posto suo sarebbe stato travolto dagli avvenimenti. Ciò non toglie che la gran parte dell’opinione pubblica lo percepisce come uno che sta in campo perché deve giocare, non perché ne abbia davvero voglia. Che si opponga a Renzi è una commedia a cui gli stessi elettori di centrodestra credono sempre meno. Per anni abbiamo chiesto la trasformazione della sinistra italiana citando Blair e Clinton. Bisogna prendere atto che questa trasformazione Renzi la sta facendo: ha smantellato la concertazione in cui si era indugiato troppo negli ultimi trent’anni, poi il jobs act, la detassazione della casa, il contante, la riforma costituzionale…». [Continua a leggere]
Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio,
a mio avviso noi abbiamo un dovere: evitare che questo Senato diventi o si trasformi, in occasioni come queste, in un parlatoio in cui tutti ripetiamo tutto. Io vorrei dire tre o quattro cose, sottoponendole alla sua attenzione, per dare la nostra indicazione rispetto alle questioni di politica internazionale che sono sul tappeto al Consiglio europeo.
In primo luogo, lei ha detto che manca una strategia. Manca una strategia. E sa dove si vede che manca una strategia? In quello che per noi è il perno della politica di questi giorni, cioè nella politica mediterranea. Abbiamo fatto Barcellona, abbiamo dimenticato Barcellona. Noi abbiamo una politica di vicinato dell’Unione europea che si fa per due terzi verso il Nord-Est ed una politica mediterranea che non si fa come Unione europea. La grande battaglia dell’Italia, secondo la migliore tradizione della politica democratica cristiana, e anche di quella dei grandi socialisti che in questo Paese hanno diretto la nostra politica governativa, è quella di chiedere in Europa che ci sia meno miopia e che anche i Paesi del Nord, che oggi sono destinatari, al pari nostro, di questo flusso drammatico di rifugiati dal Mediterraneo, capiscano che questa è un’emergenza europea. Una politica di vicinato si costruisce partendo dalla priorità del Mediterraneo. [Continua a leggere]
L’intervista di Paola Di Caro a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Corriere della Sera
«La vicenda di Roma non è riducibile a uno scandalo di scontrini veri o falsi». Ne è convinto Pier Ferdinando Casini, molto di più: «Il caso Marino, ma anche quello di de Magistris a Napoli, di Doria a Genova, di vari presidenti e amministrazioni regionali, sono tutti segnali del fallimento dell’idea che la politica possa essere sostituita dall’improvvisazione, dal populismo, dal dilettantismo coperto
dalla vocazione dell’uomo forte o della provvidenza». E se è innegabile che «una crisi drammatica della politica c’è stata», lo è altrettanto che la soluzione non può essere la «rottamazione generica» di una classe dirigente con esperienza politica, passata attraverso la necessaria «selezione democratica» che serve e servirà a chiunque si candidi a governare: «In tutti i paesi seri – dice il leader centrista – chiunque può essere liquidato. Ma dagli elettori, non da campagne qualunquistiche che portano a guai peggiori».
È un messaggio a Renzi?
«Renzi è l’esatta dimostrazione di quello che intendo per selezione necessaria e democratica: è stato segretario provinciale della Margherita, presidente di provincia, sindaco di una grande città, si è sottoposto a due tornate di primarie prima perdendole e poi vincendole. E sicuramente la punta di una nuova classe dirigente, ma viene da un percorso politico, non dal nulla». [Continua a leggere]
Ospite di Agorà, rispondo alle domande di Gerardo Greco
«Su eventuali raid l’Italia deciderà con gli alleati in sede Nato. Ha ragione Renzi, serve una strategia globale»
L’intervista di Umberto De Giovannangeli a Pier Ferdinando Casini pubblicata su L’Unità
«Nessun mistero, nessuno scavalco del Parlamento. Ma se qualcuno pensa che la politica del nostro governo e della maggioranza del Parlamento, sia quella di combattere l’Isis sventolando le bandiere della pace, è un irresponsabile e nella migliore delle ipotesi un pericoloso utopista. A sostenerlo è Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato.
Presidente Casini, il fatto del giorno è l’ipotesi che l’Italia bombardi lo Stato islamico in Iraq. Al di là dell’obbligato passaggio parlamentare, come valuta questa eventualità?
«Prima di tutti va detto siamo in un sistema di alleanze e non ne siamo pentiti, e già in Iraq siamo presenti, ai curdi abbiamo fornito armi, il tutto alla luce del sole e con il beneplacito del Parlamento. Per cui non c’è nessuno scandalo, e quello che sta succedendo si può sintetizzare così: gli americani chiedono agli alleati, tutti, un maggiore impegno in Afghanistan e in Iraq. Noi, rispetto agli altri, abbiamo già l’onere della presenza in Libano, con la missione Unifil 2, e in Afghanistan siamo presenti con forze rilevanti. In più, dietro l’angolo, c’è il problema, per noi rilevante, della Libia». [Continua a leggere]
A Uno Mattina si parla anche della situazione in Siria e di Isis