postato il 12 Agosto 2014 | in "Esteri"

Anche l’Italia mandi armi ai curdi

L’intervista di Dino Martirano a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Corriere della Sera

Pier Ferdinando Casini

Anche questo 14 agosto, Pier Ferdinando Casini parteciperà alle celebrazioni per ricordare i martiri cristiani di Otranto che, nell’estate del 1480, furono messi sotto assedio dai saraceni: «Chi si converte vivrà, chi si rifiuta muore…..». Ecco, spiega il presidente della commissione Esteri del Senato, «in Iraq col califfato autoproclamato, ma anche in Siria e in Libia, siamo tornati indietro di qualche secolo…Per cui bisogna assolutamente muoversi: c’è in ballo un interesse dell’Occidente perché oggi al posto dei Gheddafi e dei Saddam abbiamo realtà ben più perniciose e questo dovrebbe far riflettere sugli errori compiuti in questi anni. Siamo passati dal terrorismo e dai terroristi agli Stati terroristi. Dunque, ha fatto bene Obama a intervenire in Iraq e ora dobbiamo spingere l’Europa, perché il semestre di presidenza è nostro, a un’iniziativa analoga».

Gli Usa, che hanno anche confermato l’invio di armi ai curdi tramite la Cia, hanno il dispositivo militare per essere «convincenti». Cosa può fare l’Italia seppure in una cornice europea?
«La nostra iniziativa può sostanziarsi in tre passi: aiuti ai curdi, anche di carattere militare, attivazione di corridoi umanitari e aiuti alle popolazioni messe al bando dagli islamici».

Dunque, anche invio di armi ai peshmerga curdi?
«Sì. Ma questo serve per consentire l’attivazione di corridoi umanitari e per organizzare interventi immediati di solidarietà per le popolazioni cristiane e per chiunque sia in pericolo. Fa bene il governo a muoversi».

Il Parlamento ratificherà le iniziative del governo?
«Sono in contatto con il presidente della commissione Difesa della Camera Nicola Latorre. Possiamo riaprire il Parlamento in poche ore. C’è la consapevolezza di tutti che bisogna muoversi anche perché il Kurdistan è un Paese amico dove ci sono moltissimi investimenti italiani».

L’Italia però si può muovere solo in una cornice internazionale.
«Sì, è vero. Ma la cornice internazionale bisogna concertarla al più presto. Francia e Inghilterra già si stanno muovendo».

La Difesa è in allerta per il caos in cui è ripiombata la Libia.
«La vicenda libica è esplosiva. Purtroppo, bisogna riconoscere che l’unico che aveva visto la situazione era Berlusconi. Lui (che nel 2010 riceveva con tutti gli onori Gheddafi a Roma, ndr ) ha resistito finché possibile all’azione francese, lui è stato fagocitato dalla Nato e alla fine si è dovuto accodare».

Paradossalmente, se a Tripoli ci fosse ancora Gheddafi l’Italia avrebbe un interlocutore.
«In politica estera delle migliori intenzioni sono lastricate le vie dell’inferno. Non è che si dovesse difendere Gheddafi ma certo era meglio un dittatore che il caos e l’anarchia col rischio di califfati islamici a Bengasi. In Libia c’è stata una responsabilità storica di Sarkozy: un disastro che ora paghiamo noi più che altri. Siamo il primo porto di accoglienza dell’immigrazione clandestina…».

Il senatore Latorre auspica una presenza armata sulle coste libiche sotto la copertura Onu. È un’opzione praticabile?
«Il traffico dell’immigrazione clandestina in Albania si è combattuto in due modi: presidio a terra e, oggi possiamo dirlo, lavori oscuri dei servizi che hanno affondato le barche di cui si serviva la criminalità organizzata albanese nei porti di Valona e di Soci. Però allora c’era uno Stato, seppure debole, con cui confrontarsi. Oggi in Libia, dove imperversano le bande, non è più così: se cade l’aeroporto, poi, è la fine».

Però anche per affidare il «lavoro sporco» ai servizi servirebbe un minimo di cornice di sicurezza.
«Servono soprattutto le idee chiare. Paradossalmente oggi le idee chiare possiamo averle più facilmente per affrontare l’emergenza nel Kurdistan piuttosto che in Libia ».



Twitter


Connect

Facebook Fans

Hai già cliccato su “Mi piace”?

Instagram