Tutti i post della categoria: Giovani

E’ ora di tutelare chi non lo è

postato il 12 Febbraio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Le dichiarazioni del Presidente Monti e poi del ministro Cancellieri sul “posto fisso” hanno scatenato un vespaio di polemiche che però ha oscurato i provvedimenti concreti messi in atto fino a questo momento dal governo. Il governo ha dato prova di volere spingere sull’occupazione giovanile e ha provveduto all’abbattimento dei costi per la costituzione delle srl da parte dei giovani e ai contributi per le imprese che assumono under 35. Ma a onor del vero bisogna dire che le parole di Monti e dei suoi ministri, più che ai precari, costretti da una situazione legislativamente ormai divenuta insostenibile a continui e drammatici spostamenti occupazionali, si rivolgevano alle caste che non consentono il naturale ricambio generazionale – con tutti i suoi vantaggi – e il necessario inserimento di forze fresche in grado di muovere letteralmente il paese verso i suoi obiettivi con rapidità ed efficienza, come ci chiede a più livelli l’Europa.

Monti, non a caso, nella parte finale della frase di alcuni giorni fa,ha  introdotto un elemento determinante parlando di “tutela”, ovvero la necessità di tutelare chi ad oggi non lo è (quindi precari et similia), e di colpire chi gode di privilegi eccessivi, bloccando realmente lo sviluppo del paese. Credo quindi che bisognerebbe focalizzarsi maggiormente sul reale senso di questa riflessione, e soprattutto sui suoi futuri esiti pratici, che fermarsi a ridere senza approfondire.

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Lavoro: fare di tutto per giovani disoccupati

postato il 3 Febbraio 2012

Dobbiamo tenere presenti non solo i disoccupati organizzati che protestano, ma anche le migliaia e migliaia di giovani silenziosi che stanno a casa perché non trovano un’occupazione. Bisogna fare di tutto perché questi giovani non siano precari permanenti e disoccupati permanenti, con maggiore flessibilità e possibilità di inserirsi nel mondo del lavoro e tenendo presente che il famoso posto fisso forse farebbe più piacere a tutti, ma non è possibile garantirlo a tutti.

Pier Ferdinando

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Posto fisso e sepolcri imbiancati

postato il 2 Febbraio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Patrizia

Credo che la parola “sepolcri imbiancati” sia il termine giusto per definire tutti quei signori di destra o sinistra scandalizzati dalle affermazioni del Presidente Monti. Le loro prese di posizione, la loro facile ironia sono la solita propaganda politica. Monti non è il Cavaliere, Monti non è l’uomo delle battutine da quattro soldi, se il Presidente del Consiglio ha fatto tali affermazioni è perchè la realtà che sicuramente non piace ai giovani , ne ai loro genitori, è questa.Il mitico posto fisso è stato il sogno degli italiani per almeno le due ultime generazioni, ma i cambiamenti dell’economia globale, la rivoluzione tecnologica, il ridimensionamento delle imprese, i costi del welfare, la maggior capacità delle strutture leggere e flessibili di seguire gli andamenti del mercato hanno portato alla fine del posto fisso. Nel decennio della disoccupazione e delle porte chiuse alle tradizionali vie di reclutamento, in Italia è avvenuto un mutamento che ha sconquassato le consuete categorie di pensiero.
Quindi è arrivato il momento di svegliarci, e questo lo dico principalmente da genitore: prima apriamo gli occhi e meglio è.
Certo c’è da rivedere alcune forme di precariato giovanile, rivedere il mercato delle partite iva, investire sulla ricerca ,sulla’ università.
Noi per i nostri figli non vogliamo un posto fisso, ma vogliamo che con la loro preparazione abbiano un futuro ricco di opportunità, che possano cambiare, scegliere, vivere e realizzare al meglio i loro sogni.

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Risorse e merito per non essere “sfigati”

postato il 26 Gennaio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Marika Li Causi

Come era prevedibile l’affermazione del viceministro Martone “chi si laurea dopo i 28 anni è uno sfigato” è stata sommersa dalle feroci critiche delle associazioni studentesche. Personalmente sono certa che l’obiettivo delle dichiarazioni del viceministro Martone era quello di incitare e stimolare i non più tanto giovani studenti ad affrettarsi a condividere i frutti derivanti dal loro impegno accademico con il mercato del lavoro e, più in generale, a infondere nei giovani la voglia di impegnarsi a “bruciare le tappe” come i coetanei europei. C’è però anche qualcosa di vero nelle lamentele dei tanti giovani che con difficoltà immani portano a termine gli studi universitari. Ad esempio una delle problematiche più diffuse che i cosiddetti  fuori corso si trovano ad affrontare è  l’obsolescenza degli insegnamenti derivante dal continuo cambiamento dei programmi dei corsi di facoltà.
Più in generale c’è dunque un problema delle università che unito agli altri problemi del mondo giovanile diventa una miscela deleteria per le nuove generazioni . Diciamocelo chiaramente: tutti questi fuori corso non saranno anche il segno che gli atenei italiani hanno bisogno di un rinnovamento finalizzato al raggiungimento di un’armonia organizzativa? Una prima soluzione al problema atavico delle università potrebbe arrivare  dagli investimenti: più investimenti creeranno più stimoli, più stimoli svilupperanno la competizione studentesca che è quanto di più auspicabile per il miglioramento dell’istruzione italiana attuale. Perché l’università, come ha ricordato Pier Ferdinando Casini, dovrebbe essere anche questione di merito.

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Bisogna rendere la manovra più equa senza disperderne forza

postato il 12 Dicembre 2011

C’è la necessità di rendere la manovra più equa senza disperderne la forza. Dobbiamo andare avanti per non arrivare alla catastrofe ma è necessario che anche l’Unione europea faccia la sua parte perché è fondamentale per far riprendere la crescita. Noi siamo per aumentare la tassazione sui capitali scudati e per rivedere le soglie di deindicizzazione delle pensioni minime.
Ma oggi c’è anche il problema di giovani che si trovano di fronte a una riforma previdenziale che non capiscono e non accettano. Per troppo tempo, su questo tema, non c’e’ stata chiarezza e non e’ stata detta la verità.

Pier Ferdinando

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La manovra incentiva l’assunzione di donne e giovani

postato il 8 Dicembre 2011

Giovanni Villino racconta, a modo suo, le novità presenti nella manovra:

Se mi assumete potete dedurre 15.200 euro

Il testo ufficiale della manovra varata dal governo Monti fa emergere piacevoli novità. Una di queste è contenuta nell’articolo due che potete leggere qui. Cari datori di lavoro, non lasciatevi sfuggire questa occasione:

Le imprese che assumeranno donne e giovani sotto i 35 anni a tempo indeterminato avranno la possibilità di dedurre 10.600 euro per ogni donna e giovane sotto i 35 anni assunto a tempo indeterminato. Lo sconto sale a 15.200 nelle regioni del Sud. Le imprese interessate allo sconto maggiorato, a 15.200 euro, sono quelle che assumeranno giovani a tempo indeterminato sotto i 35 anni o donne in Sicilia.

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Perché la riforma delle pensioni s’ha da fare (subito)

postato il 2 Dicembre 2011

di Giuseppe Portonera

Una delle principali matrici di azione di questo Governo, come spiegato più e più volte dal Premier Mario Monti, sarà quella di fare la tanto annunciata quanto irrealizzata “riforma del sistema pensionistico”. In realtà la riforma del sistema previdenziale sarebbe dovuta essere approntata molto tempo fa, ma la nostra politica ha preferito sprecare anni e anni in interminabili e infinite discussioni ideologiche, con il risultato che, nella situazione straordinariamente delicata in cui ci troviamo ora, ci vediamo costretti a prendere provvedimenti decisi, senza mezze misure, in tempi stretti. Per questo serve una comune assunzione di responsabilità da parte di tutti: l’aumento dell’età pensionabile, il superamento del magico numero 40, il passaggio al sistema contributivo per tutti, l’abolizione delle pensioni di anzianità non sono misure “punitive”: sono “necessarie” per garantire una maggiore equità sociale, maggiori possibilità alle future (e presenti) nuove generazioni.

Come hanno spiegato gli economisti Tito Boeri e Agar Brugiavini, su Lavoce.info, il sistema attuale ha delle palesi situazioni di iniquità, che vanno eliminate, così come ci hanno chiesto anche Europa e Bce, non “per fare cassa, ma per equità”. Anche perché questa tipo di riforma agirebbe anche sul grande problema italiano (o meglio, uno dei tanti): la disoccupazione giovanile. Abbiamo, contemporaneamente, la quota più alta di giovani che non lavorano e non studiano al tempo stesso e quella di chi ha vite lavorative più brevi. Lavorando più a lungo, sostengono giustamente Boeri e Brugiavini, potremmo ridurre la pressione fiscale che grava sui giovani e aumentare assunzioni e rendimento dell’istruzione fra chi ha meno di 24 anni.

Del resto, sempre su lavoce.info, il neoministro per il Welfare, Elsa Fornero, non ha mancato di esporre la propria visione in materia e la propria preferenza verso una riforma netta che vada nella direzione indicata sopra: e questo, è ovvio, ci fa ben sperare. La Fornero, infatti, è un’esperta in materia, di indubbia qualità e competenza e ha sempre avuto un approccio alla questione estremamente razionale e non ideologico: in un articolo del 2007, commentando la proposta di riforma previdenziale avanzata dall’Ulivo, spiegava che “sarebbe un vero peccato se vertesse soltanto sullo scalone, che pure si può ammorbidire. A patto di saper progettare il futuro e di riaffermare il metodo contributivo, il punto forte della riforma del 1995. E l’unico in grado di garantire al tempo stesso sostenibilità finanziaria ed equità tra le generazioni”. Centrale, come vedete, è il concetto del sapere “progettare il futuro”: un futuro che si può costruire, pezzo dopo pezzo, solo se oggi i nostri padri (a proposito, date un’occhiata all’hashtag #caropadre) saranno disposti a rinunciare ad alcuni dei loro privilegi di oggi. Se così non dovesse essere, si potranno lamentare delle loro (anche magre, per carità) pensioni, ma non lasceranno ai propri figli neanche questo di cui lamentarsi: saremo la Generazione zero, zero lavoro e zero pensione. Senza questo tipo di riforma, possiamo dimenticarci ogni possibilità di crescita.

Perché, come recita un antico proverbio, le società crescono solo quando gli anziani piantano alberi sotto la cui ombra non riposeranno mai. La strada è questa, non esistono alternative: perché le pensioni tornino ad essere la giusta ricompensa per chi ha lavorato una vita, non un miraggio impossibile o un felice ricordo di un lontano passato, è necessario riformare il sistema previdenziale. Subito.

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Giovani, è ora di cambiare passo.

postato il 29 Novembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Anna Giunchi

Qualche giorno fa è arrivato un messaggio molto chiaro, a firma del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco: “Il capitale umano e l’investimento in conoscenza rappresentano una variabile chiave nella nostra azione di politica economica”.

“I giovani”, e a pronunciare queste parole è lo stesso Visco: “sono stati i più danneggiati dall’introduzione dell’Euro”. “Non c’è una ricetta per uscire dalla crisi”, conferma lo stesso Visco, “se non quella di ascoltare i giovani, di dare loro concrete speranze”.

I giovani che attualmente si affacciano sul mercato sono infatti esclusi dai benefici della crescita del reddito degli ultimi decenni: non vengono infatti valorizzate le risorse umane, ovvero quegli aspetti di valore racchiusi nella professionalità e nelle competenze del personale operante.

In Italia i differenziali salariali a parità di livello di istruzione non solo sono inferiori a quelli degli altri Paesi, ma coinvolgono in misura maggiore i giovani lavoratori che non gli anziani.

I nostri ragazzi hanno retribuzioni ferme da almeno dieci anni: non vengono valorizzati, insomma, come capitale umano.

La situazione dell’istruzione in Italia è tristemente nota: negli ultimi anni si è investito il 2,4% del Pil in scuola e università, contro il 4,9% degli altri paesi. Nel 2010 in Italia, inoltre, gli insegnanti con meno di 40 anni erano solo il 9%, a differenza del 25% in Germania, del 34% in Francia e dell’oltre 40% del Regno Unito.

Già il Consiglio Europeo di Lisbona, nel 2000, ribadì che la più importante economia dell’Unione Europea sarebbe stata possibile soltanto se l’istruzione e la formazione avessero avuto ruolo preponderante come fattori di crescita economica, nonché di ricerca, innovazione, competitività, sviluppo sostenibile e cittadinanza attiva.

Il contributo dell’istruzione e della formazione alla crescita è stato ampiamente riconosciuto dal Consiglio di Lisbona: le stime suggeriscono che investimenti nell’istruzione e nella formazione producono tassi di ritorno agli individui (ritorno privato) e alla società (ritorno sociale) comparabili all’investimento nel capitale fisico.

La crescente quota di servizi economici, i continui cambiamenti tecnologici, l’aumento di conoscenze/informazioni insite nel valore della produzione, nonché la ristrutturazione socio-economica renderebbero oggettivamente ancor più proficuo un simile investimento.

Un invito, dunque, ad un cambio di passo, verso un’ Europa che non aspetta.

 

 

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#ammazzastartup: non confondiamo le startup con le società di comodo

postato il 11 Novembre 2011

di Mario Pezzati.

Nessuno di noi confonderebbe mele con pere: sono entrambi frutti, ma sono differenti.  Allo stesso modo non si dovrebbero confondere le aziende start up (con questo termine si identifica l’operazione e il periodo durante il quale si avvia un’impresa, si tratta di solito di imprese appena costituite, nelle quali vi sono ancora processi organizzativi in corso) e le società di comodo (società costituite per occultare patrimoni, generalmente utilizzate per procedure di evasione fiscale).

Eppure, come fa rilevare Quintarelli, per lo Stato italiano sono la stessa medesima cosa e questo crea notevoli problemi perché rischia di castigare e fare scappare coloro che volessero iniziare nuove attività imprenditoriali, in particolare nel campo dell’alta tecnologia.

E’ normale per una start up avere un periodo iniziale (generalmente un paio di anni) di profondo rosso, ma questo, per il fisco italiano, equivale ad una società di comodo che, tramite perdite fittizie, permette di occultare capitali per evitare che vengano tassati. Lotta dura all’evasione fiscale, ma altra cosa è penalizzare chi, nel rispetto delle regole, decide di investire, creando occupazione e sviluppo, perché se sei considerato società di comodo, non puoi detrarre le perdite pregresse e neppure l’IVA.

Il problema è che il sistema italiano si fonda tutto sulla “presunzione”. Effettuare le verifiche del caso è impegnativo e costoso, allora: tutte le aziende che hanno 3 anni in perdita oppure due anni in perdita e un anno con un profitto inferiore a quanto “previsto” dallo Stato, sono considerate società di comodo. Per evitare questa presunzione, l’imprenditore deve dimostrare (in quanto “presunto colpevole”) la sua innocenza. Tale dimostrazione avviene tramite una sorta di “entità astratta”, ovvero “l’istanza di interpello disapplicativo”, in pratica altra burocrazia inutile, nonostante già nel 2006 fosse stata varata da Visco e Bersani una legislazione molto stringente per le società di comodo.

Il prossimo governo si preoccupi pure di questo.

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Giovani, se la rivoluzione non basta

postato il 1 Novembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Rocco Gumina

I giovani come vogliono prospettare il loro futuro con il rinnovamento o con la rivoluzione? La differenza sta tutta qui. Tale quesito, a parer mio, nasce spontaneo al vedere, sentire e leggere quello che i giovani, o meglio alcuni di loro, fanno e non fanno in questo preciso frangente storico che si chiama crisi di tipo economico, sociale, per alcuni spirituale, per altri etico, di certo antropologico. Abbiamo visto nelle settimane scorse a Roma una manifestazione pacifica, condivisibile o meno, organizzata da giovani che chiedono il rinnovamento, cioè il rinforzare, il ridire, il ripensare la nostra realtà, la nostra società con quello che di buono ancora c’è insieme a qualcosa di veramente nuovo che può uscire da un impegno reale sulle cose che già però esistono, trasformarsi in un vero è proprio campo di battaglia che ha devastato diversi quartieri di Roma causando danni per milioni di euro. Oggi tanti, troppi giovani sono nella terra di nessuno, con la possibilità di essere fagocitati e incanalati in circuiti che vogliono sì il cambiamento, ma passando per la distruzione di quello che esiste, buono o meno buono. Certamente questa non è la soluzione: sfasciare le banche, le macchine, i ristoranti, aggredire la polizia e i carabinieri, tirare le bombe carta non sono i migliori rimedi per uscire dalla situazione di fermo dell’Italia e dell’Europa. Quello che come giovani siamo interpellati a fare è qualcosa di più faticoso e impegnativo dello ricercare lo scontro e il distruggere: noi infatti siamo chiamati a costruire, a innestare nel nostro tempo, nel nostro spazio, nelle nostre “cose” semi di rilancio, di riforma, di riscossa con il pensiero, con il saper scorgere l’avvenire che sta dinanzi a noi, formulando nuove vie su sentieri che già esistono e che per molti anni hanno permesso al nostro popolo di essere fra i “grandi” della terra. L’Italia c’è la può fare, c’è la deve fare con noi e per noi. Non si tratta di fare qualcosa per l’immediato e il medio termine, ma si tratta soprattutto in termini politici di un’opera di rinnovamento che colpisca e cambi quasi “ontologicamente” il circuito al quale da mesi, se non da anni, siamo abituati per potere affacciarci con sicurezza al futuro. Ciò è possibile prendendo le cose “vecchie” per trasformale, non distruggerle, in “nuove”. Il cambiamento passa per il rinnovamento e non per la rivoluzione: abbiamo abbastanza coraggio, forza, tempo, dedizione, progetto per fare tutto questo?

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