Archivio per Aprile 2011

07 aprile, Roma

postato il 6 Aprile 2011

Ore 11.30 -Palazzo dei Congressi (Piazzale J.F. Kennedy, 1)

 Interviene al 38° Congresso Nazionale Legacoop

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Quella strana attrazione leghista per le uniformi militari

postato il 4 Aprile 2011

Dopo la pagliacciata delle ronde, fallite miseramente perché respinte dalla stessa società civile, invece di perdere tempo con queste ’boutade’, il Carroccio pensi a governare e a sostenere seriamente le Forze dell’Ordine, che per colpa degli ingenti tagli del governo non hanno le risorse e i mezzi necessari per difendere i cittadini”. Questo il duro commento del Segretario Nazionale dell’Unione di Centro On. Lorenzo Cesa in merito alla Proposta di Legge n. 4174, primo firmatario l’on. Gidoni della Lega Nord, che propone l’istituzione del “Corpo dei volontari militari per la mobilitazione”, in buona sostanza una specie di milizia regionale con compiti di protezione civile e concorso al mantenimento dell’ordine pubblico.

La proposta di una forza paramilitare ad ordinamento regionale, in verità, fa parte della preistoria leghista in quanto il primo a parlare di regionalizzazione dell’Esercito mi pare sia stato il sen. Franco Rocchetta nel lontano 1992; da allora si sono succedute varie ipotesi di lavoro sullo stesso tema, dalla regionalizzazione del Corpo Forestale dello Stato, alla Guardia Nazionale Padana fino a giungere alle famigerate ronde. Lo stesso on. Gidoni qualche giorno addietro si era fatto promotore di una ulteriore iniziativa legislativa volta ad incentivare l’arruolamento dei giovani del nord Italia nelle Truppe Alpine, allo scopo di contrastare il fatto che “nei reparti alpini il personale proveniente dalle regioni settentrionali si attesta intorno al 9 per cento(virgolettato tratto dal resoconto dell’intervento in aula sul p.d.l.).

Tralasciando ogni altra considerazione in merito alla questione, mi pare il caso di segnalare il fatto che il proponente indichi quale motivo della sua iniziativa legislativa la scarsità di personale a disposizione per i compiti connessi con la gestione delle emergenze in senso lato; orbene, ciò è singolare se analizziamo i freddi numeri forniti dalle statistiche ufficiali dove si riporta come in Italia vi sia il più alto numero di appartenenti alle Forze di Polizia di tutta Europa, pari a ben 325.000 unità senza contare le forze di polizia ad ordinamento locale. Ad essi vanno aggiunti i circa 30.000 effettivi del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco ed i circa 190.000 uomini e donne delle tre Forze Armate fino a raggiungere un totale di circa 550.000 persone impiegate nei settori della sicurezza e difesa nazionale; quasi un addetto ogni 100 abitanti!

Di sicuro, gli appartenenti alle forze di polizia e forze armate gradirebbero che gli esponenti di questa maggioranza di governo dedicassero almeno parte delle loro energie a tentare di risolvere i molteplici problemi che affliggono il comparto sicurezza e difesa, in primo luogo la perdurante carenza di stanziamenti economici necessari all’espletamento dei livelli minimi di servizio. Una forte maggioranza di questo mezzo milione di donne ed uomini in uniforme ha dato fiducia alle ultime elezioni alle formazioni di centro-destra, fidandosi delle promesse che ad ogni piè sospinto venivano rivolte loro dai massimi rappresentanti di quella parte politica. Ora a questi servitori dello Stato non rimane che stringere i denti e continuare a fare, come sempre, il loro dovere ma con la certezza di essere stati ingannati e presi in giro con parole quali “specificità” che in realtà nascondevano tagli agli stipendi, penalizzazioni previdenziali e compressione dei diritti costituzionali.

Un’ultima preghiera: per non mortificare ulteriormente quanti ogni giorno mettono a repentaglio la loro vita per garantire la sicurezza degli altri cittadini, lasciamo perdere questa sottospecie di Milizia Volontaria per la Sicurezza … Regionale. Altrimenti, come scrive Metilparaben, finiremo alle milizie condominiali.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Roberto Dal Pan

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Lo slancio di Casini per governare Torino e l’Italia

postato il 4 Aprile 2011

Nella splendida cornice del teatro Carignano, gioiello sabaudo nel centro di Torino, l’UDC si è data appuntamento per tirare le somme della sua azione politica e sostenere il candidato del Polo per l’Italia al comune di Torino, il liberale Alberto Musy, espressione di quella viva e operosa società civile che in tempi migliori ha contribuito in modo determinante alla crescita del Paese. A Torino si riparte da lui, un avvocato, un professionista di quella borghesia cattolica, liberale e riformista che da Giolitti in poi ha operato in vista di quel “bene comune” che oggi sembra scomparso dal vocabolario concettuale della politica. Il volto giusto per il nostro progetto, le bandiere dei nostri partiti sventolano orgogliosamente ma il capofila è un uomo “senza tessera”, potremmo dire, l’ideale per una città che prima della forma bada alla sostanza.

Pier Ferdinando Casini ha voluto ribadire tutto questo nel suo appassionato intervento, spaziando dall’attualità politica nazionale, immigrazione in testa, al ruolo che il Nuovo Polo per l’Italia deve avere nelle amministrazioni, a partire da quelle metropolitane che andranno al voto a maggio. “L’alternativa, finalmente” è lo slogan semplice e azzeccato che caratterizza la campagna elettorale del nostro candidato ed è da questo slogan che hanno preso spunto i vari oratori che si sono alternati sul palco di un teatro Carignano affollatissimo di giovani, dirigenti e gente comune. Il senso di questa alternativa è stata ribadito dallo stesso Casini: il bipolarismo è sul viale del tramonto, Berlusconi le sue riforme le deve contrattare con i nuovi alleati, e così si vive alla giornata senza un disegno generale di robusto e convinto rilancio.

Dall’altra il Pd continua a non decidere il suo futuro: troppo debole da solo per affrancarsi da Di Pietro e troppo timido per concepire nuovi progetti per l’Italia, sfiancato al suo interno dalle varie correnti che ogni giorno demoliscono senza troppi complimenti la linea dettata dal segretario.

Casini ha poi inorgoglito tutta la platea quando ha ricordato che l’opposizione a Prodi come oggi quella a Berlusconi è la prova della lontananza dalle poltrone e dall’opportunismo che pervade la politica. Sulla scorta di questo passato, della dura lotta per difendere l’indipendenza dai “padroni del voto”, della battaglia per restituire ai cittadini il diritto a scegliersi i propri rappresentanti, possiamo dire con forza che destra e sinistra sono due facce della stessa medaglia mentre il progetto del Nuovo Polo è una breccia sul futuro, l’alternativa a questo stato di cose che non ha migliorato il Paese e, anzi, l’ha fatto regredire.

Bisogna cambiare, inutile star lì coi tatticismi dei leader di una volta, poco inclini alla chiarezza. Tatticismo, questa parola evocativa di un brutto modo di fare politica, che non deve assolutamente caratterizzare il Nuovo Polo. Casini lo ha affermato riferendosi al “convitato di pietra” del Terzo Polo, colui di cui si parla sempre, quello di cui si vocifera l’ingresso in politica: Luca Cordero di Montezemolo. Se decide di partecipare in prima persona, è il benvenuto, perché c’è bisogno di persone nuove e di spessore capaci di interpretare le istanze della società civile, ma è bene che  “dai politici non erediti il brutto vizio dei tatticismi”.

Sabato è stata l’occasione per tirare le somme, per confrontarsi con il presente, con i problemi di questa Italia, stufa di vedere il Parlamento inattivo ma pronto a legiferare per mettere in salvo il premier. Le priorità sono state sottolineate con forza: lavoro, famiglia, giustizia, provvedimenti che rispondono a precise esigenze della gente, lontana anni luce dai tempi e dalle forme della politica di oggi che non trova di meglio da fare che scontrarsi in aula.

Si è respirata aria di grande entusiasmo, il progetto va avanti. A Torino è stata messa in campo una valida candidatura che rappresenta appieno la voglia di nuovo, la voglia di interpretare il cambiamento. E il successo si coglie facilmente: tra gli intervenuti spiccava un nuovo arrivo, il deputato Marco Calgaro che aderisce all’UDC.

Lo slancio dato dal discorso di Casini è un incoraggiamento a procedere su questa strada, non dimenticando mai che l’imperativo è distinguersi, interpretare il buonsenso e la responsabilità e stare saldamente ancorati alla realtà, ai problemi di tutti i giorni, concedendoci qualche piccola grande ambizione: governare questo Paese.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Stefano Barbero

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Rassegna stampa, 4 aprile 2011

postato il 4 Aprile 2011
Momento di grande confusione nel Paese. Tre i fronti caldi: il primo, quello del Maghreb; il secondo, il caos in Parlamento e al Governo; il terzo, l’eterna questione della giustizia. Sul primo punto, Berlusconi e Maroni sono stati oggi a Tunisi, assicurando di aver trovato un accordo con il governo locali (fonti del luogo, però, sembrano smentire); sul secondo, il premier cerca di riportare l’ordine nella propria compagine, ma si scontra con Bossi (leggete Galli della Loggia sul Corriere e l’intervista a Quaglierello sul Tempo) e Tremonti (Giannini su La Repubblica); sul terzo, infine, imperdibile il dossier de La Stampa sulla settimana di fuoco che aspetta al varco Berlusconi. Chi vivrà, vedrà.

Immigrati, Berlusconi e Maroni a Tunisi. Premier preoccupato per la linea leghista (Marco Galluzzo, Corriere della Sera)

Giusto salvare il Dittatore? Per l’Occidente il rebus dell’esilio (Antonio Cassese, La Repubblica)

Cacciari: «Montezemolo prepara una lista. Aspetta di sapere quando si vota» (Corriere della Sera)

Berlusconi rilancia: “Troppi poteri, governo impotente” (Amedeo La Mattina, La Stampa)

Il nuovo affondo del Cavaliere: “I giudici sono un contropotere” (Andrea Montanari, La Repubblica)

Dossier – La settimana di fuoco del Cavaliere segnata dal processo Ruby (Paolo Colonnello, La Stampa)

Mattia Feltri – L’Aquila, il tempo si è fermato a due anni fa (Mattia Feltri, La Stampa)

Il Colle s’impunta: niente fiducia sulla giustizia (Massimiliano Scafi, Il Giornale)

Quagliariello: «Bossi, basta furbate. Ci giochiamo il governo» (Fabrizio Dell’Orefice, Il Tempo)

“Nessuna nostalgia dell’Iri ma ci servono grandi aziende”. L’ultima trincea di Tremonti (Massimo Giannini, La Repubblica)

Alberoni – La lezione dimenticata dell’Impero romano (Francesco Alberoni, Corriere della Sera)

Galli della Loggia – Lega di lotta, non di governo (Ernesto Galli della Loggia, Corriere della Sera)

Severgnini – Il record (amaro) dell’invasione mediatica (Beppe Severgnini, Corriere della Sera)

Diamanti – Il Cavaliere ipercinetico (Ilvo Diamanti, La Repubblica)

Barometro – Le difficoltà del Pdl trampolino di lancio per il Carroccio (Lina Palmerini, Sole24Ore)

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La diversità, vera ricchezza delle donne

postato il 2 Aprile 2011

“Non rinunciate a nulla, neppure a una briciola della vostra identità femminile, del vostro amore per i bambini, della vostra cura per i malati, della vostra gentilezza, del vostro dominio su voi stesse, della vostra fedeltà alla coscienza e al senso del dovere, perché la politica ha un enorme bisogno di tutte queste cose”.
Nel leggere queste parole di Millicent Garrett Fawcett mi stupisco di quanto queste parole siano attuali. Eppure sono state scritte nel 1894 da una suffragetta, ai tempi in cui le donne non avevano neppure il diritto di voto. Da quel tempo molte cose sono cambiate, e adesso le donne possono finalmente dire di aver raggiunto una piena parità di diritti nel lavoro e nella politica. Ma ne siamo davvero sicuri? E soprattutto, a quale prezzo?
Di sicuro oggi una donna può studiare in qualsiasi campo, può aspirare ad una ottima carriera lavorativa, può impegnarsi in politica, può addirittura fare il soldato. Ma allora come mai ancora troppe donne occupano i vertici delle aziende o ricoprono importanti incarichi pubblici, nonostante le statistiche indichino che le donne a scuola e all’università conseguono risultati migliori degli uomini?
Credo che la risposta sia da ricercare nella frase che ho ricordato. Noi donne abbiamo lottato e ottenuto di poterci affermare nel lavoro e nella politica, ma credo che nel farlo abbiamo dimenticato chi siamo realmente. Ci siamo trasformate in quegli “uomini mancati” di cui parlava Rousseau quando diceva: «educate le donne come gli uomini e quanto più rassomiglieranno al nostro sesso, tanto minore sarà il potere che avranno su di noi». Se ci pensate, noi facciamo tutto quello che fanno gli uomini, abbiamo gli stessi orari di lavoro, perseguiamo gli stessi obiettivi e manteniamo gli stessi ritmi. Con la colossale differenza che noi, a differenza loro, torniamo a casa la sera tardi, stremate, col pensiero di: frigo da riempire, bambini da andare a ritirare (manco fossero pacchi postali!), cena da preparare, camicie da stirare (poche di noi hanno chi gliele stira), casa da rendere presentabile (pulire è una parola grossa!), genitori anziani di cui quantomeno interessarsi, compiti dei bambini da controllare… E la lista potrebbe essere infinita. Ovvio che, con questi ritmi, poche riescono ad affermarsi e sempre troppe devono scegliere fra carriera e famiglia. Una volta laureate, passiamo un’eternità fra un contratto a progetto e l’altro, senza diritti, pagate con stipendi da fame; comprare casa è un’utopia, fare un figlio poi, ma siete matti? Con la lettera di dimissione in bianco firmata da noi e pronta all’uso nel cassetto del capo? E anche chi ha avuto la fortuna di non arrivare a questi eccessi (tutt’altro che rari), credete che una volta incominciata la gravidanza si vedrà rinnovato il contratto? E quelle mosche bianche che hanno un contratto a tempo indeterminato, come faranno a produrre quanto o più di prima, con quel che costano gli asili nido (quelli aziendali sono molto spesso un’utopia e in quelli comunali non c’è mai posto) e con tutti gli imprevisti che possono portare una mamma ad allontanarsi da lavoro? Ci sforziamo di ricoprire un ruolo che non è tagliato sulla nostra pelle, quello della macchina da lavoro che non guarda il cuore dei propri dipendenti o le sue esigenze, ma che pretende produttività, quasi fossero macchine inanimate, e che fino a sera tardi resta in ufficio perché quella è la sua unica preoccupazione. Ma noi siamo questo? Io dico di no. Le donne in politica finora non ci aiutano molto: se qualcuna solleva il problema delle lavoratrici madri, portando in parlamento la sua neonata, da un’altra ci si sente addirittura dire che quei tre mesi in cui ci viene concesso di costruire un rapporto con nostro figlio appena nato (e qualunque mamma sa che tre mesi non sono nulla) sono un privilegio e che una donna deve saper fare dei sacrifici (come se non ne facessimo abbastanza…)
E perché tutto questo? Perché le nostre madri, che per i nostri diritti hanno lottato, ci hanno insegnato la contrapposizione con gli uomini, ai quali dovevamo dimostrare a tutti i costi di essere migliori di loro; ci hanno fatto credere che la parità fosse essere uguali agli uomini, fare tutto ciò che prima facevano gli uomini, nello stesso modo. Ma noi non siamo uguali e neppure migliori o peggiori, noi siamo diverse. Non siamo uomini, siamo donne.
A questa affermazione di Rousseau Mary Wollstonecraft rispondeva : “io non mi auguro che (le donne) abbiano potere sugli uomini, ma su se stesse.” La natura ci ha creato differenti dagli uomini e questa differenza la urla il nostro corpo innanzitutto, ma anche la nostra anima. Noi siamo fatte di sentimenti, di gentilezze, di maternità, di comprensione che non ha bisogno di parole. La maternità, vissuta o potenziale, è scritta nel nostro Dna, e allora perché ce ne siamo dimenticate? Perché non ci ribelliamo a un sistema che vuole che ci si vergogni di voler crescere i propri figli ma non per questo rinunciare alla realizzazione lavorativa? Perché le donne che ci hanno preceduto si sono battute per l’aborto e per il divorzio ma non si sono battute in una società dove hai il tempo per la condivisione con tuo marito e dove una gravidanza non viene accolta con angoscia? Perché le donne che ci rappresentano oggi non costruiscono un mondo dove le donne riescono a essere presenti nella vita dei propri figli senza rischiare il posto di lavoro?
Noi siamo diverse, e dobbiamo con tutte le nostre forze far si che il nostro essere donne debba costituire un punto di forza per la società, e non un impiccio contro la produttività. A chi dice il contrario, ricordo che i nostri figli che crescono senza dei genitori per quasi tutto il giorno, e quindi senza regole e senza l’amore e il punto di riferimento che solo i genitori sanno dare, saranno i cittadini di domani; un paese che non cresce, perché le donne non ce la fanno a mettere al mondo dei figli, è un paese destinato a morire.
Se noi donne non smettiamo di demandare agli uomini la tutela delle nostre esigenze e non iniziamo noi a costruire un mondo che tenga conto della nostro essere, ne gioverà negativamente tutta la società. La politica e l’Italia in generale ha bisogno di donne vere, che vivano il proprio essere donna come una ricchezza da tutelare e valorizzare per il bene di tutti.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Maria Pina Cuccaru

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Serve chiarezza non si può giocare sulle spalle degli italiani

postato il 2 Aprile 2011

Con la demagogia della Lega avremo sempre più clandestini

Chi si era illuso che con la Lega al governo i clandestini non sarebbero arrivati vede che si tratta di un problema biblico che non si attenua perché al governo ci sta tizio o Caio. Con la demagogia, con le chiacchiere e la baggianate come le ronde, ci troveremo sempre più clandestini.
Ora aspettiamo che martedì, in Parlamento, il ministro Maroni ci dica luoghi, dislocazioni e numeri visto che finora abbiamo sentito solo chiacchiere e cose confuse. Quel che è certo è che non si possono fare i giochi delle tre carte sulle spalle degli italiani. I sacrifici, se ci sono, vanno ripartiti equamente tra tutti e bisogna soprattutto che le cose avvengano con chiarezza e trasparenza. Bisogna fare è rimandare a casa i clandestini ed accogliere i rifugiati. Non ci sono alternative.

Pier Ferdinando

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Immigrati, governo non sa coinvolgere l’Europa

postato il 1 Aprile 2011

Abbiamo un governo che non sa coinvolgere l’Europa nella vicenda immigrati. Un governo che non sa distinguere tra profughi e clandestini, e che non sa che clandestini e profughi portati nei centri di accoglienza il giorno dopo saltano la rete e vanno via, proseguendo il loro esodo.

Pier Ferdinando

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