Archivio per Ottobre 2011

Una mattinata d’ordinaria inutilità

postato il 13 Ottobre 2011

Quella di oggi alla Camera dei Deputati è stata una giornata d’ordinaria inutilità, come le tante altre che ormai si susseguono stancamente e ininterrottamente da quando Berlusconi è a Palazzo Chigi. In un’aula abbandonata dalle opposizioni e presidiata da una maggioranza ridotta a claque mal pagata, Berlusconi si è presentato ancora una volta come alfa e omega della politica italiana e come un disco rotto ha recitato la consueta litania (i cronisti la sanno a memoria) delle riforme da fare. Un momento di rara tristezza reso ancora peggiore dalla coreografia grottesca: Bossi afflitto da una crisi di sonno, i deputati di centrodestra che fotografano i banchi vuoti della sinistra, e peones di ogni risma che animano, se così si può dire, un dibattito lunare privo di alcun senso.  La mattinata di vuoto pneumatico si esaurisce da sola, le regole parlamentari impongono però altre 24 ore di vuoto prima di votare la fiducia. Il tempo e lo spazio sembrano svaniti nell’aula parlamentare, ma l’orologio in cima al Palazzo di Montecitorio sembra con le sue lancette additare i parlamentari che abbandonano la Camera dopo la mattinata di ordinaria inutilità: “pereunt et imputantur”, le ore passano e vi vengono addebitate.

Adriano Frinchi

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Il compito dei cattolici in politica: ricercare e chiedere la sapienza

postato il 13 Ottobre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Rocco Gumina

In queste ultime settimane alcuni interventi, in diverse circostanze, di Benedetto XVI, del Cardinale Angelo Bagnasco, di Mons. Mariano Crociata hanno permesso alla comunità ecclesiale italiana, all’intera società, una riflessione sui valori fondanti dell’agire politico per il servizio degli uomini, della città. Il Sommo Pontefice nel suo discorso al Bundestag (Parlamento tedesco) ha richiamato la figura del giovane re Salomone, il quale dinanzi alla possibilità di chiedere a Dio qualsiasi cosa, desidera ricevere, possedere la sapienza per poter rendere giustizia al popolo d’Israele e sapere distinguere il bene dal male. Nella nostra storia, con la nostra condizione socio-politica occorre chiedersi con fermezza quale valore possa avere questo racconto biblico: cosa significa per un politico a qualsiasi livello operi? Cosa significa questo per un cittadino? E per un credente che senso ha la scelta di Salomone? Certamente nell’Italia, nell’Europa di questo nostro tempo non ci sono più imperatori o governanti che possono ostacolare o addirittura vietare la professione della fede o più laicamente lo sviluppo integrale dell’uomo e delle comunità umane, magari minacciando la condanna a morte o la detenzione, come accadeva nei primi secoli ai cristiani. Ma forse è presente nei palazzi del potere e in diversi strati della società quella tendenza, consapevole o meno consapevole, a non colpire direttamente, ma a uccidere con i soldi, con la gestione del denaro, con la capacità di trovare in qualsiasi situazione il compromesso, il ricatto morale, il gioco al ribasso. Chiedere e ricercare la sapienza, per un politico e per un cittadino credente o non, vuol dire promuovere la giustizia, ricercare il bene comune, agire con responsabilità nei confronti degli altri e delle cose di cui si è guida o rappresentante, sostenere l’educazione integrale delle future generazioni, dare impulso alla legalità. Solo così, per dirla con La Pira, possiamo ricomprendere e vivere l’impegno politico, nei partiti o da cittadini, come un sforzo a radunare prudenza, fortezza, giustizia e carità: solo e radicalmente così possiamo ritenere che la politica non sia una cosa brutta o non seria. La politica è una cosa serissima poiché si occupa dell’uomo in vista dell’uomo. Capiamo bene, dunque, che la capacità di sapere discernere tra il bene e il male e la possibilità di promuovere la giustizia per la propria gente sono realtà molto gravi e urgenti in tutti i tempi, specialmente in questa ora.

Ecco perché il Cardinale Angelo Bagnasco afferma, all’apertura dell’ultimo consiglio permanente della CEI, che c’è bisogno di purificare l’aria, di dare la scossa, di imprimere il cambiamento in un contesto che appare come uno stagno dove l’acqua è immobile e puzza. Ovviamente il “solo” riscontrare lo stato delle cose non sostiene la svolta, ma aiuta a capire che c’è un’Italia che vuole tornare a faticare, a chiedere la sapienza, a credere al futuro della nostra splendida penisola, mettendo da parte lo scontro e un linguaggio e dei modi da società incivile, per reggere nel futuro e nel presente riscoprendo l’austerità, la sensibilità per la verità, la moderazione, l’equilibrio, la forza e dei partiti (che vanno riformati e dunque rinnovati dall’interno) e dei movimenti civici (i quali non possono e non devono supplire al ruolo dei partiti nella nostra società), delle associazioni laiche e cattoliche.

I cattolici impegnati sia nella politica che nella società sono, quindi, interpellati per continuare a servire la nostra Italia con sapienza e con la capacità di distinguere il bene dal male, potendo sostenere un’idea di centro intesa non come luogo politico equidistante da destra e sinistra, ma come area in grado di avere una rinnovata visione per lo sviluppo del nostro Paese basandosi sulla Dottrina sociale della Chiesa, in grado di ritrovarsi insieme non solamente per le “battaglie” di natura etica, ma anche per molto altro, in grado di non essere autoreferenziale, ma capace di attrarre altre e diverse forze politiche e sociali. Cattolici che devono cominciare o tornare ad essere portatori di quella verità politica che continua ad esistere anche se un voto a maggioranza neghi l’evidenza, poiché la verità, anche se sconfitta per qualche voto, continua a svolgere la sua funzione. E bene ha fatto mons,. Mariano Crociata, nella conferenza finale del consiglio permanente della CEI, a ribadire che i vescovi italiani non hanno alcuna intenzione di sfiduciare questo governo per promuoverne altri, ma hanno invece la più radicale convinzione di sorreggere un cammino di rinnovamento morale nella società e quindi anche nella politica in Italia.

La crisi economica, accentuatasi maggiormente nei mesi estivi, ci ha mostrato ancora una volta che i problemi si possono risolvere con una buona politica, e che oggi nel nostro Paese abbiamo disperatamente bisogno di vera politica che guardi con attenzione ai giovani e alle famiglie, che eviti le improvvisazioni e i tentativi, solo giornalistici, di spallata o di cambiamento. Abbiamo bisogno di uomini e di donne, di cittadini italiani, di credenti e non, i quali osino chiedere e ricercare la sapienza per ben servire la comunità con giustizia.

 

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Quando si vende l’anima e ci si rinchiude nel “cerchio magico”

postato il 13 Ottobre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Stefano Barbero

Di questi tempi la Lega non se la passa di certo bene: tra mal di pancia nella base e instabilità governativa il movimento padano mostra i muscoli con meno disinvoltura. L’imbarazzo c’è ed è tanto: il Carroccio ha mantenuto poche delle promesse fatte al suo “popolo” negli anni scorsi, l’abbraccio con il Cavaliere sta diventando mortale, tanta parte della Lega non vuole essere trascinata da Berlusconi con il suo governo pericolante.

La cartina di tornasole della salute dei partiti spesso è rappresentata, si sa, dai rapporti di forza locali, dalle dinamiche delle sedi periferiche. E quanto più le crepe si vedono nei feudi elettorali, tanto più la crisi è profonda ed evidente. Accade in via Bellerio, dove la lotta intestina per la successione (al capo – formalmente – indiscusso) continua a spaccare il partito. Il congresso provinciale di Varese, culla del movimento, terra del suo padre-padrone, ha confermato una situazione che i cervelli leghisti hanno cercato in tutti i modi di ridimensionare o derubricare a “dialettica interna” (di questi tempi è particolarmente di moda, nel lessico partitico). A Varese gli sfidanti del candidato di stretta osservanza bossiana si sono ritirati, in nome dell’”unità”. Un partito è forte se si mostra tale, devono aver pensato. Così ha vinto a tavolino il candidato unitario, tale Maurilio Canton del giro di Bossi: la Lega dorme sonni tranquilli e i giornalisti affamati rimangono a bocca asciutta. Ma a riaccendere i riflettori sulle agitate acque del Carroccio ci hanno pensato loro, gli stessi elettori, gli stessi iscritti, la “base”, che non hanno digerito l’imposizione di un segretario provinciale non gradito. Ormai la fazione maggioritaria è quella che fa capo al ministro dell’Interno Maroni, sempre più interprete di una Lega che vuole voltare pagina e se possibile smarcarsi da un premier che trascina ideali e voto popolare nel pozzo degli scandali e dell’immobilismo parlamentare. Così quel popolo verde che non sta zitto ha piazzato un bello striscione impossibile da non vedere fuori dalla segreteria della Lega Nord di Varese, con l’evocativo messaggio “Canton segretario di nessuno”. Più chiaro di così.

Intervenuta per l’ennesima volta la censura del “cerchio magico”, la foto aveva ormai fatto il giro del web. La Lega da struttura monolitica, militare, compatta si ritrova a fare l’imitazione di quel PD che a ogni elezione mette in discussione il vincitore. Ultimamente al Carroccio capita così, Bossi (e la Lega ufficiale) perdente – Valcamonica, Brescia i casi più eclatanti – e l’erede, le faccia istituzionale, più rassicurante prosegue la sua ascesa, forte del sostegno della maggioranza degli energici elettori leghisti, che a poco a poco si allontanano dal senatùr, ostaggio, si dice, della ristretta cerchia che lo circonda.

Non entriamo nel merito delle diatribe di un partito che ha, come tutti i partiti, una sua vita, fatta di alti e bassi. Vogliamo solo svolgere questa piccola considerazione: i leghisti che hanno creduto in quella Lega che illo tempore sventolava il vessillo della libertà e dell’indipendenza non si trovano a disagio nel vedere che il movimento cui appartengono è quello che mette la sordina a tutte le voci dissenzienti, che scomunica Flavio Tosi per le sue uscite moderate, che zittisce i sindaci che legittimamente protestano per i tagli? Forse è arrivato il momento di fare chiarezza e trarre le conclusioni: scegliere tra Bossi e Maroni, e soprattutto decidere sul proprio futuro. Berlusconi non è eterno.

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Berlusconi non lascia la poltrona e getta il Paese nel discredito

postato il 12 Ottobre 2011

Goria e Andreotti si dimisero


Quando Goria e Andreotti si trovarono nella stessa situazione andarono al Quirinale per dimettersi: un minimo senso delle istituzioni avrebbe portato anche il premier a far questo. Ma Berlusconi, non guarda in faccia la realtà  e, passando di voto di fiducia in fiducia, fa sprofondare il Paese nel discredito. I colleghi della maggioranza dovrebbero avere un sussulto di dignità ed essere i primi a rendersi conto di questa gravissima anomalia e della e bomba atomica che può rappresentare la distanza che abbiamo nei confronti del Paese perché il Presidente del Consiglio non vuole lasciare la poltrona. Questa è la realtà: il resto sono chiacchiere.

Pier Ferdinando

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Rassegna stampa, 12 ottobre 2011

postato il 12 Ottobre 2011
Colpo di scena ieri alla Camera: il Governo, infatti, è stato battuto – per un voto sull’approvazione del rendiconto generale delle spese dello Stato (meglio conosciuto come “bilancio”) e l’incidente di percorso apre nuove (quanto prevedibili o quanto no, ancora è presto per dirlo) prospettive; Casini, ospite ieri al Tg di La 7, ha ribadito che le dimissioni di Berlusconi si rendono necessarie, visto che la maggioranza si è liquefatta sotto le pressioni degli scontri intestini tra lealisti e frondisti scajolani e pisaniani: “Andreotti, Moro e Goria si sono dimessi, a loro tempo, per questioni molto più semplici e futili, Berlusconi ora deve andarsene” – su Repubblica e sul Messaggero, trovate proprio le sue parole, in linea con quelle degli altri leader dell’opposizione, mentre su La Stampa, a firma di La Mattina, trovate un retroscena proprio sulla giornata di ieri (un avvertimento o, come lo definisce più ecumenicamente Paradisi su Liberal, un invito ad andarsene). E mentre Caposti, intervistato dal Corriere, ricorda anche se la Costituzione non obbliga alle dimissioni, uno stop come ieri ha delle conseguenze politiche gravi, e Calitri su ItaliaOggi si lancia in un scenari fantapolitici su una confluenza dei dissidenti piediellini nelle liste dell’Udc, Dino Martirano ci spiega come e perché, anche stavolta, il Pdl dovrà riporre nel cassetto la legge (bavaglio) sulle intercettazioni. Spazio poi alle opinioni: se per il vicedirettore di Repubblica, Massimo Giannini, Berlusconi ha il “dovere delle dimissioni”, interessanti sono le letture che fanno i giornali di centrodestra del caso di ieri: tutti tendono a minimizzare, a ricordare che si tratta solo di un “incidente tecnico”; Sallusti sul Giornale se la prende con i “ventotto pasticcioni” che hanno fatto mancare la maggioranza alla Camera (fossero solo “pasticcioni”, vi rendete conto?); Ferrara sul Foglio è ancora più divertente (e ce ne dispiaciamo molto, sinceramente) ed esorta Berlusconi “a fare Berlusconi e non come un Giuseppe Pella” (“un” Pella, quanta acqua è passata sotto i ponti); Belpietro, su Libero, infine, sembra il più “lucido”, definendo il fatto di ieri come un “agguato” e disegna una exit strategy d’emergenza: resistenza di B sino a gennaio, crisi pilotata, Alfano a Palazzo Chigi. Uhm, dov’è che l’avremo già sentita questa?

Il governo sotto sul bilancio. Rischio paralisi alla Camera (Roberto Zuccolini, Corriere)

Bersani e Casini: dimissioni inevitabili (Nino Bertoloni Meli, Il Messaggero)

Bersani e Casini: “Dimissioni d’obbligo” (Goffredo De Marchis, La Repubblica)

Scajola a Berlusconi: “Fai un passo indietro” (Amedeo La Mattina, La Stampa)

I frondisti del Pdl non arretrano (Sole24Ore)

L’invito di Claudio (Riccardo Paradisi, Liberal)

Capotosti: dimissioni? Nessuno obbligo ma il fatto resta grave (M. Antonietta Calabrò, Corriere)

Il pallino a Casini (Antonio Calitri, ItaliaOggi)

Intercettazioni, no leghista. Il Pdl rinvia la legge (Dino Martirano, Corriere)

Il dovere di dimettersi (Massimo Giannini, La Repubblica)

Ventotto pasticcioni (Alessandro Sallusti, Il Giornale)

Lo sgambetto (Maurizio Belpietro, Libero)

Berlusconi tradito da un solo voto (Giuliano Ferrara, Il Foglio)

Gli italiani chiedono riforme per la crescita (Lina Palmerini, Sole24Ore)

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Ora passo indietro di Tremonti e Berlusconi

postato il 11 Ottobre 2011

Noi non siamo ossessionati dalla litania delle dimissioni di Berlusconi, ma la maggioranza e’ paralizzata: non riescono a trovare un nome per il governatore di Bankitalia, non riescono a fare il decreto sviluppo e oggi in Aula sono andati sotto un provvedimento economico rilevante.
Il Paese non puo’ pagare il costo di un governo inefficiente.
Oggi, le dimissioni di Berlusconi e di Tremonti, sono inevitabili per ridare credibilita’ all’Italia.

Pier Ferdinando

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Seguite il vostro cuore e il vostro intuito: l’insegnamento dei premi Nobel

postato il 11 Ottobre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Jakob Panzeri

Ellen Johnson Sirleaf (nella foto) ha 72 anni ed è la prima donna presidente dell’Africa. Eletta nel 2005 in Liberia dopo un impegnativo confronto con l’ex calciatore del Milan George Weah e l’ex signore della guerra Prince Johnson – famoso per un video in cui beve birra mentre sotto i suoi occhi i suoi accoliti tagliano le orecchie al presidente dittatore Samuel Doe – è stata insignita del premio Nobel per la Pace 2011. La sua attività si concentrò da subito sulla riabilitazione materiale ed economica di un paese dilaniato da anni di guerra civile e sui diritti delle donne, che erano stati al centro della sua agenda politica fin da quando, giovanissima, si era separata dal marito che era stata costretta a sposare a 17 anni. Con lei sono state insignite dell’onorificenza anche la compatriota Leymah Gbowee, una militante pacifista che costrinse il vecchio regime militare liberiano a un tavolo di trattativa di pace con un’idea antica che già ritroviamo nella “Lisistrata” di Aristofane: lo sciopero del sesso. A completare la terna delle donne premiate è Tawakkol Karman, l’attivista yemenita leader della protesta contro il regime di Abdullah Saleh, 32 anni come gli anni del presidente al potere. Questo Premio Nobel è davvero un riconoscimento a un continente che negli anni più recenti continua a ribellarsi alle catene che ne imprigionano il cuore in una lunga rivoluzione in cui le donne svolgono un ruolo da vere protagoniste: è il caso della Primavera Araba, dove l’egiziana Esdraa Abdel Fattah ha avuto un ruolo fondamentale su facebook e twitter nella gestione del movimento 6 aprile corso in piazza Tahir a chiedere le dimissione del governo Mubarak nella terra dei faraoni dove un’altra donna, l’attivista Bothaina Kamel, aspira a governare il suo paese, la primadopo Cleopatra . E’ il caso dell’Arabia Saudita dove le donne – che per legge non possono muoversi senza l’autorizzazione del marito o del parente maschio più prossimo e non hanno diritto di prendere la patente – si sono messe alla guida per le strade di Riad. E’ il caso di Wangaari Mathai, la prima donna centrafricana a laurearsi, la biologa fondatrice del Green Belt Moviment per lo sviluppo sostenibile e la difesa ambientale, di cui ricordiamo la recente scomparsa.

Lunedì, con il riconoscimento in campo economico, si chiuderà la settimana dei Nobel. Per me, anche se in diverse occasioni più o meno recenti mi è capitato di restare perplesso e interdetto per alcune scelte degli accademici, la settimana dei Nobel corrisponde a una scarica di adrenalina pura in cui volgere gli occhi a quanto di grande e bello può scoprire e costruire l’ingegno umano.

Mi commuovo con Tomas Transtromer,lo psicologo che continua a scrivere e a suonare il pianoforte nonostante la mano destra immobilizzata dall’ictus. Un simbolo dell’ermetismo svedese e del suo silenzio nordico, mistico e versatile e un grande amico del nostro Mario Luzi.

Volo trascinato dalla fantasia nei campi della mente grazie al chimico israeliano Daniel Shechtman e a suoi quasi-cristalli, mosaici affascinanti riprodotti a livello degli atomi che non si ripetono mai periodicamente , reticoli geometrici che la mente umana e i limiti della matematica definiva impossibili ma che ora sono stati rintracciati non solo in laboratorio ma anche in natura. Spalanco le mie ali del pensiero ancora più in alto grazie ai fisici Perlmutter, Riess e Schimidt e i loro studi cosmologici sull’entropia e l’espansione dell’universo.

Penso a un futuro migliore grazie ai dottori Beutler, Hoffman e Steinman e ai loro studi sull’interazione tra sistema nervoso e immunologico che aprono allo sviluppo di una nuova generazione di vaccini basati non più sugli anticorpi ma sulle cellule stesse.

Questi uomini e queste donne, ognuno impegnandosi nel suo campo, hanno in comune una cosa: lo stupore e la contemplazione della realtà, la capacità di volgere la mente e il cuore in un universo dalle mille forze e dalle mille bellezze per migliorare ed educare l’uomo e quindi aiutarlo ad entrare nella sua umanità spesso dimenticata. Uomini che hanno dedicato anni della loro vita spesso con grandi sacrifici personali alla ricerca e al loro ingegno e che hanno lasciato un segno nell’umanità. Uomini come Steve Jobs.

Il vostro tempo è limitato, quindi non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non lasciatevi intrappolare dai dogmi – che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altri. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui lasci affogare la vostra voce interiore. E, cosa più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore ed il vostro intuito. Loro sanno già quello che voi volete veramente diventare. Tutto il resto è secondario. Siate affamati. Siate folli.  (Steve Jobs).

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