postato il 26 Ottobre 2012 | in "Politica"

“Il Pdl ora non ha più alibi, scelga tra il populismo e Monti”


Pubblichiamo da ‘Il Messaggero’ l’intervista a Pier Ferdinando Casini

di Alberto Gentili

Onorevole Casini, lei ha sempre detto: via Berlusconi e uniamo i moderati. Perché adesso dice che non rinuncia alla Lista per l’Italia e non si alleerà con il Pdl?
«Ho sempre detto che la premessa di ogni dialogo produttivo tra moderati fosse che chi li aveva divisi si facesse da parte. Non ne ho mai fatto un problema personale con Berlusconi, ho sempre sollevato una questione politica. Oggi la strada è aperta a un confronto serio sui contenuti. Ma populismo e promesse fiscali non fanno parte del codice genetico di un popolarismo europeo che rifiuta la demagogia e si pone il problema della responsabilità e del governo del Paese. Spero che al centro delle primarie del Pdl ci sia una risposta chiara e netta su questi punti. Faccio degli esempi: sul federalismo pensano che la strada imboccata fosse quella giusta? Sul tema della giustizia non c’è nessuna autocritica da fare? Ecco, questi sono i nodi importati che il Pdl dovrà sciogliere davanti agli italiani. E noi certamente non saremo indifferenti a come verranno sciolti. Per essere ancora più chiaro: sono loro a non avere più alibi. Fino a ieri dietro a Berlusconi si nascondevano tutti. Ora quale politica farà il Pdl? Quale rapporto avrà con il governo Monti?».

Il chiarimento, diceva, arriverà dalle primarie.
«Già. Ma le primarie sembrano anche un tentativo disperato di arrestare il tempo. Non demonizzo le primarie, sono pur sempre uno strumento di democrazia, noto però una contraddizione: cosa rappresentava l’epoca del berlusconismo? L’idea dell’uomo solo al comando e del plebiscitarismo? Oggi che è finita quell’epoca, cosa significa la legittimazione dei gazebo? Sembra quasi che il rito salvifico delle primarie serva per lasciare le cose com’erano».

Però riconosce che per il Pdl e il Pd sono un modo per sanare le contraddizioni interne.

«E’ vero. Ma ho la preoccupazione che questo gioco delle primarie nasconda una realtà di forte divisione. Delle primarie hanno bisogno partiti profondamente divisi. Ne ha bisogno il Pd che vede un abisso tra Renzi e Vendola. Ne ha bisogno il Pdl, in quanto tra i populismo della Santanché e il raziocinio di Alfano c’è di mezzo un mare. Noi abbiamo una politica e non abbiamo bisogno delle primarie perché sappiamo bene qual è la nostra strada, non dobbiamo sciogliere equivoci. In tutti questi anni abbiamo rifiutato sia la deriva del populismo di sinistra, sia quella del populismo di destra. Adesso diciamo: dobbiamo continuare sulla strada intrapresa da Monti. E sono gli altri che con le loro primarie devono sciogliere i nodi. Poi, come dicevo, non saremo indifferenti a come verranno sciolti».

Sta dicendo che se Alfano vincerà le primarie il dialogo con il Pdl potrebbe decollare
«Abbiamo sempre dialogato con il Pdl che, insieme al Pd, è con noi al governo del Paese. Ho sempre detto che servirebbe un incontro tra progressisti e moderati. E temo che i risultati delle elezioni siciliane confermeranno questa mia valutazione: quando Grillo si avvicina al 20%, possibilità per governi di parte che non siano imperniati sulla responsabilità saranno scarse».

Bersani ha appena detto «che non c’è spazio per un Monti-bis sostenuto da maggioranze spurie».

«Ho la sensazioni che queste siano esibizioni muscolari: quando si arriverà al gioco della realtà, la realtà imporrà governi di Grande coalizione frutto di uno sforzo europeo tra la famiglia del Ppe e del Pse».

Senza rinunciare alla Lista per l’Italia.
«La Lista per l’Italia è un presupposto. Se altri vorranno concorrere a questo tentativo non saremo impermeabili. Ma sono gli altri che dovranno concorrere. Chiedere a noi di arruolarci nel Pdl a tempo scaduto è qualcosa che, francamente, suona un po’ umoristica».

L’accuseranno di essere come il topolino che dice agli elefanti: seguitemi.
«Non si tratta di seguire me. Si tratta di costruire una Cosa Nuova in cui ciascuna delle forze politiche tradizionali sarà chiamata a compiere un forte ripensamento di se stessa. Questa è una politica che comporterà dei sacrifici anche per l’Udc. La nostra è una proposta aperta cui tutti sono chiamati a contribuire con realismo, chiamando le espressioni della società civile, del mondo del volontariato, le personalità impegnate nel governo Monti. Nessuno ha l’esclusiva o il copyright. Tanto meno io. Però un conto è creare una cosa nuova, un altro è chiedere all’Udc di associare il suoi destini al Pdl. Grazie, abbiamo già dato».

Non sarà che punta allo smembramento del Pdl? La nascita di un partito di destra, dei La Russa e delle Meloni farebbe chiarezza?
«Questa risposta non la devo dare io, la deve dare il Pdl. Chi guiderà quel partito dopo la lunga monarchia berlusconiana dovrà dire cosa vuole fare. Poi, certamente, tutto ciò che porterà chiarezza avvicinerà la possibilità di una Lista per l’Italia consistente ed omogenea. L’idea del centrodestra per come l’abbiamo conosciuta in questi anni, in cui si alternava la responsabilità al populismo, le ronde leghiste al riformismo moderato, le vocazioni maggioritarie alle impostazioni proporzionalistiche, ha fallito. Dovevano fare la rivoluzione liberale e non l’hanno prodotta. Non chiedo ad Alfano di compiere abiure, ho rispetto degli altri. E’ giusto che ognuno sia orgoglioso della propria identità e del proprio passato. Ma un po’ di autocritica ci vuole. Mi auguro che nei prossimi mesi, che saranno mesi durissimi, si possa determinare quello che manca alla politica italiana: una vera novità. Al momento in cui dovremo presentare le liste elettorali ci dovrà essere una Lista per l’Italia capace di continuare il lavoro di Monti e che conservi la credibilità internazionale guadagnata negli ultimi mesi. Stiamo parlando di un governo che per la prima volta dice: riduciamo le Province, tagliamo i tribunali, combattiamo l’evasione fiscale. Tutti messaggi di serietà».

E lei dice che la realtà, dopo le elezioni, imporrà la Grande coalizione.
«Sì, perché purtroppo non sarà una realtà di rose e fiori. Ed esige serietà di proposte e di comportamenti. Ciascuno dovrà portare il proprio contributo. Nel mese di novembre presenterò un mio contributo imperniato sui contenuti che secondo me dovranno essere al centro del programma politico dei popolari e dei moderati. Spero che questi contenuti possano sommarsi a quelli portati da altri».

Ma Montezemolo è in campo o no?

«La mia posizione non è delle più facili. Se chiedo a qualcuno di impegnarsi direttamente in politica sembra che lo voglia strumentalizzare, se prendo atto che non partecipa sembra che me ne voglia liberare. Sono rispettoso: penso che ci siano tante persone che possano dire la loro e che la possano dire se non c’è spocchia, se c’è rispetto reciproco, se c’è la convinzione di poter partecipare venendo ascoltati. Purtroppo qui non c’è solo la crisi della politica, c’è la crisi di legittimità della classe dirigente di questo Paese. C’è quindi bisogno che con molta umiltà, a partire da noi, ciascuno si metta in campo. Se ha amore per l’Italia lo farà, poi la forma e il modo ognuno lo deciderà liberamente».


E chi sarà il leader della Lista per l’Italia? Lei o Montezemolo?

«E’ così forte la semina berlusconiana che continua l’attesa dell’uomo della provvidenza. Non ce n’è bisogno. A forza di uomini della provvidenza siamo ridotti come siamo ridotti. C’è bisogno invece di un collettivo di persone che faccia delle cose serie per il bene dell’Italia».

Torniamo al dopo elezioni. Monti ha appena detto di non ritenersi indispensabile. «I cimiteri sono pieni di persone che si ritenevano indispensabili. Quindi è un atto di intelligenza di Monti aver detto di non ritenersi tale. Detto questo, c’è qualcuno più indispensabile di altri. Penso che il Paese debba chiedersi se affidare il governo a Vendola, Alfano, Renzi o Bersani, oppure se è meglio lasciarlo nelle mani di Monti. Io personalmente ho un’idea molto chiara su questo».

Dopo le elezioni dovrà però essere un governo Monti politico, con ministri politici. O no?
«E’ chiaro che chi sopravviverà al bagno salvifico delle elezioni si dovrà assumere le proprie responsabilità».

Teme davvero un forte impatto di Grillo?
«Ci sarà. Ma se vogliamo essere più sicuri, basta aspettare lunedì i risultati siciliani. Dove la vera questione non sarà tanto chi vince, ma quanto sarà cresciuto l’astensionismo e quanti voti prenderà il Movimento 5 stelle».

Sulla legge di stabilità i partiti hanno alzato la voce e il più duro è stato Bersani. Crede che il suo atteggiamento sia viziato dalla campagna elettorale?
«Non penso. Bersani è stato costruttivo con Monti quanto lo siamo stati noi. In quella legge ci sono incongruenze che vanno corrette: si voleva alleggerire la pressione fiscale, ma lo si è fatto in modo tale da penalizzare le famiglie monoreddito con figli. Ci vuole più equità. Ed evitiamo di prendercela con le pensioni di guerra o le cooperative sociali: è autolesionismo».

Dunque, no all’aumento dell’Iva e no al taglio delle detrazioni, sì a uno sgravio per le famiglie con figli?
«Esattamente. Va poi riordinato l’Irpef e vanno riordinati i contributi alle imprese secondo il rapporto Giavazzi. I tecnici stanno facendo un buon lavoro, ma quando sbagliano se la politica gli evita degli scivoloni non fa male. Come ho detto: montismo non vuoi dire mutismo».

Secondo lei si andrà a votare con questa legge elettorale?
«Se questo fosse l’epilogo vorrebbe dire che la politica si vuole suicidare. Penso e spero che la riforma del Senato vada avanti. E’ al Pd vorrei sommessamente dire che circa il 70% degli italiani è per le preferenze: non liquidiamole così sommariamente».



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