Libia:il vertice italiano un flop. Prevalsa la linea di Egitto e Francia, l’Europa esce sconfitta

postato il 16 Novembre 2018

L’intervista di Antonella Coppari pubblicata su Quotidiano Nazionale

«Di mancanza di professionalità politica si muore. Conte avrebbe dovuto evitare di imbastire la Conferenza sulla Libia, poiché non c’erano i presupposti: in questo modo avrebbe evitato un fallimento annunciato».
L’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, che in tema di politica estera ha esperienza da vendere, è categorico: «Non ho nulla contro le conferenze internazionali, ma non bisogna organizzarle in modo velleitario perché invece di risolvere, peggiorano le cose».
Perché il summit di Palermo avrebbe peggiorato il quadro?
«Basta vedere quello che è successo mercoledì a Tripoli con il riesplodere della guerriglia urbana: purtroppo, l’Italia ha sbagliato completamente linea. Per far venire Haftar ha determinato l’irritazione di tutta l’area islamica che agisce su Tripoli, sostenuta dal Qatar e dalla Turchia, un’area per noi fondamentale. E così ora, coloro con cui tradizionalmente dialogavamo sono insoddisfatti, mentre la linea che è sembrata prevalere a Palermo è stata quella della Francia e dell’Egitto».
Pure la conferenza organizzata dai francesi è stata un flop.
«Non è una giustificazione: li abbiamo criticati per questo».
Nello scacchiere libico ci sono almeno tre attori europei: Francia, Italia e Inghilterra. E’ possibile che l’Unione non faccia sentire la sua voce?
«Questa è la grande sconfitta dell’Europa. Un soggetto che è assolutamente incapace di incidere una svolta a livello politico perché non ha una politica estera comune. Un dato di fatto che il dossier della Libia ha evidenziato drammaticamente negli anni».
Quanto pesa la competizione internazionale sulla crisi libica?
«Nella vicenda libica la competizione internazionale ha inciso fin dall’inizio, a partire dall’intervento sbagliato proposto da Sarkozy e dagli inglesi contro Gheddafi. Devo riconoscere che, per quanto riguarda i nostri interessi economici, l’Eni in Libia ha tenuto benissimo, non ha sentito la concorrenza della francese Total».
Si può risolvere la situazione senza mettere attorno a un tavolo non solo i libici ma anche le potenze coinvolte?
«Va bene il dialogo politico ma io sostengo che se gli Stati Uniti e la Russia non riuniscono attorno alla Libia gli attori principali, che sono Turchia, Egitto, Italia, Francia e gli Stati del golfo non si produrrà nulla perché questo è terreno di una guerra per procura».
Ha qualche chance di riuscire la mediazione dell’inviato dell’Onu, Salamé?
«Sembra un pochino più efficace di quelle del passato».
La scadenza delle elezioni a giugno in Libia sarà rispettata?
«Non sono in grado di dirlo. Le elezioni ci devono essere quando è garantito un percorso di sicurezza e di tranquillità nel paese. Se il governo legittimo non è in grado di garantirlo nemmeno nelle strade di Tripoli, di cosa si parla?».
Per governare il fenomeno migratorio Minniti prima e Salvini poi hanno puntato sugli accordi con la Libia: ha senso dato che non esiste uno stato libico?
«Da ministro dell’Interno farei le stesse cose, però è chiaro che più la Libia è divisa in fazioni, più è impossibile controllare il fenomeno».

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Libia: A Palermo soltanto una cerimonia, gli Usa faranno il minimo

postato il 12 Novembre 2018

L’intervista di Fabrizio Caccia pubblicata sul Corriere della Sera

«Io non so se è vero o no che il premier Conte sia volato da Haftar a Bengasi», dice il senatore Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera e oggi docente di Geopolitica del Mediterraneo alla Lumsa di Roma.

Palazzo Chigi ieri ha smentito.

«Fosse vero sarebbe penoso, vorrebbe dire che siamo ridotti al punto che per tenere in piedi un simulacro di conferenza, che non servirà a nulla, il nostro presidente del Consiglio deve correre da Haftar a chiedergli di partecipare».

Oggi a Palermo comincia la conferenza sulla Libia.

«Al massimo sarà una cerimonia. Perché il livello delle presenze è davvero basso. Gli Usa mandano appena un sottosegretario. Nel gergo diplomatico vuol dire fare il minimo indispensabile, piuttosto che darti un calcio in faccia. Ma forse pure lo è».

Allora cosa aspettarsi?

«Io mi auguro che alla fine Haftar venga, sarebbe un grande atto d’umiltà, anche se Palermo è solo un’ostentazione di velleitarismo. Di sicuro, occorrerà abbassare l’asticella delle aspettative. Alla conferenza, tra chi ci sarà, cerchiamo di creare almeno un dialogo sereno per indurre a un cammino elettorale».

Il futuro della Libia, però, resta un’incognita.

«L’unica soluzione è che Russia e Usa congiuntamente mostrino la volontà reale di coinvolgere gli attori principali: Egitto, Turchia e Unione Europea».

Per adesso comandano le milizie armate.

«La Libia anche con Gheddafi non è mai stata una realtà statuale. Il Colonnello la teneva insieme distribuendo i proventi del petrolio e del gas tra le tribù. Oggi servirebbe un altro capo riconosciuto da tutti, ma non c’è. Haftar è divisivo, Serraj troppo debole. Nessuno rimpiange Gheddafi, ma il problema è che oggi ci sono 50 capi che litigano tra loro».

E l’Italia?

«Ho grande stima del ministro degli Esteri, Moavero. Il problema è la nostra politica estera. Perché ci siamo vantati a lungo di essere rimasti i soli con l’ambasciata aperta a Tripoli e adesso ci ritroviamo con l’ambasciatore Giuseppe Perrone, il più esperto di cose libiche in assoluto, interdetto ad entrare? O forse siamo noi stessi che non lo facciamo più entrare? Sono cose che non capisco».

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#P20: le sfide in un mondo che cambia

postato il 31 Ottobre 2018

Al Forum parlamentare e summit dei Presidenti dei Parlamenti del G20, organizzato a Buenos Aires dall’Assemblea argentina e dalla Uip , nella sessione “le sfide in un mondo che cambia”

È stato calcolato che nel mondo 1,4 miliardi di persone vive con un dollaro al giorno e che 850 milioni di individui soffrono la fame. Ci sono disparità nella distribuzione della ricchezza che sono a tutta evidenza insopportabili. Secondo certe statistiche, l’1% più ricco della popolazione mondiale possiede più del restante 99%; e dal 2010 in poi il 50% più povero non è mai riuscito a possedere più dell’1,5% della ricchezza mondiale.
Questi problemi sono esasperati da un progresso tecnologico che ha abbreviato le distanze e i tempi. Questo stesso progresso tecnologico, tuttavia, deve permettere di individuare soluzioni e offrire prospettive. A questo scopo è necessario mettere insieme le risorse finanziarie e umane del pianeta per rendere questo percorso più rapido e più efficace.

Non aiutano in questo senso le ideologie che invocano il ritorno a formule politiche di chiusura verso l’esterno; si immaginano statualità ripiegate su sé stesse e sui propri cittadini, incapaci di mettersi in rete con altre nazioni per favorire la ricerca, lo sviluppo, il progresso. In questo senso non può non preoccupare il ritorno a sovrapprezzi internazionali sulle merci, i dazi, che ostacolano il libero scambio.
È una reazione esagerata agli eccessi di una globalizzazione che negli scorsi decenni non siamo stati in grado governare. Allo stesso tempo non si possono accettare politiche di penetrazione dei mercati attraverso la riduzione artificiosa dei costi di produzione e dei prezzi, il cosiddetto dumping. Le guerre commerciali sono state storicamente nocive ed hanno portato solo svantaggi. Anche su questo terreno è indispensabile una collaborazione internazionale realmente efficace.
Penso realmente che da oggi tutti insieme dobbiamo metterci al lavoro sviluppando un impegno comune non solo della politica, ma di tutte le forze vive delle società dei nostri paesi per realizzare l’obiettivo di cui si è parlato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a settembre: lavorare concretamente perché in tutto il mondo vi siano società ispirate ai principi di pace e giustizia.

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Casini ricorda la Marri «Era un’amica leale. Sempre vicina ai più umili»

postato il 22 Ottobre 2018

Oggi cerimonia al Giovanni XXIII

L’intervista di Donatella Barbetta sul Resto del Carlino

Senatore Pier Ferdinando Casini, come ricorda Maria Cristina Marri?
«È stata una donna con tre rare qualità. Prima di tutto partirei dalla lealtà, intesa non come fedeltà in senso quasi servile, ma come amicizia nella buona e nella cattiva sorte. Era un aspetto tipico di Cristina, non facile da trovare».
E le altre caratteristiche?
«Aveva una grandissima passione per la politica, un elemento importantissimo in un momento in cui i più giovani non sanno più che cos’è la politica oppure la confondono con le farneticazioni della Rete. Il suo impegno in consiglio comunale e in Regione è stato eccezionale. E poi si è occupata tanto di temi sociali, stando vicino alla gente più umile, disponibile e con il telefono sempre aperto, mostrando una grande capacità di ascolto, virtù anche questa sempre meno presente tra gli amministratori. Ha fatto bene il suo lavoro per la città».
In tanti anni di vicinanza politica, che cosa l’ha colpita di più?
«Le sue lacrime quando sono stato eletto presidente della Camera, nel 2001. Tuttavia, vorrei sottolineare che è stata anche una donna scomoda, che sapeva criticare a viso aperto. La sua era una lealtà impegnativa».
Quando vi siete visti per l’ultima volta?
«In ospedale. Straordinari il decoro e la dignità con cui ha affrontato la malattia, è stata un gigante, ha mostrato come si esce di scena. Anche durante il ricovero, non rinunciava a essere il solito centralino telefonico al quale aveva abituato tutti. E quando non ha più risposto, era solo perché non ce la faceva. Sono grato al Comune – osserva Casini – che ha pensato di intitolare a Cristina, a lungo anche consigliera d’opposizione, la Comunità alloggio per anziani over 65 dell’Asp».

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Ipu 139: Leadership parlamentare e promozione della pace e dello sviluppo nell’epoca dell’innovazione tecnologica

postato il 17 Ottobre 2018

L’intervento nel Dibattito generale nell’ambito della 139esima Assemblea dell’Unione Interparlamentare a Ginevra.

Il continuo progresso scientifico e tecnologico e le nuove sfide che la società deve affrontare rendono indispensabile una sempre maggiore cooperazione fra scienza e politica.
Questo panel si pone come obiettivo proprio quello di rispondere alle aspettative della società moderna che, oggi più che mai, necessita di una profonda integrazione tra queste due realtà, distanti e a volte in contrapposizione.

Se infatti la scienza e la tecnologia sono necessarie per conoscere i dati riguardanti il mondo, gli individui e soprattutto le dinamiche che regolano la società nei loro rapporti interni e con l’ambiente, la politica è, invece – nel suo senso più alto – una visione del mondo che si poggia sulla valutazione di quei dati.
Gli scienziati si indirizzano verso la comprensione dei fenomeni e hanno bisogno di tempo per l’analisi e lo studio; i politici devono scegliere percorsi di azione e spesso hanno l’urgenza di fornire risposte alla congiuntura politica contingente. Ma possono farlo in maniera diversa perché diverse sono le sensibilità e le idee politiche.
La politica, cioè, è chiamata a compiere scelte di governo partendo non solo da presupposti programmatici, ma anche da valori “etici”.
Un esempio su tutti: la tecnologia ha reso possibile avere figli attraverso la maternità surrogata, il cosiddetto “utero in affitto”.
Ma è evidente che questa pratica solleva molti problemi di natura etica di cui il legislatore non può non tener conto.
È, insomma, il modo in cui decidiamo di usare la scienza (che non è né buona, né cattiva) nelle azioni specifiche e nell’attività politica che fa la differenza.

Negli Stati Uniti esiste la figura del consigliere scientifico (lo Science Advisor), una figura istituita dal Truman nel 1951 con l’incarico di fornire pareri consultivi e analisi apolitiche su questioni scientifiche e tecnologiche al Presidente degli Stati Uniti. Inoltre, quella dello Science Advisor, costituisce una figura di raccordo tra governo e cittadini che necessitano di un confronto su tematiche specifiche. Quanto sarebbe importante che una figura del genere, che faccia da ponte tra il mondo della scienza e il mondo della politica fosse istituita anche in altri Paesi?
Dobbiamo infatti riconoscere che non conosciamo altro strumento, se non appunto quello della politica, per tentare di governare i processi di trasformazione in atto per il perseguimento della pace e e dello sviluppo.
Se è vero che è difficile prevedere quali nuove scoperte e quale tecnologia accompagneranno nel futuro le nostre vite, già oggi possiamo cogliere quelle che vengono definite “megatrend”, ovvero le tendenze in grado di influenzare lo sviluppo sostenibile della società nel lungo e lunghissimo termine – andando a modificare anche il panorama competitivo nel quale operano le imprese.

Pochi esempi per illustrare alcune delle sfide che ci attendono: i problemi climatici, l’invecchiamento della popolazione (e il suo conseguente impatto sui singoli sistemi pensionistici), le terapie geniche. A tale proposito, plaudo all’accordo di cooperazione sottoscritto da IPU e CERN e ringrazio il CERN per supporto fornito all’IPU nell’organizzazione di questa Assemblea e delle iniziative congiunte previste. Questo progetto inizierà già il prossimo mese: la prima edizione delle “Science for Peace Schools”, si terrà sul tema delle energie rinnovabili.
Si tratta di Scuole che si prefiggono di supportare i Parlamenti di Paesi posti in aree di tensione a sviluppare la cooperazione su progetti di grande importanza per la popolazione locale. La creazione di reti interparlamentari di collegamento (Interparliamentary networks) sui temi trattati nelle Scuole, è importante sia per l’esecuzione dei progetti che per mantenere canali di dialogo tra i Parlamenti.
A tale scopo, vorrei invitare i Parlamenti a riflettere sulla possibilità di istituire un interparliamentary network on Science, Technology, Innovation and STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). La conoscenza scientifica è la chiave nell’era dei social media, delle teorie complottiste e delle cosiddette fakenews.
Da un lato ci sono coloro che credono che dietro ogni spiegazione razionale, ci siano degli interessi e delle pressioni da parte di specifiche lobbies. Dall’altra, una opposta che vede le nuove scoperte in campo scientifico e tecnologico come necessariamente migliorative della nostra vita, come unica soluzione razionale possibile.
Su questi due poli opposti si gioca gran parte della diatriba politica tra i partiti populisti e i loro oppositori, più o meno sostenitori della verità scientifica. Qual è il punto di equilibrio?

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Ant: In memoria di Franco Pannuti

postato il 9 Ottobre 2018

Onorevoli colleghi,

lo scorso 5 ottobre abbiamo appreso con commozione e immenso dolore che il Prof. Franco Pannuti ci ha lasciati.

Oncologo, primario della Divisione di Oncologia dell’Ospedale Malpighi di Bologna dal 1972 al 1997, nel 1978 ha dato il via all’esperienza di ANT una realtà non profit che in quarant’anni di attività ha portato assistenza medica gratuita a oltre 125.000 persone malate di tumore.
Solo parlandovi dell’ANT, potrò trasmettervi il senso profondo della missione di quest’uomo straordinario, quello di garantire al malato oncologico la qualità e la dignità della vita nel difficile momento della malattia.

Grazie a Franco Pannuti, precursore di una sanità capace di mettere al primo posto la dignità umana, ogni anno oltre 10.000 malati vengono assistiti con profonda cura e amore e possono scegliere di vivere questo tragico momento della loro esistenza a casa propria, circondati dagli affetti familiari, senza per questo dover rinunciare ad una qualificata assistenza medica e specialistica.
Negli anni, la realtà di ANT -e il suo progetto di assistenza gratuita a domicilio – ha saputo replicarsi arrivando a contare oggi su 20 équipe medico-sanitarie specialistiche (composte da medici, infermieri, psicologi, nutrizionisti, fisioterapisti e operatori socio-sanitari) presenti in ben 11 regioni italiane.
A queste unità operative si affiancano oltre 2000 volontari che ogni giorno garantiscono un sostegno umano, sociale e psicologico ai pazienti colpiti da tumore e ai loro cari e si fanno portatori di quel valore, l’Eubiosìa (termine che deriva dal greco antico e che significa buona vita), a cui il professor Pannuti ha voluto dare un nome e offrire con benevolenza tutte le sue energie.

In 86 anni, Franco Pannuti ci ha dato tanto. Non solo come amministratore pubblico nella giunta Guazzaloca, ma anche e soprattutto nel suo impegno sociale con le molteplici opere di volontariato a cui ha dato vita. Con la sua straordinaria umanità e la sua indomita volontà nel combattere la sofferenza, ha onorato la scienza, ha onorato il nostro Paese e ha onorato la fragilità umana.
«Bologna mi ha amato e io ho amato lei, con la città ho un grande debito come cittadino, studente, professionista, amministratore e ho avuto il privilegio di servirla. Bologna è stata per noi di ANT il punto di partenza e di arrivo, una grande mamma, un grande incoraggiamento per tutta l’Italia», dichiarò in un’intervista qualche anno fa.

Ed è per questo che, da bolognese, oggi voglio ringraziarlo e ricordare in quest’Aula questa figura esemplare di medico, di credente e di cittadino sperando che la sua intera esistenza terrena continui a rappresentare un punto di riferimento permanente per tutti i bolognesi e per tutti gli italiani.

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Europee: Via i simboli, serve l’unità di tutti gli anti-sovranisti

postato il 17 Settembre 2018

La mia intervista a La Repubblica

Ecco la ricetta di Pier Ferdinando Casini in vista delle Europee, di fronte al rischio di un prossimo bipolarismo populista.
«Non dobbiamo presentare liste di partito, ma giocarcela controvento e in modo inedito. Serve un’alleanza nuova. Che unisca le diversità, dalla Lorenzin alla Boldrini, da Calenda alla Bonino. Che dia preminenza ai temi europei, uscendo dalle appartenenze ideologiche di vent’anni fa. Spiegando che la nostra Europa non è questa, burocratica, timida e dei compromessi, ma una Unione autenticamente federalista».
Se Eugenio Scalfari ipotizza la nascita di un soggetto europeista liberal-democratico che affianchi il Pd in una battaglia anti-sovranista, Casini ne caldeggia l’unificazione sotto un unico simbolo: «Proprio il Pd – dice – deve essere il seme di qualcosa di nuovo. Massimo rispetto per il congresso, per carità. Ma se davvero qualcuno pensa di risolvere qualcosa con la sfida tra Martina e Zingaretti, auguri».

Casini, rimettersi in discussione per non morire?
«Se alle Europee le forze europeiste non trovano questo coraggio e si limitano a presentare le solite liste di partito, se non fanno un salto in avanti verso il federalismo e gli Stati Uniti d’Europa, se non ci mettiamo a criticare l’Europa per ragioni opposte ai sovranisti spiegando che i migranti li distribuiamo soltanto col federalismo, non certo con le loro ricette – andremo incontro al disastro».

Dicono: recuperiamo l’unità della sinistra. Un giusto obiettivo per ripartire?

«Per carità, fatelo, ma purtroppo non si risolve nulla. Io da moderato ho corso a Bologna e sono stato eletto col contributo decisivo del Pd. Temevo Errani e Bersani, ma quei voti sono finiti a Cinquestelle e Lega. O si fa una cosa diversa e si affronta anche il rischio del salto nel vuoto, oppure perdiamo. Negli anni Novanta abbiamo parlato di Seconda Repubblica, ma la classe dirigente era in gran parte la stessa. Stavolta no, siamo in una stagione politica diversa. E le vecchie famiglie politiche non esistono quasi più».

La crisi è irreversibile?
«Pensate al Ppe. C’è dentro Orbàn, ma anche le famiglie del Nord europeo che la pensano come il Pd. E poi, è finita l’era della competizione collaborazione tra popolari e socialisti. Tutta questa roba qui non c’è più. Sapete chi l’ha capito prima e meglio? Salvini, che infatti non parla più di centrodestra, uno schema ormai del passato».

Un ultimo dubbio: che ruolo giocherà Renzi?
«Sono ben conscio dei suoi errori, ma non sottovaluterei che è tra i pochi a saper risvegliare la gente. Nel Paese sono riconoscibili Salvini, Di Maio e, sia pure ammaccato, proprio Renzi. Guardate come l’hanno accolto durante le ultime feste dell’Unità. Poi certo, non credo debba tornare a fare il segretario, sarebbe avvilente anche per lui. Ma immaginare un congresso in cui escludono Renzi, beh, è demenziale».

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Saltati tutti i vecchi sistemi, la sfida è tra populisti e riformatori

postato il 29 Agosto 2018


L’intervista al Nuovo Quotidiano di Puglia di Oronzo Martucci

Presidente Pier Ferdinando Casini, lei da anni trascorre le vacanze nel Salento. Ha colto elementi di stanchezza e criticità che possono portare i turisti a scegliere altre mete, come è emerso a giugno e luglio nella zona di Gallipoli?
«Frequento il Salento dal 1997 e la contabilità si fa a fine stagione, perché è cambiato il modo di fare vacanza. Ora chi può non concentra le ferie su luglio e agosto, ma su 4 mesi. Vedo in qualche posto che c’è meno gente, ma nei posti di qualità davvero la crisi non viene avvertita. Gallipoli merita un discorso a sé».
In che senso?
«Se a Gallipoli il chiasso e il caos erano diventati prevalenti mi pongo la domanda: la flessione eventuale è un danno o un bene? Senza essere classisti, non si può organizzare il turismo e l’accoglienza su strutture andanti, messe su per fare cassa. Io sono per il modello turistico che accoglie le famiglie e il ceto medio, non per il modello Costa Smeralda. Ma il Salento deve anche puntare a sostenere e intensificare la presenza delle strutture di elite che sono sorte in modo diffuso. Anche le città d’arte attraggono sempre più visitatori. E questo è un bene».
Vittorio Sgarbi ha dichiarato che Lecce è la pornostar del turismo pugliese, evidenziando le criticità che la caratterizzano. Anche il critico d’arte Philippe Daverio ha parlato della necessità di ridefinire il modello turistico di Lecce. Qual è la sua idea a proposito?
«Lungi da me il voler alimentare polemiche con Sgarbi. Nell’occasione tra l’altro mi sento di condividere la necessità di definire un modello che sia capace di attrarre e allo stesso tempo accogliere turisti. Il Salento presenta una straordinaria bellezza in ogni suo angolo. Ho fatto un giro in parapendio nei giorni scorsi e ho constatato ancora volta che il mare del Salento non è paragonabile a quello dell’Emilia Romagna, la mia regione. Lì non ho voglia di fare il bagno, nel Salento starei sempre in mare. Però, in quanto a servizi, l’Emilia Romagna batte la Puglia di molte lunghezze».
Le sue frequentazioni salentine?
«Ho un rapporto di stima e amicizia con il collega Dario Stefàno, che è un difensore e un amante del Salento. Ma riconosco anche il valore di Raffaele Fitto, di cui il Salento e la Puglia hanno ancora bisogno. Ha tentato la missione impossibile, con la sua nuova formazione politica, di arrivare in parlamento e non ce l’ha fatta. Ma ha fatto bene il presidente della Regione e il ministro e ora fa bene l’europarlamentare. La Puglia ha ancora bisogno di lui».
A proposito di Regione, come giudica il lavoro dell’attuale presidente, Michele Emiliano, con il quale dovrebbe avere qualche sintonia visto che lei è stato eletto al Senato con il Pd, il partito del presidente? [Continua a leggere]

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Prevalgono rancore e demagogia. No a una commissione parlamentare

postato il 24 Agosto 2018

L’intervista di Paola Di Caro pubblicata sul Corriere

«II prevalere dell’impasto tra la demagogia e il rancore è la cosa peggiore che può accadere a questo Paese». Va controcorrente Pier Ferdinando Casini, e dopo il dramma di Genova non solo si schiera contro ogni ipotesi di nazionalizzazione, ma dice no anche alla richiesta di Forza Italia e parte del centrosinistra — con il quale è stato eletto — di una commissione d’inchiesta che indaghi sul crollo del ponte Morandi.
Ha presieduto la commissione Banche, perché dice no a quella per Genova?
«Votai contro l’istituzione della commissione, pur avendola poi presieduta perché strumenti di indagine così delicati possono produrre risultati — e non uno scontro di tutti contro tutti svilente per la politica e per il Paese — solo se ci si spoglia dei propri panni di provenienza, e ci si muove in una logica bipartisan». [Continua a leggere]

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«Forza Italia e Pd non abbiano paura, fronte europeo contro il sovranismo»

postato il 14 Agosto 2018


L’intervista di Marco Ventura pubblicata sul Messaggero

«Salvini scommette sulla vittoria del sovranismo e del populismo in tutta Europa, e dal suo punto di vista ha ragione. Se non vogliono colare a picco, Forza Italia e Pd devono avere altrettanto coraggio e riconoscere che il mondo è cambiato. Devono lavorare in vista delle prossime elezioni europee per creare un’area politica, uno schieramento, europeista». Non ancora necessariamente una «alleanza elettorale», precisa Pier Ferdinando Casini, senatore eletto nelle liste del centrosinistra, ma un raggruppamento nuovo, che si opponga alla politica del governo giallo-verde «fondata su una incertezza che, quella sì, spaventa i mercati e può generare disastri».
Perché tanto allarme?
«Il vero terrore non è per i provvedimenti presi dai 5Stelle e dalla Lega, non saranno il decreto dignità o i vitalizi a sconvolgere il panorama della storia. Il vero spavento è il clima di incertezza che si sta trasmettendo al mondo e agli italiani. Questi ragazzi sono imprigionati dalle promesse elettorali. Su Ilva, Tav, Tap e grandi infrastrutture pesa un gigantesco punto interrogativo. Le grandi opere si faranno o no? È probabile che no. O forse sì, ma al prezzo di ritardi enormi, perché si dovranno trovare escamotage. Da quando si è insediato questo governo, i risparmiatori hanno già fatto uscire dall’Italia decine di miliardi di euro, mentre gli investitori stranieri, che già ritenevano l’Italia inaffidabile, a maggior ragione adesso fuggono spaventati». [Continua a leggere]

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