«L’Europa si è svegliata e ora tocca a noi. Serve un progetto, non assistenzialismo»

postato il 28 Maggio 2020


Non si usino i fondi per il populismo dei soliti noti ma per piani di rilancio. L’opposizione adesso collabori, non è il momento della propaganda o di chiusure ideologiche.

L’intervista di Marco Ventura pubblicata sul Messaggero

«Avevamo chiesto all’Europa: se ci sei batti un colpo! Stavolta il colpo l’ha battuto. I 500 miliardi a fondo perduto contro la crisi da Covid-19, oltre a tutti gli altri provvedimenti che sono stati presi, dimostrano che il coronavirus è servito a dare una smossa a un corpaccione statico che si è risvegliato capendo che l’alternativa è tra morire e vivere». Il corpaccione, per il presidente dell’Interparlamentare italiana Pier Ferdinando Casini, è quello della Ue. Che però resta l’unica opzione, così come lo è l’appoggio agli organismi multilaterali come l’Organizzazione mondiale della Sanità, con tutti «gli errori commessi e le contraddizioni, perché da soli non vanno da nessuna parte USA e Germania, figuriamoci l’Italia!».

Che cosa deve fare l’Europa per vivere e non morire?
«Atti come quelli appena anticipati dalla presidente della Commissione Ue. Ovviamente adesso i governi dovranno semmai migliorare, certo non peggiorare, le sue proposte. C’è l’ostacolo dei Paesi cosiddetti virtuosi che in realtà sono i più furbi, in certi casi sono paradisi fiscali, non considerano che questa Europa serve a tutti e in un mondo globalizzato procedere in ordine sparso non è possibile per Berlino e Parigi, tanto meno per Austria e Olanda. Quindi mi auguro che le resistenze vengano battute e Paesi che sono anche fondatori dell’Unione capiscano quanto sia importante che l’Europa non vada a fondo». [Continua a leggere]

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Wojtyla, un Papa contro tutti i totalitarismi

postato il 17 Maggio 2020

«Combattè non solo il comunismo, ma chiunque negasse dignità e libertà»
Domani sono i 100 anni dalla nascita di di Giovanni Paolo II: l’anniversario verrà celebrato alle 7 di mattina con la Messa, celebrata davanti all’altare della tomba da Papa Francesco, in mondovisione

 L’intervista pubblicata su Quotidiano nazionale a cura di di Antonella Coppari

 

Senza dubbio è il Papa più politico che ci sia stato tra gli ultimi Pontefici. Nessuno più di Giovanni Paolo II ha legato il suo nome a una battaglia non solo religiosa ma anche ideologica contro le dittature nell’Europa dell’Est da cui pure lui, polacco, proveniva. Presidente Pier Ferdinando Casini, è difficile sfuggire alla sensazione di trovarsi di fronte all’ultimo grande Papa guerriero, quasi un condottiero che ha sconfitto il comunismo. Condivide questa lettura?
«Non il comunismo, ma il totalitarismo. Qualcosa di più. Papa Giovanni Paolo II ha sempre combattuto la connivenza con le dittature. Con coloro che negano agli uomini il valore della dignità e della libertà».

Quello di Wojtyla era un europeismo che non dimenticava le radici cristiane.
«Sì, assolutamente. Una delle grande questioni che Giovanni Paolo II ha sollevato è stato il tema dell’identità cristiana dell’Europa. Un’Europa che diventa necessariamente multiculturale e
multireligiosa, senza disperdere però la sua identità. È vero che Wojtyla ha aperto la via al dialogo interreligioso, ma nella consapevolezza che avendo un’identità cattolica forte si può parlare con tutti».

Oggi viene arruolato nella galassia sovranista.
«Figuriamoci. Non è mai stato nazionalista. È stato piuttosto uno dei grandi costruttori dell’Europa, nella grande tradizione degasperiana. Semmai è stato un sovranista europeo».

Il 14 novembre 2002 lei lo accolse nella sua veste di Presidente a Montecitorio: una visita unica nella storia. Quale fu la sua lezione politica?
«Quella visita simboleggiò il suo amore per l’Italia e gli italiani. Ci richiamò all’attenzione verso gli ultimi. Ci fece pensare ai carcerati, a coloro che soffrivano, dimenticati spesso anche dalla politica».

Eppure, già stava male.
«Infatti. Io andai da lui e lo invitai in Parlamento. Ma qualche giorno prima dell’evento vidi in tivù che faceva fatica a parlare. Chiamai il segretario, Stanislaw Dziwisz, e gli dissi: “Ma come fa
il Papa a venire? C’è parecchio da camminare dall’ingresso fino all’aula“. Le sue parole furono: “La provvidenza ci penserà. Il Papa è tranquillo. Non si preoccupi“. E in effetti, avvenne il miracolo. Tutti pendevamo dalle sue labbra».

Ma il Parlamento non ascoltò la richiesta di un provvedimento di clemenza per i detenuti.
«Non trovammo l’accordo. Però l’anno dopo, nel 2003, il Parlamento varò il cosiddetto “indultino”».

Quali sono stati i tratti salienti di Wojtyla?
«È stato un uomo capace di parlare al mondo abbattendo tutti i confini politici, ideologici e religiosi. Ha saputo rendere la Chiesa protagonista, mantenendo un’umanità senza frontiere. In
grado, come nessun altro, di comunicare con i giovani».

Su temi come la famiglia e la vita Giovanni Paolo II era il rigorista che viene dipinto?
«Credeva nei valori non negoziabili tanto da farne una pietra angolare del suo Pontificato. Ma è stato pure il Papa che ha emanato le direttive per spingere le parrocchie ad aprire al dialogo con divorziati e risposati prendendo atto della realtà. Non voleva escludere nessuno».

Anche Papa Francesco è un Pontefice “politico“. C’è continuità tra i due papati?
«Sono due personalità molto diverse perché diversa è la loro formazione. Però se penso al discorso di Wojtyla in Parlamento, al suo appello per i detenuti, al tema del dialogo interreligioso,
all’attenzione verso i deboli e gli immigrati credo che una continuità ci sia»

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«Tempo di unità nazionale»

postato il 15 Aprile 2020

L’intervista di Antonella Coppari  pubblicata su QN

Lo scenario peggiorerà, temo che il governo non regga. Appello alle opposizioni: «Più responsabilità, Salvini e Meloni sbagliano»

«Nei prossimi mesi lo scenario rischia di peggiorare, e temo che questo governo non ce la faccia», afferma Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera e oggi senatore del gruppo delle Autonomie.

E cosa può accadere? Un esecutivo di salute pubblica?
«Tutti saranno chiamati all’assunzione di responsabilità, a partire dall’opposizione». [Continua a leggere]

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«Il premier ora coinvolga l’opposizione, fase difficile: non può farcela da solo»

postato il 12 Aprile 2020

Un errore l’attacco ai capi della minoranza in televisione. Forse qualcuno teme che un accordo alto possa mettere in discussione gli attuali equilibri politici.

L’intervista di Fabrizio Nicotra pubblicata sul Messaggero

In questo momento non si può giocare, l’Italia da qui a poche settimane si troverà in una crisi economico-sociale drammatica. E non può esserci nessuno spazio per le polemiche tra governo e minoranza: sono sbagliate e dannose». Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera e oggi senatore del Gruppo delle Autonomie, ritiene un errore l’attacco di Giuseppe Conte ai leader dell’opposizione venerdì sera in diretta tv. [Continua a leggere]

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Il paese avrà bisogno di chi ha più credibilità

postato il 27 Marzo 2020

Un governo Draghi? Deciderà il capo dello Stato. Adesso il governo Conte deve essere sostenuto da tutti, poi inizierà una nuova stagione. 

L’intervista di Maria Teresa Meli pubblicata sul Corriere della Sera

Pier Ferdinando Casini, lei tifa per un governo di unità nazionale?
«C’è un tempo di guerra e c’è un tempo di pace. Ora siamo in tempo di guerra: le diserzioni non sono possibili. Adesso il governo Conte deve essere sostenuto da un’ampia maggioranza parlamentare perché una crisi oggi finirebbe per aggravare l’emergenza. Poi si farà punto a capo e inizierà una stagione nuova. Ma per l’oggi vorrei dare dei consigli ai miei colleghi».

Quali?
«Innanzitutto di leggere poco i sondaggi perché non c’è niente di più rapido della trasformazione del consenso in rabbia. L’Italia è un grande Paese dove la gente in guerra combatte con il capo, però poi, quando l’emergenza sanitaria sarà finita, rimarrà la catastrofe economica, ci saranno migliaia e migliaia di persone che perderanno il posto di lavoro e si aprirà una fase drammatica. I sondaggi di ora non varranno più». [Continua a leggere]

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Coronavirus: il mio intervento in Senato dopo l’informativa di Conte

postato il 26 Marzo 2020


Signor Presidente,

colleghi, credo che oggi non sia possibile cominciare alcun intervento senza rivolgere il nostro pensiero deferente a coloro che consentono a noi di essere qui e all’Italia di stare in piedi, nonostante tutto. Penso ai medici, agli infermieri, alle Forze dell’ordine, alla Polizia penitenziaria, ai coltivatori diretti, ai cassieri dei supermercati e a tutti coloro che, con individuali gesti quotidiani di eroismo, consentono all’Italia di stare in piedi.
Ricordiamo, colleghi, che queste persone non servono lo Stato perché hanno deciso di essere eroi: non volevano esserlo, ma volevano solo e semplicemente fare il loro dovere. Se oggi l’emergenza chiede loro atti di eroismo, dovremo tenerlo presente anche dopo, quando l’emergenza sarà finita e tanti discorsi potremo fare – ad esempio – sul Sistema sanitario pubblico, che per troppo tempo abbiamo dileggiato, ma che oggi, nonostante tutto, ci consente di avere fiducia.
Vorrei rivolgere un pensiero alle famiglie, a quelle che non possono piangere i loro cari e a una categoria del Paese che mi sta molto a cuore: i nonni e gli anziani, coloro che in questo momento sentono più degli altri la drammaticità di momenti che non avrebbero mai pensato di vivere.
Voglio poi simbolicamente inchinarmi, a nome del Gruppo per le autonomie e penso di tanti di voi – cito una città – alla città di Bergamo; voglio inchinarmi ai suoi abitanti, alla memoria di chi non ce l’ha fatta, a questa grande città che rappresenta un onore e un vanto per tutta la Nazione.
Colleghi, oggi siamo in guerra; nei tempi di guerra le diserzioni non sono ammissibili. Verrà il momento della pace – ci auguriamo – e a quel punto si faranno i bilanci, ciascuno farà le valutazioni, potremo fare gli esami di quello che è andato e di quello che non è funzionato.

Se mi consentite, però, vorrei elencare alcune tematiche. Parto dalla prima, che è quella che ci riguarda, perché in questi giorni credo che ha fatto male a tanti di noi sentire in trasmissioni televisive, molte volte, la strumentalizzazione costruita su fatti inesistenti che bisognava riaprire il Parlamento. Il Parlamento c’è, è aperto, non si è mai chiuso e guai a quel Paese in cui il Parlamento ha paura di fare il suo dovere quando in prima fila ci sono tante categorie. Noi siamo qui semplicemente come gli altri, con le mascherine; le Commissioni funzionano come hanno fatto in questa settimana tramite Skype o anche direttamente. Tutto questo fa parte del lavoro che svolgono gli italiani.
Io ricordo un Presidente della Repubblica, anni fa, il presidente Cossiga, a volte ritenuto eccentrico, che aveva elaborato e voleva elaborare con più profondità un protocollo sul funzionamento del Parlamento e delle istituzioni in periodi di crisi drammatica come quella attuale. Abbiamo sottovalutato che ciò potesse mai capitare e invece oggi siamo qui. Il funzionamento del Parlamento e delle istituzioni nei momenti di crisi è una questione che si andrà a porre seriamente per il futuro.

Un altro tema concerne l’applicazione della tecnologia, il rapporto tra democrazia, diritto di privacy e limitazione della libertà in momenti come questi. Anche questa è una frontiera delle questioni che il legislatore dovrà affrontare. Il rapporto – come accennavo prima – tra sanità pubblica e sanità privata: consentitemi di dire che tanti modelli sono franati e sono franati proprio perché si è voluta privilegiare l’idea che il tema della sanità privata potesse essere la soluzione. Non è così e lo vediamo con chiarezza. Cito il rapporto tra lo Stato, le Regioni e i Comuni per evitare conflittualità istituzionali – colleghi – la moltiplicazione di ordinanze e di indicazioni date al cittadino che non capisce assolutamente più nulla. Qualcuno ha irriso il referendum costituzionale, la riforma che si fece nella scorsa legislatura sul tema del riordino tra Stato e Regioni. Era assolutamente necessaria e tali fatti lo dimostrano.
Ha ragione il Presidente del Consiglio: nessuno può strumentalizzare le mascherine, i medici, eccetera, per criticare – diciamo così – il sovvertimento di diritti geopolitici e di alleanze tradizionali. Presidente, mi consenta: abbiamo parlato con il ministro Di Maio anche altre volte in merito al tema dello sconvolgimento geopolitico che non esiste per gli infermieri cubani che arrivano o per le mascherine. Esiste perché tale questione è sul terreno drammaticamente da tempo, come vediamo nel Mediterraneo. Dopodiché ringrazio tutti gli aiuti che riceviamo.
Io ho apprezzato il lavoro silenzioso che il ministro Di Maio ha fatto in questi giorni, anche facendo rientrare migliaia di connazionali. La Farnesina ha fatto un lavoro straordinario da questo punto di vista.
Bene, il tema delle alleanze geopolitiche c’è ed esiste; il concetto di Occidente è minato per scelte politiche che sono state fatte anche oltre Atlantico, su cui bisogna riflettere con molta serietà. La protezione delle aziende italiane (il golden power) è certo fondamentale; non possiamo essere espropriati e non possiamo accettare che qualcuno approfitti di una condizione di crisi oggettiva per scippare quelli che sono i patrimoni italiani.
L’Europa è al momento della verità. Si è parlato di eurobond e di altre forme. Io penso che ieri Draghi abbia detto una cosa molto importante; bisogna essere grati a una personalità come Draghi, che ci ha ricordato che durante le guerre i debiti salgono e pertanto ha dato chiaramente un indirizzo specifico alla politica europea e alla politica finanziaria.
Colleghi, nessuno può scagliare la prima pietra. Ci sono errori del Governo? Probabilmente ci sono, ci saranno e hanno un impatto più visibile degli errori degli altri, perché gli errori degli altri non hanno la controprova. Ma ci sono anche gli errori degli altri, diciamo la verità (visto che stiamo parlando agli italiani). Chi diceva “apriamo tutto” poi ha detto “chiudiamo tutto”, nello spazio di poche ore. Perché? Non per responsabilità delle singole persone o perché gli esponenti politici sbagliano più degli altri, ma perché la realtà è stata veloce e imprevedibile. Certo, girano in rete i filmati in cui il Presidente del Consiglio diceva, il 27 gennaio, che noi siamo arrivati prima degli altri; però l’immaginazione nostra il 27 gennaio non era in condizione di capire quello che sarebbe arrivato subito dopo. Vogliamo avere un atto di lealtà verso l’Italia? Non l’opposizione verso la maggioranza o la maggioranza verso l’opposizione, ma verso l’Italia. Dobbiamo prendere atto che la crisi è stata più grande di noi e della nostra capacità di previsione.

Oggi però dobbiamo andare avanti assieme; studiamo la formula. Io credo che ci voglia disponibilità, come ha detto anche il Presidente del Consiglio. Nei miei lunghi anni di esperienza, io sono stato in maggioranza e all’opposizione: a volte la maggioranza chiede disponibilità solo a parole, perché per essere disponibili realmente bisogna condividere delle ricette. Bene, allora cerchiamo di studiare la formula, anche utilizzando la Conferenza dei Capigruppo. Potremmo istituire una Commissione speciale che abbia una durata di due o tre mesi, in cui ci sia la possibilità di discutere nel Parlamento e non fuori dal Parlamento, sennò accettiamo noi stessi una delegittimazione della politica che inevitabilmente ci sarà, perché il nostro è un Paese in cui è facile che il consenso si trasformi in biasimo. Dobbiamo pensare oggi a quello che accadrà domani, quando migliaia di persone perderanno il posto di lavoro; e allora cerchiamo di costruire degli strumenti nel Parlamento. Penso ad esempio che una Commissione speciale con una durata di tre mesi, che può essere rinnovata, possa essere la sede in cui maggioranza e opposizione possano lavorare assieme.
Io istituirei, con esperti di ogni provenienza, una task force per la ripresa, perché il punto è che oggi noi non siamo in grado di sapere i danni che ci saranno. Si parla di cassa integrazione per chi chiude, perché tante attività devono chiudere. Ma non è che le attività che restano aperte non subiscano in gran parte, salvo alcuni settori specifici…
Io credo che noi dobbiamo istituire una task force che possa studiare subito una rivoluzione di provvedimenti per il futuro.
Il problema che noi oggi abbiamo, come classe politica, non è solo quello di combattere la guerra, ma è di cominciare a capire come combatteremo la seconda parte della guerra. Credo che tutti assieme, in nome dell’Italia, noi abbiamo una grandissima responsabilità

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«La Ue latita, deroghe al Patto di stabilità. Camere aperte, dico no al voto a distanza»

postato il 19 Marzo 2020

Pier Ferdinando Casini, senatore del Gruppo delle Autonomie ed ex presidente della Camera, che prova sta dando di sé l’Unione europea nella gestione dell’emergenza coronavirus?
«Questa crisi per l’Europa è un’opportunità straordinaria per dimostrare di esistere, ma corriamo un grave rischio: che anche i più europeisti come me, alla fine di questa emergenza, debbano constatare che l’Europa non c’è. Le risposte arrivate fino a oggi sono deludenti».

Si riferisce alla recente gaffe di Christine Lagarde che ha detto non siamo qui per ridurre lo spread?
«L’esordio della nuova leadership della Banca centrale europea (Bce) è stato devastante e ci ha fatto capire fino in fondo quanto sia stato fondamentale il ruolo di Mario Draghi in questi anni. I casi sono due: o Lagarde ha consapevolmente riportato un parere tedesco, e questo sarebbe inammissibile, oppure lo ha fatto senza rendersene conto, e allora sarebbe quasi peggio». [Continua a leggere]

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Coronavirus: «È la terza guerra mondiale. La vinceremo»

postato il 11 Marzo 2020

«Come ai tempi del terrorismo gli interventi eccezionali sono del tutto giustificati»

L’intervista di Antonella Coppari pubblicata sul Resto del Carlino

Per descrivere il momento e indicare con quale animo si debba affrontare, Pier Ferdinando Casini ricorre a una frase del leader assurto a emblema della miglior Dc: Aldo Moro. «Se fosse possibile dire: saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a questo domani, credo che tutti accetteremmo di farlo. Ma, cari amici, non è possibile. Oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso. Si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato, con tutte le sue difficoltà».

Moro allude a periodi complicati, in cui vanno prese decisioni dolorose. Presidente Casini, ha mai vissuto una prova così drammatica?
«Questa è un’autentica terza guerra mondiale, anche se non ci sono i bombardamenti e ci è richiesto solo di stare in casa. Nulla di paragonabile al terrorismo: dopo l’11 settembre ci hanno chiesto di fare qualche piccolo sacrificio, come levare le scarpe agli aeroporti. Ora ci chiedono di cambiare radicalmente abitudini». [Continua a leggere]

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Coronavirus: Italia non è ventilatore del virus come Cina

postato il 27 Febbraio 2020

Il mio intervento in Senato dopo l’informativa del Ministro Speranza

Signor Presidente,
cari colleghi, a nome del Gruppo per le Autonomie vorrei esprimere anch’io alcune considerazioni, partendo da un presupposto (come mi sembra abbiano fatto nei loro diversi interventi anche i colleghi Collina, Faraone e gli altri): il ministro Speranza, che è una persona seria e perbene, ha tutta la nostra solidarietà e con lui tutto il Governo; tanto per eliminare un problema di equivoci, la stessa solidarietà ce l’hanno i Presidenti delle Regioni che sono in prima fila, a partire dal presidente Fontana, al quale è stata rimproverata la diretta Facebook; vorrei guardare però le cose anche dall’altra parte e dire cosa sarebbe capitato se non l’avesse fatta e le sue immagini fossero state rubate da qualcuno: probabilmente ci sarebbe stata la stessa speculazione rovesciata e a lui sarebbe spettato l’onere di spiegare di quello che era successo. Questo per dire come in questo momento sia estremamente difficile anche per la politica capire realmente cosa bisogna fare.
Vorrei dire una cosa, però, perché l’unità non è retorica: se siamo qua per esprimere solo genericamente unità, facciamo un esercizio retorico. Non serve oggi un esercizio retorico, ma una prova di verità singolarmente data da ciascuno di noi. [Continua a leggere]

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Caso Gregoretti: “Salvini da avversare nel Paese, no a scorciatoie giudiziarie”

postato il 12 Febbraio 2020

E’ noto che il Parlamento, in questa fase, è chiamato a valutare solo se il comportamento del Sen. Salvini, in occasione dei fatti relativi al ritardato sbarco dei migranti dalla nave “Gregoretti”, sia stato “condizionato da ragioni politiche” che hanno un rilievo costituzionale, ai sensi dell’art. 9, comma 3, della legge costituzionale n. 1/1989.
E cioè se tale comportamento sia stato posto in essere per “la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo”.

Non mi pare che vi sia alcun dubbio che le azioni del Ministro Salvini siano coerenti e esecutive del programma del Governo di cui allora faceva parte, come nel caso dei suoi precedenti atti e comportamenti che questo Parlamento è stato chiamato a valutare.
Infatti, la maggioranza parlamentare dell’epoca ha fatto di tale politica “restrittiva” dei flussi migratori uno dei punti centrali del “contratto di governo” e della fiducia che il Parlamento ha accordato all’Esecutivo.

In caso contrario, il Ministro dell’Interno doveva essere sfiduciato dal Parlamento o, comunque, smentito da atti formali dello stesso o del Consiglio dei Ministri.
Il Senatore Salvini non ha sicuramente agito, in “solitudine” o in contrasto con le politiche del Governo dell’epoca di cui era, peraltro, uno dei principali protagonisti.
Possiamo, quindi, dire che c’era una ragione politica coerente con le esigenze di tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o con il perseguimento di un preminente interesse pubblico, secondo l’orientamento, non condivisibile dal nostro punto di vista, del Governo di cui ha fatto parte.

Le politiche di gestione dei flussi migratori del precedente governo erano errate, perché miravano a dare una rappresentazione dell’interesse del paese distorta e dannosa.
Ed è questa una delle principali ragione per le quali il precedente governo si è dimesso e il Senatore Salvini non è più Ministro dell’Interno.
La chiusura al dialogo con l’Europa, l’idea semplicistica che gli atti simbolici di forza, come nel caso della Diciotti, di altri casi e di quello di cui ci stiamo occupando, avrebbe risolto come d’incanto i problemi della immigrazione clandestina è stata smentita dai fatti e dalla azione del nuovo governo.
Governare cavalcando le legittime paure degli italiani, su di un tema epocale e complesso come l’immigrazione e l’integrazione, regala la soddisfazione di un momento ma non risolve il problema.
Anzi lo aggrava, perché produce una cultura del sospetto, della intolleranza e dell’odio che trasforma in peggio la società e la sua classe dirigente e perché non serve neanche come deterrente o come rimedio efficace alla immigrazione clandestina.

Ma nella valutazione del caso della nave “Gregoretti” non deve contare la nostra opinione politica, perché mandare a giudizio un Ministro per il programma del Governo di cui fa parte e, quindi, per gli atti che ne sono la immediata e diretta conseguenza, significa scadere nell’arbitrio e nella faziosità.
La Costituzione ci chiede solo di valutare se gli atti del Senatore Salvini sono frutto della valutazione che il suo governo ha fatto dell’interesse generale del paese, non della nostra valutazione di tale interesse generale che è diametralmente opposta.

Questa è una distinzione fondamentale che fa la differenza tra lo Stato liberale e lo Stato etico tra l’equilibrio dei poteri e l’arbitrio.
Se indulgiamo oggi, nell’esercizio della nostra delicata e complessa funzione di garanzia, di indipendenza e di autonomia, alla logica di parte, secondo la quale puoi fare processare il tuo avversario politico, in assenza di fondate ragioni costituzionali, per un mero calcolo di convenienza, consumiamo l’ennesimo strappo con i valori fondanti della nostra democrazia parlamentare.
Salvini è stato sconfitto in Parlamento e le sue politiche vanno avversate nel paese ma senza assecondare le scorciatoie giudiziarie, apparentemente facili e comode.
La lotta politica che usa strumentalmente le legittime e autonome iniziative della magistratura ha il fiato corto, produce solo danni al paese e manifesta il suo fallimento perché rinuncia al ruolo di guida della società affidandosi ad altri poteri.

Per queste ragioni credo che il Senatore Salvini non debba essere processato anche se ho una opinione politica opposta alla sua ed una visione diversa della società e dei valori che la dovrebbero animare.

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