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Il mercato immobiliare: sale o scende?

postato il 21 Luglio 2010

di Gaspare Compagno

Nomisma e Tecnocasa, sostengono che il mercato immobiliare stia anticipando la ripresa economica. Anche se il mercato immobiliare risulta ingessato, con i prezzi di vendita in calo di circa un punto percentuale nel primo semestre 2010 rispetto all’analogo periodo del 2009 (mentre l’affitto risulta in discesa di circa l’1,5-2%), l’offerta nel mercato residenziale è in forte crescita. Ma è davvero così?

Ci permettiamo di nutrire qualche dubbio: per gli operatori, dall’inizio della crisi, i prezzi di vendita hanno perso il 5% del valore nominale, mentre i canoni di locazione accusano una flessione di circa il 7%; in realtà, queste sono le variazioni nominali, mentre se andiamo a guardare ai valori reali, osserviamo che i livelli sono tornati quelli di circa 5 anni fa, una perdita secca (considerando la sola inflazione) per i costruttori e le società di real estate, nonostante l’ottimismo di Nomisma che rileva come la flessione dei prezzi si stia riducendo.

Ma questo ottimismo è giustificato? Citiamo “Il Sole 24 ore” che dice: “Le flessioni dei prezzi della prima metà del 2010 sono le più contenute dell’ultimo biennio, il che prefigura un percorso di ripresa lento e graduale che non porterà aumenti nei valori prima del 2011. Questo dice Nomisma, come peraltro aveva detto l’ufficio studi Tecnocasa due giorni fa. Quindi è probabile che ciò avvenga”.

Sarebbe stupendo se, nello stesso articolo, il quotidiano non dicesse testualmente “ questo il dato che tutti i proprietari e i potenziali acquirenti di abitazioni si attendevano dall’odierna presentazione del rapporto semestrale”.

Notata la dicitura? “Il dato che tutti si attendevano”. Questa attesa, potrebbe avere involontariamente condizionato le rilevazioni, nonostante la comprovata serietà e professionalità di Nomisma e Tecnocasa?

Per avere una visione oggettiva e completa dobbiamo analizzare meglio i dati forniti e andare a vedere non in base ai valori nominali, ma ai valori reali.

Allora osserviamo che, se è vero che il calo dei prezzi è stato dell’1% a livello semestrale, a livello annuale la diminuzione diventa pari al -2,6%; le transazioni invece sono molto basse rispetto ai livelli precrisi: si parla di circa il 30% in meno rispetto al 2007.

Ma la cosa che maggiormente ci spinge a riflettere è che Nomisma, nel suo rapporto, parla esplicitamente di “sconti”. Dice infatti che “Una nota parzialmente positiva viene dal fatto che gli sconti sui prezzi hanno segnato la prima lieve riduzione, attestandosi mediamente al 13% per le case”. Flessione che viene dopo vari semestri di cali continui.

Cosa significa? Significa che in realtà, il venditore, non accusa una flessione dell’1%, ma di almeno il 13% se è disposto a concedere questa percentuale come sconto medio, perchè per concedere questa diminuzione del prezzo, la motivazione è una fondata paura di non riuscire a vendere.
E questo pone degli interrogativi inquietanti sulla tenuta finanziaria di assicurazioni, fondi di real estate e banche che finanziano i costruttori.

Similarmente, anche il mercato della locazione ha dei problemi: la flessione degli affitti vede una riduzione del 10% del canone di locazione su base reale, ma siccome la flessione è stata leggermente inferiore alla flessione dei prezzi di vendita, il rendimento della locazione per il proprietario si è riuscito a mantenere intorno al 4,8%.

Anche Tecnocasa finge ottimismo, ma in realtà dipinge un mercato non proprio idilliaco per i costruttori, infatti apertamente parla del rischio del credit crunch, ovvero la restrizione del credito operata dalle banche, che potrebbe condizionare pesantemente le vendite delle case. L’ottimismo di Tecnocasa si fonda tutto sui bassi tassi di interesse dei mutui che, secondo loro, dovrebbero incoraggiare gli acquirenti. Personalmente credo che sia una visione troppo positiva se, come invece afferma Nomisma, aumenta l’acquisto di immobili con capitale proprio (totale del 30% delle compravendite) perchè per le famiglie è difficile ricorrere al mutuo bancario.

E questa visione, non proprio ottimistica, la si percepisce se si si va a leggere quanto dichiarato da Assoedilizia, ovvero che per una ripresa del mercato immobiliare nazionale bisognerà attendere almeno 2-3 anni e che bisogna assolutamente introdurre la cedolare secca per gli affitti (come tra l’altro proposto dall’UDC). Questa affermazione di Assoedilizia è confermata da Antonio Pastore, Presidente di Borsa Immobiliare e da Lionella Maggi, presidentessa della Fimaa (Federazione Italiana Mediatori Agenti d’Affari).

Proprio per questo motivo, è lecito nutrire qualche dubbio verso il facile ottimismo presentato da Nomisma e Tecnocasa. Questi sembrano dipingere un settore pronto a decollare e popolato da famiglie che sembrano non avere problemi a comprare casa, una realtà molto diversa da quella disegnata oggi dalla Svimez, che parla chiaramente di impoverimento delle famiglie italiane, e dall’ISTAT.

3 Commenti

Cedolare secca sugli affitti per sostenere le famiglie

postato il 8 Luglio 2010

di Gaspare Compagno

Tra i vari emendamenti presentati dall’UDC a questa finanziaria, trovo molto interessante quello dedicato agli affitti che prevede una imposta secca del 20% sui canoni d’affitto.
Tale emendamento va a riguardare una voce molto importante per le famiglie, senza favorire le speculazioni: vengono infatti esclusi i grossi patrimoni immobiliari, le società immobiliari e di costruzioni, favorendo invece le famiglie e i soggetti più deboli. Ovviamente questa norma dovrebbe essere valida per tutti gli affitti posti in essere dai piccoli proprietari di case e non solo per i canoni concordati, altrimenti sarebbe una operazione solo di facciata.
La volontà dell’UDC è quella di realizzare un intervento molto più ampio e organico applicabile a tutti i piccoli proprietari, perché se così non fosse, i risultati sarebbero molto blandi: non inciderebbe significativamente sulla nostra economia e sul PIL, come provvedimento anticiclico di una qualche rilevanza, non produrrebbe effetto di rilievo a livello di calmieramento degli affitti, non produrrebbe un sostanziale recupero di evasione nel settore delle locazioni, favorirebbe le sacche di privilegio che si annidano in quel comparto.
L’UDC, invece, volendo combattere gli affitti in nero e l’elusione fiscale legata ai contratti registrati regolarmente, ma che prevedono un canone di affitto più basso di quello reale e volendo stimolare l’economia, propone un emendamento applicabile anche ai canoni non agevolati.
Perché viene proposto ciò? Attualmente, se una persona ha una casa di proprietà e la concede in affitto, il canone viene iscritto nell’IRPEF, e spesso questo comporta il passaggio a scaglioni irpef più alti. Da qui discende quindi il comportamento illegale di cui sopra, e una spinta al rialzo degli affitti, che ormai incidono eccessivamente sul reddito familiare.
La soluzione quale sarebbe? Se fossimo in un paese con una capacità di spesa elevata, potremmo chiedere e pianificare degli interventi di edilizia pubblica, magari ristrutturando gli immobili di proprietà dello Stato e non utilizzati, per poi concederli a canone bloccato alle famiglie bisognose.
Siccome, l’Italia, anche per colpa di manovre economiche votate solo a tagliare le spese e non alla crescita, non può finanziare simili programmi, ecco che l’UDC propone di togliere dall’IRPEF il canone di affitto, e sostituirlo con una cedolare secca del 20%, si verrebbe così incontro alle esigenze dei piccoli proprietari (stiamo parlando di famiglie che magari hanno una seconda casa e l’affittano per avere una piccola entrata extra), sia da parte degli affittuari.
Spieghiamo più approfonditamente il meccanismo: la norma dovrebbe prevedere che il pagamento del corrispettivo derivante dal contratto di locazione o dal contratto di affitto, stipulati tra soggetti privati, sia eseguito per tramite di un Istituto di credito o di Poste Italiane spa che effettuano, sull’ ammontare complessivo del corrispettivo incassato, una ritenuta a titolo di imposta, pari ad una certa percentuale dello stesso.
Grande potrebbe rivelarsi la portata anticiclica della norma: perché anzitutto l’ intermediazione del soggetto sostituto d’ imposta comporterebbe l’ emersione del sommerso. Inoltre, l’ aliquota bassa e la tassazione separata del reddito immobiliare promuoverebbero il rilancio della locazione e degli investimenti nel settore. Va aggiunto che il sistema della ritenuta a titolo di imposta avrebbe come conseguenza una razionalizzazione ed un notevole risparmio per l’ erario in termini di gestione degli uffici, perché si stima che potrebbero eliminarsi centinaia di migliaia di denunce dei redditi. Sul piano sociale, poi, al superamento del regime del cumulo con i redditi da lavoro conseguirebbe una maggiore equità del sistema.
Il tema degli affitti è così rilevante? Sembra secondario rispetto ad altri problemi come il lavoro, ma non è così: la spesa per gli affitti è una voce importante per le famiglie, infatti all’abitazione viene ormai destinato oltre un terzo della spesa totale (il 33,5% del 2009 contro il 32,1% del 2008); vive in affitto il 17,1 per cento delle famiglie mentre il 15,9% paga un mutuo e spende in media 530 euro al mese. Diretta conseguenza di un mancato piano casa efficiente da parte del governo.
Con la cedolare secca, le famiglie avrebbero un notevole risparmio: un proprietario di una casa data in affitto, potrebbe risparmiare da 750 euro a 2000 euro di tasse, mentre il governo compenserebbe il mancato introito con l’emersione degli affitti in nero.

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