Tocca a noi evitare lo scontro tra religioni
postato il 29 Luglio 2016L’attacco alla Chiesa è l’inizio di una strategia, non bisogna cadere nella trappola
L’intervista di Paolo Conti, pubblicata su Il Corriere della Sera
«La verità è che la Terza guerra mondiale la possiamo innestare noi occidentali se non capiamo cosa sta veramente accadendo. La scelta dipende da noi, non dal terrorismo di matrice islamica. Confidano su una nostra possibile reazione scomposta per innestare quello scontro tra civiltà e quella guerra tra religioni che l’Isis sta chiaramente progettando».
Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione Esteri del Senato analizza in questa chiave gli ultimi tragici avvenimenti francesi.
In che senso potremmo avviare noi quel conflitto?
«Stiamo attenti: l’attacco alla Chiesa non è solo un generico salto di qualità. È il preannuncio di una strategia complessiva che, in modo diretto o indiretto, vuole arrivare a uno scontro diretto tra le religioni. C’è l’atroce delitto di due giorni fa. Così come c’è stata la fuga dei cristiani dalla piana di Ninive, con cui ho parlato, messi di fronte a una drammatica scelta: o paghi la tassa, o ti converti, o te ne vai, e nel frattempo c’è il Califfato che spinge i vicini di casa, con cui le famiglie cristiane hanno convissuto pacificamente per decenni, a occupare le loro abitazioni. E poi c’è il proselitismo su Internet, l’arruolamento dei lupi solitari che vengono incentivati a organizzare attentati ovunque».
Ma questa è, secondo Hollande, una guerra…
«Però tocca a noi occidentali non cadere nella trappola. La classe politica, le istituzioni anche culturali dovranno sostenere una grande azione pedagogica per spiegare che questo non è uno scontro tra religioni. Perché se l’Occidente cederà all’escalation, arriverà il giorno in cui qualche fanatico cristiano attaccherà una moschea. E quel terribile giorno l’Isis avrà ottenuto esattamente ciò che vuole. Cioè l’inizio di uno scontro fatale per la civiltà come la conosciamo oggi».
Cosa deve fare la politica?
«Servono quei moderati che alzano i toni per spingere gli imam delle moschee italiane a condannare il terrorismo con più durezza. Occorrono iniziative come quelle del ministro dell’Interno Angelino Alfano per mettere ordine nel cosiddetto Islam italiano e a spingerlo a una minore timidezza nell’esporsi. Ma c’è un limite che nessuno può valicare per una manciata di voti: sostenere che siamo in guerra con l’Islam. Un approccio demenziale: è ciò che cerca il terrorismo».
La classe politica italiana le sembra in grado di sostenere questo clima?
«Questa vicenda ha fatto saltare lo schema destra-sinistra in senso tradizionale perché ci mette di fronte a una scelta fatale, tra la vita o la morte. Nulla di superficiale o di banale. Dobbiamo stare molto attenti alle cose che diciamo. Quando sento dire che dovremo vivere come in Israele, chiedo ai cittadini maschi e femmine italiani: siete disposti, da domani, a fare tre anni di servizio militare obbligatorio con la prospettiva di un richiamo permanente alle armi sacrificando parti cospicue di libertà? O si immagina una legge di questo tipo o è meglio stare zitti perché non si sa di cosa si stia parlando».
Pensa che ci sarebbe un compattamento della politica nel caso di un attentato?
«Vedo tante, troppe divisioni, e temo ci sarebbe una deflagrazione. Ricordo ancora quando accogliemmo a Ciampino, con Ciampi e Berlusconi, le vittime di Nassiriya. Rammento l’emozione della gente che seguì il passaggio dei feretri. Ho paura che oggi non ci sarebbe più quella straordinaria risposta».
Il cardinale Bagnasco richiama l’Europa a ritrovare la sua identità cristiana.
«Condivido l’analisi sulla miopia di un’Unione Europea che non ha avuto il coraggio di inserire nella sua Costituzione un doveroso richiamo alle radici storico-culturali cristiane. Per confrontarci con altri, dobbiamo sapere bene chi siamo, da dove veniamo e soprattutto dove vogliamo andare. O si ha lo strumento dell’identità culturale o qualsiasi dialogo finisce col tradursi in un cedimento di chi non ha quella identità».