postato il 27 Maggio 2012 | in "Esteri"

Discorso in omaggio al Presidente Patricio Aylwin

Cari amici, Caro Presidente,

siamo qui oggi riuniti per omaggiare e festeggiare la figura del Presidente Patricio Aylwin, illustre esponente della democrazia cristiana cilena nonché primo presidente democraticamente eletto dopo la dittatura di Augusto Pinochet terminata nel 1990.

Sappiamo, soprattutto noi che operiamo nell’incerto e complicato scenario politico, quanto la storia spesso ci detti i parametri all’interno dei quali siamo costretti a muoverci con coscienza, senso di responsabilità e lungimiranza. Nel caso del Presidente Aylwin, tuttavia, possiamo affermare con certezza che la sua azione politica guidata dalla dignità delle idee e dalla maturità politica di chi agisce in tempi di transizione e di ricostruzione del tessuto di un paese ha essa stessa segnato la storia non solo del Cile ma dell’intero continente latino-americano in modo indelebile.  

I quattro anni del governo guidato da Patricio Aylwin – dal 1990 al 1994 – furono prontamente ribattezzati gli “anni della transizione democratica” ed è facile comprendere come dopo 17 lunghi e dolorosi anni di dittatura militare l’operato di ricostruzione politica, sociale ed economica fosse un percorso non solo desiderabile dalla maggioranza dei cileni, ma anche e soprattutto uno sviluppo che richiedeva un’attenta e saggia gestione da parte del capo del governo.

Il Presidente Aylwin riuscì magistralmente in questa difficile e tortuosa operazione di riappacificazione nazionale e la sua azione fu efficace su molteplici fronti.

Voglio quindi ricordare brevemente le cinque azioni di governo più significative per illustrare la saggezza politica e la visione strategica con cui Aylwin traghettò il Cile fuori dall’isolamento politico e dentro il concerto delle maggiori democrazie popolari nel mondo.

1) la “Riconciliazione Nazionale” come punto di partenza per ricucire il tessuto sociale ormai smembrato del paese e dare nuovamente un senso di giustizia e verità al popolo cileno. Non dobbiamo dimenticare che tra il 1973 ed il 1990 la commissione per la rappacificazione nazionale  – la commissione Rettig – certificò ben 2.279 vittime di gravi violazioni dei diritti umani in Cile. Perché se è vero – come scrisse Montesquieu – che “giustizia ritardata è giustizia negata”, allora comprendiamo la priorità di Aylwin a favore della necessaria riconciliazione nazionale.

2) la “Democratizzazione Istituzionale” come processo obbligato per garantire la continuità istituzionale da una parte, ma anche il riallineamento delle istituzioni alla volontà e al suffragio popolare per troppo tempo negato. E sebbene non tutte le riforme istituzionali furono attuate in tempi rapidi anche a causa dell’ostruzionismo delle forze dell’opposizione, il governo di Aylwin poté fregiarsi del ripristino del suffragio popolare diretto nell’elezione dei municipi e dei sindaci già dal 1992.

3) la fase della “Crescita Economica” fu una fase delicata che, a fronte del modello economico imposto dalla giunta militare di Pinochet, oppose il modello della giustizia sociale e della ridistribuzione delle ricchezze a tutte le forze sociali del paese. In tal modo si permise a più di 1 milione di cileni di emergere dalla povertà, e al paese complessivamente di crescere ad un tasso medio annuale del 7% attraendo investimenti stranieri che per troppo tempo avevo disertato il Cile e aprendo al fondamentale contributo del settore privato nella creazione di ricchezza nazionale.

4) la promozione della “Giustizia Sociale” fu l’altra grande sfida affrontata con determinazione e coraggio dal grande statista cileno. D’accordo con i principi fondanti della dottrina sociale della Chiesa cattolica, anche il governo guidato da Aylwin non ha mai smesso di porre in evidenza l’importanza della giustizia distributiva e della giustizia sociale per la stessa economia di mercato, non solo perché inserita nelle maglie di un contesto sociale e politico più vasto – come afferma anche l’eciclica “Centesimus Annus” di Papa Giovanni Paolo II – ma anche per la trama delle relazioni in cui essa stessa si realizza. Come disse lo stesso Presidente durante il suo discorso pronunciato dai balconi del Palazzo della Moneda quel famoso 11 marzo del 1990, “per compiere pienamente il desiderio di ricostruzione della nostra patria non basta la Libertà, ma servono anche Giustizia e Solidarietà!”

5) per ultimo, ma non meno importante, la “Riabilitazione Internazionale” segnò l’impegno convinto di Aylwin per inserire nuovamente e pienamente il Cile nell’alveo delle potenze democratiche internazionali. Dopo il lungo isolamento sofferto sotto la dittatura militare, il Cile tornò poco a poco alla normalizzazione mediante l’apertura delle relazioni diplomatiche, l’inserimento all’interno dell’APEC e alla chiusura di importanti accordi commerciali e di libero scambio sia con i partner latino americani – Messico in testa – che con gli Stati Uniti e l’Europa.

Il Cile scaturito dunque dalla ricostruzione democratica e dalla rinascita economica doveva, nella prospettiva politica e culturale di Aylwin, adeguare la propria legislazione alla condizione di società “giusta” e valorizzare nuovamente la dignità della persona, nella sempre più compiuta applicazione dei principi sanciti dalla nuova Costituzione e dai valori della rinata democrazia cristiana cilena.

In quanto Presidente dell’Internazionale di Centro (IDC), ritengo che il Presidente Aylwin abbia operato con grande senso di responsabilità e soprattutto con alla base un forte “senso dello stato” che ne fanno uno dei maggiori statisti del continente latino-americano, sia di ieri che di oggi. Egli seppe guidare la sua nazione conciliandone lo spirito ferito e profondamente diviso, traghettando il Cile verso la modernità, verso un futuro di pace e di stabilità che ancora oggi porta la sua indelebile impronta.

Dunque, rinnovamento giuridico e costituzionale dell’assetto dello stato, ma anche profonda riconciliazione sociale e solidarietà per la ricostruzione economica e sociale del paese: in questo binomio è la chiave per comprendere le linee di pensiero e di azione del padre del Cile moderno negli anni delle sue alte e certamente difficili responsabilità di governo. E vale la pena rileggere un passo del suo famoso discorso sulla “transizione democratica” pronunciato nel 1990. Cito testualmente: “Dalla serietà e dall’efficacia con cui sapremo affrontare questo compromesso storico deriverà la nostra capacità per dare soluzioni ai problemi di tutti i cittadini cileni e per ricostruire una patria che possa essere “giusta” e al contempo aperta a tutti.”

Se si pensa al periodo nel quale queste parole sono state pronunciate, risulta evidente la sua lungimiranza, la sua saggezza e la sua dedizione per il bene del paese.

Oggi viviamo una fase di grande disorientamento, la crisi economocia e sociale determina nuove povertà. Cresce il populismo. Sono convinto che l’unico antidoto all’antipolitica é la buona politica. Se é vero come scriveva il grade statista italiano, Alcide De Gasperi, che “la politica vuol dire realizzare“, ecco allora che invito tutti i presenti ad unirsi a me nel dedicare queste parole al Presidente Aylwin che come vero statista ha costruito e realizzato per le generazioni future in Cile.

Patricio Aylwin appartiene non solo alla sua famiglia politica, al suo partito ma alla famiglia democratica di questo Paese e del mondo. A lui l’omaggio deferente e sincero di tutti i democratici cristiani del mondo.

Pier Ferdinando Casini – Presidente IDC

Santiago del Cile, 25 maggio ’12

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anna giunchi
11 anni fa

I 5 punti di azione potrebbero servire anche per la nostra politica, pur con passato differente. Il confronto fra differenti nazioni serve sempre…



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