L’ultimo trucco di Tremonti: la tassazione delle rendite finanziarie
postato il 25 Agosto 2011Tremonti è riuscito a fare l’ennesimo gioco degno del miglior illusionista: ci fa volgere lo sguardo in un punto, ci fa vedere una cosa e poi ne appare un’altra.
Un mago migliore di Silvan e di Copperfield, degno dei nostri applausi se non fosse che i suoi trucchi li paghiamo cari ed amari.
L’ultimo trucco di cui voglio parlare, è quello della tassazione sulle rendite finanziarie, passate dal 12,5% al 20%, tassazione che, afferma, non riguarderà i titoli di Stato. Ne siamo sicuri?
Secondo il tesoro dalla tassazione sulle rendite finanziarie al 20% si può ottenere un aumento di gettito annuo pari a 1,919 miliardi di euro, stando a quanto afferma la Relazione Tecnica.
Tutti credono che questa tassazione riguardi solo le contrattazioni di borsa, ovvero il capital gain, termine inglese per indicare i guadagni che si ottengono comprando e vendendo titoli finanziari.
Come funziona il capital gain? Il guadagno o la perdita su ogni operazione di vendita viene calcolato sottraendo al prezzo di vendita al netto delle commissioni il prezzo di acquisto (prezzo di carico o fiscale) comprensivo delle stesse. Quando un titolo azionario viene comprato in più tranche viene calcolato un prezzo medio in base alla media dei prezzi di ogni operazione d’acquisto, ponderata con le quantità. Quando in un solo giorno vengono effettuate più operazioni sia di acquisto che di vendita il prezzo medio di acquisto/vendita viene calcolato come la media dei prezzi di ogni acquisto/vendita ponderata per le quantità acquistate/vendute. Avremo un capital gain in caso di differenza positiva tra i valori finali di vendita e di acquisto. La contabilizzazione ai fini fiscali di un capital gain (plusvalenza) o di una perdita (minusvalenza) dipende dalla valuta con cui viene regolata l’operazione. Le minusvalenze possono essere compensate con le plusvalenze entro i successivi 4 anni. Questo regime riguarda i piccoli risparmiatori principalmente, perché dal 12,5% sono esclusi i grandi patrimoni, le partecipazioni rilevanti e le società finanziarie e bancarie che hanno un regime fiscale a parte (con una tassazione pari a circa il 49%).
Fin qui è tutto chiaro. Ma negli anni passati il governo dal capital gain ha preso poche centinaia di milioni, e se vi aggiungiamo l’andamento delle borse di queste settimane, dubito fortemente che si possa raggiungere la cifra prevista da Tremonti.
Allora il Ministro ha sbagliato i conti? Assolutamente no, perché l’aumento di tassazione non riguarda solo il capital gain, ma tutte le rendite finanziarie (parliamo sempre escludendo i grandi patrimoni e le società finanziarie che, come già detto, hanno un altro regime fiscale).
Cosa intendiamo quindi con rendita finanziaria?
Le rendite finanzierie sono tutti i proventi e gli interessi (attivi e passivi) che un prodotto finanziario può generare al momento della sottoscrizione, alla chiusura dell’anno di imposta o al momento del realizzo da parte delle persone fisiche, società di persone, ditte individuali, società di capitali ecc, per semplificare sia persone fisiche sia persone giuridiche.
Possono consistere a titolo di esempio, in azioni o titoli di Stato, depositi di conto corrente, Bot, obbligazioni, mutui, riporti e contro termine e anche semplici impieghi di capitali diversi però dall’acquisto di partecipazioni al capitale di rischio di imprese.
Tremonti ha affermato che l’aumento di tassazione non riguarda i titoli di Stato, e su questo eravamo d’accordo, ma, siccome non mi tornavano i saldi previsti dal Ministro, mi sono documentato, e ho scoperto che in realtà, in caso di cessione di titoli di Stato la tassazione sarà al 20% come in generale per il capital gain. Volendo essere molto espliciti: i Bot e i Btp avranno l’ imposta al 12,5% se li si tiene fino alla scadenza, ma se sono venduti prima del tempo, si pagherà l’aliquota al 20%. Inoltre questa aliquota maggiore si pagherà anche sugli interessi che le obbligazioni pagano e sui dividendi erogati dalle azioni, andando quindi ad impattare non solo su chi negozia titoli, ma anche su chi li acquista e li mantiene per lunghi periodi di tempo.
A questo punto, i conti tornano, però è chiaro che l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie, non riguarda i grandi patrimoni e di certo non colpisce solo gli speculatori, ma anche i soliti noti.
Riceviamo e pubblichiamo Mario Pezzati